Le bombe della Liberazione

Le bombe della Liberazione

 Le bombe della Liberazione

Il gruppo bombardieri BG451 degli Alleati, equipaggiato con bombardieri B24 e B17, nelle settimane precedenti all’Agosto 1944 propedeutiche all’Operazione Dragoon, nome dell’invasione Alleata della Francia meridionale del 15 agosto 1944, avevano avviato una serie di bombardamenti strategici sulle zone limitrofe, come la Liguria.

In particolare da Genova a tutta la riviera di ponente vi furono una serie di attacchi improvvisi, diurni e notturni, imprevedibili ed insistenti.
Se a questo si aggiunge che tra il 10 novembre 1943 e il 28 agosto 1944, la sola Genova subì 27 massicce incursioni, il quadro generale di come le forza anglo-americane abbiano attaccato con forza il capoluogo ligure senza risparmiare civili e indifesi è sufficientemente chiaro.
Lunedì 24 Luglio 1944 dal diario di P. Salvatico si legge: “Alle 11,40 bombardamento del porto di Genova e S.Pierdarena…”.

Le operazioni strategiche di quel giorno della 15.a Air Force del settore mediterraneo furono contrassegnate dall’impiego di 200 bombardieri all’attacco di obiettivi in Francia e in Italia. Alcune formazioni di B-17 si diressero sulle aree industriali di Torino, B-24 colpirono con lanci di bombe il porto di Genova.
Le bombe arrivarono senza preavviso, gli allarmi suonarono ormai tardi e le genti per strada poco riuscirono a fare, compreso il tram che stava portando a casa tanta gente comune, fra di esse il giovane studente di scuola media Sergio, con in braccio i propri testi scolastici, che vedeva così finire anzitempo il proprio destino, senza avere il tempo di assaporarne le età e le gioie, ma solo i risultati dell’umana follia.

Lo zio, fratello di mia madre, che non ha mai conosciuto perché le bombe ne hanno zittita la gioventù. 

In altra regione dell’Italia, in Sardegna, il periodo più terribile cominciò l’8 novembre 1942 quando gli Alleati dall’Africa settentrionale decisero di sbarcare in Sicilia per invadere poi l’Europa. I bombardamenti in Sardegna, da febbraio a giugno, servivano a far credere ad un imminente sbarco nell’isola anziché in Sicilia, dove effettivamente si avviò l’operazione Husky.

Si intendeva in questo modo diffondere un terrore generalizzato che avrebbe dovuto portare al distacco degli italiani dall’alleato tedesco.

Noi abbiamo bombardato i vostri porti e le vostre industrie che lavorano nel solo interesse della Germania. Avete provato il peso delle nostre bombe. Altre seguiranno. E’ a voi la scelta tra la voce che noi vogliamo portarvi e la distruzione dei tedeschi ed i fascisti provocano sulle vostre città e su voi“.

Con questo volantino in un italiano stentato, si cercava di inviare un messaggio alla popolazione. Si intensificarono le azioni sui porti: Cagliari, Olbia, Porto Torres, Alghero, La Maddalena, Arbatax; sugli aeroporti: Elmas, Decimomannu, Monserrato, Villacidro, Milis, Borre, Olbia-Venafiorita, Alghero-Fertilia; quindi sulle città e sui paesi

 A Sassari a quel tempo si viveva con poco, perché poco c’era in effetti,  grazie all’isolamento tradizionale dell’isola e alla scarsa presenza di insediamenti industriali  e portuali della città, non vi furono da parte degli Alleati azioni dal cielo intense e sanguinose, tranne il 14 maggio del 1943, quando una bomba cadde nei pressi dell’impianto causando 3 vittime.

In seguito negli anni successivi vi furono bombardamenti programmati che fecero cadere una sola bomba nuovamente nei pressi della stazione causando una vittima.

In quegli anni i membri della famiglia  vivevano tutti nei pressi della stazione in ospitale aiuto da parte dell’allora capostazione, anch’egli di famiglia e visto il prestigioso incarico dava asilo ai restanti membri per fare una catena di aiuto.

Nell’ultimo sgancio di bombe delle forze alleate, ne risultò un tragico incidente. Delio  decise di andare a verificare quali danni erano stati causati visto che comunque dovevano esser certi che nello stabile non vi fossero rischi o pericoli, scese pertanto nello scantinato e lì commise un grave errore: accese l’interruttore della luce. L’area ormai impregnata di gas a causa della fuga provocata dalla bomba, si accese come un sole incandescente avvolgendolo come una torcia. Accorsero subito la moglie, Anita, e la sorella Nanà: la prima rimase atterrita dall’orrore dell’immagine, la seconda ebbe la prontezza d’animo di gettare una coperta sul povero Delio.
Passarono 8 mesi di sofferenze per ustioni di terzo grado su tutto il corpo, curate ad acqua e sale. Quando finalmente mio nonno Delio uscì dall’ospedale contestualmente alla conclusione del conflitto, potè finalmente riabbracciare i suoi cari e, a conti fatti, festeggiare con il concepimento di mio padre.
Da questi 2 fatti storici legati a vicende della mia famiglia si possono fare poche e semplici considerazioni. La Liberazione è una festa da ricordare e tramandare, ricca di significato e valore, dove si sono distinti uomini e donne che combattevano, ma anche civili che cercavano di vivere e sopravvivere.
Siamo soliti ricordare gli eroi, che sono pochi, facilmente dimentichiamo colore che non hanno compiuto gesta degne di un canto dell’Iliade, ma sono i tanti. Nel caso di mio Zio posso solo constatare la tragedia che ha colpito una famiglia, la perdita di un figlio, le bombe erano quelle degli alleati ma il risultato è stato identico a quello di tante altre armi di altra provenienza.
Per mio nonno il discorso vale una interpretazione di speranza, con la fine del conflitto europeo nel Maggio del 1945 e la voglia di ripartire costruendo un futuro  con un figlio.
Comunque sia è stata una Festa della Liberazione, quella del 25 Aprile, che ci ha liberato dalla guerra e da coloro che l’hanno causata ed è bene ricordarlo sempre.

ANDREA MELIS

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