L’Utopia dell’opzione utopica…

L’Utopia dell’opzione utopica.
Sbocco o vicolo cieco?

L’Utopia dell’opzione utopica.

Sbocco o vicolo cieco?

 Già l’idea in sé conduce ad un vicolo cieco. Se ricordo bene Utopia vuol dire più o meno: luogo che non esiste ma certamente anche Idea, Pensiero, Programma; considerando il modo come Thomas Moore, che il nome Utopia lo ha coniato, lo abbia usato in diverse salse. Se però si considera seriamente il tentativo di interpretazione qui di seguito (non so più da dove l’ho preso), il vicolo può avere uno sbocco:

Ideale etico-politico destinato a non realizzarsi sul piano istituzionale, ma avente ugualmente funzione stimolatrice nei riguardi dell’azione politica, nel suo porsi come ipotesi di lavoro o, per via di contrasto, come efficace critica alle istituzioni vigenti


Nella maggior parte dei casi si stigmatizza come ‘utopico’ cioè inesistente (…i frequenti banali commenti: Ma dai.. non esiste!) qualcosa che è difficile da realizzare perché bloccato, proibito, combattuto da regolamenti basati su modi di pensare e valutare, non necessariamente dettati dalla pratica, ma da singoli interessi. Per di più aggravati dalla paura o dalla mancanza di volontà di cambiare. Prima di naufragare nel ritornello di algoritmi cerebrali e déjà-vu, mi costringo a navigare sottovento, cercando di sfruttare la corrente di chi ha più dimestichezza in materia. Il termine Utopia viene usato principalmente in discussioni che hanno come tema la politica, l’economia oppure anche entrambi. Mai la religione! Forse perché siamo sempre ancora condizionati da altre ‘Verità’. Da questa o quella versione dell’ostinato tentativo di voler spiegare Dio, senza avere la certezza che questi non sia proprio un’Utopia.


In politica l’uso del termine viene facilitato dall’attitudine di diverse correnti che si sono dedicate a questa attività (la politica appunto), a propagare teorie che a detta di molti, soprattutto degli avversari, non hanno possibilità reali di essere messe in atto. Ed è qui che si può cominciare a dubitare, o per lo meno buttare lì sul piatto un ma perché no? Essendoci ancora la libertà di pensiero e pure quella di poterlo esprimere, perché non soffermarsi sull’idea di un sistema a matricola Socialista per quel che riguarda l’assetto del benessere comune e delle sicurezze assistenziali e culturali, appoggiato su un sistema produttivo paritario fra la forza lavoro e quella del capitale ed i loro detentori. Sistema produttivo integralmente imprenditoriale, cioè basato maggioritariamente sulla produzione e vendita di beni e servizi e solo marginalmente coadiuvato da un’economia basata su profitti/rischi del capitale. Il Capitalismo Sociale (l’alternativa) è più o meno lo stesso solo che, a prima vista il sistema ha un traino Capitalista/Imprenditoriale con una regolamentazione sociale paritaria, ma con il ‘commercio’ monetario come seconda colonna portante. Entrambi i sistemi hanno più o meno gli stessi vantaggi, grazie al reciproco interesse sul buon funzionamento del sistema, che solo rispettandone le regole garantisce il benessere di tutti. Si deve ammettere purtroppo che entrambe le ‘Utopie’ possono funzionare solo in assenza di un’importante componente umana: L’EGOISMO.


È anche interessante notare come grandi pensatori in materia di sociologia ed economia siano diventati famosi e premiati con onorificenze e titoli, solo quando cominciarono ad incamminarsi su sentieri futuristici, frettolosamente considerati utopici da esperti di piccolo cabotaggio. Ralf Dahrendorf per esempio, Filosofo e Sociologo di stampo liberale ha decisamente indispettito molte autorità politiche di entrambe le sponde per il suo concetto del ‘Potere’ considerato autoritario ed ‘esclusionista’. Allo stesso tempo è stato uno dei primi ‘Pensatori’ autorevoli a promuovere (non ancora ufficialmente) l’idea della Green-Economy’ e a lanciare un avvertimento sull’imminente rivoluzione -qualitativa e quantitativa- che avrebbe investito il segmento della ‘merce’ Lavoro. Forse anche per questa sua dimestichezza nel trattare visioni considerate utopiche, fu chiamato alla direzione della ‘London School of Economics’. Ringraziò adottando la cittadinanza Britannica, e per questo fu ringraziato a sua volta dalla Regina Elisabetta con il conferimento del titolo di Lord. Le sue idee ed iniziative finirono per arenarsi sui fondi sabbiosi della incombente ‘new economy’ che di verde aveva solo le banconote che riuscì a bruciare a tonnellate.

