L’allarme per le spiagge

L’allarme per le spiagge
Negli scorsi giorni abbiamo visto sui giornali locali una serie di articoli relativi allo stato di erosione delle spiagge di Alassio e Albenga, con invocazioni al ricorso ad un nuovo tipo di intervento.

L’allarme per le spiagge

Negli scorsi giorni abbiamo visto sui giornali locali una serie di articoli relativi allo stato di erosione delle spiagge di Alassio e Albenga, con invocazioni al ricorso ad un nuovo tipo di intervento.

La città di Alassio ha affrontato, negli ultimi anni, due interventi sperimentali con risultati deludenti.

Nell’anno 2005, su un tratto di 200 ml a ponente del pontile, è stato realizzati il primo, basato su un dispositivo che determina una depressione nel fondale attorno alla battigia  “Beach Menagement sistem” il cui monitoraggio è stato affidato dalla Regione Liguria  al prof. Enzo Pranzini dell’Università di Firenze.

Il risultato della ricerca, che ha confrontato il comportamento litoraneo del tratto oggetto di intervento con analogo tratto adiacente, ha fornito risultati deludenti.

Negli anni immediatamente successivi è stato affrontato un secondo tentativo sperimentale sullo stesso tratto attorno al pontile, posizionando, a circa 80 ml dalla riva, due tratti di diga sommersa, paralleli alla costa, costituiti da sacchi di geotessile riempiti di sabbia.


L’accurato monitoraggio condotto dalla Regione Liguria (dott. Carlo Cavallo) ha constatato che il dispositivo non è in grado di contenere il sedimento durante le mareggiate e che anzi lo stesso, a causa delle turbolenze generate dal moto ondoso, viene sospinto allo esterno della struttura mentre, nella fase di distensione della mareggiata, impedisce la normale (in assenza della struttura) risalita del materiale. Si sono visti  inoltre, negli ultimi anni, una serie di  altre proposte  di intervento  alcune anche basate su “piramidi” o simili (Romagna e Puglia) o su reti  (Jesolo) che però purtroppo non hanno superato la fase sperimentale

Oggi apprendiamo dagli articoli dei giornali, che sia per Alassio che per Albenga, (spiagge di caratteristiche molto diverse) la  ditta romagnola “Tecnoreef “ propone un intervento risolutivo costituito da “piramidi prefabbricate” da disporre sul fondale aventi il potere di dissipare il potere distruttivo delle onde.

Lascia qualche dubbio la efficacia di un simile dispositivo e anche la affidabilità del “modello matematico” che ne attesterebbe la affidabilità ma attendiamo con interesse  un eventuale intervento sperimentale affidato ad autorevole monitoraggio.

In effetti un tipo di intervento unico per ogni situazione sarebbe estremamente utile.

In particolare, per quanto riguarda  Alassio, prima di addentrarci oltre circa le possibili iniziative, per affrontare la situazione, è necessario brevemente ricordare la storia evolutiva di questo particolare e prezioso arenile della nostra provincia meglio analizzato nella recente pubblicazione della Regione Liguria del 2010 (Le spiagge della Liguria Occidentale- analisi evolutiva “Regione Liguria 2010 di G. Fierro, G. Berriolo e M. Ferrari.)


La spiaggia di Alassio ha caratteristiche molto particolari tra gli arenili della provincia: grazie alla conformazione morfologica della costa, almeno nel tratto tra Porto Salvo e Capo S. Croce, l’arenile, a differenza della quasi la totalità delle altre spiagge liguri, è sostanzialmente privo di flusso detritico trasversale, il che significa che i sedimenti che lo costituiscono si muovono praticamente solo in senso normale alla linea di battigia.

Sono  pertanto, sostanzialmente impedite le uscite laterali verso l’esterno e le perdite di sedimento sono costituite dalla sola usura dei granuli, causata dagli urti reciproci nei movimenti indotti dal moto ondoso.

Per il mantenimento della spiaggia è quindi sufficiente una alimentazione di nuovo sedimento estremamente limitata.

