LE INTERVISTE IMMAGINARIE

LE INTERVISTE IMMAGINARIE DI FRANCO IVALDO

I DIBATTITI IMMAGINARI

Tra Schopenhauer Arthur e Leopardi Giacomo

(parte seconda)
 (quattordicesima puntata)

LE INTERVISTE IMMAGINARIE DI FRANCO IVALDO

I DIBATTITI IMMAGINARI

Tra Schopenhauer Arthur e Leopardi Giacomo 

(parte seconda)
IL FUTURO HA UN AVVENIRE? (quattordicesima puntata)

Libro dedicato alla memoria di Camillo Sbarbaro, autore tra le altre opere storiche di “trucioli” dispersi, nella quale, riferendosi a Giacomo Leopardi, lo defini’ “la voce dell’innocenza davanti all’esistenza

leggi le puntate precedenti

Il dibattito continua nella redazione di The Pessimist ed il direttore, Nerio De Cupis, ha ancora un sacco di curiose domande da porre ai due grandi filosofi, ma, una volta esaurita l’attualità, per il responsabile della rivista britannica è giocoforza passare nuovamente a temi metafisici ed esistenziali che sono , certamente, più adatti alle propensioni dei due pensatori ottocenteschi, i quali, a dire il vero, ritenevano che con lo sguardo sul futuro, il dibattito potesse dirsi concluso.

Ma, come è noto, quando un giornale spende dei soldi per organizzare un “Forum”, poi è tenuto a non mollare tanto facilmente la presa.

 Direttore: Cari Amici Filosofi, mi scuso anticipatamente, se la mia curiosità vi imporrà nuove domande alle quali, mi auguro, vorrete continuare a rispondere. Pensiamo, ad esempio, alla natura umana. Secondo voi, è buona, cattiva, o neutra ?

 Schopenhauer: Guardi Direttore, che per il mio carattere lei ha già chiesto abbastanza. Adesso vuole anche sapere se la natura umana è buona o cattiva. Le confesso che non ne ho la più pallida idea. Come , purtroppo, la mia biografia rivela un malaugurato giorno, in uno scatto di collera, causai la caduta giù dalle scale di casa di una vecchia vicina che faceva rumore sul pianerottolo. Persi la pazienza ed avendo un carattere impulsivo, la gettai giù dalle scale. Si ferì ed un tribunale mi condannò a pagarle una pensione vitalizia. Quando morì annotai sul mio diario: “Morta la vecchia, estinto il debito”. Certo, tutto ciò non depone a mio favore. Ma posso dire con questo di considerarmi malvagio ? Sono parte in causa, ma penso di no. Ecco cosa intendo, per rispondere alla sua domanda, ritengo che la natura umana sia incapace di sprofondare in un male assoluto. Così come mi sembra improbabile un bene assoluto. E’ forse neutra se si pensa ad una sorta di alternarsi di buoni sentimenti di buone azioni, di cattiverie gratuite e di azioni decisamente malvage. Ma è un’altalena, un alternarsi di bene e di male. Quindi, dopo aver premesso che molto dipende dalle circostanze dell’ esistenza, dall’epoca in cui si vive, dagli usi e costumi dei popoli cui si appartiene, devo dire che propendo per la sospensione del giudizio. E tu Giacomo, che ne pensi?

 Leopardi: Non definirei cattiva, a priori, la natura umana, così come non definirei malvagia la natura stessa “tout court”.Le circostanze della vita influiscono sui caratteri, sui buoni come sui cattivi. Poi vi è il fatto dei cromosomi per cui, almeno in certi casi, si possono riconoscere i caratteri ereditari di certi individui. Anch’io penso che ogni caso vada giudicato a sè, anche perché se così non fosse, dovremmo cominciare a definire una tipologia del buono e del cattivo e il discorso andrebbe subito a sfociare sulle caratteristiche somatiche delle varie razze e, quindi, il pregiudizio aprioristico diverrebbe vero e proprio razzismo. Non mi pare sia più il caso di tentare disamine di questo tipo. Definiamo la natura umana neutra, almeno al punto d’inizio. Poi le diverse condizioni di vita possono influire a scrivere in un modo piuttosto che in un altro il destino finale di quella che, in fondo, era solo una pagina bianca. Ma con l’avvertenza di riconoscere che le pagine anche quelle bianche sono fatte di carta ed esistono vari tipi di carta. Vi è la carta assorbente sulla quale le macchie diventano indelebili perché per l’appunto assorbe l’inchiostro. Fuor di metafora, vi sono tipi particolarmente sensibili che “assorbono” molto più di altri le macchie d’inchiostro della vita e ne restano più condizionati di altri. Vi è la carta velina sulla quale le macchie scorrono senza lasciare tracce, ma ha una sua vulnerabilità, vi è il “papier d’emballage” che è già quasi cartone più resistente agli urti e che meglio sopporta le condizioni esterne senza farsene troppo influenzare e questo vale per i caratteri tutti d’un pezzo, per i duri nati che possono essere buoni, oppure cattivi con un aspetto bonario. Insomma, il pluralismo della natura umana, se non altro, preclude, a mio avviso il manicheismo aprioristico. Sospendiamo il giudizio, facciamo epoché, e attendiamo fatti tangibili per giudicare (ma cerchiamo di giudicare il meno possibile) questo o quell’individuo.

