L’infantilismo degli erotomani dal genere liquido

 Investigai me stesso, scriveva Eraclito. Purtroppo gli esiti di questa sua investigazione sono perduti con tutta la sua opera, come perduto è in buona parte il lascito della civiltà antica. È però certo che gli antichi avessero ben presente la complessità della psiche, che il cristianesimo ridusse poi a un campo di battaglia fra il diavolo e il buon dio. Per restituire all’anima la sua dimensione terrena bisognerà aspettare che la Chiesa rinunci a imporre con la forza del braccio secolare la sua dottrina e restituisca al pensiero libero il diritto di occuparsi del funzionamento della mente.

Con l’avvento di un approccio scientifico ai processi mentali l’anima – psyché – diventa una metafora e la nuova disciplina, la psicologia, soppianta del tutto l’antica, parte della trilogia Teologia, Cosmologia, Psicologia, che sono rispettivamente il discorso intorno a dio, al mondo e all’anima. Ma per andare oltre i fenomeni sensoriali e percettivi, la memoria, l’apprendimento e i processi cognitivi e mettere a nudo le motivazioni profonde del comportamento, la struttura della personalità individuale e il malessere che inesorabilmente è connesso al fatto stesso di esistere dovrà essere un medico viennese ad occuparsene. Un malessere che si riscontra nelle culture più evolute e fra gli individui che più compiutamente ne sono espressione, la cui salute mentale non si valuta sulla base dell’assenza di conflitti ma sulla capacità di controllarli.  il sesso è all’origine di almeno una parte di questi conflitti. E, a questo proposito, mi permetto di citare il fondo di Filippo Facci apparso sabato scorso su Libero e intitolato Homo Bo: Facci, scherzosamente ma non troppo, descrive il comportamento sessuale  assolutamente  privo di conflitti di una popolazione  i cui membri assumono alternativamente  ruoli attivi e passivi  senza tener conto del genere del partner, assistono divertiti alle interazioni erotiche del proprio partner abituale con altri individui interni o estranei al proprio gruppo, usano i rapporti sessuali per dirimere contrasti, dimostrare benevolenza, stringere patti di  buon vicinato. E’ una popolazione che appartiene a pieno titolo al genere homo ma non è precisamente umana, pur condividendo con noi il 99% del patrimonio genetico: sono gli scimpanzé nani, nome scientifico Pan Paniscus. Divertente il pezzo di Facci ma non c’era bisogno di scomodare le scimmie.

Molto prima che ci mettessero le mani gli antropologi, fra i qual la battistrada Margaret Mead, era noto ai navigatori che le isole della Polinesia, e in particolare Samoa, erano abitate da eterni vacanzieri la cui principale attività erano giochi sessuali privi di qualsiasi inibizione, salvo, devo precisare, il rispetto dei ruoli maschili e femminili. Non dico che gli abbronzatissimi e apparentemente felici giovani inghirlandati fossero al livello del Bonobo ma è un fatto che con loro la civiltà umana non avrebbe fatto un grande cammino e l’orizzonte del pensiero e dell’esistenza umani sarebbe piuttosto ristretto, perché il conflitto, e, purtroppo, l’infelicità, sono lo scotto da pagare per librare la colomba del pensiero fuori dalla sua gabbia.  E di tutti i movimenti che hanno percorso il Novecento il più simpaticamente stupido è stato quello dei figli dei fiori, un sacco a pelo, la chitarra e un po’ di fumo: la formula della felicità. Se ne vedono ancora gli epigoni: ora fanno i giocolieri ai semafori dopo aver combattuto e vinto la loro personale battaglia contro il sapone e il cartellino. L’utopia di una vita facile, senza il peso delle responsabilità, senza il morso dei vincoli sociali e alla larga dal cane da guardia della coscienza interiore. Tutte cose che paradossalmente ci rendono insieme servi e liberi. Servi, indubbiamente, e non solo asserviti ad una causa nobile, come  il rispetto dei valori comuni  o gli obblighi morali verso i genitori o i figli, ma anche succubi di falsi bisogni, di competizioni insensate, di ambizioni che vanno a sbattere contro i parametri immodificabili dell’esistenza; ma ci rendono soprattutto liberi, a patto che si sappia fruire della libertà che ci è data, liberi non solo dall’immediatezza dei bisogni primari ma anche dalla soggezione alle pulsioni ludiche ed erotiche, controllate dal sapiente dosaggio della razionalità e della consapevolezza.  

