PENSARE DIO O ESSERNE PENSATI?

Le mie considerazioni eretiche a proposito del pensiero umano su Dio e di quello di Dio sull’uomo.
PENSARE DIO O ESSERNE PENSATI?

Le mie considerazioni eretiche a proposito del pensiero umano su  Dio e di quello di Dio sull’uomo.

PENSARE DIO O ESSERNE PENSATI?

All’ultima delle domande che l’ateo (non devoto) Eugenio Scalfari gli aveva rivolto  dalle pagine della Repubblica, e che concerneva il destino del pensiero umano su Dio, una volta che anche l’ultimo uomo fosse scomparso dalla faccia della terra, Papa Francesco risponde, non dubitativamente (e come potrebbe un papa dubitare dell’eternità divina?), così: “Certo, la grandezza dell’uomo sta nel poter pensare Dio. E cioè nel poter vivere un rapporto consapevole e responsabile con Lui.

Ma il rapporto è tra due realtà. Dio non è un’idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell’uomo, Dio è realtà con la ‘R’ maiuscola. Gesù ce lo rivela – e vive il rapporto con Lui – come un Padre di bontà e misericordia infinita. Dio non dipende, dunque, dal nostro pensiero”. Come dire che non è Dio a essere figlio dell’uomo, ma è l’uomo a essere figlio di Dio. Chi potrebbe dubitarne se non un ateo? Noto di passaggio che qui il Papa traccia di fatto una netta linea di demarcazione tra l’uomo e gli altri animali: solo l’uomo (almeno per quello che finora ne sappiamo) può pensare Dio, e in questo potere, non in altri, consiste la sua grandezza. E’ questo uno di quei poteri  che diventano  doveri a cui non si può derogare, pena la immediata regressione alla bruta animalità mossa solo dagli istinti e senza lume di coscienza: quale uomo (o donna)  potrebbe essere colui o colei che non pensa mai a Dio? Anche gli atei dichiarati, come appunto Scalfari o il matematico Odifreddi (che, a sua volta, ha avuto l’onore di ricevere una lettera dal predecessore di Papa Francesco, il teologo Joseph Ratzinger, in risposta a Caro Papa, ti scrivo, Mondadori, 2012) ci pensano di continuo, non fosse altro che per “cercare se trovar si potesse che Iddio non fosse”, come il Guido Cavalcanti del Boccaccio. 


Quale uomo o quale donna, infatti, alzando lo sguardo al cielo stellato, non sente sorgere dentro di sé la domanda sull’origine (la causa) e sulla finalità di quella miriade di  astri (“a che tante facelle? Chiede il semplice pastore leopardiano); e, anche senza aver mai aperto un libro di filosofia, a quale essere pensante non balena in mente la domanda fondamentale: perché c’è l’universo invece del nulla? Da cui discende l’altra  che, prima o poi, tutti gli esseri pensanti si pongono: perché io ci sono, mentre avrei potuto benissimo non esserci? Inoltre se, malgrado la possibilità che io nemmeno ci sia, cioè che non sia qui a chiedermi perché ci sono, ci sono lo stesso, come faccio a non domandarmi per quale ragione, se per caso o per necessità, sono ancora vivo invece che già morto? In altri termini, dal momento che non solo non mi sono dato la vita ma non ho nemmeno il potere di salvaguardarla più di tanto dai colpi di ventura, da eventuali malattie invalidanti o incurabili, e neppure, entro certi limiti, dalle seducenti insidie del demonio (o di chi per lui) e dalle trappole del “mondo”, se non dandomi la morte (e commettendo così il più mortale dei peccati), non posso fare a meno di chiedermi: a chi dobbiamo il fatto di esistere in questa guisa e non in un’altra? E a chi dobbiamo il fatto di dover lasciare questa esistenza quando verrà sora nostra morte corporale a prenderci? E se anche giungessi alla conclusione che tutto avviene per caso e non c’è nessun responsabile dell’esistenza del mondo così com’è (con tutto  il suo bello e il suo brutto, le sue gioie e le sue tristezze, i suoi eroismi e le sue infamie, le sue guerre e le sue paci, insomma, con il suo bene e il suo male), rimarrebbe ancora la domanda sul perché, se tutto quello che esiste poggia sul caso (dal latino cadere) continui a esserci e non sia da tempo sprofondato nell’abisso del nulla.


E tuttavia – come attestano anche gli scienziati e non solo l’Apocalisse – la vita su questa terra, così come in un giorno lontano è comparsa, in un altro giorno, sempre meno lontano, scomparirà. Ed eccoci di nuovo a quella domanda “escatologica” di Scalfari al Papa: se non ci sarà più nessuno in grado di pensare alcunché – e quindi nemmeno quell’essere quo maius cogitari nequit, premessa necessaria all’argomento ontologico adoperato da Anselmo d’Aosta per confutare il pensiero degli stolti (come Scalfari od Odifreddi) che hanno detto in cuor loro Dio non esiste – che cosa ne sarà del pensiero capace di pensare Dio? “Quindi, a quel punto, Dio sarà morto insieme a tutti gli uomini?”. Sottintendendo che l’esistenza di Dio dipende da chi la pensa. Ma su questo punto – e non solo su questo  – Papa Francesco è stato chiaro: Dio non dipende dal nostro pensiero, piuttosto siamo noi che dipendiamo dal suo, il quale non è certo uguale al nostro, dal momento che noi, per quanto ci sforziamo di pensare a un oggetto reale, poniamo a una rosa, non riusciremo mai a far esistere quella rosa; invece,  quando Dio pensa a una rosa, nell’atto stesso di pensarla, la fa esistere. La differenza fondamentale tra il nostro pensare e quello di Dio è questa. D’altronde non è forse vero che è stato Lui a pensarci per primo e a volerci così come siamo (o meglio, come potremmo essere se…) e che senza quel suo pensiero noi non ci saremmo per niente? Noi ci siamo perché Lui ci ha pensati. A questo punto, però, mi viene da porre un’altra domanda al Papa: è vero, noi ci siamo perché Dio ci ha pensati e, nel pensarci, ci ha fatto e ci fa esistere e sussistere, sì, ma  entro certi limiti, il più grave dei quali è la nostra mortalità, castigo divino per i nostri peccati – almeno stando alle 