Leopardi

D. Vogliamo riassumere, per i nostri lettori, le vostre rispettive posizioni, insistendo sull’aspetto pessimistico di fondo del vostro pensiero. Chi comincia ? Professor Leopardi?… 

L. Ebbene, credo di poter essere breve. I miei lettori già conoscono le idee che ho espresso nello “Zibaldone”, nelle “Operette morali” e nelle mie poesie. La posizione è decisamente pessimista. Perché ?

Semplicemente: ho constatato negli uomini una decisa propensione a ripetere tutti – dico tutti – gli errori del passato. In questo sì, è duopo riconoscerlo, l’uomo è davvero diabolicus, in quanto – ahimé – persevera nell’errore. E qual’ è questo errore? Quello di trovare, ad ogni epoca storica, motivi a sufficienza per odiare qualcuno, l ‘ ” altro “, il presunto nemico, o semplicemente il diverso, ma a volte anche il proprio simile , il proprio affine, il concorrente che fa ombra, che disturba, che dispiace, che ci suscita sentimenti poco amichevoli di decisa antipatia. Orbene, ecco che l’umanità ricade in errori vecchi come il mondo. Citiamone uno per tutti: la guerra, che esplode e riesplode. Puntuale come un orologio svizzero, anche se gli svizzeri di solito sono l’unico popolo che “osserva” saggiamente le guerre altrui, traendone propositi di pacifismo ad oltranza al grido di “ognuno si faccia gli affari suoi che è meglio!”

Pessimista? Certo. Sono persuaso che anche nello spazio gli esseri umani porteranno i conflitti e le armi per risolverli nel modo più sbrigativo possibile. Avremo epoche di guerre stellari “stars wars”, mi pare si dica così nell’idioma oggi più in voga ( a proposito, che fine farà la nostra bella lingua italica?…. Ho sentito che anche Dante è preoccupato per gli incerti destini della volgare eloquentia). Ma visto che siamo a Londra, ospiti di “The Pessimist” riconosciamo pure che essendo idioma veicolare, nel prossimo ventennio la lingua anglo-americana avrà soppiantato tutte le altre parlate e così avremo poliglotti semianalfabeti, perché questo sarà il risultato di apprendere la moderna lingua degli altri dimenticando poi con l’andare del tempo sia la propria che quella degli altri superficialmente appresa.Amen. Non ho altro da aggiungere. Se nel futuro dell’umanità vedo guerre e ancora guerre, mi sembra che ogni altro commento guasti e sia del tutto superfluo. Non vedo quell’età dell’oro che è sempre posticipata alle calende greche e , non vedendola, è chiaro che devo dire: non impareremo mai ! Tutte le nostre conoscenze aumenteranno solo la nostra potenza di fuoco. L’aggressività normale appannaggio dei tempi di pace sarà la molla che farà scattare i burattini, i soldatini di piombo e no. Così almeno uno che aveva visto giusto fin dall’inizio (Eraclito) l’avremo trovato: il mondo non può fare a meno della guerra tra gli opposti. Come è vero e come è sconsolante tutto ciò. Adesso, Schopenhauer, ci consolerà dicendo che , in fondo, tutto questo non è reale, siamo ingannati dal Velo di Maja. Fatto sta che io sento in lontananza il rombo dei cannoni e nulla mi può consolare, se non il pensiero che un giorno tutte le sofferenze del mondo avranno, comunque, fine. Perché se tutto ciò fosse davvero eterno, allora sì che la disperazione sarebbe totale e chiusa a qualsiasi forma di speranza, speranza che, quanto a me, riesco ad intravvedere soltanto nella morte.

