LE INTERVISTE IMMAGINARIE

LE INTERVISTE IMMAGINARIE DI FRANCO IVALDO

I DIBATTITI IMMAGINARI

Tra Schopenhauer Arthur e Leopardi Giacomo

(Dodicesima puntata)   

LE INTERVISTE IMMAGINARIE DI FRANCO IVALDO
I DIBATTITI IMMAGINARI
Tra Schopenhauer Arthur e Leopardi Giacomo
(Dodicesima puntata)
 
  Libro dedicato alla memoria di Camillo Sbarbaro, autore tra le altre opere storiche di “trucioli” dispersi, nella quale, riferendosi a Giacomo Leopardi, lo defini’ “la voce dell’innocenza davanti all’esistenza
  

Invitati nella redazione del “The Pessimist” di Londra, i due campioni europei del pessimismo mondiale , dapprima piuttosto riluttanti all’incontro, accettano, infine, di scambiare quattro chiacchiere e di parlare del più e del meno (soprattutto del meno) dietro le insistenze del direttore dell’ autorevole settimanale, Nerio De Cupis ( un britannico suddito di Sua Maestà, ma di origine italiana: il padre, infatti, era un gelataio e la mamma londinese una damigella d’onore della principessa Eustorgia del Galles). Ma, per favore, non divaghiamo. Per questo c’è tempo dopo.

Direttore: Benvenuti, cari amici, nella nostra modestissima redazione di Fleet Street. Prego accomodatevi. Non è stato facile rintracciarvi, ma , alla fine i nostri finissimi segugi, o per meglio dire i nostri medium, ci sono riusciti, e di ciò non posso che rallegrarmi vivamente, perché non capita tutti i giorni, per un settimanale come il nostro di avere una simile fortuna. Anzi, qui, nella redazione di “The Pessimist” non ci credeva proprio nessuno: ma quelli non vengono, figurarsi ! Stanno bene dove sono… Non facciamoci troppe illusioni. Così la pensavano – pessimisticamente – i miei collaboratori. E per una volta il pessimismo della ragione aveva torto, eh, eh… Eravamo tutti attorno al tavolo,per metterci in comunicazione con voi e,finalmente, eccovi qui… (Rivolto a tre collaboratori: “Grazie, ora che sono qui a tavolino, togliete le mani e arrivederci. L’intervista, stavolta, la faccio solo io…). 

Schopenhauer: Calma e gesso, non è detto che il dibattito abbia luogo, caro direttore. Va bene che, essendo morti, il qui presente signor Leopardi ed io, di tempo ne abbiamo un sacco ed una sporta, per così dire un’eternità. Ma non vedo l’interesse di confrontare un eccelso filosofo pessimista (quello,ovviamente, sono io) con un poeta- filosofo che ha le mie stesse idee… Se probabilmente la pensiamo allo stesso modo, dov’è l’interesse del dibattito, Le chiedo ? 

Leopardi: Germanico pensatore di sofismi, chi dice che sono io ad avere avuto le tue stesse idee e non viceversa. Comunque,almeno su questo punto specifico, sono d’accordo col qui presente filosofo di Danzica, caro direttore, non vedo perché debba chiedere a noi due se vediamo la bottiglia mezza vuota o mezza piena, perché è chiaro che la vediamo mezza vuota….

 (Colpito da quella che ritiene essere una sottile allusione al fatto di non aver ancora offerto nulla agli ospiti, Nerio de Cupis, urla all’indirizzo della segretaria:” Camilla-a-a-a, Camilla-a- a! quella bottiglia di whiskey dove è andata a finire ?” La segretaria arriva, tutta trafelata, con la bottiglia e tre bicchieri. Ma i due ospiti declinano l’invito a brindare.)

 S. Direttore, non dimentichi che questa è una seduta spiritica. Come lei sa, io,Arthur Schopenhauer, quand’ero vivo, credevo fermamente nello spiritismo:è per questo che sono qui più che altro, vero perché di sedute spiritiche me ne intendo.E così, in fin dei conti, i medium dicevano la verità… Ma che cosa vuole offrire…da bere a me , puro spirito, e al qui presente signor Leopardi, anch’egli mi sembra spirito, quanto al puro sono affari suoi… Per ciò che riguarda il bere, vedrà che, da buon filosofo la darò a bere anche ai suoi lettori con un pò di buona volontà; sono o non sono il filosofo del volontarismo, detto appunto volontarismo schopenhaueriano ? 

