PORNOPOLITICA, ORALITA’ E CULTURA

PORNOPOLITICA, ORALITA’
E CULTURA

                          PORNOPOLITICA, ORALITA’ E CULTURA

      “Verbale di querela orale per ingiuria.

L’anno 2014 addì 30 del mese di gennaio, alle ore 10.50 negli Uffici dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso la Camera dei Deputati, in Roma.

Innanzi a me sottoscritto Ufficiale di P. G. Ispettore Capo della Polizia, Massimiliano Cerbara, appartenente al suddetto Ufficio, sono presenti le parlamentari in cui oggetto

meglio indicate [Micaela Campana, Alessandra Moretti, Fabrizia Giuliani, Maria Michela Marzano, Assunta Tartaglione, Chiara Gribaudo e Giuditta Pini] le quali sporgono denuncia querela contro l’On. Massimo Felice De Rosa, per i reati configurabili nei fatti di seguito descritti.

Nella serata di ieri 29 gennaio u. s. verso le ore 21.00 ci trovavamo all’interno dell’aula della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati di Palazzo Montecitorio. La Commissione era convocata per la discussione e votazione degli emendamenti sul decreto 146/13 ‘misure urgenti in tema sui diritti fondamentali dei detenuti e della riduzione controllata della popolazione carceraria’.

Nella circostanza i deputati del Movimento 5 Stelle impedivano il regolare svolgimento della attività parlamentare bloccando i lavori della Commissione e occupando l’aula stessa. In particolare il deputato Massimo Felice De Rosa, che tra l’altro aveva un casco da moto in mano, e che veniva trattenuto da due commessi in servizio perché molto agitato, si rivolgeva a noi deputate con la seguente frase: ‘Voi

Donne del PD siete qui perché siete brave solo a fare i pompini’. La frase è stata pronunciata, oltre che alla nostra presenza anche alla presenza dei seguenti deputati:

Fedriga Massimiliano, Molteni Nicola, entrambi del partito ‘Lega Nord’.

Precisiamo che erano presenti ai fatti anche numerosi assistenti parlamentari in servizio, nonché altri nostri colleghi del Partito Democratico tra cui il Capo Gruppo Walter Verini, Ivan Scalfarotto, Franco Vazio e David Ermini.

Con il presente atto presentiamo formale denuncia/querela nei confronti di Massimo Felice De Rosa per i reati penalmente ravvisabili e in particolare per il reato di cui all’art. 594 c. p. ——–“.


Questi, come suol dirsi, i fatti. I nudi fatti. Ma come “leggerli”? Nietzsche ha detto, paradossalmente, che non ci sono fatti ma solo interpretazioni (e che anche questa è un’interpretazione). Filosofi ermeneutici come Gianni Vattimo e nuovi realisti come Maurizio Ferraris stanno ancora disputando sul senso da dare a quell’affermazione paradossale del filosofo poeta, cantore  dell’eterno ritorno dell’uguale e profeta dell’Uebermensch. Certo è che i fatti, se nessuno li riferisse e li raccontasse, oralmente e ancor meglio per iscritto, svanirebbero come fantasmi alle prime luci dell’alba; in altri termini, fuori dal linguaggio, i fatti non potrebbero dirci nulla, rimarrebbero non solo nudi ma anche muti come pesci.

Ora, tra gli innumerevoli  fatti che accadono ci sono anche gli atti linguistici, i quali non possono accadere fuori da un contesto storico, sociale, economico e culturale (in senso antropologico). Gli atti linguistici sono stati anche paragonati alle mosse che fanno i giocatori in una partita a scacchi: ogni mossa ha delle conseguenze da cui può dipendere l’esito finale della partita stessa. Tutti ricordiamo  la partita a scacchi tra il nobile cavaliere Antonius Block e la Morte, nel film Il settimo sigillo di Ingmar Bergman, in cui la Morte dà scacco matto al coraggioso cavaliere sfidante, ma solo perché Antonius sceglie di perdere, agendo in modo da permettere alla Morte  di avvantaggiarsi spostando di soppiatto alcuni pezzi sulla scacchiera. Tanto per significare che lo spostamento anche di un solo pezzo modifica tutto l’insieme, così come la scelta di una parola piuttosto che di un’altra può modificare il senso dell’intera frase o dell’intero discorso. Ma questi sono (o dovrebbero essere) concetti elementari per qualunque parlante e scrivente in italiano o in qualunque altra lingua, e, a maggior ragione per chi svolge il ruolo di parlamentare.


