Per iniziare un percorso nuovo…

Per iniziare un percorso nuovo, a volte,
si può riprendere una strada interrotta…

Per iniziare un percorso nuovo, a volte,

si può riprendere una strada interrotta…

 Novembre 2006, articolo da “Truciolisavonesi”:

“Credo che il caso ACTS/Del Bene, in realtà, sia molto più significativo del semplice merito che rappresenta.Credo che in questa storia, non ci sia altro che l’epilogo in chiave politica e sociale di una vicenda che affonda le sue radici molti anni fa, all’inizio degli anni 80, quando a Savona è entrato definitivamente in crisi un modello di vita sociale ed economico che aveva incarnato la città dalla rivoluzione industriale in poi.Da quegli anni, che iniziarono con l’ultima ipotesi di sviluppo economico avanzata per Savona, imperniato su una prospettiva industriale/portuale/energetica per il comprensorio e la Valle Bormida, turistica per il ponente, presentata dal partito di GOVERNO storico della città, il PCI, più nulla…

…Sino a quando, come la fisica ci insegna, il vuoto è stato riempito; da quel momento a guidare e concretizzare una ipotesi di sviluppo non è stata la funzione unificante della Politica e del Governo, che per loro natura in un contesto civile e democratico dovrebbero essere sintesi della società che rappresentano, ma l’insopprimibile forza di interessi economici che, volendo per fortuna restare radicati alla città e al suo territorio, hanno cercato di indirizzare le scelte e lo sviluppo verso i propri interessi che, casualmente, in alcuni casi sono coincisi con gli interessi di una comunità….

…..Questa è stata la “primavera savonese”. Una stagione che ha segnato la fine della politica e del governo, intese come traduzione pratica di visioni strategiche di sviluppo della comunità, per lasciare spazio alla amministrazione, intesa come mera composizione e coordinamento di interessi terzi….”

 

Marzo 2009: dichiarazione da “Il Secolo XIX”

“….Ora, in estrema sintesi: si fanno le primarie per scegliere il candidato sindaco, partecipano inizialmente 5 candidati, si chiudono le urne e 2 dei 5 candidati, non premiati dalla competizione, escono dal PD. Se le primarie sono questo, caro PD, meglio smetterla subito perché, di questo passo, tra pochi mesi il PD si sarà estinto, stroncato dal “virus democratico” (non a caso Berlusconi gode di ottima salute, essendone autoimmune).Ma questa è, appunto, una schematizzazione e credo sarebbe sbagliato approdare così a questa conclusione, anche se casi analoghi a quello albisolese, purtroppo, non mancano. La rottura di albisola, agli occhi dei lettori delle cronache, appare come una rottura tra persone. Sembra che sul territorio si stia affermando l’idea che nel PD si sta solo se prevale la propria visione.

Marzo 2009:petizione di 56 cittadini albisolesi di centro sinistra

“…..Di fronte alla situazione che si è determinata, in seguito ad una campagna elettorale che ha con ogni evidenza travalicato i limiti entro i quali si deve svolgere il confronto all’interno del PD,  noi, che siamo un gruppo di cittadini, iscritti al PD, appartenenti al coordinamento del circolo albisolese o semplici elettori delle primarie, riteniamo non si possa prendere burocraticamente atto della situazione che, con ogni probabilità, porterà nuovamente a processi di frantumazione, interessando la stessa area politica e culturale nella quale il PD agisce e ha il suo riferimento.”


Giugno 2009: nota pubblicata su Facebook

“….Il PD esce dal confronto elettorale nella Provincia di Savona fortemente ridimensionato sul piano del consenso e della funzione di governo locale…

…La politica ha accentuato in modo drammatico la percezione già largamente diffusa di essere uno strumento nelle mani di pochi….
…Infatti le notizie di questi giorni, sia sulle cronache locali che su quelle nazionali, rappresentano una discussione interna al PD, che, coerentemente alla discussione di questi mesi, è più improntata al fine della “resa dei conti” tra gruppi, che a quello della discussione seria sui ritardi di elaborazione politica e culturale del centro sinistra e dello stesso PD. Questa rappresentazione non è frutto di un complotto della “stampa di regime”.
…Arriviamo tardi e con fatica sui grandi temi della nostra epoca, non siamo credibili perché “al rimorchio” o perché assillati dal “politically correct” (sintomo di pigrizia intellettuale, molto tipico della sinistra in questi ultimi anni) anche perché siamo in preda di una entropia micidiale che fa sì che la gran parte delle nostre energie sia assorbita da una dimensione esasperatamente tatticista. Dovremmo invece fondare un moderno progetto riformista di governo di una società sempre più complessa e parcellizzata, nella quale anche gli elettori di sinistra vivono sulla propria pelle la contraddizione che fenomeni come quello migratorio, ad esempio, provocano tra le aspirazioni ideali e la concreta esigenza di vita, di sicurezza, di educazione dei propri figli.
Se le nuove primarie che ci attendono saranno segnate ancora una volta più dalla logica della cordata che dalla necessità di costruzione della nuova identità della quale la nostra società ha bisogno, saranno l’ennesima occasione persa….

