POLTRONE E REFERENDUM

Le cronache ci raccontano di beghe per gli assessorati, di contrasti per enti diversi, di recriminazioni per nomine prima confermate poi “misteriosamente“ smentite, il tutto condito dallo scandalo di turno…
 POLTRONE  E  REFERENDUM

POLTRONE E REFERENDUM

L’ultima volta che ho avuto il piacere di scrivere per queste pagine in rete avevo dissertato di politica ed allora ho abbozzato alcuni pezzi legati al momento elettorale, fortunatamente rileggendoli bene mi sono accorto che toccavano argomenti tanto banali quanto inflazionati al punto che mi conforta il fatto di avervene risparmiato la pubblicazione. 

 

 Da buon tuttologo però non posso però stare in astinenza più di tanto ed allora eccovi offerto un pezzo della serie “ ve l’avevo detto”, lo spunto lo traggo da un copia e incolla testuale dal mio articolo del 5 febbraio scorso: Il periodo elettorale cui andiamo incontro, scandito prima dai tempi della propaganda, seguito poi dai commenti post elezioni, per concludersi infine con le inevitabili beghe per giunte e nomine varie, permetteranno ai redattori delle pagine locali di tirare un sospiro di sollievo avranno infatti di che scrivere almeno per i prossimi sei mesi senza doversi agitare più di tanto per dare la caccia alla notizia del giorno.”

Permettetemi un breve inciso: se prevedere il futuro fosse così semplice ci daremmo tutti ai sondaggi, al totocalcio oppure all’ippica, in ogni caso avremmo successo e guadagni assicurati.

 Torniamo a bomba, le cronache ci raccontano di beghe per gli assessorati, di contrasti per enti diversi, di recriminazioni per nomine prima confermate poi “misteriosamente“ smentite, il tutto condito dallo scandalo di turno che promette un futuro interessante: scopriamo così che la nostra è una normalissima città di mare del nostro bel paese; a rifletterci bene però se non succedessero tutte queste cose ci sarebbe seriamente da preoccuparsi, potremmo infatti rischiare di ritrovarci in un paese civile dove le idee prevalgono sulle poltrone, dove i cervelli prevalgono sui sederi, dove le parole prevalgono sulle grida, dove le ragioni prevalgono sulle ambizioni, dove le critiche prevalgono sul turpiloquio, dove il fare di conto prevale sulla polemica, tutte speranze che se si avverassero veramente renderebbero il nostro vivere quotidiano la cosa pubblica di una noia mortale.

 Chi si è riaffermato nella nostra città di mare lo ha fatto in una misura oltre il prevedibile e quindi non ci sono se o ma che tengano così mi limito a registrare un risultato,  le beghe per occupare le poltrone della sala dei due papi o per quelle più numerose del salone affrescato dal  Peluzzi non mi appassionano più di tanto, così come non mi appassionano, ma semmai mi deludono, quelle per l’aritmetica post elettorale.

 C’è del nuovo e con questo cresce la speranza, forse, ma lasciamo queste analisi ai politologi ed ai tuttologi più attenti, di questo nuovo mi limito a registrare il vecchio che l’ha subito caratterizzato: non la polemica sull’ambiente ricorrente e ritrita ma sempre di attualità, non la denuncia delle pubbliche ma scarse virtù, non la giusta litania sui costi della politica o su argomenti simili cari tanto a questo nuovo quanto alla maggioranza di tutti noi, niente di tutto questo, scopro dalle cronache in video il nuovo che protesta per una poltrona negata all’ultimo momento con i toni e gli argomenti propri del peggiore vecchio dei nostri giorni con obiettivo, manco a dirlo, un magistrato, storia già sentita cominciamo bene!

 Tomasi di Lampedusa scrisse un solo romanzo con il quale mise a nudo la vera natura dei nostri compaesani per accorgersi subito dopo di come non ci fosse più nulla da scoprire così, esaurita la fantasia e senza neppure godere dei diritti d’autore, abbandonò la carriera per mancanza di argomenti; se qualcuno nella nostra città di mare si prendesse la briga di sfogliare le cronache dei periodi immediatamente post elettorali del nostro più o meno recente passato capirebbe cosa ho voluto dire.  

Più che attuale è invece il tema dei referendum per i quali voterei sì pure se uno riguardasse l’abolizione delle norme che regolano la lunghezza della coda del pastore australiano per certificarne i requisiti di razza, i motivi sono intuibili ma quanto alla convinzione profonda sui temi proposti è però cosa diversa.

 Un tema caldo, il nucleare, non ho cambiato idea sul metodo l’ho cambiata perché a gestire quel metodo hanno messo degli incapaci anziché degli omini verdi con il naso a trombetta che avrebbero certamente offerto maggiori garanzie di serietà: l’avere affidato un sistema di sicurezza a motori diesel piazzati in aree esondabili in un paese che probabilmente ha coniato il termine Tsunami la dice lunga sull’intelligenza umana, meglio allora non fidarsi oltre e così mio malgrado mi converto al più comodo partito dei contro, tanto cambiare idea non soltanto è di moda ma rappresenta l’indispensabile presupposto del successo dati i tempi e gli esempi che ci vengono offerti. 