 

D. Degnissima conclusione per un inno al pessimismo. Perfetto, professor Leopardi. Di più non si può dire, quando si arriva a preferire l’estinzione alla sopravvivenza, poiché si riconosce questo mondo come qualcosa di davvero insopportabile, allora il cerchio si chiude…Vero, professor Schopenhauer?

Schopenhauer

S. D’accordo. Ma non chiudiamolo troppo in fretta questo cerchio perché una via d’uscita esiste all’universale dolore e l’ha trovata , duemilaecinquecento anni fa, il Buddha Sakyamuni. Il Nirvana si apparenta più all’atarassia che all’estinzione vera e propria. Scusate, se noi sappiamo che il Velo di Maya, ci copre la verità che è un’altra cosa rispetto alla fallace testimonianza dei nostri sensi, perché prendersela così a cuore da… suicidarsi. Al contrario, bisogna guardare questo mondo con distacco, con calma olimpica, persino con disprezzo in certi casi, dicendo sempre a noi stessi: “Non cadiamo nella trappola dell’illusione, come tutti i poveri mortali che soffrono.

Svegliamoci dal sogno, anzi dall’incubo e guardiamolo per quello che è in realtà: il nulla. Ma non basta questa posizione di perfetto distacco. Dobbiamo anche provare simpatia per gli altri e compassione per i loro dolori (anche se sono immaginari, ma loro non lo sanno e soffrono). E’ così che il saggio diventa un santo e si risveglia nel Nirvana, quest’ultimo essendo, sì, un mito, ma almeno è utile a qualcosa poiché indica un obiettivo e una via da seguire, che non è certo quella di mettere fine ai propri giorni, perché -ricordiamocelo- il suicidio è il capolavoro della Maya, dell’Illusione, di Mara, per così dire il malvagio dell’iconografia buddhista. Capito ? La volontà non è né buona, né cattiva: è la realtà così come essa è, la cosa in sé che noi abbiamo dentro e riconosciamo attraverso il principio individuationis. Ma nel nostro mondo della relatività abbiamo un certo intrinseco potere su questa volontà individuale (semplice scintilla della volontà cosmica) e possiamo indirizzare questa particella -chiamimola pure monade – verso il bene o verso il male. Quest’ultimo altro non è che abbandonarsi alla cieca volontà di vivere con tutti gli istinti non frenati e, anzi, scatenati. Ecco dove sbagliava il professor Nietschze, mio successore, prima ammiratore e poi critico. Ma come , dico io, apprezzi la mia filosofia della Nolontà , mi chiami educatore del popolo tedesco e poi, ribalti tutto nella volontà di potenza, nel superuomo. E’ la mia filosofia rovesciata. Bello sforzo! Beh, comunque, è vero che in certi uomini può prevalere la tentazione di diventare superuomini. Ma i risultati non sono sempre edificanti. Intendiamoci, la volontà è padrona di agire come vuole. Forse è proprio questo il libero arbitrio. Se non altro, in quanto uomini, siamo in un certo qual modo padroni del nostro destino. Ma è così facile sbagliare e,quindi, abbiate almeno pietà per chi cade!

 

D. Ma in definitiva, qual’ è l’errore che un filosofo ottimista puo’ commettere?

 

L. No, guardi direttore, il filosofo ottimista non solo “può” commettere errori, ma puntualmente li commette. La visione ottimistica della vita combina tutti i guai derivanti dall’utopia. Ad esempio, che senso ha dire: credo nella pace… quando tutti sanno benissimo che scoppierà la guerra. Illudere gli ultimi poveri diavoli che non saranno travolti dal diluvio (essere cioé ottimisti e dire: sono convinto che non pioverà) significa soltanto impedire loro l’opportunità urgente di mettersi in salvo in tempo. Noé sarà stato un pessimista, ma almeno si è costruito un’Arca. Per sé e per gli altri animali che se avessero dato ascolto agli ottimisti dell’epoca sarebbero annegati. Giusto ? Questo per dire che le Cassandre sono sempre pessimiste, ma è meglio ascoltarle, perché si rischia meno. Se poi la catastrofe non avverrà tanto meglio. Basterà dire: scampato pericolo, tanta paura per niente. Ma se avverrà…

Quindi, anche a voler marciare nel solco del positivismo e del pragmatismo, mi sembra che un atteggiamento scettico-pessimista sia più utile all’umanità di uno spensierato cicaleggio di utopistici imbecilli, i quali vedono ovunque buone intenzioni (le vie dell’Inferno sono latricate di buone intenzioni), si fidano ciecamente, voglio dialogare col nemico anche quando il nemico ha già dato segni inequivocabili della sua determinazione a distruggere tutto ciò che si oppone alla sua marcia depredatrice. Insomma, quando il nemico è realmente nemico e lo dimostra con atti inequivocabili non mi sembra utile sventolare la bandiera con la colomba della pace sotto il suo naso.