Ho voluto riprodurre in inizio di questo pezzo alcuni scritti miei e di cittadini di area democratica risalenti al 2006 e al 2009. Questi scritti produssero gradimenti diffusi, anche da attuali amministratori e dirigenti PD.

Li ricordavo, sia per averli scritti che per averli condivisi e sottoscritti. Ma rileggerli, a qualche anno di distanza, produce una precisa sensazione. Di tempo fermo. E quindi di peggioramento.

Peggioramento, perché un partito nuovo che, a distanza di anni, riproduce ed acuisce dinamiche non virtuose, rischia ancora di più di fallire la propria missione. Particolarmente se quel partito è il Partito Democratico, che si era dato una missione tanto difficile quanto emozionante.

Io non voglio rassegnarmi a questo fallimento e sono certo che si possa provare ad invertire la tendenza. E sono convinto che lo si possa fare senza abiurare dai valori costitutivi di quel partito così come da quelli fondativi del nostro sistema democratico.

Per invertire la tendenza però è necessario capire cosa abbia prodotto questo stallo.


 E per capire bisogna guardare a ciò che è accaduto, non per chiudere una analisi, ma per aprire una proposta.

Solo cercando di capire, senza paraocchi o atteggiamenti autodifensivi, si può pensare di cambiare e si può provare a farlo. In questo senso la totale assenza di autocritica vera, sia di chi ha vinto che di chi ha perso, per il vergognoso spettacolo che le primarie ultime hanno offerto, è significativo.

Torniamo dunque alla origine, alla fondazione del PD.

Come tutti ben ricordiamo, il PD nacque, con una accelerazione decisa, mentre si stava consumando rapidamente e dolorosamente l’esperienza fallimentare della “Unione” che aveva portato alla risicata vittoria elettorale di Prodi del 2006.

La nascita del PD fu per certi versi un ulteriore stimolo alla fine di quella ingloriosa vicenda, che vide un governo formarsi con il sostegno di partiti talmente diversi che dovettero sottoscrivere un programma di 287 pagine per essere certi di aver mediato su tutto per, poi, dal primo giorno della costituzione delle nuove camere, tornare a dividersi su tutto.

Molti di noi condivisero innanzitutto, del proposito di costituire il nuovo partito, la volontà di costituire un soggetto nuovo, capace di recuperare il programma e l’impostazione culturale e politica che era alla base del primo governo Prodi, fatto cadere non a caso da Rifondazione Comunista nel 1998. E’ immenso il rimpianto che a quella caduta non sia succeduta la convocazione delle elezioni, invece della nascita del governo D’Alema/Cossiga/Mastella….

Si condivideva la necessità di tornare ad un “Ulivo”, incarnatosi in un nuovo partito che, in questo senso, fosse dotato di un programma di governo tale da consentire la famosa “vocazione maggioritaria”. Per chiudere definitivamente l’esperienza di coalizioni onnicomprensive, capaci di vincere ogni tanto, ma mai di governare.

Questa accelerazione, resa necessaria dai fatti e dalla imminente campagna elettorale, ebbe però anche l’effetto di “ridurre” la fondazione del PD alla fusione dei due partiti che venivano superati , i DS e la Margherita.

Questo non significa che il nuovo partito rappresentò alla sua nascita solo coloro che militavano nelle due vecchie formazioni. Anzi, l’interesse che suscitò la fondazione del PD fu enorme e registrò una apertura di credito forte e densa di speranza per una parte di cittadini, sino ad allora senza partito, che non provenivano nè dalla storia del PCI/PDS/DS nè da quella della DC/Popolari/Margherita.

Ma i ruoli dirigenti del nuovo partito appena fondato, soprattutto sul territorio,  furono quasi totalmente monopolizzati dai reduci delle due formazioni originarie, salvo poche e sporadiche eccezioni.

Le primarie che elessero Veltroni primo segretario del PD furono segnate, anche se di certo non in modo virale, dalla logica del posizionamento individuale e personale dei dirigenti dei due partiti fondatori. Naturalmente e inevitabilmente ciò determinò il risultato che il PD fosse più che un nuovo partito , una evoluzione dei due precedenti, con il prevalere sul territorio della componente più radicata e rappresentativa che, a Savona, era di certo quella proveniente dai DS. Tutto ciò  in un impianto politico e culturale nuovo, con metodi nuovi di democrazia interna e con un meccanismo di selezione dei dirigenti e degli amministratori straordinariamente innovativo, le primarie.

Non ci sarebbe stato davvero niente di male se quello, da dato di partenza che era, non fosse anche diventato il punto di arrivo, almeno sino ad oggi. E la ragione per la quale le primarie siano diventate piena espressione della oligarchia mascherata da esercizio democratico che avrebbero potuto essere sta molto in questa mancata evoluzione culturale. 


