La sostenibile leggerezza dell’essere (grillino)

La sostenibile leggerezza dell’essere (grillino)

La sostenibile leggerezza dell’essere (grillino)

Ci siamo, è partita la competizione elettorale e sugli spalti si è riacceso il tifo italico tipico dei grandi eventi: mondiali di calcio, olimpiadi, forse, gare della Ferrari e di Valentino Rossi ed elezioni politiche, soprattutto nazionali.

 Si perché l’italiano ha bisogno di avere una squadra cui tifare e la politica, fino ad oggi, con il sistema partitocratico sostituitosi alla democrazia, ci ha dato tutto questo, con destra,  sinistra e centro da sostenere nelle discussioni da bar, a tavola con gli amici, in famiglia e nei talk show. Che si parli di programmi  è un altro discorso e ancor più che si possa essere d’accordo con un tema di un contrapposto schieramento ancor peggio: se tifo Juve non posso mica sostenere che Mourinho è stato un allenatore vincente. Quindi se voto Berlusconi non posso dire che andrebbe radiato dai pubblici uffici e incarichi italiani perché condannato in via definitiva, no perché è pure prescritto, poi se è stato uno dei principali artefici del fallimento italiano…. Se voto Bersani  non posso ammettere che insieme a D’Alema è stato uno dei migliori collaboratori di Berlusconi, poi il PD è il partito dei giusti, degli intellettuali, quelli che sanno come si devono fare le cose. Se poi voto la Democrazia Cristiana, si è tornata non ve ne siete accorti? Come potrei mai sostenere che ha ingessato l’Italia, negli ultimi trent’anni, in un falso perbenismo che ci ha lasciato indietro socialmente e culturalmente, ed intanto ce lo metteva in quel posto….

No non posso, sono di uno schieramento, tifo per quello schieramento e quindi mi tappo il naso e ingoio, come disse Montanelli.

Ed invece no, è possibile pensare ad un modello diverso, ad un approccio completamente inverso che consenta di giudicare caso per caso, di valutare senza schemi  precostituiti ed in forma partecipava, democratica e propositiva. Chi è l’artefice di tutto questo? Non è Beppe Grillo ne tantomeno Casaleggio, ma sono quei cittadini che da anni combattevano e combattono piccole e grandi “battaglie”, i comitati schierati contro grandi opere che da chi vive sul territorio sono ritenute dannose, per la viabilità, per una industria che inquina, coloro che propongono o studiano soluzioni compatibili con l’ambiente, che migliorino l’efficienza energetica, oppure ancora quei cittadini che sostengono che con l’informatica si possano snellire gli apparati burocratici e tanto altri ancora. Quale contributo ha dato Beppe Grillo? Ha messo la sua faccia e la sua popolarità per fare da collante a tutto ciò, dando vita a dibattiti, gruppi di discussioni radicati sul territorio e ampie discussioni allargate a livello nazionale sfruttando a tutto tondo ciò che ci offre la tecnologia, oggi, per quanto riguarda la circolazione delle informazioni. In sostanza ha messo insieme l’unità minima della politica, quella miriade di piccoli gruppi di cittadini che si interessano del bene comune a loro più vicino.

L’affollato incontro col movimento 5 stelle  di Savona del 15 gennaio
Così, in un crescendo è nato il Movimento 5 Stelle, ma da più parti con timore misto a stupore ci si chiede cosa mai vorranno questi che criticano destra e sinistra, insomma per che squadra tifano, non si capisce!

Semplice, vogliono che ciascuno si prenda la briga di informarsi, farsi una opinione sulla realtà in cui viviamo e che si esprime su di essa: tale sarà ascoltata alla stregua di tutte le altre. Non ci sono professori, non ci sono tecnici: i primi servono ben preparati ed adeguatamente premiati per le loro capacità nelle nostre scuole, i secondi servono quando ci sono lavori complessi da realizzare. Il resto lo possono fare egregiamente le persone normali, che devono arrivare a fine mese con mutuo e figli a carico. Politici di professione: no grazie.

La politica devono farla i cittadini perché come si dice ora “se tu non ti occupi di politica comunque la politica si occupa di te”.