L. Germanico pensatore di sofismi, non fare tanto lo spiritoso. Saremo gli alfieri del pessimismo europeo, ma non ti permettere troppe confidenze con me, grande italico poeta e filosofo così pessimista che persino gli impresari delle pompe funebri, leggendo le mie opere come lo Zibaldone, erano portati a diventare…ottimisti, guardate un poco i paradossi del pensiero. Leggendo questo qui, pensavano gli impresari delle pompe funebri, anche il più ottimista degli uomini, minimo si spara. E così noi raddoppiamo il giro di affari. Insomma, discorsi da bottegai… Ma io ero un pessimista sincero!

Schopenhauer

S. E perché io no ? L’hai letto “Il Mondo come volontà e rappresentazione” ? Se l’ hai letto saprai quanto struggente è la realtà che io, modestia a parte, raffiguro, nella mia opera fondamentale. 

L. Capirai. Quando è uscita di stampa, ne hanno vendute tre copie. Una l’hai comprata sicuramente tu. L’altra, di nascosto, il tuo editore per non deprimerti troppo e la terza la mamma che in fondo è sempre la mamma, anche se voi due non andavate d’accordo… Proprio un successo coi fiocchi!

S. Non avrai letto “Il Mondo”, ma la mia biografia, caro poeta di Recanati, l’hai letta di certo. Se sai che non andavo d’accordo con la mamma. Invece, andavo molto d’accordo con quel pover’uomo del babbo, peccato che è scomparso per primo e io son rimasto a vedere le imprese di quella civetta… Ma lasciamo stare. Parliamo piuttosto del successo di Parerga e Paralipomena… 

L. Io, invece, non rimpiango mio padre, il conte Monaldo, il quale , purtuttavia, aveva in casa una ricchissima biblioteca che mi è servita nei miei studi e , soprattutto, a rovinarmi la salute, rendendomi malaticcio per il resto della mia vita..Queste sono le gioie e le delizie degli studi da autodidatta a Recanati. Meglio se nascevo nell’Atene di Pericle e partecipavo alle Olimpiadi. Ma parliamo pure dei nostri successi reciproci. La cosa mi mette, per una volta, di buon umore…

 D. Eh no! Cari signori, le domande, se permettete, le faccio io e devono essere in tema con la linea editoriale di “The Pessimist”, che c’entrano i successi. Parliamo dei fiaschi, se no, che figura ci facciamo con i lettori che vedono nero ? Beh, tanto per cominciare, che ne pensate della nostra epoca. Siamo nell’Anno di grazia, 2006, XXI secolo, e tutto va male, giusto?

 S. Io l’avevo previsto.

 L. Anch’io. Ma tu scusa, perché ai scritto gli Aforismi sulla saggezza del vivere se sapevi che intanto nessuno li avrebbe seguiti ? Va beh, nella prefazione, se ricordo bene, ti sei già spiegato, asserendo che non credevi al miglioramento della condizione umana, ma che qualche consiglio non poteva far torto. Encomiabile proposito, e lo dico senza ironia… Io stesso ho dato qualche buon consiglio, ma nessuno l’ha seguito come aveva previsto il venditore di Almanacchi. Che cosa vi aspettate dall’anno nuovo ?   Niente di buono, che volete aspettarvi ? L’anno nuovo sarà come quello vecchio, se non peggiore…    

 D. Aveva ragione Nietzsche ? Dio è morto e noi l’abbiamo ucciso. Oppure, quale è la vostra verità dite pure liberamente, uno alla volta.

 S. Ecco, adesso, col senno di poi, mi sento di portare alcuni aggiornamenti alla mia filosofia della volontà universale di vivere. La volontà come cosa in sè si può benissimo mantenere, ma non è questo il punto. Intanto, fosse adesso, la metterei così. Vi è una volontà universale che permea tutti i mondi possibili, una forza inimmaginabile che possiamo definire Realtà Primordiale, o – per far piacere al vecchio Leibzniz, monade delle monadi, o Dio, come vi pare. Ma questa volontà che dev’essere collocata sul piano dell’assoluto, è inconsapevole, è cieca “non ha finestre”, anche se riassume in sé tutto il reale. Sono stato accusato di incongruenza, perché ho poi trasformato questa volontà assoluta in “nolontà” , quand’essa diventa compassionevole, pietosa, quando, insomma, si umanizza fino a diventare ascesi. Avrei dovuto avvertire che , nel mondo della relatività, ciò diventa possibile perché la realtà , solo relativizzandosi, cioé umanizzandosi, può prendere coscienza di sé e degli altri. Nel mondo dell’assoluto, gli altri non esistono perché questa realtà che tutto comprende, questa immensa volontà cosmica non ha coscienza delle proprie possibilità. Tutto qui. Uno è il comportamento della Volontà-cosa -in- sè cosmica (mondo dell’assoluto) ed un altro è il comportamento derivante dal “principio individuationis” .E’ una realtà che si oggettivizza nell’umanità e diventa consapevole, compassionevole, pietosa, mistica, protagonista dell’ascesi fino alle supreme vette del nirvana, almeno negli esseri eccezionali, nei bodhisatva, nei Buddha, nei Santi. Nella maggioranza degli esseri (umani o altri animali), pur giocando il principio individuationis, la consapevolezza della condizione dell’essere tarda a risvegliarsi e l’istinto prevale… E’, quindi, essenzialmente volontà di vivere anche a scapito del prossimo. Chiaro?