Il problema è forse il fatto che si continua a cercare la soluzione dei problemi economico-/sociali, senza voler intaccare i privilegi finora acuisti dalle diverse parti interessate. Parti che continuano, a seconda dei loro interessi, ad insistere sulle pietre miliari della comodità d’intenzione: Lavoro sicuro, continua crescita del Pil, libertà del mercato economico, assistenza sociale, protezione del patrimonio naturale, consacrazione della proprietà privata di generazione in generazione, assistenza sanitaria garantita, solidarietà generazionale. Il tutto con la benedizione dell’autorità Religiosa di competenza. A questo punto Immanuel Kant comincerebbe -come minimo- a grattarsi la folta parrucca, mentre invece a Paul Krugman e Joseph Stiglitz assieme viene conferito un premio Nobel per l’Economia. L’uno perché proponeva nuovamente l’idea di un ritorno dello Stato quale attore economico decisivo. E l’altro che ciò lo metteva in dubbio proponendo l’impiego (misurato) della microeconomia ed allo stesso tempo dichiarava questo tipo di progresso succube delle decisoni del potere globalizzato.


Ralf Dahrendorf

‘La guerra moderna, fortemente tecnologica, mira ad eliminare il contatto umano: sganciare bombe da un’altezza di 15.000 metri permette di non sentire quello che si fa. La gestione economica moderna è simile: dalla lussuosa suite di un albergo si possono imporre con assoluta imperturbabilità politiche che distruggeranno la vita di molte persone, ma la cosa lascia tutti piuttosto indifferenti, perché nessuno le conosce’

Parte di questa evoluzione si identifica in nuove forme di remunerazione della prestazione di servizi (lavoro) e la creazione di capitale privato da usare nel consumo dei beni prodotti. Questo circolo ‘vizioso’ (una delle possibilità) si basa, per ora ancora solo teoricamente, sul reddito di cittadinanza. Ma intendiamoci bene: Quello NUDO E CRUDO, e non uno pseudonimo basato su un sistema di assistenza in caso di necessità. No! Un reddito dove il bonifico mensile scatta con la nascita e viene estinto con la morte del cittadino. Questo reddito garantisce la possibilità di esistere in modo decoroso, e cioè consumare beni e servizi basilari. Il resto viene da sé: Il cittadino attivo contribuirà alla produzione di tutti i beni e servizi di ogni tipo, da quelli di base a quelli di lusso -non necessari, ma desiderati. Per questo verrà retribuito -in aggiunta al reddito di cittadinanza- ed in relazione alla qualità e quantità del suo lavoro. Il cittadino passivo non avrà bisogno di lavorare, o potrà farlo solo nella misura che desidera.


Con il suo reddito potrà permettersi di consumare solo beni e servizi di base, o raramente poco superiori ad essa. Un sistema pensato come fautore di uguaglianza, che produce automaticamente il contrario. Un fattore negativo molto importante è il fatto che questo sistema non permette di incanalare flussi di acquisto considerevoli per prodotti di qualità e costo superiori a quelli di prima necessità. Solo i cittadini attivi, che dispongono di un reddito superiore avranno la possibilità di consumare beni di lusso, con conseguente incertezza di vendita per le aziende produttrici e per gli introiti dello stato derivanti dalle tasse. Il ‘Tentativo’ Finlandese su un campione di alcune centinaia di migliaia di cittadini è stato abbandonato, senza che il governo abbia dato finora spiegazioni o pubblicato risultati. Solo i SUICIDI sono aumentati.

L’opzione utopica è la quintessenza di tutto questo e probabilmente il dover accettare che nessuna logica o teoria socioeconomica si realizzerà senza cambi radicali, con il coraggio di riconoscere la volatilità del tanto agognato ‘Posto Fisso’ e la totale inutilità di libretti di risparmio.

 Paolo Bianco

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