LA PARTECIPAZIONE A OROLOGERIA: IL CASO DI RIBORGO

LA PARTECIPAZIONE A OROLOGERIA:
IL CASO DI RIBORGO 

LA PARTECIPAZIONE A OROLOGERIA: IL CASO DI RIBORGO

Sicuramente avrete sentito parlare della contesa in merito alle villette che potrebbero sorgere in località Riborgo, a settimane alterne i giornali danno resoconto delle evoluzioni di questa vicenda che divide i cittadini e l’amministrazione comunale. Il progetto in estrema sintesi riguarda la costruzione di un certo numero di villette su una collina che sovrasta un gruppo di case denominate Riborgo, situate nella valle del Santuario in località San Bernardo in Valle; le villette dovrebbero sorgere in una zona al momento raggiungibile solo attraverso una minuscola crosa, larga poco più di una autovettura, che dovrebbe essere quindi ampliata per poter garantire un accesso adeguato. Per ampliarla si pensa alla copertura del Rio Pizzuto (o Pizzuta al momento mi sfugge) cosa che sconvolgerebbe l’aspetto del borgo e comporterebbe, a giudizio di buona parte dei residenti, rischi di carattere idrogeologico in caso di piena del suddetto Rio. Il progetto come dicevo è piuttosto controverso, al punto da dar vita a due differenti comitati, uno per il no alle villette, l’altro a favore dell’intervento edilizio; sulla vicenda si è spaccato anche il Consiglio Comunale, dove la Giunta, in particolare l’Assessore all’Urbanistica, si è schierata a favore dell’intervento, portando argomentazioni legate alla necessità di rilanciare la Valle del Santuario attraverso nuovi insediamenti abitativi, in contrapposizione ad alcuni consiglieri, non solo di minoranza, che si dichiarano invece contrari all’intervento, liquidandolo come l’ennesima speculazione edilizia e proponendo altre soluzioni al fine di rendere la Valle un luogo più confortevole in cui abitare; quali ad esempio: recuperare le case già esistenti ma abbandonate e creare nuovi posti di lavoro in zona grazie a un intervento finalizzato all’implementazione della produzione agricola.


Il progetto

Il luogo su cui dovrebbero sorgere le villette è appunto un terreno riservato a uso agricolo, con indice di edificabilità prossimo allo zero, che in virtù del “Piano Casa” (legge regionale che regola la prolificazione edilizia) in vigore al momento della presentazione del progetto potrebbe cambiare destinazione e divenire edificabile, previa espressione favorevole del Consiglio Comunale. Il “Piano Casa” oggi in vigore non permetterebbe tale operazione, ma il progetto si basava sullo sfruttamento del “Piano Casa”, maggiormente permissivo, attivo al momento della presentazione in Comune del progetto stesso.

Tale nodo parrebbe essere stato sciolto da un solerte consigliere comunale di maggioranza, contrario però al progetto, che ricostruendo l’iter di presentazione dei documenti relativi alle villette, ha scoperto che la ditta ha sì presentato il progetto prima dell’approvazione in Regione dell’attuale Piano Casa, ma consegnandone una versione incompleta, priva di alcuni documenti fondamentali per al fine della sua valutazione, quindi di fatto irricevibile; documenti che sarebbero stati poi integrati in un secondo momento completando così il progetto e rendendolo pertanto valutabile. Nel lasso di tempo intercorso tra la presentazione della prima incompleta versione e la consegna della seconda stesura del progetto, il Piano Casa era mutato e l’operazione era divenuta illegittima. Il problema verte quindi su quale Piano Casa considerare, se quello attivo al tempo della prima incompleta presentazione o quello attuale, in vigore al momento della presentazione del progetto nella sua interezza.

Proprio su tale incongruenza si basa la tesi di inammissibilità su cui ora si dovrà discutere, probabilmente in sede legale.


Riborgo da La Stampa

Quello che vorrei analizzare non è però l’ultimo colpo di scena di questa telenovela, bensì soffermarmi su come tale vicenda è stata gestita a livello amministrativo e di come si sia giunti a una divisione profonda non solo tra i cittadini di una piccola località ma anche tra i politici che siedono nella stessa lato del consiglio.

