LIMITI DELL’(IN)TOLLERANZA

 I LIMITI DELL’(IN)TOLLERANZA
 Ovvero la vita dura di un povero giornalista senza padrone
ma sempre dalla parte dei padroni

I LIMITI DELL’(IN)TOLLERANZA
Ovvero la vita dura di un povero giornalista senza padrone
ma sempre dalla parte dei padroni
Sul Corriere della Sera di sabato 7 luglio 2012 è uscito un curioso  – per non dire allarmato e allarmante – “Dubbio”  di Piero Ostellino, nella  sua rubrica intitolata appunto “Il dubbio” (scelta  significativa ma forse non proprio congruente, dato che vi prevalgono più certezze che dubbi).

 Ma veniamo al fatto: che cosa c’è di strano nell’articolo di Ostellino? Oh niente: una bazzecola come la denuncia pubblica alla Digos e ai carabinieri della minaccia di morte inviatagli per email da un certo signor Nino Branchi, lettore non molto equilibrato del Corriere e, a quanto pare, pochissimo simpatizzante delle tesi economico-politiche ostelliniane. Ma procediamo con ordine. L’articolo – intitolato, per la cronaca,  “Gli elogi fanno male al buon  giornalismo”- si apre con un ringraziamento a quei lettori che “carinamente” gli confessano di comprare il Corriere solo perché ci scrive lui, li ringrazia “anche perché, in tal modo, compensano l’editore dello stipendio che mi dà”. E così veniamo a sapere perché alcuni lettori comprano il Corriere, ma ci rimane il dubbio sul perché non lo comprerebbero se non ci scrivesse Piero Ostellino. Che non sopportino gli editoriali di Angelo Panebianco, o di Galli Della Loggia, o di Gian Antonio Stella (l’autore della Casta) o le tirate di P. G. Battista contro gli intellettuali “impegnati”? O magari siano allergici alle note di costume di Isabella Bossi  Fedrigotti o del tutto indifferenti alle raffinate pagine culturali che da sempre caratterizzano il quotidiano di via Solferino? Mah! Ostellino non ci scioglie i dubbi; siccome però è un giornalista serio, immagina che “ci siano pure certi lettori che scrivono al direttore che comprerebbero più volentieri il Corriere se non ci scrivessi io. Anch’essi compensano l’editore, mostrando interesse per ciò che scrivo ancorché (carino quest’”ancorché”) non condividendolo”. A voler sottilizzare, ci sarebbe anche una terza categoria di lettori, stranamente non presa in considerazione da Ostellino, e cioè quelli  che saltano a piè pari “Il Dubbio”, per risparmiarsi attacchi di nausea; e lo dico con cognizione di causa: ne conosco almeno uno; si tratta di un filosofo italiano di prima grandezza di cui taccio per discrezione il nome (ma che sono pronto a fare, se richiesto).

Piero Ostellino
A questo punto il Nostro si lancia in una requisitoria contro il giornalismo di regime ancora e di nuovo  imperante in Italia, un giornalismo “che manifesta nei confronti del governo lo stesso stordito e assordante entusiasmo che, a suo tempo, aveva mostrato per Mussolini che, a petto nudo, trebbiava il grano in mezzo a contadini (apparentemente) felici. Evidentemente c’è qualcosa – che andava bene, invece, in altri tempi – che oggi non va bene”. Andava bene in altri tempi?
 Vuol dire in tempi di dittatura, mentro oggi, dato che  siamo in una liberaldemocrazia, il giornalismo dovrebbe essere “critico” e indipendente dal potere (e dai poteri, forti o deboli ch’essi siano)? E bravo Ostellino! A parte il fatto che il giornalismo di regime non va mai bene, chi può negare la  propensione di una certa  stampa italiana (e non parliamo nemmeno della disinformazione sistematica messa in opera dalla televisione pubblica) al servilismo e al conformismo? Non proprio di tutta, però: ci sono pur sempre giornali non di regime come Il Manifesto o “il  Fatto Quotidiano” dei quali  si può dire tutto il male possibile  meno che siano filogovernativi; ma anche su questi Ostellino tace, preferendo autoesaltarsi così: “O è fuori luogo il giornalista che esercita, solitario, il proprio spirito critico in modo ritenuto da alcuni troppo radicale , o, secondo altri, sbaglia un giornalismo  troppo servile verso il governo”. E qui non c’è luogo a dubbio su chi sia “il giornalista solitario che esercita il proprio spirito critico”; il quale, proprio per questo, è soggetto agli attacchi dei lettori dissenzienti e, talora, fanatici come  il  signor Nino Branchi sopra citato: “Se, dunque, il lettore Nino Branchi, a seguito di un mio articolo in cui dubitavo del ruolo dell’Italia a Bruxelles, mi scrive ‘Ti brucia il culo il successo di Monti’, siamo (ancora) nella sindrome del duce che trebbia. Ma se, invece, il signor Nino Branchi mi scrive, dopo un mio articolo sulle conseguenze per il bilancio dello Stato del welfare generalizzato, ‘chi imputa al progresso sociale la causa di tutti i mali merita la morte’, siamo (già) nella patologia. Poiché dai fanatici (sottoscrivo!) è meglio tenersi alla larga, segnalo qui il caso alla Digos e ai carabinieri con la formalità di una denuncia pubblica affinché ne prendano nota. Do per scontata anche la critica più severa e persino (udite, udite) quella volgare – sono inconvenienti del mestiere – ma non trascuro una minaccia, che è, comunque, il sintomo di voler mettere a tacere chi non la pensa in modo conforme”. Dunque anche a Piero Ostellino, come già a Belpietro, verrà assegnata una scorta? Vedremo. Che questo signor Nino Branchi sia fuori di testa lo si deduce anche dall’incompatibilità tra la sua simpatia per Monti e la sua difesa “fanatica” del welfare, così duramente colpito dal governo “tecnico-politico”; ma fa bene Ostellino a denunciarlo. Ad ogni modo, e a dimostrazione del suo “spirito critico”, il Nostro conclude il suo “Dubbio” denunciando anche un ministro in carica che è riuscito a speculare sul rischio terremoto dell’area nei pressi del Colosseo dove si trova la sua non modesta abitazione acquistata già a prezzo di favore. Chi è questo occhiuto e astuto ministro pro domo sua? Ostellino lo denuncia ma non ne fa il nome. Vuoi vedere che, per saperlo, ci toccherà comprare “il  Fatto Quotidiano”?
Fulvio Sguerso

 

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