Alessandro Di Battista

Già, ma tanto elementari non sono se molti colleghi grillini – tra cui il “delfino” in pectore del leader, Alessandro Di Battista –  dell’onorevole cittadino Massimo Felice De Rosa hanno cercato di derubricare a battuta infelice e a “voce dal sen fuggita” in un momento di esasperazione e, ammettono, di conseguente perdita di lucidità e di autocontrollo, quell’insulto volgare e sessista. Il senatore Vito Crimi ha risposto stizzito all’inviato di “Servizio pubblico” che lo inseguiva per le vie di Roma: “quando la finirete di guardare solo il dito e non la cosa indicata?”. Qualche parlamentare del M5S, per la verità, si è dissociato; vedi i senatori  Lorenzo Battista e Luis Alberto Orellana e le senatrici Laura Bignami e Monica Casaletto; ma il resto è silenzio, e stupisce (ma fino a un certo punto) che il grosso delle parlamentari e delle attiviste del Movimento non abbiano fatto pervenire la loro solidarietà alle deputate del Pd offese così pesantemente. Ma la gravità di quell’atto linguistico inconsulto è stata in qualche misura riconosciuta dallo stesso onorevole cittadino, che infatti – anche se un po’ a denti stretti – ha pensato bene di porgere le sue scuse alle deputate querelanti (tra le quali anche la filosofa Michela Marzano, che ha  rilevato come l’insulto del De Rosa appartenga alla categoria che i linguisti definiscono “hate speech”: modo di parlare, discorso  di chi odia, e che tutto può essere meno che adatto alle aule parlamentari e  contributo costruttivo alle tanto necessarie riforme istituzionali). Luigi Di Maio, il moderato e dialogante vicepresidente della Camera, ha tenuto a precisare che l’onorevole De Rosa non intende avvalersi dell’immunità parlamentare: “Noi del M5S – ha dichiarato – facciamo così. Nessun privilegio o trattamento speciale. E chi sbaglia (e si scusa) si assume comunque la responsabilità di quello che ha fatto.


Noi come gruppo gli staremo vicino. Perché si è comportato da normale cittadino”. E infatti l’onorevole cittadino Massimo De Rosa non è il primo e non sarà di sicuro nemmeno l’ultimo a insultare gli avversari – in questo caso le avversarie – politici (basti pensare a Bossi, a Borghezio, a Calderoli, agli epiteti di Berlusconi contro i magistrati “comunisti”, allo stesso Grillo nei suoi comizi-spettacoli…); ma qui, in più (ed è un di più che la dice lunga sul persistente maschilismo del cittadino italiano medio) c’è la volontà di umiliare le deputate donne in quanto donne; e questo è un aspetto che, come scrive lo psicoanalista Massimo Recalcati su La Repubblica del 6 febbraio, sarebbe opportuno non sottovalutare, perché “L’insulto sessista  scavalca il dibattito politico pretendendo di toccare direttamente l’essere dell’avversario. L’odio più puro non è infatti per le idee, ma per l’essere: negro, comunista, ebreo, gay, donna. Il politico regredisce qui alla dimensione ciecamente pulsionale del pre-politico. Il nemico non è qualcuno che ha le idee diverse dalle mie, ma è un impuro, un essere profondamente corrotto, indegno, privo di etica, per definizione reietto”.


Come si vede, per Massimo Recalcati, la mentalità che sta dietro alla pratica dell’insulto fa regredire il conflitto politico a una sorta di guerra civile in cui si usano le parole come corpi contundenti, con lo scopo di ferire, di offendere, appunto, non più l’avversario ma il nemico, riducendo la competizione politica a pura lotta per il potere, in cui non sarà il migliore a vincere ma il più forte. E’ anche vero che finora è sempre stato così: come già sosteneva il sofista Trasimaco contro Socrate, nella Repubblica platonica, la ragione e la giustizia non sono  di chi ha ragione e di chi è dalla parte giusta ma di chi è più forte. I vinti hanno sempre torto. Questa è la dura lezione della storia. Ma torniamo alla questione degli insulti a sfondo sessuale e alle recenti polemiche che hanno coinvolto il M5S e il suo leader; Recalcati si chiede che visione abbia Beppe Grillo della donna e che cosa lo abbia spinto a postare sul suo blog l’ormai famosa domanda: che cosa fareste alla Boldrini avendocela in auto? Domanda che, com’è noto, ha scatenato sul web le fantasie sessuali più estreme e violente dei frequentatori di quel sito; non di tutti, sia chiaro, ma della maggior parte di quel “popolo” di naviganti  che si sente autorizzato e incoraggiato a riversare, per lo più nascosto dietro l’anonimato, i peggiori insulti contro la persona (giornalista, conduttore televisivo, Presidente delle Repubblica, Presidente della Camera) di volta in volta indicata come il nemico.


Dal caso specifico degli insulti sessisti a Laura Boldrini, Recalcati deduce due aspetti caratterizzanti la “pancia” del M5S: “Il primo è la  prossimità perturbante con quella cultura berlusconiana che ha fatto della degradazione del corpo femminile una sua tristissima insegna, illuminando così la matrice inconscia di quel movimento che si propone come alternativa al berlusconismo…Il secondo è un arcaismo di fondo: quello del padre totemico che gioca coi figli al gioco della rivoluzione senza rendersi conto di quale potenziale ad alto rischio maneggia. Ha allora ragione la Presidente Boldrini a ricordarci che in chi esercita questa violenza verbale si cela uno stupratore potenziale…”. Questa la diagnosi “tecnica” di Massimo Recalcati, che io trovo esatta salvo che in un punto: non credo che Beppe Grillo non si renda conto del potenziale ad alto rischio che maneggia, tanto è vero che si è preoccupato di riportare all’ordine e di raffreddare i bollenti spiriti dei suoi “ragazzi” dopo la bagarre alla Camera, ed è anche probabile che salti qualche testa, per esempio quella di Claudio Messora, responsabile della comunicazione al Senato, e quella di Rocco Casalino (ex concorrente del Grande Fratello), portavoce del gruppo comunicazione, sempre del Senato,  per il loro maldestro twittare ancora contro la Boldrini e contro Daria Bignardi. Ed è sperabile che in futuro Grillo eviti di eccitare gli animi e di solleticare i peggiori istinti dei suoi seguaci, altrimenti non si potrà che dare ragione a Massimo Recalcati: il leader del M5S è un pericoloso incosciente.

FULVIO SGUERSO

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