L’Italia ripudia la pace dopo aver ripudiato se stessa

L’attacco russo all’Ucraina ha messo a nudo la debolezza politica dei governi americani a guida democratica, la vera natura e la funzione dell’alleanza atlantica, l’inconsistenza dell’Ue e gli spaventosi limiti culturali etici e politici dei governanti europei. Il velo di ipocrisia che copriva la natura intimamente autoritaria delle cosiddette democrazie si è definitivamente lacerato: disinformazione, repressione del dissenso, sistemi di controllo, violazione della sfera privata, impiego politico delle forze dell’ordine, organi dello Stato al servizio dei governi rendono sovrapponibile il mondo che si autoproclama libero con i peggiori regimi autoritari.

L’opinione pubblica è manipolata in Inghilterra come in Francia, in Germania come in Italia mentre ad est cani affamati orfani del vecchio padrone si sono messi a guardia della tavola da cui ricevono gli avanzi. Etichette e ideologie sono evaporate: popolari e socialisti, conservatori e laburisti, europeisti e sovranisti: false divisioni per nobilitare e dare un senso alla melma di un potere esercitato contro i popoli con l’impiego di apparati mediatici, burocratici, militari e il sostegno di lobby finanziarie e industriali.
L’attacco russo all’Ucraina ha svelato il piano di accerchiamento della Russia da parte della Nato, id est degli Stati Uniti  e del capitalismo globale, ha svelato l’indifferenza dell’Ue di fronte a quel che da decenni stava accadendo in Ucraina con la persecuzione e la forzata assimilazione della minoranza russofona e russofila  (che è poi la stessa cosa che con metodi più discreti hanno fatto i francesi con la Corsica o gli inglesi con Malta e in modo più spiccio gli slavi con l’lstria e la Dalmazia) ed è una fortuna che le lobby gay si siano opposte all’ingresso di quel Paese nell’Ue, che ci avrebbe costretto non solo a sostenerlo economicamente ma ci avrebbe reso complici  e formalmente alleati di un regime timocratico corrotto e intollerante.

Ingresso che invece è in cima ai desideri del bancario che ci è piovuto addosso da Bruxelles su ordine della Casa Bianca, fatto passare per il  rianimatore dell’Italia quando ne è piuttosto il becchino.  Ma su Draghi solo gli ingenui si facevano delle illusioni, così come si illudevano quegli elettori di destra sedotti dalla Meloni e quelli che avevano scambiato Salvini per una persona intelligente e con una visione politica. I fatti poi hanno dato una sonora lezioni a quanti, e mi ci metto anch’io,  si scandalizzavano per il bruscolino negli occhi dei cinquestelle senza vedere la trave in quelli dei leghisti  e  dei berluscones. Tutti pronti, come e più dei grillini, a vendere l’anima al diavolo per far durare qualche mese in più una legislatura che gli assicura con lo scranno uno stipendio da nababbi e il vitalizio. E tutti accomunati dallo stesso analfabetismo, dalla stessa mancanza di idee, di ideali e di scrupoli e dalla stessa convinzione che la politica non sia altro che una lotteria. Certo, per quanto rarae aves, ci sono anche persone perbene nel serraglio dei partiti, che sono le prime a sentirsi ingannate e a disagio e che però hanno un peso politico pari a zero, prigioniere come sono di schemi e di steccati che non hanno senso ma che impediscono loro di fare fronte comune. L’occasione buona sarebbe stata quella del disastro – per noi, non per la Russia – delle sanzioni e dell’ignominia dell’invio di armi alle milizie nazionaliste – più correttamente naziste – che puntellano il regime di Zelensky. Un’ignominia aggravata dal loro camuffamento per aiuti umanitari e che ha trovato l’entusiastica approvazione di una giuliva Giorgia Meloni, aspirante leader della destra italiana ed europea e, che dio ce ne guardi, capo in pectore di un ipotetico governo uscito dalle elezioni del 2023. Una prospettiva terrificante che mi auguro sarà spedita dagli elettori nel mondo delle favole horror.

Dalla tappa italiana del virtuale tour europeo dell’attore piombato dalla fiction nella realtà tutti si aspettavano un richiamo alla lotta partigiana e, rivolgendosi  al santuario della “repubblica nata dalla resistenza”,  ai valori dell’antifascismo. Niente di tutto questo. Dicono che Zelensky abbia voluto smorzare i toni su consiglio del papa: ma non sarà che per non irritare le orecchie sensibili dei fratelli d’Italia con in testa l’elmo di Scipio abbia ripiegato sulle ferite di Genova, sorvolando – o ignorando – la circostanza che alla Superba erano state inflitte dai suoi, chiamiamoli amici e non ventriloqui, americani? Ma il più scalpitante, lancia in resta e pronto a gettarsi nell’agone sperando che l’acqua del negoziato non spenga il suo ardore guerresco è quello che tutti consideravano risolto nelle transazioni bancarie, nelle oscillazioni del cambio, nella fitta rete che unisce la Federal reserve con la Bce, l’uomo tutto conti casa chiesa e famiglia, un pantofolaio insomma. Ha esortato  uno Zelensky un po’ sottotono a non mollare perché l’Italia è con lui, pronta all’estremo sacrificio pur di difendere l’ucrainicità del Donbass e le basi Nato:  ne va delle sorti dell’umanità, perbacco! E un applauso corale del nostro parlamento a camere riunite ha chiosato le sue parole, con l’ineffabile Salvini che dopo essersi spellato le mani una volta fuori dall’aula ha scosso il suo faccione  e, snocciolato il rosario, ha sussurrato che lui un giaccone militare lo indossa volentieri perché gli dona ma il rumore delle armi proprio non lo sopporta.