Sigmund Freud è il padre della psicoanalisi, intesa come terapia dei disturbi psichici. Ho buoni motivi per credere che sotto questo aspetto tutta la letteratura e, peggio, la pratica psicoanalitica, sia fuffa: per quello che nella mia vita mi sono occupato di queste cose posso affermare che nessuno si è mai alzato “guarito” – o, se si vuole, restitutus ad integrum – dal lettino dell’analista; sicuramente ne è uscito più povero. La terapia psicoanalitica, fin dai suoi esordi col fondatore, è efficace solo nel rendere dipendente da se stessa. Duole dirlo ma la conseguenza a lungo termine non solo della psicoanalisi e delle sue varianti ma di tutte le psicoterapie, con la sola parziale eccezione di quelle comportamentali, che sono psicoterapie per modo di dire, è stato il vertiginoso aumento dei farmaci psicotropi. Ma tutto questo non intacca i meriti scientifici di Freud e il valore delle sue scoperte.  Concetti come libido, Edipo, super-io, per non dire dell’inconscio, sono entrati nell’uso comune oltre che nel linguaggio scientifico, come nel comune sentire ha fatto il suo ingresso la consapevolezza  dei conflitti infantili, dei turbamenti dell’adolescenza,delle forze che si agitano all’interno della psiche: un calderone di teorie sulla definizione e l’eziologia delle nevrosi che, depurato dalle scorie, mantiene intatto il suo potenziale euristico. che ruota intorno all’eros e all’incontro, e scontro, fra i due sessi.  Con il focus posto dal primo dei parricidi della psicoanalisi, Alfred Adler, sulla inferiorità d’organo e la sua ipercompensazione, sempre nell’ambito di un antagonismo di fondo fra maschio e femmina. che diventano nell’altro eretico, Jung, i due poli intorno ai quali si struttura la personalità individuale.

Tutta questa elaborazione teorica non fa che dare veste scientifica a un’intera civiltà letteraria sintetizzata nel duello fra Clorinda e Tancredi, eros e morte, che si snoda attraverso i secoli dall’eolia a Recanati; e ora assistiamo alla miseria culturale e intellettuale, oltre che morale, di quanti vorrebbero annullare l’identità di genere, risolverla nella liquidità di un continuum rimescolabile a piacere e  ridicolizzare i drammi, la passione e, perché no, le ambiguità nel rapporto tra i sessi. Che, al contrario di quel che pensano Zan e i suoi accoliti piddini e grillini, non si risolve nel “fare sesso” interpretando uno o un altro ruolo o nel gioco delle posizioni ma implica una relazione, una corrente di sentimenti, un reciproco condizionamento e l’assunzione di uno speciale legame, che, finché dura, annulla le barriere dell’io. E mentre tanta parte della letteratura mondiale si arrovella intorno a questo legame i compagni buttano tutto in burletta, nel loro mondo chiassoso, sfrontato, colorato, falsamente allegro, caricatura grottesca del carro di Bacco e Arianna e dell’inno del Magnifico Lorenzo all’amore e alla giovinezza che “fugge tuttavia”.

Ma la gioia effimera del fiorentino scaturiva da una concezione seria dell’esistenza, che è impegno, studio, lavoro e non si realizza certo sopprimendo i propri divieti interiori: bisognerebbe gridare in faccia a Zan e a quelli come lui che Giulio Cesare, l’amante della divina Cleopatra,  indugiava in rapporti intimi con maschi, che Virgilio era, ahimè, attratto da fanciulli, che Leonardo fra le coperte disdegnava il gentil sesso ma erano tutti persone serie, non esibivano le loro personalissime propensioni come se in esse si risolvesse tutta la loro persona. perché la vita, caro Zan, è altrove e se è vero che qualche omosessuale represso attacca nell’altro quello che avverte dentro di sé come vizio sono altri gli strumenti con cui rassicurarlo e impedirgli di nuocere, non lì abolizione ope legis della polartà maschio-femmina. 

 Pierfranco Lisorini  docente di filosofia in pensione   

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