Pur cambiando idea non riesco tuttavia a rinunciare al tarlo del provocatore, leggo infatti la notizia che in Sardegna oltre il 97% dei votanti si è espresso contro il nucleare isolano, una vittoria straordinaria ma ora mi domando, e vi domando, due cose:

  •  Chi sono quel 3% di non contrari? Analfabeti, buontemponi, miei colleghi tuttologi da strapazzo, etilisti cronici si sa che la vernaccia fresca è micidiale, cocainomani incalliti in crisi di astinenza, o che altro; mi piacerebbe conoscerne qualcuno.
  • Ma vi pare possibile spendere soldi e risorse per fare simili referendum dall’esito scontato soltanto per perseguire l’obiettivo del consenso a prescindere per fini di pura propaganda? Il fatto sembra apparentemente normale e sinonimo di una democrazia matura ma come precedente è pericoloso anche perché, fuori dall’ironia, domani si potrebbero promuovere consultazioni dagli esiti scontati anche sui temi figli dell’egoismo e della paura e come tali “pericolosi” anche sotto il profilo della convivenza civile, ogni allusione a fatti già accaduti in un altrove a noi abbastanza vicino non è casuale, e ricordiamoci anche che le folle scelsero Barabba.

 Leggo meglio la notizia e scopro che il quesito testuale era “ Sei contrario all’installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti?”

Mi tranquillizzo il referendum non era strumentale ma puntato contro gli impianti nucleari isolani, fortunatamente si trattava soltanto di un comunissimo prodotto della nota sindrome NIMBY che ormai ubiquitaria colpisce anche i nostri amici che sembrano dirci le centrali si facciano pure ma altrove, suggerisco loro, ed aggiungo, un però lontano e possibilmente sottovento e magari in una più povera nazione nordafricana od esteuropea. 

Ora è il momento di un pizzico di pepe: Lui pur di non farsi votare contro a quell’altra che più gli preme cancella la legge sul nucleare, mossa subdola che alcuni cui sta antipatico reputano anche un poco truffaldina, questi suoi avversari che si professano integerrimi paladini della legalità così l’hanno presa male: hanno vinto la battaglia legalmente e senza neppure combattere e tuttavia sono incavolati; vuoi vedere che forse l’obiettivo non era, o non era soltanto, abolire la norma ma usarla per altri fini, visibilità inclusa, poi non stupitevi se ai referendum non partecipa neppure la metà dei cittadini.

 La storia è vecchia e questo film l’abbiamo visto tante di quelle volte che alla fine il popolo, anche se bue, si è stufato; ricordo che persino il mite Fantozzi esasperato da quanto era costretto suo malgrado a subire se ne uscì con una tagliente critica passata alla storia .

 I due referendum sulla così detta privatizzazione dell’acqua nascondono invece a mio avviso un tema più profondo ed antico che fonda le proprie ragioni sulla convinzione che privato è bello e pubblico molto meno: saccenti, professori, economisti, guru e santoni, banchieri, grandi industriali, noti imprenditori e loro generi spesso agli onori dei video, soubrette, giornalisti sedicenti indipendenti, liberali veri e fasulli, marxisti convertiti al mercato, sindacalisti pentiti, ed infine comici di successo insieme alle immancabili orde di colleghi tuttologi, sono anni che martellano i nostri amatissimi per farci familiarizzare con questa verità e devo ammettere che si sono riusciti; prima qualche nessuno di omerica memoria ha riempito di incapaci alcune aziende pubbliche che stranamente funzionavano poi, una volta che questi strapagati manager riuscirono a varcare la soglia del fallimento, ci hanno convinto che era meglio venderle al privato per un tozzo di pane quando non le hanno addirittura regalate.

 Così negli ultimi anni, ed anche prima di Lui si badi bene, il nostro amato ed un tempo ricco paese s’è ormai venduto di tutto: banche, fonderie, ferrovie, assicurazioni, raffinerie, ospedali e pezzi della sanità, aziende del ciclo dei rifiuti quelle redditizie con gli impianti di smaltimento, centrali elettriche, navi, aeroplani, compagnie telefoniche, fabbriche, cantieri navali, università, strade, caserme, armamenti di seconda mano, spiagge coste e scogliere, resta ormai cosi poco che qualcuno ha pensato anche che l’idea dell’onorevole La Trippa di vendere la fontana di Trevi potrebbe diventare domani una realtà sembra infatti che un furbacchione abbia già messo gli occhi sull’Anfiteatro Flavio, fortunatamente chiese e cattedrali con tutti i tesori che custodiscono non ci appartengono. 

Ormai alla frutta ho letto di qualcuno voleva vendere ai privati pure il servizio degli insegnanti di sostegno ai disabili, qualche scavo archeologico con quel poco che ancora non è crollato, e la concessione di una rete di tubi arrugginita tema dei nostri referendum, alla fine resterebbe da piazzare soltanto la dignità di una nazione ma da stime attendibili sembra che il ricavato sarebbe oggi cosa veramente modesta. 

Nutro solo un dubbio che affido al dibattito: ma per quale motivo i quanti e molti hanno oggi promosso questi referendum sulle privatizzazioni si sono svegliati solo oggi che non ci resta neppure il conforto di un proverbiale “meglio tardi che mai” perché nel bidone ormai non c’è neanche più fondo da raschiare?

 Confesso in chiusura di essere comunque contrario alle privatizzazioni non per fede di parte ma perché nutro una scarsa fiducia nel privato di oggi, anche se devo per onestà ricordare che l’acquedotto della nostra città di mare non è mai stato pubblico ciononostante da circa un secolo offre un servizio eccellente a costi contenuti.

Il tema quindi non è sul principio ma andrebbe spostato sulla qualità degli attori, ricordiamoci che qualcuno in nome dell’efficienza e della economicità ha recentemente proposto di privatizzare persino la protezione civile, il vero perché lo si è fortunatamente scoperto poco dopo. 

L’ultimo, o primo che dir si voglia, è infine un referendum che non avrebbe mai dovuto essere promosso in un paese civile per il semplice motivo che non avrebbe mai dovuto esistere una legge come quella che è stato chiamato ad abrogare, inutile aggiungere altro.

 Alla prossima                                                                                      

 

    Hiselo

 

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