Libertà e socialismo

Libertà e socialismo

Libertà e socialismo

Stimolato dall’articolo “Il socialismo autogestionario” scritto dall’amico Giacomo Checcucci…LEGGI…ho deciso di iniziare un dialogo sul tema “libertà e socialismo”. Come scrive anche lui, dal marxismo si sono sviluppate due strade: una socialdemocratica, fondata sul riformismo, e una socialista, fondata sulla rivoluzione. Marx, nel “manifesto”, illustra le strade per il superamento del regime capitalistico. Da economista, però, sono più interessato al Marx del “Capitale” dove critica i fondamentali del capitalismo stesso individuando gli elementi distorsivi dello stesso.

Tutt’oggi l’impostazione marxista spiega, a mio parere correttamente, le origini della crisi economica contemporanea (consiglio di cercare le lezioni del geografo David Harvey). La distinzione che mi interessa spiegare in questo articolo è, però, epistemologica: il marxismo affonda le proprie radici in una visione storicistica che non pone al centro del proprio ragionamento l’individuo ma la società. In questo senso, la libertà individuale non è al centro della visione marxista. Il socialismo libertario di Proudhon ha la stessa impostazione metodologica dell’individualismo di stampo liberale: pone al centro l’individuo. Giustamente Giacomo argomenta che il socialismo autogestonario di Proudhon, a differenza del liberismo, si esplicita in un modello economico che non intacca la libertà e che si fonda su una forma di mutualismo autogestito.


 David Harvey

La differenza tra le diverse “scuole” si è concretizzata, sia in ambito liberale che in ambito socialista, sulla libertà economica e quindi sulla proprietà privata. I due estremi di questa visione sono il socialismo “pianificatore” che nega la libertà economica sostituendola con la pianificazione statale e l’anarco – capitalismo di origine americana che nega lo Stato e la società e difende la proprietà. Nel corso del secondo dopoguerra le teorie economiche che si sono affermate sono state o vicine all’approccio social democratico (il keynesismo) o vicino all’approccio liberista (la scuola di Chicago). Il primo approccio ha caratterizzato i governi liberal statunitensi e democratici europei (da Roosvelt ai governi del centro sinistra italiano) fino agli anni 70, mentre il secondo ha dominato gli anni 80 e influito pesantemente sui decenni a seguire (la Thatcher e Reagan).


Philippe Van Parijs

Esiste, però, un’altra visione dell’economia che si rifà all’approccio dell’individualismo metodologico, ponendo la libertà al centro del proprio ragionamento, ma che non si manifesta solo attraverso il liberismo (sulla differenza tra liberalismo e liberismo nella lingua italiana si fa riferimento alla differenza tra l’approccio “sociale” e quello “capitalista” si concentra sulla nozione di libertà: il liberalismo di “destra” concentra l’attenzione sull’estensione dei diritti di proprietà, sia sulle cose che sulla persona (self ownership) mentre trascura la distribuzione dei diritti di proprietà stessi. In sostanza, predilige una concezione di libertà “negativa”, di coercizione, cioè la libertà verso ingerenze esterne. Il concetto di libertà effettiva (o real freedom come sostiene Van Parijs) introduce un contenuto positivo considerando una persona libera solo quando è in grado concretamente di fare delle determinate azioni. Il contributo teorico più significativo in quest’ottica è certamente quello dell’economista premio nobel Amartya Sen. La sua analisi, più precisamente, si sviluppa sulla distinzione tra funzionamenti e capabilities: i funzionamenti sono stati di essere o di fare cui gli individui attribuiscono valore (ad esempio, essere adeguatamente nutriti, non soffrire malattie evitabili), mentre le capabilities sono gli insiemi di combinazioni alternative di funzionamenti che una persona è in grado di realizzare. Semplificando, le capabilities sono le concrete possibilità di fare determinate azioni.


Amartya Sen

 Secondo questo approccio a tutti gli individui devono essere garantite le condizioni economiche per esprimere la propria libertà: da questa idea deriva la proposta, ad esempio, di un reddito di cittadinanza. Per rispondere alle sollecitazioni di Giacomo mi dovrei soffermare ancora sull’idea di socialismo autogestonario che, come la proposta di Sen, rompe la dicotomia “stato-mercato” ipotizzando un’economia “dal basso” che si autoregola e autogestisce ma lascio questo argomento ad un prossimo articolo per non appesantire ulteriormente questo mio pezzo, nel quale ho dovuto sintetizzare alcuni concetti che normalmente si spiegano in un libro intero. 

MARCO CAVALLERO
 
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