Già dal momento in cui si cominciò a parlare delle villette di Riborgo la popolazione locale si dichiarò contraria in larga misura all’intervento, al punto che il Comune decise di dedicare un paio di serate estive alla presentazione del progetto e alla sua discussione pubblica con i cittadini del luogo, a tal fine furono allestiti due incontri serali con la popolazione presso il Palazzo delle Azzarie, in località Santuario; definiti in principio di edilizia partecipata ma poi declassati a incontri di diffusione e condivisione del progetto edilizio. Tali incontri si incastravano su un clima già ricco di contrapposizione, caratterizzato dalla presenza di un agguerrito comitato per il no alle villette, che aveva più volte manifestato, anche attraverso i mezzi di comunicazione, i propri dubbi e le proprie perplessità; di tale aspetto nell’organizzazione degli incontri il Comune non ha tenuto alcun conto, organizzando così questi due meeting con una platea che già si sapeva piuttosto animata strutturandoli come se si trattasse della presentazione di un ciclo di conferenze sull’uso responsabile del riscaldamento.

Il ruolo assunto dal Comune in questi due incontri è stato quanto di più ambiguo immaginabile, da una parte si proponeva come mediatore tra gli interessi della cittadinanza e quelli dei costruttori, dall’altra sceglieva di ignorare di fatto le esigenze dei cittadini, accentando di discutere esclusivamente il progetto Riborgo e impegnandosi attivamente per trovare quali promesse di modifica al progetto di partenza, possibilmente non troppo onerose, avrebbero potuto fare i costruttori per addolcire la pillola ai residenti e poter partire così con la realizzazione dell’opera.

L’arbitro entrava sul ring con già in tasca il verdetto della giuria che decretava la vittoria ai punti dello sfidante. Rispondendo, a coloro che fecero notare tale ambiguità, che il progetto era reso possibile, di fatto imposto, da un legge regionale sovraordinata rispetto ai poteri comunali, come se il ruolo del Comune di promotore dello sviluppo e della coesione sociale nel territorio che amministra venisse meno in virtù di una indicazione regionale, e che pertanto non fosse possibile pensare che l’amministrazione si caricasse della responsabilità di far sedere sul serio a un tavolo imprenditori e residenti al fine di immaginare insieme lo sviluppo del nostro territorio.

Risultato dell’operazione, il compattamento dei due comitati cittadini, quello dei contrari e quello dei favorevoli (pochini, va detto), e conseguente inasprimento della controversia, in un crescendo inesorabile fino al culmine di questi giorni.

Di fronte alla prospettiva di acuire una già dolente frattura del tessuto sociale un Comune dovrebbe agire più responsabilmente; un paesino di forse cinquanta anime che si divide in due in virtù di opinioni discordanti in merito a un progetto edilizio rappresenta indicatore inquietante rispetto alla politica con cui un amministrazione intende promuovere lo sviluppo della nostra comunità.


Una veduta dell’attuale abitato di Riborgo. Le 15 villette saranno realizzate in alto a destra.
Dal SECOLOXIX

E dire erano presenti tutti gli elementi per poter mettere in piedi un vero progetto di edilizia partecipata, sarebbe bastato spostare il fulcro dell’attenzione dal contenuto del progetto “Villette Riborgo” al tema sviluppo dell’area del Santuario; tale tema che avrebbe trovato larga condivisione avrebbe potuto creare scenari ben diversi, far partire un processo attraverso cui porre le basi per un effettivo ripopolamento di quelle zone.

A partire da questo obiettivo condiviso da tutti i cittadini del luogo, delineare dialogicamente le linee di sviluppo per quell’area, sia a livello urbanistico che a livello economico\occupazionale; curando che non si generino motivi di controversia tra i residenti, tra i cittadini e l’amministrazione e tra i cittadini e gli imprenditori.

Non dubito che da una progettazione di questo tipo sarebbero nate non poche occasioni di affari per una ditta che si occupa di edilizia, tra restauro di vecchi complessi abitativi e agricoli.

Si sarebbe trattato di una iniziativa raffinata, non gestibile a livello artigianalmente, ma da affidare a esperti nel campo della promozione della comunità attiva e partecipante; un’altra occasione persa.

Per chi volesse approfondire l’argomento della promozione della comunità responsabile è stato da poco messo in rete il “Vademecum per la Città Intelligente”, a cui abbiamo avuto l’onore di partecipare con un contributo, redatto dall’ANCI come documento\guida ufficiale per il Tavolo Smart City (di cui fa parte anche Savona), lo trovate a questo link cliccando sulla parola vademecum.

ANDREA GUIDO

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.