Lettere di San Paolo; perché, allora, trarre dal nulla all’essere dei poveretti che soffriranno già  in vita le pene dell’inferno e, infine,  moriranno? O anche: perché, potendo Tu, Signore, pensarci in modo tale da renderci immuni da tutti i mali fisici e metafisici, hai permesso che cadessimo in balia di forze soverchianti, come le tentazioni del demonio (che, fino a prova contraria, è anch’egli una tua creatura, altrimenti di chi?) e come le pandemie e le epidemie che periodicamente hanno falcidiato e falcidiano le popolazioni, soprattutto le più povere, o la furia degli elementi e delle catastrofi naturali come  terremoti e maremoti, o a quelle ancor più gravi catastrofi dovute alla volontà di potenza, di sfruttamento e di dominio di alcuni uomini (anch’essi tuoi figli) nei confronti di altri tuoi figli, e della stessa natura da te creata, animali compresi? Domande antiche ma anche sempre attuali, a cui sono state date delle risposte (come quella che se Dio ci “obbligasse” a essere buoni, ci renderebbe schiavi invece che mantenerci liberi anche di peccare) che, tuttavia, non risultano né esaurienti né del tutto convicenti, se continuano a essere riproposte. Prendiamo la grave e tragica questione della presenza del male nel mondo e nello stesso cuore dell’uomo (su cui si è tanto arrovellato Sant’Agostino): da dove viene? Se venisse da Dio, come potremmo ancora definire Dio  “un Padre di bontà e misericordia infinita”? Quindi non può che venire dagli uomini; ma se gli uomini (e le donne) sono creature pensate, anzi, “progettate” da Dio, com’è possibile che si comportino, per lo più, così male, a cominciare da Adamo ed Eva? Come spiegheremo la loro (la nostra) inclinazione al peccato, inclinazione tanto forte da richiedere l’aiuto di un intervento sovrannaturale per correggerla e per redimerla tramite la Passione e la morte in croce del Figlio Unigenito di Dio-Padre? Se noi non ci siamo fatti da soli, chi è che ci ha fatti così deboli e fragili che, da soli, non riusciremmo a salvarci dalle fiamme dell’inferno che ci saremo meritate con la nostra disobbedienza alla Legge divina dell’amore?

Non ci sarà qualche responsabilità anche da parte di chi ci ha fatto come siamo, cioè liberi di obbedire o di disobbedire, di amare o di non amare il nostro prossimo come noi stessi? Ma l’amore non si può imporre, come non si può imporre la fede, per la contraddizion che nol consente; quindi ricade del tutto su di noi, così imperfetti e limitati come siamo, la resposabilità del male che contribuiamo a perpetuare nel mondo? Un’altra bella domanda che vorrei fare a Papa Franesco (grazie alla sua disponibilità al dialogo) è questa: Santità, lei crede nel diavolo? E’ questa  una questione tutt’altro che secondaria, perché, se il diavolo esiste, nemmeno lui si è fatto da solo, e, se non si è fatto da solo, chi mai lo ha fatto o “pensato”? Gli uomini o Dio stesso? E, se è (o fosse) anche il diavolo una creatura (un figlio) di Dio, generata dal suo pensiero, che cosa dovremmo pensare del pensiero di Dio? Che è ancora quello di “un Padre di bontà e misericordia infinita”? Inoltre, se anche il diavolo fosse figlio di Dio, Gesù Cristo non sarebbe più il  Figlio Unigenito di un Padre “che è amore e che vuole, con tutto se stesso, che l’uomo, ogni uomo, si scopra e viva anch’egli come suo vero figlio”, ma il fratello buono del figlio reietto e “cattivo” (da captivus, cioè “prigioniero”) di un Padre che, nonostante la sua misericordia infinita, non ha potuto evitare di fare figli e figliastri. Non ha potuto evitare? Ma non ci è stato insegnato fin dal Catechismo che Dio può tutto (meno che fare il male)? Tuttavia, se ammettiamo l’esistenza del diavolo, viene messa in forse la stessa definizione di Dio come Padre infinitamente buono, misericordioso e “potente”, dal momente che non ha il potere (o la volontà) di annichilire con un sì e amen uno dei suoi figli divenuto, per invidia,  il  suo più grande e irriducibile  Nemico; e, con lui, abolire l’inferno, liberando tutti i dannati che ancora vi fossero  rimasti imprigionati.  Ma non disperiamo, scrive Papa Francesco all’ateo Scalfari che “Alla fine, nel dove e nel quando che è al di là di noi, ma verso il quale, nella fede, tendiamo con desiderio e attesa, Dio sarà ‘tutto

In tutti’ “. E del male (come del diavolo e dell’inferno) non  rimarrà traccia. Almeno questa è la nostra più ardente speranza.

FULVIO SGUERSO

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.