Perchè è successo qui

PERCHE’ E’ SUCCESSO QUI

PERCHE’ E’ SUCCESSO QUI

E’ il titolo del nuovo libro di Maurizio Molinari, edito da La nave di Teseo,  presentato il 24 ottobre u. s. a Roma presso il Tempio di Adriano, con la partecipazione di Paolo Gentiloni e Matteo Salvini. Di che cosa si tratta lo spiega il sottotitolo: Viaggio all’origine del populismo italiano che scuote l’Europa; si tratta infatti di un vero e proprio viaggio che il direttore della “Stampa” ha intrapreso per incontrare e conoscere di persona la realtà di chi vive nel disagio, le paure di tanti italiani e le loro speranze, illusioni e disillusioni, per capire le cause di una reazione che ha colto l’ Europa di sorpresa, ma certo non l’Italia (o almeno quella ancora pensante).

  


Il libro di Molinari

 

Come potevano  reagire infatti gli italiani  “aggrediti dalle diseguaglianze, sorpresi dai migranti, flagellati da imposte e corruzione, bisognosi di protezione e sicurezza, feriti dalla globalizzazione, inascoltati dai partiti tradizionali e rafforzati nella capacità di esprimersi dall’avvento della informazione digitale, gli italiani, con le elezioni del 4 marzo 2018 hanno reagito consegnando le proprie sorti al primo governo populista  dell’Europa occidentale, con il risultato di innescare un domino di eventi sul Vecchio Continente dalle conseguenze imprevedibili”. Così scrive Molinari, che, come si vede, non risparmia niente ai partiti tradizionali (qualcuno direbbe alla “casta”) ma che, nello stesso tempo, non nasconde la sua preoccupazione per gli esiti imprevedibili di questo “cambiamento”. Perché? C’è forse motivo di essere preoccupati? E qui gli italiani, da inguaribili individualisti quali sono sempre stati, si dividono in due grandi categorie: in una maggioranza di sostenitori dell’uomo forte di questo strano governo duale, cioè Matteo Salvini, e, in subordine, del suo alleato e competitor Luigi Dimaio, e in una minoranza, quanto mai disunita e lacerata da conflitti interni, di avversari politici. Per di più, la minoranza si presenta arroccata in difesa del cosiddetto establishment europeo inviso ai populisti e ai sovranisti, che aspirano a un nuovo ordine (o disordine) europeo e, alzando lo sguardo, mondiale.

 

 

Maurizio Molinari 

 

Queste due categorie di cittadini sono divise da concezioni diverse della storia, delle istituzioni repubblicane e democratiche e, alzando anche qui lo sguardo, dei diritti umani , della cultura, dell’arte e della ricerca scientifica. Inoltre, per i populisti e sovranisti, la divisione politica non passa più tra una destra conservatrice e una sinistra progressista, ma tra quello che loro chiamano “il popolo”, per definizione depositario  dei valori, della giustizia, della virtù e del buon governo, e le “élite” (non solo politiche ma economiche e sociali) descritte come intente solo a conservare i loro privilegi e a difendere i propri interessi, per lo più inconfessabili. Sennonché il popolo non è un’entità monolitica, e la divisione ideologico-pratica oggettiva di cui sopra  ne è già una prova inoppugnabile; ma se andiamo a vedere i risultati elettorali  dobbiamo constatare che quando si è formato, questo governo giallo-verde rappresentava poco più del 50% dei cittadini italiani. Oggi i sondaggi danno le due formazioni unite al 60% dei consensi, mentre le opposizioni, come già si è detto, sono tra loro divise, incerte e senza veri programmi alternativi. Mai, nella storia dell’Italia repubblicana, un governo era stato così forte e un’opposizione così debole. E’ questo un motivo di preoccupazione? Per Molinari, come per altri osservatori super partes, ma per i quali la democrazia rappresentativa è ancora un valore, sì. Ma da che cosa deriva un così ampio consenso a questo governo in cui sono rappresentati addirittura due diversi populismi?

 


Dimaio Salvini

  

Secondo Molinari da cinque tabù: 1) il timore dell’Islam, 2) la competizione economica con i migranti, 3) la paura di perdere l’identità nazionale, 4) l’indifferenza e il disamore per l’Europa e, infine, 5) il fascino dei leader autoritari  come Vladimir Putin. Molto opportunamente Molinari osserva che se i partiti tradizionali si fossero preoccupati di ascoltare i bisogni e le esigenze dei cittadini comuni, questi non si sarebbero rivolti a chi prometteva loro più sicurezza e più protezione sociale. Quanto al Partito democratico, ha commesso il grave errore di raccontare un Paese inesistente, tanto che più parlava di ripresa, più cresceva la collera del ceto medio commerciale, imprenditoriale  e manifatturiero (per non parlare delle periferie degradate). Salvini, invece, con il suo dinamismo “rivoluzionario” (e, possiamo aggiungere, con i suoi “me ne frego”, magari non proprio della morte ma solo delle lettere di richiamo della Commissione  europea) e il suo contatto incessante con i suoi followers in Rete, è riuscito a far breccia  tra i giovani e a stabilire così una comunicazione diretta tra leader e “popolo”, tanto da far apparire la democrazia rappresentativa e costituzionale un guscio vuoto da far cadere al più presto per aprire la strada a una democrazia “popolare” o illiberale.

 


Renzi, Calenda, Orlando, Franceschini, Orfini, Zingaretti

 

 Certo, in Italia non siamo ancora a questo punto, nondimeno è evidente che la nostra fragile democrazia si trova  ormai su un piano inclinato, come scriveva  su la Repubblica lo storico Emanuele Felice, domenica 23 settembre u. s. : “l’attuale governo sta già operando una torsione dei principi liberal-democratici: lenta, certo, ma ben chiara. Progressiva. Prima abbiamo assistito al disivolto sconfinamento delle competenze, protagonista soprattutto Salvini, fra i diversi ministeri, o fra l’esecutivo e gli altri poteri dello Stato. Ora siamo alle minacce di epurazione verso dirigenti colpevoli di mantenere un profilo imparziale, e qui in prima fila troviamo anche i Cinque Stelle. Peraltro alla torsione dei principi si accompagna l’erosione delle coscienze. Prova ne è la crescente indifferenza con cui vengono trattate le sofferenze delle persone in mare. L’opinione pubblica italiana si sta abituando ad accettarla, a passarci su, come sta imparando ad accettare le epurazioni, o le velate minacce alla stampa libera. Si ha l’impressione di stare su un piano inclinato che, nel nome della maggioranza riduce la libertà e i diritti. Spetta a tutti noi di riconoscerlo”. Tutti noi chi? Potranno mai riconoscerlo i populisti e sovranisti al governo? E allora il Pd? Quale Pd, quello di Renzi, di Calenda, di Orlando, di Franceschini, di Orfini o di Zingaretti? E quando ci si deciderà a eleggere non un leader ma una leader? “Chi meglio di una donna – sostiene Molinari – potrebbe guidare il nostro Paese nella sfida alle diseguaglianze, lì dove questo tallone d’ Achille della società nazionale è rappresentato da famiglie con figli che provano disagio per non poter coronare  i propri sogni?” Già, una donna. Chi potrebbe essere? Mi sa che per avere una donna al comando dobbiamo ancora attendere tempi più maturi.


 FULVIO SGUERSO

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