PUC di Savona

PUC ultimo atto

Chi mi conosce o abbia letto quanto ho scritto su Trucioli in questi anni, forse si meraviglia del mio insolito silenzio e atteggiamento neutro  riguardo al PUC di Savona, di cui si stanno consumando in questi giorni gli ultimi passaggi prima del definitivo via libera.

PUC ultimo atto

Chi mi conosce o abbia letto quanto ho scritto su Trucioli in questi anni, forse si meraviglia del mio insolito silenzio e atteggiamento neutro  riguardo al PUC di Savona, di cui si stanno consumando in questi giorni gli ultimi passaggi prima del definitivo via libera.

Non è che io sia diventata tutto a un tratto accomodante, o rassegnata: è solo un discorso di utilità e di risparmio di forze.

A che servirebbe, ora, ribadire per l’ennesima volta che, dopo tante varianti e speculazioni che hanno stravolto la città, questo Piano lascia ancora aperta la possibilità di una tale colata, un tale diluvio di cemento da distruggere per sempre ogni vivibilità, ogni assetto urbano a misura di abitante. Un delirio di grandezze cementizie da far sfigurare le metropoli, che si tuffa a capofitto su ogni area libera o presunta tale, e aggredisce con tentacoli striscianti anche le colline.

Sarebbe un gridare nel deserto: è stato approvato dal precedente Consiglio Comunale, dunque gli attuali consiglieri non possono entrare nel merito. Si può solo andare a discutere su cosa si sia fatto o non fatto per ottemperare ai rilievi di legittimità della Provincia; dopo un paio di Commissioni preliminari, di cui chi vuole può trovare il resoconto sul nostro sito www.savona5stelle.it, la Giunta emetterà il suo documento, che sarà discusso in Commissione e Consiglio. Se approvato, sarà la Provincia ad avere l’ultima parola, ritenendosi soddisfatta oppure prendendosi la responsabilità di una bocciatura che, a questo punto, sarebbe definitiva e lascerebbe solo la strada del ricorso al Tar, o di dover ricominciare da capo.

Ormai da anni, sulla spinta della necessità dei Comuni di far cassa, con l’incoraggiamento di leggi appropriate e di quelle liberalizzazioni strabiche che tanto piacciono al nostro Paese, il concetto non è quello di aggiornare il tessuto urbano sulla base di criteri di armonia, di rispetto e salvaguardia del territorio, di previsioni di necessità e di crescita in base alla popolazione, agli strati sociali e alle fasce d’età, ma la sciagurata idea: chi ha soldi, terreni e progetto propone, il Comune al più rileva la legittimità, i vincoli, architettonici, idrogeologici e quant’altro, mercanteggia volumi e oneri di urbanizzazione (questi ultimi, direi, finora con risultati non certo esaltanti per la collettività), ma alla fine dà via libera. Non può che dare via libera, ci dicono, allargando le braccia.

Ma è davvero così? Io ne dubito. Altrove funziona in un modo un pochino diverso, non con questa resa pressoché incondizionata all’interesse privato. Dove esista la volontà precisa di opporsi, di essere più rigidi, di non cedere a ricatti e pressioni come le aste deserte o il famoso degrado.

Neppure lo spettacolo pietoso e concreto degli scempi già perpetrati e dei loro risultati fallimentari sembra funzionare da monito.

 

Né ci è risparmiata la beffa: al posto di una stupenda, fertile piana agricola benedetta dal clima abbiamo il complesso “Giardini di Legino”. Dove si trovava l’arsenale sforzesco, accanto al Priamar, una prestigiosa sede di reperti dal grande valore storico e archeologico, abbiamo il parcheggio “Arsenale”, inutilmente costoso e puntualmente deserto.

Come se a Roma spianassero il più celebre monumento per costruire un immenso ipermercato detto “il Colosseo”. E non scherziamoci troppo su, che non siamo nella posizione di farlo e che la tendenza appare quella, non vorrei dare un’idea a Della Valle.

 Dunque, che resta da dire e da fare? Molto è stato realizzato nel silenzio generale, nella passività più totale, perché la popolazione era distratta, indifferente e mal informata, e i pochi che tentavano coraggiosamente di denunciare lo scempio erano isolati e poco visibili.

Da allora sono cambiati i tempi, e i media, la consapevolezza è diffusa e le brutture già costruite ed erigende, come lo “stupendo” complesso ex Metalmetron,  parlano da sole.

Potrebbe subentrare un senso di impotenza, quello sì, di rassegnazione. Ci si sente assediati e circondati. Eppure, vale comunque la pena di non mollare, di diffondere quanto meno informazione puntuale e tempestiva su ogni singolo progetto, ogni minuscolo elemento che incombe sui dieci distretti di trasformazione, gli unici dove il Consiglio abbia un minimo di voce in capitolo: Legino, lungomare Ponente, Orti Folconi e piazza del Popolo.

Costretti a tifare per la crisi, perché al momento la pressione speculativa su questo povero Paese è forte e incontrastata. Perché pensare di annullare i progetti è difficile, ma che molti di essi si ridimensionino o muoiano sul nascere per cause esterne, che si possano trovare i “grimaldelli” in grado di scassare l’impianto speculativo, è ancora lecito sperarlo.

O almeno, provarci.

Intanto, registriamo un segnale. Quella mostruosità chiamata, giusto per prendere meglio in giro, “cittadella dell’innovazione” ha subìto un inciampo.

Forse i soldi non si trovano, forse qualcuno aveva fatto promesse che non è in grado di mantenere, forse i tempi tecnici sono molto più lunghi di quelli sperati, forse, vivaddio, il pasto comincia a essere troppo abbondante persino per quei nuclei imprenditoriali e finanziari che si spartiscono la città, ma le dimissioni del costruttore Pesce dal Savona calcio sono una precisa indicazione.

Nella migliore delle ipotesi, sancirebbero una battuta d’arresto e un abbandono. Nella peggiore, una sorta di pressione su chi di dovere, Amministrazione su tutti, usando squadra e tifosi come scudo e amplificatore.

Mi aspetto, se non è già iniziato, il coro di alti lai di chi sta nelle posizioni preminenti della nostra imprenditoria locale. Magari pure con il controcanto dei sindacati.

Come al solito, agitando il vessillo dell’economia e dello sviluppo contro la scelleratezza di una cittadinanza ingrata, che ha pretese frivole come la salute e un ambiente vivibile e di imboccare un sentiero di progresso e futuro vero, che non sia spezzato da cemento e inquinanti e distruzione sterile di aria, mare e territorio.

Avanti  così. Ma come dice il nostro Beppe, “loro non si arrenderanno mai, noi neppure”.

La battaglia continua.

 

Milena Debenedetti  Consigliere comunale del  gruppo “MoVimento 5 stelle”

 

 

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