Noli

Era un lunedì di 22 anni fa. La sorpresa al mitico ristorante “Nazionale”
Noli, aggiungi un posto a tavola
Ma quel giorno arrivò la regina
Retroscena inedito. Il maresciallo dei carabinieri al cronista “Niente foto…”

Era un lunedì di 22 anni fa. La sorpresa al mitico ristorante “Nazionale”
Noli, aggiungi un posto a tavola
Ma quel giorno arrivò la regina
Retroscena inedito. Il maresciallo dei carabinieri al cronista “Niente foto…”

Noli – Il ricordo del vecchio cronista. Un ritaglio di giornale d’archivio. Una piccola verità-retroscena mai descritta, nulla di clamoroso, ma ciò che può succedere nella vita di un giornalista di provincia. La regina che si presenta, senza farsi preannunciare, in un ristorante di Noli. E “vietato” avvicinarsi, fotografare.

Lei era, Sua Altezza, Maria Josè Brabante Savoia (“una bella principessa che ricamava trame contro la dittatura fascista”), figlia del democratico re del Belgio, sposò nel 1930, l’erede al trono d’Italia: Umberto. Molti testi la descrivono una donna eccezionale, intelligente, amante delle arti e della cultura, anticonformista. Così contestatrice, così audace, così acuta, che non gli faceva paura né Hitler, né Mussolini e nemmeno il suocero.  Sarebbe stata una grande regina madre! Una “ideale” reggente

Parole e giudizi tratti, ovviamente, da un libro. Non è farina del nostro sacco.

Sta di fatto che  Maria Josè si presentò quella mattina dell’11 ottobre 1998,  un lunedì, nell’antica Repubblica Marinara. Non c’erano fotografi ad attenderla. Arrivava da Genova reduce da un intenso week –end ed era diretta a Nizza per l’inaugurazione della mostra “La dedizione ai Savoia” promossa dalla Fondazione Umberto II e Maria Josè ed ispirata al legame che intercorse tra la monarchia italiana e la città del Midì.


Una sosta, comunque (vedi articolo de Il Secolo XIX a fondo pagina), non casuale. Maria Josè, con quattro accompagnatori, scelse il ristorante “Nazionale”. Un nome, una storia ed una tradizione della “genuinità a tavola”, della “cucina semplice e tradizionale della terra nolese”. Qualità e semplicità, salutare si direbbe. Un locale entrato a far parte della storia di Noli, per il ruolo ed il richiamo. Nacque in un immobile della famiglia Vincenti. La signora Caterina era l’emblema della buona cucina e degli ottimi fornelli. Il marito Mauro, piemontese d’origini, da sarto si trasformò, col tempo e l’impegno, in bravo cuoco. Alla casalinga nei gusti, nei sapori e nelle freschezza.

Per la storia è doveroso aggiungere che a fare apripista, inaugurare il primo ristorante Nazionale fu la famiglia Pistarino, origini piemontesi, che lo gestì per diversi anni, fino a quando (siamo nel periodo della Seconda Guerra Mondiale), scesero in campo i coniugi Caterina e Mauro. Fu un successo crescente,  punto di riferimento per buongustai non solo in Riviera, ma dalla Liguria e dal Basso Piemonte. Una meta culinaria quasi obbligata, come lo fu negli anni, l’ancora più mitico Ferrer (a Borghetto  S. Spirito prima e poi a Torre del Mare).

A Noli, oltre al ristorante nello stesso immobile c’è il “meublé” Nazionale con 25 camere.

Caterina e Marco hanno allietato la loro esistenza terrena con la nascita di una figlia, sposata Bozzo,  nolese, che a loro volta sono diventati genitori di due figlie ed un maschio. Le due donne gestiscono il Nazionale mantenendo la bandiera della tradizione dei nonni materni. La Michelin descrive: <Locale di lunga tradizione famigliare “vecchi maniera”. Preparazioni semplici, sapori netti,  porzioni abbondanti. Alla carta da 38 a 55 euro>.

I Vincenti erano stati anche proprietari del non lontano albergo Diana (26 camere) che fu venduto ad una società piemontese. Arrivò il Piano particolareggiato del centro storico e l’operazione speculativa a suon di seconde case, manco a dirlo, è rimasta bloccata. Una delle poche che non è stata coronata da successo. Chi l’aveva comprato, insomma, ha fatto “i conti senza l’oste”.

Ebbene la presenza delle Regina d’Italia, a Noli, fece notizia sui quotidiani e radio locali, con un particolare rimasto inedito. Piccolo, piccolo. Il cronista della redazione de Il Secolo XIX, avvertito da una “voce amica” mentre si trovava a palazzo di Giustizia, a Savona, corse al Nazionale.

L’allora comandante della stazione dei carabinieri, fedele al suo ruolo: <…Ti faccio entrare, puoi sederti ad un tavolo, come altri commensali, con una promessa “Non deve uscire una riga di cronaca ravvicinata, altrimenti passo dei guai. Mi è stato chiesto dal mio superiore, mi ha telefonato il prefetto, il questore… non posso perdere…>. Tutto sommato, bastava avere la notizia e pubblicarla.

Unico rammarico. Non aver  “chiamato” lo storico “non ti preoccupe”, ovvero il fotoreporter più conosciuto a Savona e dintorni, Salvatore Gallo, allora in piena forma ed attività. Che fu il solo ad arrabbiarsi davvero! Ancora oggi lo ricorda bene.

R.T.    

 

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