Non ho sentito una sola voce esprimere qualche perplessità sulla pretesa di un tecnico messo di peso a Palazzo Chigi di parlare a nome non del suo governo ma dell’Italia -, lui che dagli italiani non ha mai preso nemmeno un voto. Si diceva che la situazione eccezionale della pandemia giustificava il congelamento di un parlamento con tutta evidenza non più rappresentativo della Nazione e  la consegna del timone ad un signore super partes capace di traghettare il Paese in modo indolore fino al termine della legislatura. Un signore che per le sue entrature avrebbe spianato e indirizzato il corso del fiume di denaro proveniente da Bruxelles e destinato ad irrigare e rinverdire un’economia rinsecchita e inaridita. Un timone, insomma, con un gioco molto limitato e una rotta segnata da limiti invalicabili. Tanto invalicabili che con l’acquiescenza supina di una ciurma imbambolata quella rotta è stata completamente ridisegnata  e dopo aver rotto le ganasce del timone il gubernator ha puntato dritto contro la costituzione colpendola in uno dei punti più significativi e mai messi in discussione: il ripudio della guerra. “L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.  Non posso dire che Draghi e Mattarella abbiano usato la carta costituzionale per accendersi la sigaretta semplicemente perché non mi risulta che fumino; ma sicuramente ne hanno fatto un uso anche meno nobile. Ma della nostra costituzione l’unica cosa fondamentale pare che siano le norme transitorie, facciamocene una ragione. Resta il fatto incontrovertibile che la guerra non solo è immorale, anacronistica e incompatibile con l’evoluzione della scienza e della tecnologia ma il solo evocarla è un’opzione contraria alla volontà popolare e agli interessi nazionali, e non può essere consentito farlo a uno che si è messo in testa che l’Italia sia una dépendance dell’Europa e che l’Ue debba essere il braccio politico e militare del potere economico, finanziario e industriale, americano.

L’uomo tutto conti casa chiesa e famiglia, che non diserta una messa domenicale e si nutre di ostie consacrate  dovrebbe  ascoltare le parole del papa anche quando non parla di accoglienza: Bergoglio si è detto inorridito dall’aumento delle spese militari e dalla fornitura di armi all’Ucraina ed ha in modo inequivocabile affermato che non c’è alternativa al negoziato. Che fine hanno fatto i cattocomunisti? sono diventati tutti sordi come  il pio Draghi? Chi mi conosce sa che Bergoglio, la chiesa cattolica e le religioni positive di tutti i colori non sono nelle mie corde. Ma Bergoglio prima che uomo di fede è da buon gesuita uomo colto e intelligente e aborrisce la guerra non per irenismo arcobaleno né per dettato evangelico ma per lucida consapevolezza razionale: quella lucidità, consapevolezza e razionalità che latitano nella testa di Draghi, di Letta, di Salvini e della Meloni (Berlusconi lasciamolo perdere), tutta gente che nella propria vita non ha avuto tempo e disposizione per una maturazione culturale e il cui modesto intelligere si è speso tutto per i propri privati interessi. Ma Bergoglio, che in questa circostanza ha surclassato tutti i nostri politici, ha anche riconosciuto senza ambiguità che le sanzioni sono un crimine perpetrato contro il Paese che le impone e contro quello che le subisce.  E non è credibile che l’economista che ci governa non sappia che le sanzioni sempre più dure da lui invocate mandano a picco la nostra economia per scalfire quella russa e dare ossigeno a quella americana.
Questa vicenda disgraziata poteva chiudersi prima ancora di cominciare: il cancelliere tedesco reduce da Mosca aveva sentenziato: dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato non si parla nemmeno, stop. Tutto i resto poteva discendere automaticamente: nell’Ue l’Ucraina non poteva entrare finché non avesse garantito il rispetto dei diritti civili politici ed economici agli abitanti del Donbas e alla minoranza russa e non avesse provveduto immediatamente al ripristino delle garanzie costituzionali e allo scioglimento delle milizie naziste; l’annessione della Crimea, sancita da un referendum popolare e giustificata dalla storia, dalla composizione etnica e dalla geografia non avrebbe potuto essere messa in discussione e, di conseguenza, non ci sarebbero stati motivi per minacce o aggressioni russe all’Ucraina. Cosa è successo dopo bisognerebbe chiederlo a Biden e al suo uomo di fiducia.

Pierfranco Lisorini

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