In questo senso, l’ottimismo è sempre un errore, in quanto annulla ogni reazione di prudenza (moderata o eccessiva che sia). Inoltre, porta su una strada densa di sorprese una più spiacevole che l’altra, mentre il pessimista che ha previsto il peggio non potrà che rallegrarsi se le cose “non sono andate così male come temeva”.

 

S. Ben detto, Giacomo! Unico rischio di un atteggiamento pessimista è che si trasformi in atteggiamento rinunciatario di fronte ad un’impresa da intraprendere. Voglio dire questo: se è necessaria l’azione dinamica, bisogna avere una certa ottimistica fiducia in sé stessi, altrimenti si rischia di dire pessimisticamente: non ce la farò mai! E da ciò può derivare un atteggiamento rinunciataio a priori che sicuramente non giova ad un tentativo, ad un’impresa umana. E’ chiaro questo ? Ma, emessa questa riserva, che contraddice -in parte- il mio credo pessimista, per il resto la ragione ci detta sempre un comportamento caratterizzato da un sano pessimismo. Anche l’azione può sopportare il pessimismo (sarà difficile, basta dirsi, ma osare comunque) e non scadere in un atteggiamento rinunciatario di rassegnazione. La rassegnazione è il vizio del

pessimismo e può essere paralizzante nei confronti dell’azione dinamica. La dabbenaggine è spesso l’esito di un esasperato ottimismo che ci induce ad intraprendere azioni non coraggiose ma stupide, anche , se il detto popolare sostiene che la fortuna aiuta gli audaci, ma l’audacia più che frutto dell’ottimismo è spesso figlia della disperazione così come la disperata azione eroica.

La ragione va usata, pessimisticamente, ma non in dosi eccessive. Quanto allo slancio che caratterizza l’azione può avere una molla ottimistica ma deve essere – per essere efficace – ponderato anche nei potenziali aspetti negativi, altrimenti diventa avventatezza , figlia primogenita dell’ottimismo senza limiti. Aggiungo che , a mio avviso, la volontà non è né ottimista , né pessimista. E’ semplicemente la volontà, quindi, la realtà che ci circonda e che determina il nostro stesso volere e quindi il nostro agire. Quanto all’utopia vera e propria a cosa serve ? Avete mai visto un’utopia realizzarsi ? Mai: dunque, a che serve ?

D. Benissimo, ritengo che vi siano ancora molti punti importanti da chiarire in vista di una migliore comprensione dell’Universo in cui viviamo. Pare proprio che la fisica sub-atomica, quella delle particelle, abbia finito per dare ragione ai mistici orientali, agli induisti, ai buddhisti, ai taoisti , i quali hanno una visione dell’universo , come dire, non dualistica. Non seguono, insomma, il meccanicismo seguito alla filosofia cartesiana che ha decretato la frattura anima-corpo, spirito-materia. Ma si è ristabilito, almeno dal punto di vista della fisica moderna, una certa unità nella visione universale. Che ne pensate ?

S. Che Cartesio avesse torto, l’avevo capito benissimo parlando di Atman (l’anima dell’universo, avevo chiamato così, come ho già detto, persino il mio cane barboncino). Avevo capito che occorreva essere mistici ed avere non una visione meccanicistica che portava all’errore, o perlomeno alla limitatezza, della fisica di Newton, bensì una visione organicistica o ecologica, per cui , in fondo, la Volontà universale aderiva perfettamente al Logos, aderiva a quella visione unica della Danza di Siva che , oggi, si intravvede dietro la fisica delle particelle, dietro la relatività e la teoria quantista. Giusto o no ? Cosa vi è di più unificante della volontà universale, di questo conato cosmico che tutto vuole e tutto può ? E per giunta non si vede, non è scomponibile, mentre l’atomo lo è. Ma, in definitiva, ho scritto sempre molto chiaramente che i buddhisti avevano ragione e la filosofia cosiddetta occidentale, tutta basata sul dualismo, sulla distinzione tra spirito e materia, aveva un vizio originario e l’errore in nuce. L’ho detto ? L’ho scritto, perdiana! Ma l’avete letto il Mondo come volontà e rappresentazione ?

 Il direttore e Leopardi (tirando un sospiro di sollievo, perché Schopenhauer ha finito di parlare, rispondono in coro: “L’abbiamo letto, l’abbiamo letto! Falla finita con ‘sto Mondo…).

