Politica ed energia: occorre sguardo lungo

La verità è che questa nuova tegola del rischio energetico è vecchia come la povertà di materie prime del Paese più ricco di bellezze del mondo.

Chissà che l’irruzione della questione energetica nella campagna elettorale, sia stata utile per mettere meglio in fila le priorità. Certo, il Luna Park delle promesse che era già cominciato (tasse, pensioni, alberi, dentiere) è come se avesse di colpo spento le luci, fermato le giostre, e la musica dei gingles si fosse trasformata in un breve belato beffardo.
Ora, sono ripartiti rumori di fondo curiosamente omogenei: tutti a tagliare bollette, mettere tetti, progettare ristori, rateizzare. Ma tutti a chiedere di intervenire a Mario Draghi, quello che era stato cacciato.

PUBBLICITA’

La verità è che questa nuova tegola del rischio energetico è in realtà vecchia come la povertà di materie prime del Paese più ricco di bellezze del mondo. Sarebbe ora di considerarlo nei programmi elettorali, anche a costo di renderli più faticosi da compilare.
A ben guardare, la politica italiana dovrebbe essere intenta soprattutto a rimuovere le cause locali, anche ideologiche, della sua incapacità ad affrontare grandi ed ineludibili questioni globali. Ma non lo fa mai, pur avendo a disposizione il proprio ruolo in Europa.
Si veda l’immigrazione, un fatto strutturale, epocale, che riguarda i grandi cambiamenti demografici, con la sola Nigeria che a breve avrà più della popolazione dell’intera Europa.
Pur essendo i più ineluttabilmente esposti per ragioni geografiche, abbiano approvato per distrazione gli accordi di Dublino e ci regoliamo tuttora con una legge di ordine pubblico, la Bossi Fini. L’abbiamo considerata sempre la questione ideale per dividerci tra buoni e cattivi. Una miniera di voti da coltivare, non un’occasione per ragionare insieme in positivo, da europei che hanno bisogno di braccia e cervelli.
Il tema ha ora perso credibilità solo perché il tempo ha consentito di vedere l’inutilità delle misure spettacolari in sé (lasciare a bagno gli immigrati come ha fatto il progressista governo Conte 1, ora il vietato blocco navale), ma senza capacità di incidere sulla sostanza.
Poi è arrivata la pandemia, altra questione mondiale, abbiamo reagito con coraggio civile ma siamo stati capaci anche lì di dar spazio, minimo ma serio, ai no vax, che hanno un ruolo rilevante persino in questa campagna elettorale. Per fortuna una straordinaria catena internazionale ha provveduto a procurare strumenti scientifici e di conoscenza per attenuarne gli effetti. Sul piano economico, senza Europa non sarebbe stato possibile neppure concepire un Recovery da 220 miliardi da aggiungere in 2-3 anni ad altri 220 miliardi di debiti interni.
La pandemia ha comunque fatto crescere ovunque l’inflazione, la tassa dei poveri, e nella distrazione complessiva, con gli Usa in fuga rovinosa dall’Afghanistan e l’Europa ancora piena di contraddizioni, è partita una guerra che ha chiaramente potenzialità mondiali.
Dalla guerra viene appunto il ricatto energetico.
Siamo ormai alla mercè di un prezzo del gas formato da una bisca di Amsterdam, con numeri che non hanno riscontro con la realtà industriale. Meno male che abbiamo smesso in tempo di trastullarci con il no ad una Tap che secondo il ministro del sud dell’epoca (2anni fa…) non consentiva di sdraiarsi in spiaggia perché 20 metri più sotto passava un tubo di 30 cm di diametro.
Ma costerebbe solo 5 euro, non oltre 320 come ad Amsterdam, il gas che le trivelle dell’Adriatico potrebbero pompare, se politici in parte oggi pentiti, non le avessero fermate quando procuravano 20 dei 40 miliardi di gas che abbiamo importato dalla Russia, perché Putin era uno di cui fidarsi….
Giusto non rimestare il passato, ma almeno sotto elezioni sarebbe utile ricordare qualche responsabilità.
Nessuno utilizza Greta Thunberg come testimonial di questa campagna elettorale e una ragione ci sarà.
Alla fine, soprattutto occorre la politica e ciascuno decida, ma i fatti degli ultimi anni dicono che la soluzione non è il sovranismo, da non scambiare col patriottismo, perché è oggi il suo contrario
Luigi Einaudi, che era un moderato nel linguaggio, lo definiva quasi un secolo fa un “idolo immondo”.

Beppe Facchetti da PENSALIBERO

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.