Leopardi
L. Perbacco, che “aggiornamento”. Io, più modestamente, essendo nato “solo” a Recanati e non a Danzica, mi sento di profetizzare , perché sono in vena. Allora, ci troviamo agli inizi del terzo millennio e posso dirvi, tranquillamente, che per il quarto o il quinto millennio (se, sulla Terra, ci saranno queste epoche storiche,ammesso che il pianeta non scompaia prima) non si parlerà più di filosofia, di teologia, di religioni. Perché ? Ma perché i nostri dibattiti sono “datati”, passano di moda, col passare del tempo. Su un’astronave diretta a Marte, i membri dell’equipaggio, non leggeranno devotamente la Bibbia (come avranno fatto i pellegrini della Mayflower, in vista delle coste del Massachussets! ) credetemi.

Per loro sarà molto più importante leggere il Manuale di Bordo contenente per ciascuno le istruzioni tecniche da seguire. Cosa intendo con cio’ ? Semplicemente, che non è più l’epoca degli interrogativi per coscienze individuali. Si va verso quello che è conosciuto come lavoro di équipe e , anche se quest’ultimo non preclude – tutt’altro – il pensiero, è ormai chiaro che solo la sperimentazione oggettiva conta e non le belle pensate di questo o quel teologo, di questo o quel filosofo, di questo o quel “guru” indiano o occidentale che sia. Chiaro? 

D. Un freddo mondo scientifico e tecnologico, tutto teso verso obiettivi spaziali, chiuso in laboratori di ricerca, di analisi, con tecnologie avanzatissime che renderanno fatalmente obsoleto il vecchio ordinatore ed anche l’ultimo modello di computer, senza tanti interrogativi esistenziali, senza tante etiche e morali, senza tante divinità nel Pantheon della fede, ma con tanti oggetti strani sugli scaffali degli ipermercati. E’ cio’ che vede, dottor Leopardi? 

L. Ma quale dottore ? Professore, prego! Dunque, vedo, in effetti, la morte delle grandi religioni monoteiste che si avviano a diventare miti, da qui il passaggio, non nuovo nella storia, dalla mitologia alla religione e viceversa , dalla religione alla mitologia. Quanto a seguirne il culto, neppure a parlarne. E’ come se oggi ci fossero in giro, in Egitto, i sacerdoti di Iside o quelli di Osiride. Il Cristianesimo è durato per più di duemila anni. Facciamo una previsione ottimistica: vogliamo accordargli altri duemila anni ? Ma poi che importa? Anche se gli anni dovessero essere ventimila, duecentomila, siete d’accordo sul fatto che queste religioni “eterne” un giorno moriranno, sì o no ? Cristianesimo, Ebraismo, Islam, Buddhismo, Taoismo, Zen, Animismo: tutti mortali. Anche la scienza morirà in quanto opera dell’uomo. Morirà assieme all’umanità, assieme alla fede nel futuro, assieme alla fede nel metodo sperimentale, assieme ai risultati dei laboratori dalle tecnologie più avanzate. Perché ? Ma perché, per paradossale che possa apparire, l’unica entità “eterna” è la morte, sia che si riferisca al mondo animale, vegetale o minerale. Un animale muore, una pianta muore, una roccia muore e quando si scontrano due galassie (mettiamo pure,facendo gli scongiuri, La Via Lattea ed Andromeda) muore qualcosa di più di una sola roccia… Non so se mi spiego.

