L’EMERGENZA INDUSTRIALE SAVONESE

L’EMERGENZA INDUSTRIALE SAVONESE
E LA CRISI POLITICO ISTITUZIONALE

L’EMERGENZA INDUSTRIALE SAVONESE
E LA CRISI POLITICO ISTITUZIONALE

 I numeri dell’emergenza.

L’elenco delle aziende in crisi nel savonese è terribilmente lungo e la crisi sociale prodotta dall’emergenza occupazionale che ne scaturisce potrebbe avere conseguenze drammatiche senza ritorno.

 I numerosi nomi delle aziende che ormai, pubblicamente, risultano essere  tra quelle oggetto di serie controversie, occupano le pagine dei giornali e i lavoratori  le piazze della città e le stanze del potere cittadino.

Sono: Fac, Ferrania, Giuntini,  Sanzone, Centrale del Latte, Savona Servizi, Saint Gobain e Vetrotex di Vado, Riva Logistica, Cartiera Bormida, Cartiera Varazze,cantieri Rodriguez, Ocem Telerobot, cantieri Baglietto, Sageco,Tecnocivis, Novaglass, OCV(Owen Corning Vado), Stereoflex, Zolezzi auto, Shazib yacht, solo per dirne alcune perché l’elenco è ancora lungo.

Sono una sessantina, alcune hanno già chiuso, altre annunciano o minacciano la chiusura. Un’emergenza che si somma alle altre emergenze economiche nazionali che sul territorio stanno già producendo disservizi a livello sanitario e sociale.

Un’emergenza che si chiama lavoro che, mentre induce ormai da tempo i giovani a trasferirsi anche solo in altre Regioni italiane che meglio hanno saputo gestire la loro politica territoriale, comincia anche a gravare in modo irreversibile sulle migliaia di lavoratori occupati della nostra Provincia.

Cosa accade a Savona proprio in questi giorni?

Nessuno mette sotto una lente le cause di tutto questo, le responsabilità degli industriali savonesi, poco coraggiosi ed poco efficienti, poco inclini all’investimento e forse più al facile profitto offerto talvolta proprio dal territorio, dalle amministrazioni locali, in chiave immobiliare o da territori lontani, dove la produzione  industriale passa sopra i diritti dei lavoratori e tutele territoriali.

Non lo fanno le forze politiche, PD in testa e neanche il Sindacato che, di fatto, proprio nel savonese ha assunto da troppo tempo un atteggiamento inadeguato e debole, appiattito e supino alle richieste di questo o di quel padrone e impegnato sui tavoli degli ammortizzatori sociali.

Eppure non si spiegherebbe in altro modo un disastro di questa portata.

 La strategia sindacale.

In questi giorni in cui i nodi sembrano, inesorabilmente, venire al pettine e in attesa dell’ennesimo sciopero, il sindacato e in particolare la CGIL che fa?

Nell’ultimo consiglio comunale, a Vado Ligure, guida, con tanto di bandiere, gli operai della fabbrica Ocv ( nota multinazionale americana ) che chiude, per accogliere il Sindaco Caviglia  con una bordata di fischi.

 Quale migliore occasione, infatti, avere a disposizione lavoratori arrabbiati per il rischio che stanno correndo per prendersela con un Sindaco colpevole solo di essersi opposto all’ampliamento, smodatamente caldeggiata dal sindacato e dai dirigenti del PD,  di una centrale a carbone che da quarant’anni,  autocertificandosi e autocontrollandosi nelle emissioni prodotte , inquina ,ammala e uccide i cittadini del territorio?

Quale occasione migliore, riuscire a strumentalizzare la rabbia contro un Sindaco, capro espiatorio, che si sta opponendo strenuamente, onorando il mandato elettorale dei suoi cittadini , all’ampliamento di una struttura che se potrà offrire una cinquantina di posti di lavoro, esigui e inutili a riparare i danni di crisi industriali volute da altri, garantirà profitti indiscussi alla  Gdf Suez ma anche, e guarda caso, a  Energia Italiana Spa e cioè Sorgenia, cioè Carlo De Benedetti (78%), ma anche a Hera, società dei comuni emiliano- romagnoli e Iren, municipalizzate con Torino e Genova in posizione di controllo, per la quale il Governatore Burlando ha già appoggiato l’operazione.

Profitti che tutto possono, meno che  tenere conto della salute di un territorio di un raggio di ben 48 chilometri intorno alla centrale, che non possono tenere conto della mortalità superiore alla media e della eccessiva morbilità che affligge da anni i cittadini. Problemi ancora irrisolti, per cui nulla si sta facendo.

Che fanno, invece, i segretari savonesi di CGIL, CISL e UIL, davanti alla crisi che si sta profilando per le sessanta aziende che, se per nulla dipendono da una centrale a carbone, nulla hanno a che fare con altro e maggior utilizzo di una fonte fossile tanto dannosa ?

Scrivono congiuntamente un comunicato dove, dopo le premesse sulla situazione contingente, sostengono che” anche il tema della salvaguardia ambientale e della salute non può essere ignorato….ma la precarietà , i ritmi di lavoro, non avere la certezza del reddito, dell’alloggio, sono condizioni che rischiano di minare la salute fisica e psichica delle persone.”

 Occupazione o salute = diritti o lavoro.

Finiscono per sancire nuovamente un vecchio ricatto, quello incentrato su “occupazione o salute”, nascondendo, neanche troppo velatamente, quella che è un vecchio quanto purtroppo attuale, ulteriore ricatto: “diritti o lavoro”.

