Perché la Lombardia non può essere zona rossa

Perché la Lombardia
non può essere zona rossa

Perché la Lombardia non può essere zona rossa

 Il covid sembra essere sconfitto, ma la Lombardia continua ad essere l’unica regione in cui contagi rappresentano numeri importanti. Perché non può essere zona rossa e perché non si può mettere in discussione il sistema sanitario lombardo?

A mio avviso la ragione principale sta in quel che il covid ci ha insegnato.

Finiti i canti dalle finestre e la speranza di ritrovarci in un mondo migliore ci dobbiamo rendere conto che, ancora una volta, il nostro sistema politico o, se preferite, la nostra classe politica ci impedisce un reale mutamento.

 


 

Mettere in discussione il sistema sanitario Lombardo, quello che è stato, anche a livello nazionale un fiore all’occhiello, significa mettere in discussione sia il concetto di privatizzare sia l’idea che possa esistere una  partnership pubblico-privato.

In un sistema economico globale in cui conta il profitto, il rendimento e i dividendi azionari diventa difficile far coesistere questi concetti con quello del soddisfacimento dei bisogni reali di una nazione.

La scelta di gestire il sistema dei servizi con una visione privatistica è stata fatta illudendosi che quello fosse l’unico modo per ridurre il debito pubblico.

Questo ha significato forse l’aumento di qualche punto del PIL ma, sicuramente, anche la chiusura di presidi sanitari territoriali, l’aumento sconsiderato degli alunni nelle classi, la perdita di posti a sedere sui mezzi di trasporto e tanto altro. 

Col senno del poi questi fattori si sono rivelati determinanti nella gestione e nella risoluzione del problema covid. Oggi appare chiaro che le critiche mosse quando le misure finanziarie vennero varate non erano solo lamentele.

Mettere in discussione la collaborazione tra pubblico e privato non significa necessariamente che si debba perdere in qualità o efficienza dei servizi ma che, nella gestione della cosa pubblica il profitto,  o il pareggio di bilancio, non deve essere l’unico obiettivo a cui mirare.

Il nostro paese, e forse anche l’UE necessità di statisti capaci di porsi traguardi almeno ventennali.

 


 

Nessuno ha ancora calcolato quanto il sistema Italia abbia risparmiato grazie  ai tagli della spesa pubblica effettuati a partire dagli anni novanta ma, appare evidente che le manovre finanziarie di questi ultimi mesi equivalgono ad un deficit probabilmente maggiore, e non di poco. 

Mettere in discussione la partnership pubblico privato non significa necessariamente perdere in qualità ed efficienza piuttosto iniziare a consolidare la visione della cosa pubblica come cosa “mia”, nel senso che, a tutti i livelli, si debba vederla come il bene comune supremo e non come la gallina dalle uova d’oro da spolpare. 

La sua gestione deve essere affidata a chi ha competenze e capacità piuttosto che a chi possiede tessere di carta colorata con simboli che cambiano di anno in anno. 

Discorso che ascolto dall’infanzia ma che sarebbe ora di concretizzare. 

Detto questo perché la Lombardia, o qualsiasi regione con un alto numero di contagi, non può essere zona rossa? Perché tanto si é discusso su una riapertura delle regioni differenziata? 

 

 

Credo che la questione sia squisitamente politica e che questa soluzione sottintende una realtà difficile da digerire da chi volle la riforma federalista. 

Il covid ha dimostrato che la gestione di gravi emergenze non può essere affrontata a livello locale, che i governatori, piuttosto che i sindaci, pur avendo teoricamente la possibilità di emettere ordinanze per la tutela della salute dei cittadini, non hanno mezzi e strumenti per la gestione di situazioni straordinarie. 

Il covid ha dimostrato quanto sia ancora attuale il sogno di Mazzini e che il tricolore vale di più di 20 staterelli.

L’italia unita non più, e non é mai stato, solo un sogno ottocentesco

  

  CRISTINA RICCI

 

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