L’aspetto socialmente rilevante è che ora ci sono i mezzi per una partecipazione di massa, allargata, per  discutere e proporre temi, non vi è nulla di “diabolico” e da temere nel farlo con internet: se internet era nato per scopi militari prima, poi per ricerca scientifica, perché mai non si può usare per discutere di politica e fare partecipare quante più persone con lo scopo di costruire un futuro migliore? Potenzialmente chiunque può accedere alla rete e chi non ha modo può partecipare attivamente con chi sul territorio si occupa di questi temi.

Dove sta l’aspetto rivoluzionario di questo modello? Ma perché ormai si sono consolidati 3 schemi nel modo di fare politica in Italia:

La politica si fa per delega, a pochi che per alcuni anni decidono per molti. Dopo un certo numero di anni “forse” si può cambiare il delegato. In Italia siamo riusciti a fare una legge elettorale che ci impedisce pure questo.

Si deve appartenere ad uno schieramento e tutto ciò che non proviene da quello schieramento è sbagliato.

Devono girare soldi.

L’obiettivo del Movimento ed il modello che sta spingendo è quello della democrazia diretta e partecipata: quanto più si riducono gli strati e i veli che separano la gente comune dalle scelte sul loro stesso destino, ebbene le stesse scelte saranno tanto più vicine alle esigenze espresse. Negli anni hanno scelto per noi, ci hanno detto cosa era giusto e cosa si doveva o non doveva fare, ci hanno imposto a seconda degli schieramenti dei programmi, fatti e finiti da centinaia di pagine, eccezionali se si fossero letti, capiti e soprattutto applicati.

Molti sostengono che non si possono lasciare le scelte strategiche al cittadino comune, che c’è la “ragion di stato”, che pochi sprovveduti non possono capire, non sopravvivranno etc… vorrei ricordare a costoro che tra prima repubblica e seconda repubblica abbiamo visto decollare il debito pubblico, aumentare spropositatamente il costo della vita e non i salari medi, aumentare l’età pensionabile  e non le pensioni, aumentare i costi della sanità e non la qualità, si può andare oltre ma non vorrei cadere nell’antipolitica. Già, l’anti politica: una semplice ricerca su internet, tanto per cambiare, consente di chiarire un concetto semplice che si riconduce alla questione di fondo, ovvero se la politica è esercitata dai partiti che non rappresentano più il volere dei cittadini allora certamente è doveroso parlare di antipolitica.

Non possiamo più accettare che qualcuno si occupi di noi in attesa poi di rivederci dopo 4 anni, per tornare allo stadio e tifare, chi ha giocato più o meno bene a cui mettere una X su un foglio, porcellum permettendo.

Tantomeno non è più accettabile vivere alla mercé di schieramenti ideologici che dietro la contrapposizione di simboli ed ideologie, causa nel secolo scorso di milioni di morti ancor peggio delle religioni  nei loro anni più bui, ci ingessano in dibattiti sterili e improduttivi dove ognuno rimane della sua opinione, pronto per i supplementari.

Destra, sinistra, partiti e quant’altro non contano più niente: andiamo al nocciolo dei problemi, identifichiamo cosa serve ai cittadini chiedendolo a loro ed ascoltandoli; è un modello sostenibile, di una semplicità disarmante e potenzialmente distruttiva per chi con il sistema partitocratico si è autoalimentato, leggero.

Togliere il denaro dalla politica, riportandola ad un esercizio volontario e temporaneo per il bene comune e collettivo, rappresenta poi una strada impervia ma eccezionale, che ci porterebbe a riscrivere la storia, o parti di essa.

E’ tutto perfetto? No affatto, è un inizio, ci sono problemi, questioni aperte, da risolvere, non tutto è definito e definitivo ma la differenza è che si può partecipare per definirlo. Può essere complesso sganciarsi da una mentalità con cui siamo cresciuti noi, i nostri genitori ed i padri dei nostri genitori ma, citando un divertente film di Mel Brooks, “Si può fare!”,  io aggiungerei anche “Si deve fare!”.

 

 

Andrea Melis, 16/01/2013.

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