 L. Adesso dico la mia, rispondendo al direttore Nerio De Cupis. Io di fisica delle particelle poco me ne intendo, l’avete letto, no, lo “Zibaldone”…

 

(Il direttore e Schopenhauer, in coro, l’abbiamo letto…l’abbiamo letto. Caso mai lo rileggiamo , se proprio ci tiene caro Maestro…)

 Leopardi (continuando): Perché a me non è concessa un poco di vanità senile come a tutti i vecchi tromboni delle arti, delle scienze, della letteratura, della poesia, ai presidenti delle repubbliche delle banane e dei fichi secchi, ai reali con corona e senza, agli onorevoli, ai ministri, ai senatori, ai cavalieri del lavoro e ai vecchi lupi di mare ? No, io sono devo essere l’eternamente giovane, il disperato, il triste, il gobbetto (e che vuol dire ? Anche Andreotti lo è e guardate che carriera!)… Una vera ingiustizia ! Dov’ero rimasto ? Ah sì, le particelle della fisica sub-atomica. Neutrini, fotoni, atomi disintegrati, energie, particelle di energie. Non ho capito un corno! L’unica cosa certa è che inventeranno nuovi e più sofisticati armamenti al confronto dei quali la bomba H sembrerà un petardo da fiera. Capito ? Altro che realtà, dualismo, meccanicismo, positivismo, pragmatismo. Vedrete dove andranno a finire gli “ismi” , in un colossale boom-ismo, che tutto cancellerà, prima del tempo. Il tempo, l’abbiamo detto è una gomma lenta. Vedrete che le cose, grazie alle belle invenzioni umane del Ventunesimo secolo andranno più in fretta della gomma…Siete contenti, no? La velocità è progresso. Non sapete dove andate, ma ci andate di corsa – ha detto qualcuno – orbene mi pare prodigioso questa capacità degli uomini di farla finita su scala mondiale. Vi è da esserne orgogliosi. Abbiamo i mezzi dell’estinzione, perché tergiversare, perché rimandare a domani la catastrofe che possiamo benissimo compiere oggi, visto che ci siamo. Visto che i nostri Archimede pitagorici hanno, finalmente, gridato “Eureka!”. E le masse – le belle masse che hanno portato i cervelli all’ammasso sostituendo gli individui – hanno gridato “Bravi!”, senza capire una mazza, un corno, non sapendo che gli Archimede boys annunciavano la parola “fine”.

 D. Eh, ma che pessimista! Quasi, quasi, esco in edizione straordinaria con la vostra intervista-dibattito. “The Pessimist” si vanta di avervi qui, maestri del “black and black” del “black for ever”. Ma lei, professor Leopardi, è stato straordinario. Non il minimo spiraglio alla speranza. Non un dubbio sul possibile benessere futuro. Niente, buio pesto, come piace ai nostri lettori, ovviamente pessimisti ad oltranza. Non c’è nulla di buono da sperare, quindi,  

dalla Scienza ? 

Leopardi e Schopenhauer all’unisono: Nulla, proprio un bel nulla! Se lo metta bene in testa e lo scriva per i suoi lettori ammesso che li abbia!

  Il direttore di “The Pessimist” (con voce rotta dall’emozione e dalla fierezza): Credo di poter ringraziare a nome della nostra redazione e di tutti i lettori e gli abbonati, i due massimi filosofi del pessimismo che in questo “forum” hanno dato una eccellente dimostrazione delle loro abilità di oratori oltre che di pensatori, con un’eloquenza che ha spazzato via gli ultimi dubbi sul futuro del mondo: no future! Questa, in estrema sintesi, la conclusione che mi sento di trarre dal dibattito. Se non avete altro da aggiungere, cari Maestri, prenderei congedo da voi… Maestri ? Toh, guarda! Come , in una novella delle “Operette morali” del grande Giacomo Leopardi, hanno finito di cantare, volevo dire, di parlare. Si sono fatti cheti, si sono nuovamente addormentati.Per l’ eternità. Beh, ancora un grazie di cuore e dormite in pace, carissimi filosofi pessimisti del passato. Le vostre idee hanno colto nel segno e resteranno per sempre di monito agli imbeecilli che ancora si illudono di avere un futuro migliore, una pace universale, un’ era dell’abbondanza e della ricchezza. Gli utopisti, insomma, che si illudono di vedere i prezzi calare, gli stipendi aumentare e che tutti – a parte i soliti furbi – pagheranno meno tasse!

Franco Ivaldo

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