Morte di un filosofo tra l’ eterno e il nulla

MORTE DI UN FILOSOFO
TRA L’ ETERNO E IL NULLA

MORTE DI UN FILOSOFO

TRA L’ ETERNO E IL NULLA

 Lunedì 8 febbraio 2021 è mancato, all’ospedale di Albenga,  in seguito a complicazioni dovute a infezione da covit-19, lo psicologo  e filosofo  Giorgio Girard; il 21 di questo mese avrebbe compiuto 92 anni, essendo nato il 21 febbraio del 1930, a Genova. Era per me, oltre che  un amico carissimo,  un punto di riferimento filosofico e un  esempio mirabile e sempre più raro di quella virtù che gli antichi romani chiamavano  urbanitas. Per questo devo ringraziare il comune amico Marco Giacinto Pellifroni che mi ha invitato, una decina di anni fa, a partecipare agli incontri domenicali  di Domenica Est a Finalpia, organizzati da lui e, appunto, da Girard. Laureatosi in economia all’Università di Torino e in psicologia a Parigi, dopo un periodo di ricerca e di consulenza presso la Comunità Europea scelse la carriera accademica e divenne professore ordinario di psicologia prima all’Università Libera di Trento (1973- 1982) e poi all’Università di Torino (1982 – 2005).

 


 Ma la sua vocazione più profonda rimane quella  filosofica o psico-filosofica con tutte le sue implicazioni sociologiche, esistenziali, etiche, massmediologiche, storico-antropologiche,  religiose e teologiche, con  particolare riguardo ai temi del nichilismo post-moderno, del pensiero debole e della  psicologia debole, del monismo neoplatonico, spinoziano e schellinghiano contro il dualismo cartesiano e kantiano, e dell’alternativa tra l’imperante paradigma logico-psico-sociale escludente e conflittuale dell’ aut aut  e quello includente, riconciliativo, accogliente e solidale dell’ et et tendente al superamento della dicotomia storico-politica amico-nemico, sociale tra “noi” e “loro” e ontologica tra essere e nulla, come si evince anche solo dai titoli dei suoi ultimi saggi: Psicologia debole e ricerca ecumenica. Non più destra né sinistra? (2005); Monos: liberare la morte dalla paura.Viaggio ai dintorni del nichilismo e dell’eterno.(2015); Letteralismo religioso delle masse, terrorismo e migrazioni (2017); Nichilismo bifronte. Elzeviri sullo spirito del tempo (2018); Metafisica tradita? Teologia “nichilista” e disagio del credente (2020). Come tutti i pensatori originali Giorgio Girard ha impresso il suo stile nella “materia” che andava plasmando di pagina in pagina, di capitolo in capitolo, di volume in volume; il suo caratteristico atteggiamento filosofico  consiste (ne parlo al presente in quanto il suo pensiero non è certamente morto con lui)  nel porsi fuori dal paradigma di derivazione cartesiana e kantiana dell’aut aut , come accennato sopra, per adottare il paradigma dell’ et et, come spiega egli stesso nella prefazione al volume Psicologia debole e ricerca ecumenica: “La caratteristica entro cui seguendo Kant tutti  siamo nati è quella di pensare dualisticamente, ovvero di pensare secondo aut aut, o questo o quello, questo essendo opposto al quello e connotato dal suo contrario: uomo come non donna, e così via. Così lo spazio e il tempo ci condizionano, costitutivamente obbligandoci a un dualismo chiarificatore: o così o il contrario di così”.


 Fulvio Sguerso  e Giorgio Girard alla Feltrinelli

E’ proprio per sfuggire a quest’obbligo senza alternative  che Giorgio Girard ha elaborato il suo originale pensiero, il quale, più che dividere, separare o contrapporre le identità di ciascuno; più che accentuare le differenze esistenti tra gli esseri umani e classificare  le persone secondo la loro capacità di emergere e dominare sul prossimo e sulla natura o secondo i loro pregi e i loro difetti; più che  metterci di fronte ad alternative secche tra il sì o il no, il tutto o il niente, il tempo o l’eternità, ci indica una via di fuga (o di salvezza) dal paradigma onnipresente e sempre vivo e vegeto dell’ aut aut: “La lettura che il libro propone va però oltre questa caratteristica basilare di metodo del pensiero, che chiamiamo fondativa, per considerare un altro paradigma del pensiero, meno ovvio, ma più creativo, accrescitivo e meno inaridente, l’ et et , ossia il confondersi delle identità per trovare il totale, uomo=donna=essere umano. L’ecumenismo del titolo sta  in questo totale dell’ et et; d’altra parte, invece, il potere sta, ben più precisamente (aut aut), nell’egoismo del voler essere, essere distinto e collocato da qualche parte, diciamo in alto rispetto all’uomo ossequioso del potere  che sta in basso”.  Ecco: il tema dell’egoismo è tipico della psicologia “forte” centrata sull’io-soggetto inteso come sostanza unica sempre identica a se stessa di fronte e tra gli altri soggetti che ai suoi occhi sono altrettanti oggetti-sostanze, come cose tra le cose, ognuna a sua volta unica e sempre identica a se stessa e quindi diversa da tutte le altre. Ebbene, la psicologia debole di Giorgio Girard mette in questione la stessa esistenza di un io unico, stabile e sempre uguale a se stesso pur nel variare degli stati d’animo e delle relazioni con gli altri soggetti, a loro volta mutevoli e instabili anche se inconsapevolmente. Niente di nuovo, si dirà, dopo William James, Bergson, Freud e Pirandello, ma l’io debole e plurale di Girard ha caratteristiche sue proprie. A questo riguardo scrive  nel primo capitolo del volume citato: “Fin qui è abbastanza chiaro che la parola chiave è distinzione o separazione o isolamento delle singole identità; e il pericolo cui noi ci vogliamo sottrarre è quello della confusione, di confondere una cosa con l’altra e di non rispettare la regola aurea della distinzione tra le cose”. (E tra l’amico e il nemico, il connazionale e lo straniero, l’appartenente al nostro gruppo, al nostro ceto, alla nostra tribù e gli estranei). Difatti distinguersi dagli altri, affermare il proprio ego, marcare la propria differenza dal nostro prossimo (soprattutto se sofferente o considerato inferiore) si direbbe un imperativo categorico del nostro tempo. Per la psicologia debole, tuttavia, non si tratta di guarire il mondo dal male ma di “seguire i movimenti che l’epoca dipana, piuttosto che proporre ricette per raddrizzarne le sorti. Il debole analizza, attento a capire ciò che sta avvenendo, il forte incide progettualmente sulla realtà, o crede di farlo…La psicologia debole è così tentativo di ripercorrere le tracce ‘velato-deboli’ secondo cui gli eventi accadono, un riconoscimento di realtà, piuttosto che una ricerca di soluzioni, o di risposte al ‘che fare’ “. Come si vede, siamo qui lontanissimi dall’undicesima tesi di Marx su Feuerbach. D’altronde Girard, pur attentissimo a quel che succede in questo mondo e soprattutto nell’industria culturale, era più attratto dall’esperienza dei mistici cristiani ma anche orientali, e puntava le sue antenne filosofiche verso i richiami dell’eterno, combattendo fino all’ultimo la sua buona battaglia  contro il nichilismo ateo che nella nostra epoca ipertecnologica ha sostituito il vecchio Dio con la tecnica e con il danaro.

 FULVIO SGUERSO 

 

 

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