LA NUBE DI CARBONE SUI NOSTRI CIELI

LA NUBE DI CARBONE
SUI NOSTRI CIELI

LA NUBE DI CARBONE SUI NOSTRI CIELI

Questa è l’immagine che ho avuto davanti agli occhi ieri sera, affacciandomi dal mio terrazzo ad Albissola ed è ciò che vedo tutte le sere se guardo il cielo verso Savona e Vado.

E’ quello che vedo guardando il cielo dove non si scorgono più le stelle e dove una nuvola rossa ne copre una parte ben definita proprio a ponente.

Non bisogna essere a conoscenza di dati ultrascientifici per capire che quel cielo nulla a che fare con aurore boreali o cose simili e non è necessario aver bisogno di dati, non validati delle centraline ARPAL, per sapere che il colore del cielo di questi giorni non è solo una cosa visiva, ma è associato a gravissimi effetti sulla salute, e che sarebbero ormai urgenti decisioni coraggiose per mettere fine a tutto ciò che è iniziato ben quarant’anni fa quando il carbone sembrava l’unica valida alternativa al petrolio.

La nostra generazione ha già sperimentato sulla sua pelle i danni della combustione da carbone e ha appreso solo da pochi anni che la combustione dei combustibili fossili ha prodotto danni ambientali al pianeta portandolo a un punto di non ritorno, ma i bambini che stanno nascendo ora, loro, pagheranno il prezzo più alto se non faremo qualcosa per invertire la rotta.

 

Che i bambini siano quelli che più risentono dei danni causati dall’inquinamento industriale e dalla combustione di fossili, ormai è di dominio pubblico e il nostro impegno, quello della società civile, deve soprattutto impegnarsi perché ciò abbia fine.

Rispediamo, quindi, al mittente la favola delle centrali a carbone o degli inceneritori tecnologicamente avanzati perché nessun filtro industriale è capace di ostacolare il passaggio delle polveri ultrafini, quelle nanoparticelle che hanno un diametro inferiore ai 100 miliardesimi del metro, proprio le più tossiche e, le cui dimensioni, non consentono di filtrarle in alcun modo. Sono quasi simili a quelle del virus “dell’INFLUENZA”, ma sull’organismo, specie quello dei bambini, non hanno proprio gli effetti dell’influenza.

Guardo il cielo ed è quasi mezzanotte e penso che nel 2003 la commissione europea aprì una procedura di infrazione  nei confronti dell’Italia per non aver mai controllato le polveri sottili a Civitavecchia, altra città con una centrale a carbone. L’Italia fu messa in mora finché non furono istallate centraline a tale scopo e penso che nei cinquanta chilometri che circondano la centrale di Vado le centraline che misurano le PM 2.5 e che risultano dal monitoraggio della Provincia, sono solo quattro, una a Quiliano, una a Vado e due a Savona.

 Nessuna a Celle, a Varazze, a Finale, a Spotorno.

Nessuna centralina che misuri le polveri ultrafini e l’ozono nelle due Albissole.

Nessun Sindaco ne ha mai fatta richiesta. Nessun gruppo consiliare ne ha mai sentita l’esigenza. La salute dei cittadini non fa notizia, non porta voti e i cittadini poi sono poco attenti e “fortunatamente” ancor meno informati.

 

Mentre le lobby del carbone sono, da decenni, inattaccabili. Cambiano nome, strategie, padrone, ma continuano indisturbate la loro corsa al profitto. La prova è sotto gli occhi di tutti a Porto Tolle, dove Enel ottiene la Via per convertire a carbone la centrale.

Per ottenere questo sono state modificate apposite leggi sia dalla Regione Veneto che dal Governo Berlusconi, così ora, se si vuole impedire un altro scempio ambientale, non  resta che sperare nella Corte di giustizia Europea che impugni la VIA  per non avere comparato l’impatto ambientale di un impianto a carbone rispetto quello a gas dove la concentrazione di PM 2,5 e ozono, collegati al funzionamento di una eventuale centrale a carbone vengano definitivamente assunti tra i parametri di giudizio e comparati con quelli che si avrebbero da una riconversione a gas, fino a 5 volte inferiori.

La centrale Tirreno Power di Vado Ligure la VIA non ce l’ha, non l’ha mai avuta ma ha, comunque, già ottenuto una prima autorizzazione all’ampliamento.

Mi chiedo allora, se la conversione a carbone di Porto Tolle comporterebbe emissioni annue di CO2 pari a oltre 4 volte quelle di una città come Milano e emissioni annue di ossidi di zolfo pari a 2,3 volte quelle dell’intero settore trasporti in Italia, cosa, succederebbe aggiungendo l’ampliamento di quella di Vado e  la realizzazione di quella,  già in fase di autorizzazione, di Saline Joniche?

 

Guardo il cielo dal mio terrazzo ed è quasi mezzanotte e mi chiedo, dove stia la causa di tanta spregevole ignoranza e tanta aberrazione.