 Ma qualcuno questo rischio lo aveva intuito.

Voglio ricordare che proprio in occasione della nomina del primo coordinatore provinciale del PD fu diffusa una lettera da parte di coloro che avevano aderito e partecipato a “Polis”, una lettera che diceva, tra l’altro, queste cose:

“…Questa scelta non deve essere un semplice passaggio burocratico e notarile, anche a Savona. Non c’è dubbio che il contributo dato dai DS e dai suoi vertici alla nascita del PD nella nostra città sia stato fondamentale .Queste considerazioni non possono però essere forzate per rendere “automatica” una scelta. La nomina del Coordinatore non può essere compiuta come un atto a se stante, ma nel contesto di scelte politiche e programmatiche chiare su quale dovrà essere lo sviluppo del PD nella nostra provincia. E, alla fine del processo costitutivo, i nuovi dirigenti non potranno essere individuati sulla base della sola continuità storica e politica, ma soprattutto in riferimento alla corrispondenza con i presupposti programmatici che connoteranno l’agire del partito.Di questo c’è bisogno, di una forza politica che segni concretamente uno stacco netto dalle concezioni proprietarie e autoreferenziali che indeboliscono la democrazie e le istituzioni…”

Questa lettera, chiara e limpida, fu sottoscritta nel novembre del 2007 prevalentemente da persone che non sono più nel PD; in molti casi erano le stesse persone che, più di un anno prima, avevano diffuso quello che fu battezzato “L’appello dei 38”, dal numero dei firmatari, appello che chiedeva che l’individuazione del candidato Sindaco di Savona del centro sinistra fosse anche definita attraverso un percorso trasparente e aperto ai contributi programmatici provenienti dalla società, non solo a quelli dei partiti della futura coalizione.


 La lettera non fu gradita del tutto, come normale, e il primo coordinatore del PD di Savona fu l’ultimo segretario dei DS, Giovanni Lunardon.

Riprendere in mano questi documenti, rileggerli, vedere cosa è successo dopo, mi rende davvero difficile capire come io possa essere “accusato” di Grillismo o disfattismo. Mi rende invece chiaro ancora di più il motivo per cui il Grillismo ma, soprattutto, l’astensionismo, abbiano fatto breccia tra i cittadini. Rende quindi anche chiaro che, al di la di ogni altra considerazione, il PD non è solo affare di chi vi milita, ma può essere un problema o una risorsa di tutta la società.

Che fare, ora?

Perché, come respingo con fermezza la liquidazione di queste valutazioni,  mi rendo anche  conto che sia necessaria una alternativa, una proposta, in mancanza della quale tutto diviene davvero stucchevole denuncia presuntuosa e inconcludente, verso la quale il fastidio è del tutto sacrosanto.

Ho già scritto che considero un errore non aver proseguito, anche dopo la nascita del PD, con la vita di “Polis”. Chi sosteneva questa opportunità lo faceva partendo da molte delle valutazioni che trovate riprodotte nei documenti prima citati: sostenere la novità che avrebbe dovuto rappresentare il PD attraverso una funzione di stimolo politico e culturale esercitato da un soggetto esterno, cui potessero aderire anche persone non interessate all’ingresso nel PD.

Mi pare che il tema sia oggi ancora più stringente.

Allora, perché non riprovarci?

Siamo tanti a pensarla così e, al contempo, per le nostre scelte di vita, limitiamo la esplicitazione di queste idee sapendo che poi non avremmo né il tempo né la disponibilità a candidarci personalmente a funzioni politiche e amministrative. Ma condividiamo in tanti la voglia, la necessità, di riportare in questa città, in questa provincia, un confronto aperto sui temi che ne condizionano lo sviluppo o favorire la discussione su un mondo, su una società che cambiano e che hanno bisogno di idee guida nuove, di nuove identità politiche e culturali.

Perché allora non provare a costituire una associazione, un circolo, che si ponga come obiettivo la promozione di dibattiti e di favorire il confronto tra le idee di chi si riconosce nell’orizzonte politico e culturale che connota il PD e il suo manifesto dei valori,  finalizzando la propria attività al contributo per costruire una identità democratica a Savona.

Un gruppo di persone che dichiarino pubblicamente e in partenza la propria indisponibilità e disinteresse a ruoli diretti  amministrativi e politici, creando una sorta di incompatibilità tra l’appartenenza alla associazione e la “discesa in campo”, come, ad esempio accadeva un tempo tra ruoli sindacali e politici.

Non è certo una idea originale, mi rendo conto. E’ una idea che propongo per provare a colmare la lacuna che lasciammo con la chiusura di Polis.

E’ una idea, soprattutto, aperta. Sulla quale mi auguro di ricevere commenti, critiche, o adesioni…..

Luca Becce

 

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