Alfieri

S. Caro Collega, ti sei spiegato benissimo. Complimenti. Ma ti vedo scivolare un pò sul materialismo, anche se hai ragione, intendiamoci. La materia, secondo la mia filosofia, è per l’appunto il materiale di cui si serve la cosa in sé , cioé la Volontà cosmica per distribuire le carte ai giocatori. La morte di cui tu parli è vera e reale, ma solo nel mondo della relatività e questo mondo non è né vero, né reale, è pura illusione, è il velo di Maya. Ma sono d’accordo con te, caro Giacomo, tutti i prodotti dell’umanità (filosofie, teologie, religioni, scienze teoretiche o pratiche, astrofisica, scienza delle particelle elementari, e chi più ne ha, più ne metta) moriranno assieme ad essa. E’ fatale, è inevitabile, è prevedibile. Pare certo. Ma dove la mettiamo la “cosa in sé”?

L. Mettila dove ti pare. Se per te è la Volontà Assoluta che poi, relativamente -attraverso la compassione per gli altri – diventa Nolontà, non saprei proprio dove metterla. Un mio connazionale, Vittorio Alfieri, diceva “Volli, fortissimamente volli”, Avra’ letto il tuo capolavoro. Quanto a me, Una morte universale, una pace cosmica, un silenzio siderale dopo tanto inutile frastuono (molto rumore per nulla) confesso che non è fatto per dispiacermi. Anzi, mi va proprio a genio. Boezio si consolava con la filosofia, io mi consolo col pensiero della morte. Ognuno si consola come può. 

D. Signori, Professori Illustrissimi, mi raccomando: atteniamoci al tema per “The Pessimist”, il periodico di chi vede nero che più nero non si può (come ricordano tutti i manifesti della City e gli spots della Bbc) che è per l’ appunto il pessimismo che diventa disperazione esistenziale, disperazione senza appello, crucci e dubbi a iosa. 

S. Dico, direttore, vuole scherzare ? Non lo sa, dunque, che nella visione di Eraclito l’Oscuro, i contrari si trasformano nel loro opposto in un perenne mutare. Così anche il nostro pessimismo, in fondo, è più consolatorio (paradossalmente più ottimistico) di quelle baggianate dei fautori dell’utopia. Che senso ha sostenere: il mondo di domani sarà migliore, quando tutti sanno con certezza – dico con certezza – che quel mondo non lo vedranno mai. Anzi, gli ottimisti a tutti i costi, i beceri utopisti, coloro che credono nelle sorti magnifiche e progressive, i beoti che si sono bevuti tutte le corbellerie dell’idelismo hegeliano, coloro che continuano a sperare in un mondo migliore,

deprimono la gente. Ciascun individuo, ormai, una cosa la sa: che, per bene che vada, il domani è uguale (se non peggiore) all’oggi. Non c’è scampo: c’est la vie! come dicono i francesi. E allora ? Sciocchi. Volete consolarvi, pensando che i figli dei vostri figli avranno un futuro migliore.Dei figli non ve ne importa un fico secco. Eppoi, sapete benissimo che non è vero. Il mondo non ha mai fatto registrare reali miglioramenti, ma solo degli “intervalli” tra una catastrofe e l’altra, tra una guerra e l’altra, tra un finimondo parziale e l’altro. Quindi, i nipotini vivranno in un mondo orribile esattamente come il nostro. Consoliamoci pensando che ci sarà un’ultima generazione, una sorta di eutanasia cosmica che cancellerà di colpo le sofferenze di milioni di poveri diavoli che, inconsciamente, si sono fatti venire addirittura dei complessi di colpa per aver procreato dei poveri diavoli come loro. L’umanità ha sprecato scioccamente -almeno fino ad oggi- una benedizione del cielo quale è la possibilità di esercitare un controllo severo delle nascite e qualche scemo si è persino fatto clonare…per durare più a lungo, quando il suo vero interesse era quello di scomparire dalla faccia della terra, di spegnersi nel nirvana…

D. Quindi, lei professor Schopenhauer, interpreta il Nirvana come estinzione ?

S. E come dovrei interpretarlo, mi scusi ,caro direttore ? Come un paradiso per idioti dove si “è” ma non si “sente”, dove si hanno occhi “ma non si vede”, dove tutti si illudono, ma solo il saggio non ignora che attorno a lui vi è solo il vuoto… Così mi viene quel bel sorriso ebete sulla faccia che fa capire quanta serenità io provo a vedere il Nulla, ma mi faccia il piacere, direttore! Abbia il coraggio del suo pessimismo, visto che dirige “The Pessimist”. Io ammiro il buddhismo quando ha il coraggio di essere quello che è: puro nichilismo. Non religione consolatoria che pare una camicia di forza. Esistono le passioni, ma tu reprimile e così entri nel Nirvana, sai che bel progresso! Non raccontiamoci storielle. Il buddhismo non ha latte per i bambini, non è consolatorio per nessuno. Esiste la vita, purtroppo, e la miglior condizione è il Nirvana, la morte. Ha capito, direttore: The End! 