 La conversione a carbone delle centrali e il loro ampliamento non sono neanche convenienti dal un punto di vista occupazionale: se si spendessero gli stessi miliardi di euro in impianti alimentati con fonti rinnovabili, si occuperebbe, in fase di costruzione e installazione, fino a 3 volte di più che con il carbone; e in fase di funzionamento e manutenzione fino a 17 volte di più. Quegli stessi soldi, investiti in efficienza energetica, produrrebbero oltre 10 volte l’occupazione della centrale a carbone e farebbero risparmiare 3 milioni di tonnellate l’anno di CO2.

 Se si studia la storia attentamente, s’impara che nei periodi di crisi sono nate le idee migliori, le spinte al CAMBIAMENTO, al miglioramento.

La crisi è il FALLIMENTO, la messa in discussione del sistema attuale , il crollo definitivo delle sue falle, delle incertezze e delle debolezze.

Proprio per questo la conferenza Rio+20 si è chiusa con uno scontro netto con la società civile, rappresentata dalle decine di migliaia di persone che in questi giorni hanno preso parte al controvertice e che hanno tolto apertamente il consenso dal testo finale della stessa.

Per Oxfam  “Rio passerà alla storia come il vertice della beffa. Sono venuti, hanno parlato, ma non hanno agito“. Per il Wwf  “un’occasione sprecata“. Per il Climate Action Network “il verdetto dei climatologi è molto chiaro: abbiamo pochissimo tempo per diminuire le emissioni dei gas serra che minacciano la stabilità del clima. Non possiamo permetterci conferenze in cui non si decide nulla e si rimandano gli impegni”.
I politici sembrano ancora d’accordo su un fatto: inquinare è il sistema più conveniente per produrre merci; più merci si producono più l’economia dei paesi BRIC cresce; più il BRIC cresce più briciole arrivano ai paesi industrializzati che pascolano nella loro obesità. E’ un sistema malato a cui non si vuole mettere in atto la cura.


Per essere in linea con questo atteggiamento, anche il nostro Ministro all’ambiente Clini che ha fatto?

E’ andato in Brasile per discutere di futuro, mentre in Italia tornava al passato proprio con il via libera alla valutazione d’impatto ambientale per la centrale a carbone di Saline Joniche, in Calabria, dove anche per ammissione della stessa Enel c’è già un eccesso di offerta di energia elettrica.

Naturale quindi pensare che costruire una centrale a carbone, dannosa per l’uomo e per il clima, sia  indubbiamente una follia.

Lo sostiene anche il sindacato, la CGIL, che curiosamente, mentre a Savona e a Vado, cavalca e sponsorizza in prima persona l’ampliamento della centrale come il toccasana per la crisi occupazionale savonese, in Calabria  respinge fermamente  il ricatto occupazionale .

Le prime reazioni negative alla scelta del Ministero sono, infatti, proprio quelle della Cgil calabrese che l’ha definita  “scelta dal chiaro sapore neocoloniale”, ricordando come il sindacato aveva “già affermato insieme ad un ampio movimento nel territorio un netto no ad un progetto che è lungi dal rappresentare una opportunità per il territorio”.

Curioso a dir poco, se si pensa che anche a Vado si sta producendo più energia di quanta si consumi e che anche in questo  territorio si sta combattendo da anni il perpetrarsi di questa sconsiderata scelta industriale , chiedendo  la metanizzazione e la chiusura dei vecchi gruppi, mentre il Sindacato si reca addirittura a Roma, al Ministero, per chiedere che si vada avanti con l’ampliamento come opportunità per lo “sviluppo “  dell’economia savonese.

Mentre lo stesso Clini si scrolla di dosso le critiche rivoltegli, girandole all’Enel , sostenendo che le autorizzazioni per le centrali a carbone sono un falso problema  perché  sono solo la conclusione di un iter che è iniziato tanti  anni fa e che a distanza di tanti anni sarà l’Enel a dover fare una valutazione economica per capire se questa scelta è ancora valida e attuale”, penso, con amarezza, che la speranza di un  mancato ampliamento della centrale di Vado sia legata proprio la consapevolezza della scarsa convenienza anche da parte di Tirreno Power in un opera diventata poco attuale.

Il documento finale della Conferenza di Rio ha avuto come titolo “Il futuro che vogliano” e anche se  molti sono spaventati dall’incertezza di un futuro senza garanzie sulla difesa dell’ambiente e sullo stop alle emissioni inquinanti, alcune porte restano aperte e da Rio arrivano alcuni segnali positivi.  Un rilancio della green economy che probabilmente sarà colto da una parte importante del mondo produttivo con significative  aperture  sotto questo profilo, tra i quali anche un gruppo di investitori che ha stanziato 50 miliardi di dollari per migliorare l’accesso all’energia, raddoppiare la quota di rinnovabili e aumentare l’efficienza.

 

Guardo il cielo dal mio terrazzo ed è già mezzanotte e penso che se non sapremo fare, neanche domani, scelte coraggiose e batterci per difendere questo territorio, il nostro ambiente e il futuro che vogliamo, con ragione i nostri figli ci accuseranno d’inettitudine e di colpevole irresponsabilità e sarà difficile trovare adeguate giustificazioni.

 

ANTONIA BRIUGLIA

 

 

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