Lettura di un’immagine: Apollo del Belvedere

LETTURA DI UN’IMMAGINE 92
Apollo del Belvedere
Copia marmorea della seconda metà del II sec d. C. di un bronzo (del greco Leocare) realizzato tra il 350 e il 325 a. C. Cortile Ottagono del Museo Pio-Clementino – Musei Vaticani 

LETTURA DI UN’IMMAGINE 92
Apollo del Belvedere
Copia marmorea della seconda metà del II sec d. C. di un bronzo ( del greco Leocare) realizzato tra il 350 e il 325 a. C.
Cortile Ottagono del Museo Pio-Clementino – Musei Vaticani – Roma


Apollo incede in maniera regale dopo aver vibrato un colpo con l’arco che impugnava nella mano sinistra. Il colpo era destinato a Pitone, mostruosa divinità ctonia in forma di drago-serpente. Il giovane dio incede dunque dopo aver scoccato il dardo mortale ed è ritratto nudo, salvo la clamide che, appuntata sulla spalla destra ricade con ampio panneggio sul braccio sinistro nel momento in cui, dopo aver vibrato il colpo, la tensione del corpo si allenta. La muscolatura ò ancora tesa lascia intuire lo sforzo della battaglia appena vinta. La folta ed elaboratissima capigliatura, ricade in boccoli fluenti sul collo. La testa è cinta da una fascia ornamentale che identifica il dio. Anche i calzari sono elaborati e il panneggio della clamide riempie il vuoto che tra il braccio sinistro teso e il corpo. L’intera figura è in posizione detta chiastica, in quanto imita la lettera X maiuscola. Il braccio sinistro è teso, anche se non rigidamente, in avanti, quello destro è piuttosto arretrato. Dopo aver scagliato la freccia mortale la mano destra è distesa. La gamba destra avanza leggermente mentre la sinistra arretra appena. Da notare il piede sinistro sollevato. L’espressione del volto è trionfante, le narici sono dilatate, le labbra leggermente dischiuse. Notevole lo sguardo fisso davanti a sé come chi è fiero della vittoria conseguita. Certo è che ci si trova davanti a un’opera perfetta, a un corpo divino  che sembra immortale. Apollo è l’immagine dell’uomo idealizzato, della perfezione a cui nonostante tutto tendiamo. Sono rimaste famose le parole con le quali Winchelmann ha definito questo capolavoro assoluto dell’arte classica: “Nobile semplicità e quieta grandezza”.

 

 FULVIO SGUERSO  

 

 

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