 Ci si sta allontanando da una corretta, quanto mai urgente, analisi che, se sta coinvolgendo tutta la nazione, a Savona e provincia sarebbe opportuna e urgente: a che punto è il lavoro a Savona? Quali vere prospettive? E a che punto è oggi la condizione operaia? Quella che non si è opposta, negli anni ottanta, alla rivoluzione dettata dalla meccanizzazione che avrebbe dovuto cambiare il ritmo produttivo ma anche le condizioni lavorative.

Quella cui si è chiesto, per anni, di essere sudditi nei confronti degli interessi superiori della finanza e del capitale, perché solo in questo modo avrebbe avuto garantito il lavoro per sé e per i suoi figli.

Quella per ha, per anni,  sostenuto un sindacato arreso all’inevitabilità di uno sviluppo dettato dalle leggi del mercato mondiale, facendo digerire, a poco a poco,  l’idea tanto cara ai padroni liberali o comunisti cinesi coi quali ci troviamo a competere, che l’impresa debba avere mano libera con i  dipendenti e  con i cittadini  del territorio sulla quale vive.

Se così non fosse, non ci sarebbero stati i casi: Acna, Eternit, Stoppani, dove si chiudevano mille occhi sulle morti e i danni ambientali prodotti difendendo insieme al posto di lavoro i profitti dei padroni.

Insomma il solito ricatto: o mangi questa minestra o salti dalla finestra !

La delocalizzazione OCV non c’entra con l’ampliamento della centrale a carbone!

Questa volta, però, si sta proprio esagerando, perché l’ampliamento della centrale a carbone nulla c’entra con il crollo industriale delle aziende savonesi, tanto meno con la delocalizzazione dell’Ocv in Malesia, anche perché la centrale sta funzionando, indisturbata come sempre, a pieno regime e lo possiamo vedere e respirare, soprattutto la sera con i nostri occhi quando il vento tira dalla nostra parte.

A nulla sarebbe servita la concessione di energia a basso costo alla Ocv per salvarla, quando la multinazionale americana , così come stanno già pensando di fare altre proprietà industriali del savonese, aveva già in progetto la delocalizzazione e cioè l’esportazione della fabbrica dove c’è più convenienza capitalistica.

Finiamola con l’’inganno propagandato da Sindacati e Pd savonesi sullo sviluppo portato dall’ampliamento della centrale.

Alle dichiarazioni arroganti e offensive del segretario PD Di Tullio, sull’incapacità politica di un Sindaco, definito “cicala” e responsabile della crisi industriale, mentre, forse, la cui vera colpa è di avere portato via, con regolari elezioni anche sul tema della centrale, l’amministrazione della città di Vado, da decenni sotto tutela PD, finirà per non crederci più nessuno.

Non credo si possa essere più sicuri di riuscire a sottomettere l’ intera popolazione di un territorio agli interessi dei più ricchi, dei più forti, dei padroni e mettere ancora a servizio della produzione la dignità del lavoro e della vita umana.

 Il caso FAC.

Come, per esempio, è accaduto ai lavoratori della Fac di Albisola, cui la proprietà, per mascherare la voglia di maggiori profitti senza rischi e obblighi, garantita da una delocalizzazione, ha chiesto ai lavoratori, la rinuncia alle ferie pregresse e future, la rinuncia al 10% dello stipendio e all’eventuale straordinario necessario per il raggiungimento degli obiettivi di produzione prefissati. Una maggiore produttività in cambio di diritti, almeno per un po’ di tempo.

 Queste le richieste per scongiurare la chiusura e il trasferimento dove meglio comoda. Richieste inaccettabili in un paese civile, dove, proprio in tempi di crisi economica, si dovrebbero impedire le delocalizzazioni, ovunque esse vadano, perché non si deve permettere, a chi ha compiuto l’accumulazione del suo capitale, la sua prima crescita produttiva e tecnica usando risorse umane locali, di trasferirsi, ora, dove gli conviene.

Non si deve permettere che le proprietà facciano profitto, come ad Albisola, per le fabbriche Gavarry, Piral e Fac, godendo di trasformazioni edilizie dei loro terreni, con provvidenziali e redditizi cambi di destinazione d’uso in residenziale.

Quello che da anni è accaduto in tutta la provincia savonese: il profitto garantito dalla cementificazione contro veri posti di lavoro e ulteriore pretesto per l’inevitabile trasferimento, noncuranti del fatto che la fabbrica è anche patrimonio locale da difendere e non solo aspetto di un mercato globale da rincorrere inutilmente. 

Il segnale di un cambiamento politico. 

Qualcosa è già successo, però.

Un segnale non trascurabile di cambiamento politico e sociale, di presa di coscienza che può diventare modello di coerenza politica, d’integrità di pensiero, di fiducia in un diverso e più credibile sviluppo.

Il Sindaco di Quiliano, Ferrando, si è autosospeso dal Pd insieme al suo vice Antonio Tallarico e ad altri dirigenti PD locali, in polemica col segretario provinciale Livio Di Tullio, favorevole all’operazione Tirreno Power.

In questi ultimi giorni Pietro Borgna, assessore al Sociale del comune di Vado, si è dimesso dalla Cgil.

 Sicuramente una decisione dolorosa, presa dopo quarant’anni di tessera, ma avvalorata proprio dalla posizione in difesa dell’ampliamento della centrale a carbone da parte del sindacato e forse proprio dalla presenza, in Consiglio Comunale, di quelle bandiere Cgil e di quei fischi ingiustificatamente destinati al suo Sindaco Caviglia.

                                                                ANTONIA BRIUGLIA

 

 

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