Nel 1889  fu realizzato a Laigueglia il molo in corrispondenza del rio “Fasce grasse” che, ovviamente limitò fortemente la alimentazione da Capo Mele  e nel 1965 si è iniziata la  costruzione del porto di Andora che praticamente ha eliminato ogni alimentazione naturale da ponente (Solo negli ultimi anni si è giunti alla convinzione che Capo Mele fosse in passato, superato da parte delle alluvioni dai corsi d’ acqua di ponente)

Sostanzialmente pertanto questa spiaggia, come praticamente tutte le spiagge della Liguria, a causa di moli ed  altro (il discorso sarebbe complesso), già dagli ultimi anni dell’800,  è entrata in una fase di deficit detritico.

Ha avuto pertanto inizio un lentissimo ritiro dell’arenile, che, attraverso le oscillazioni, anche notevoli, che da sempre lo caratterizzano, si è reso gradualmente evidente nel corso degli ultimi 50 anni.


Le altre spiagge liguri, nella quasi totalità soggette a deficit detritico, hanno fatto ricorso, in alcuni casi, in un primo tempo, a strutture rigide e più recentemente e generalmente in provincia di Savona, alla pratica della alimentazione artificiale o “ripascimento” associata eventualmente a strutture di appoggio laterali.

La città di Alassio giustamente ha sempre rifiutato le strutture rigide che ne avrebbero degradato le preziose caratteristiche (Basti pensare alla situazione della spiaggia di Marina di Massa, di caratteristiche originariamente simili ad Alassio, oggetto, negli anni ’70, di un intervento con scogliere sommerse. Vedi “Marine di Carrara e di Massa – la rovina di una spiaggia” il Giornale dell’Ingegnere maggio ’91. Ing G. Berriolo)

Ma la alimentazione artificiale, costituita generalmente da materiali di fortuna, accettata generalmente dalle altre spiagge della provincia, costituite in prevalenza da sedimenti meno pregiati misti di sabbia e ghiaia, male si adatta ad una spiaggia costituita da splendida sabbia sottile e chiarissima.

Il comune di Alassio  affrontò pertanto la situazione con il sistema di “refluimento” delle sabbie dai fondali immediatamente antistanti per ampliare la spiaggia almeno nel periodo estivo, Si tratta, in sostanza di risucchiare, con speciali pompe, sabbie  dal   fondale antistante nella fascia dei -4-5m. In questo modo si è riusciti, negli ultimi anni, ad assicurare, nella stagione estiva, una profondità della spiaggia sufficiente per le necessità balneari. Questo modo di operare peraltro non è privo di problemi in quanto i sedimenti sono disposti nel fondale con granulometrie decrescenti con l’aumento della profondità, in quanto i granuli usurandosi per gli urti e sfregamenti imposti dal moto ondoso, perdono stabilità nella fascia alta e sono gradualmente sospinti verso il largo.  I sedimenti refluiti pertanto non solo sono più fini del sedimento naturalmente presente sulla spiaggia e spesso quasi polverosi ma sono pure instabili sulla spiaggia. Il che significa che, in occasione di agitazioni ondose, anche di intensità limitata, i sedimenti refluiti ritornano rapidamente nei fondali di loro spettanza a colmare le buche create dal refluimento.


L’arretramento repentino che si è verificato nei giorni scorsi ad Alassio, in occasione di una modesta mareggiata d’ estate, è pertanto un utilissimo avvertimento di una situazione di ritiro occulto dell’arenile, che la pratica della sorbonatura ha semplicemente dissimulato e che continua  ad aggravarsi pericolosamente negli anni.

E’ anzi provvidenziale che il fenomeno si sia verificato a seguito di una modesta mareggiata estiva e non in occasione di eventi estremi invernali di ben altra intensità, che avrebbero avuto ben più pesanti conseguenze.

Con tutto il rispetto per nuovi tipi di intervento a cui auguriamo molta fortuna, vediamo quali prospettive si presentano per il riequilibrio di questa spiaggia.

