Lettura di un’immagine: IL CONVEGNO

LETTURA DI UN’IMMAGINE 9

“IL CONVEGNO”

1918, Olio su tavola di Antonio Ambrogio Alciati (Vercelli, 1878 – Milano, 1929) Museo del Paesaggio – Verbania

LETTURA DI UN’ IMMAGINE 9

“IL CONVEGNO” 

1918, Olio su tavola di Antonio Ambrogio Alciati (Vercelli, 1878 – Milano, 1929) Museo del Paesaggio – Verbania

La grande pittura (come la grande scultura) la si riconosce dal fatto che ci mette innanzi a un istante, a una scena, a un ritratto o anche a un paesaggio o a un qualsiasi altro oggetto – si pensi, ad esempio, al canestro di frutta dipinto dal Caravaggio o al paio di scarpe dipinto da Van Gogh o alla Cattedrale di Rouen dipinta da Monet – che noi tuttavia possiamo ritrovare ogni volta che guardiamo quel quadro che lo rappresenta, fermandolo e fissandolo in quella determinata forma, sotto quella particolare luce, proprio in quel luogo e non in un altro, con quelle tonalità e sfumature cromatiche che ne fanno, appunto, un oggetto unico al mondo, identico solo a se stesso e irripetibile anche dall’autore (non ci si bagna due volte nello stesso fiume), sottraendolo così all’usura del tempo e al variare delle mode.

E’ questo il caso anche dell’olio su tavola intitolato il convegno , un’opera in cui il quarantenne pittore d’origine piemontese, ma che ha vissuto a Milano la maggior parte della sua vita, Antonio Alciati, raggiunse il suo kairòs, vale a dire quel punto di felice equilibrio tra sentimento e forma,  intuizione e rappresentazione, mezzo e fine che è il sogno di ogni vero artista. Intendiamoci: questo non toglie nulla alla qualità delle altre sue opere; l’ Alciati era famoso e stimato soprattutto come ritrattista (prima del suo transito nell’aldilà fece in tempo a ritrarre anche il Duce), e difatti non c’era signora o signorina della buona borghesia milanese che non desiderasse di posare per lui; ma in questo Convegno c’è qualcosa in più, qualcosa di indefinibile in termini concettuali, quel “di più” che Walter Benjamin riassume con il termine di “aura”, a significare l’unicità e l’incanto di un’opera d’arte.

Dunque, che cosa avviene in quel quadro che risente dello stile “scapigliato” di Tranquillo Cremona e del suo cromatismo vibrante e vaporoso?

Avviene l’incontro segreto e a lungo atteso tra due amanti in un giardino autunnale, un momento di felicità rubata, nonostante la “gabbia” che li separa fisicamente ma che non impedisce alle loro labbra di unirsi in un bacio che è più di un bacio, è la fusione di due passioni, di due voluttà, di due sogni, di due anime in una sola estasi. Le loro braccia e le mani si avvinghiano come l’edera all’inferriata che li separa e che l’innamorata, con il suo braccio proteso verso l’alto, vorrebbe superare per liberarsi di quella crudele barriera che impedisce ai due amanti di unirsi completamente, mentre intorno la vegetazione partecipa anch’essa alla passione e al dramma che si svolge in quel luogo solitario, dove anche il libro rimasto aperto sul bordo del muricciolo ci parla della trepidante attesa di quell’incontro segreto e  colpevole agli occhi del mondo, ma purificato dalla fiamma di quell’ istante d’amore puro e assoluto. 

   FULVIO SGUERSO 

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