L. Devo aver scritto da qualche parte: io invidio solo i morti…Non ricordo dove? 

D. Nelle “Operette Morali”, grandissimo filosofo del pessimismo universale…. 

S. Beh, non si è poi sforzato granché ed ha corso il rischio di fare l’apologia del suicidio, che poi è il capolavoro della Maya, perchè l’illusione é così dispettosa che induce ad una tale disperazione da suicidarsi. Ma bisogna resistere. Bisogna vivere, sapendo però che tutto quello che scorre, che fluisce, il panta rhei di Eraclito, un bel giorno (un bellissimo giorno) prenderà fine. Insomma, la vita fa schifo, ma va vissuta perché non si sa mai, può avere qualche aspetto positivo, ogni tanto, anche se adesso – su due piedi – non sono in grado di ricordare quale. Ma insomma, la vita deve essere vissuta fino in fondo. Le medicine amare vanno bevute fino in fondo e così la vita. 

D. Ma a che serve all’umanità? 

L. (con ironia leopardiana, appunto) Servirà ad andare nello spazio. Che poi questo saltare da un pianeta all’altro, chissà perché, mi fa pensare al salto delle pulci…

Comunque, intendiamoci, auguro ogni bene all’umanità. Non dico quello che di solito dico per malanimo. Non fraintendetemi, come avete spesso fatto: io mi auguro tutto il bene possibile dalla solidarietà umana, che gli uomini possano vivere in eterno e felici. Non penso sarà facile e l’ho anche scritto. Ma spero di sbagliare e che gli ottimisti abbiano ragione. Nel “Sabato del Villaggio” al fanciullino consiglio di approfittare della sua età spensierata e giovanile, l’ammonisco, però, sul fatto che la sera arriva presto. Insomma, con Lorenzo il Magnifico , mi sento di dire “Chi vuol esser lieto sia, del doman non vi è certezza” . La mia filosofia , in fondo, è questa: Carpe diem. Cogli l’attimo che fugge e cerca di essere felix, non il gatto Felix, no, no, proprio felice! 

S. Cosa mi tocca sentire. Abbiamo appena detto che la situazione è senza sbocchi e tu te ne esci, amico Giacomo, col Sabato del Villaggio. Lascia perdere il poeta. I poeti sono ottimisti venditori di fumo … Sii filosofo; infelice ma filosofo. Guarda me. L’unico amico che avevo, in fondo, era il mio barboncino, Atman, l’anima del mondo. Anche se fossi stato ottimista, ti pare che i nostri posteri amino veramente gli animali ? Li tengono in vita perché non vogliono che le speci si estinguano.

Altrimenti, lorsignori, non possono più andare a caccia. Questo è amore per gli animali.

Anche i cannibali amano i bambini. Li allevano e se li mangiano! Ci siamo capiti? 

D. Ecco, mi pare che il tono sia quello giusto. Forza ancora uno sforzo di pessimismo. Quali catastrofi ci aspettano dietro l’angolo? 

L. Questo mi ha scambiato per Cassandra. Guardi, direttore esimio, che per sua norma e regola, io sono tutto meno che uno iettatore. Non avrei potuto vivere a Napoli, col caro amico Antonio Ranieri, se fossi stato uno di quei tipi tutti vestiti di nero, occhiali neri, che quando la gente li vede tira fuori i cornetti rossi, fa li scongiuri, altrimenti sarei un personaggio pirandelliano e , invece, non sono un profeta di sciagure. 

S. Non ce n’è bisogno. Basta leggere “The Times” , come faccio io ogni mattina, e che ti vedi di bello ? Le sciagure , le disgrazie naturali ed innaturali, che ci affliggono. E’ sì, la Volontà di vivere si dà da fare e c’è chi, dall’altra parte, muore. Come volevasi dimostrare. Che compassione , che tristezza. Fatevi asceti, fatevi monaci, smettete di volere, smettetela di desiderare qualsiasi cosa, buona o cattiva, nel bene o nel male, altrimenti sono guai. Nirvanizzatevi ! Capito l’antifona?

CONTINUA

Franco Ivaldo

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