Metodi rigidi:

Il più antico è certo costituito dalle “scogliere parallele” che hanno infestato le più belle spiagge d’Italia, specie nel meridione e che l’ orientamento moderno ha ormai abbandonato. 

Una alternativa sembravano essere le “scogliere sommerse” come quelle  degli anni ’70 –’90 realizzate a Massa- Carrara e a Ostia Fiumicino, che iniziate con una sommergenza della struttura di oltre m 1,80,  che avrebbe consentito condizioni accettabili, hanno dovuto, (Per il meccanismo messo in luce nel monitoraggio di Alassio di cui sopra) per contenere il sedimento, ridurla a meno di 0,50m, con condizioni disastrose sia per l’igiene delle acque che per l’accettabilità della spiaggia.


Rimane pertanto la via dell’intervento morbido o “ripascimento” Ossia il versamento iniziale di sedimento che colmi il deficit detritico e riporti la battigia sulle vecchie o almeno accettabili posizioni ed i versamenti periodici di mantenimento per compensare le perdite annuali.

Nel caso specifico le quantità necessarie per ml di fronte, per ottenere l’iniziale avanzamento  e ancor più per il mantenimento, considerato il regime della spiaggia non dovrebbero essere molto pesanti mentre non sono necessarie strutture di contenimento delle perdite laterali, in quanto, come visto, nel caso specifico, non sono necessarie.

Il problema gravoso è invece la qualità del materiale (granulometria, colore, durezza, spigolosità) che pone problemi gravosi, volendo mantenere le preziose caratteristiche di questo splendido arenile.

Le fonti di approvvigionamento di adatto materiale sono sostanzialmente le “sabbie relitte” che possono reperirsi nei medi fondali antistanti ( 20-50m) quali relitto di passate epoche geologiche o il ricorso a cave terrestri.

Per quanto riguarda la prima fonte, che ha consentito nell’ultimo decennio risultati molto importanti in Veneto, Romagna e Lazio, la Regione Liguria ha affrontato da tempo una ricerca (prof Nicola Corradi della Università di Genova) che ha dato risultati importanti ma purtroppo  i giacimenti trovati presentano  granulometrie e colori  non adatti alla spiaggia di Alassio.

Rimane pertanto, almeno per ora, il ricorso alle fonti terrestri. Pare che  L’Università do Genova, Istituto di Scienze della terra, Prof Marco Ferrari, abbia individuato una cava  lombarda che disporrebbe del materiale adatto.

L’intervento di riequilibrio, data la situazione descritta, non richiederebbe strutture ma solo “ripascimento” e quindi potrebbe realizzarsi con una semplice serie di versamenti che, nel corso i 4-5 anni, potrebbe portare ad una situazione accettabile (eventualmente da migliorare nel tempo) da mantenersi con piccoli versamenti periodici.


La situazione attuale L’di stallo di lavori edilizi e stradali sembra favorevole per spuntare un prezzo accessibile per la fornitura in trance articolate nell’arco del tempo. Per quanto riguarda Albenga la situazione è molto diversa, il problema non è l’alimentazione ma piuttosto  gli errori strutturali gravissimi  compiuti nei decenni passati. (Estrazioni selvagge di inerti dal Centa fino agli anni ’80 e dagli arenili fino agli anni’50 ed errato posizionamento del pur piccolo porto, hanno ridotto a pochi lembi una delle più estese spiagge d’Italia con la piu lunga difesa aderente esistente in alta Italia.). 

Inoltre Albenga sorge alla foce del il fiume Centa, uno dei più estesi bacini della Liguria e pertanto una soluzione potrebbe essere individuata legando una nuova strutturazione della spiaggia ad un intervento di sistemazione idraulica del bacino del Centa sul modello del progetto (Progetto di riequilibrio delle spiagge di Ameglia e Sarzana  Prf.Ing. P. Aminti Ing. G. Berriolo) attuato dalla Regione Liguria nel 2008, per il riequilibrio delle spiagge di Ameglia e Sarzana, collegate al riordino idraulico del fiume Magra.

Giorgio Berriolo

 


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