Per muovere la moltitudine

PER MUOVERE LA MOLTITUDINE
“Colui che vuole muovere la moltitudine non dovrà essere il commediante di se stesso? 

PER MUOVERE LA MOLTITUDINE

 “Colui che vuole muovere la moltitudine non dovrà essere il commediante di se stesso? Non dovrà prima di tutto tradurre se stesso in grottesca evidenza e sciorinare tutta la sua persona e il fatto suo in questa riduzlone grossolana e semplicistica?” (Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, 236)

Vox populi,  vox Dei?

Sì, certo, quando in coro canta:

Osanna, Osanna, benedetto sia il Signore!

Ma anche quando grida:

Crucifige, Crucifige?

Come può lo stesso popolo

una volta osannare e un’altra

crocefiggere la stessa persona?

Non sarà che, un popolo,

per mantenersi unito e coeso,

abbia bisogno di sacrificare, di quando in quando,

un innocente capro espiatorio?

D’altronde,  se  è anche vero che,

come pare dicesse Carlo Carafa,

cardinal degenere ma non ipocrita

di Santa Romana Chiesa,

Vulgus vult decipi, ergo decipiatur

(se il popolo vuol essere ingannato,

allora lo si inganni)  non bisogna credere

sempre alla sua voce (o al suo grido).

Non sempre il rumore della folla,

il frastuono della moltitudine

che giunge dalle chiese e dalle piazze

delle città o dai media

è la voce stessa di  Dio,

troppo suggestionabile è la folla,

ancor più manipolabile è  il popolo

dei social e il pubblico dei talkshow,

e le masse studiate dai sociologi

sono materia amorfa in balia della pubblicità.

La massa non pensa, non può pensare,

è un grosso animale

che agisce per istinto,

che odia chi vuol farlo ragionare

e ama chi lo liscia per il verso del pelo.

Le masse d’oggigiorno  in Occidente

sognano soltanto l’avere

e non sanno che farsene dell’essere.

L’avere, però,  è avaro: chi possiede

è a sua volta posseduto

e il ben-essere non è l’essere del bene.

Un mondo ridotto agli schermi televisivi

o ai desktop dei computer o dei tablet

è destinato a perdersi nel nulla.

  Fulvio Sguerso

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