La falsità di dire che l’Ucraina è nazista

In Ucraina un abitante su cinque è ebreo, così come lo è il suo presidente. Questa falsa storia del nazismo in Ucraina non giustifica, nel modo più assoluto, l’invasione che dal 2014 ha sconvolto il paese.

Diventare un paese civile, questo è essere nazisti? Dopo essere stati soggiogati per settanta anni dai comunisti? E chi lo dice? Chi è stato comunista quarant’anni fa e ora, depresso, pensa ad una rivincita? Chi era fascista, dimenticando i buoni affari con Stalin? Chi può parlare così sull’Ucraina del sesto presidente della Repubblica Zelensky, democraticamente eletto dal popolo dopo un libero confronto con l’ex premier Poroshenko, o sugli odiati USA? Su quali basi si raccontano falsità? Lo raccontano proprio loro che della menzogna ne hanno fatto un dogma. Proprio loro che nascondono la Storia.
Chi parla di una Ucraina nazista, o del Donbass, non sa nulla e, fino a ieri, non sapeva nemmeno dove era. Ma come possono pretendere di essere creduti coloro che giustificano chi ha ucciso, nei lager, sessanta milioni di loro connazionali? Sterminato per fame dieci milioni di ucraini in un solo anno? E sono stati capaci di gettare nell’oblio stragi, uccisioni in massa, non solo alle Solovki, o Katyn e oggi danno una nuova giustificazione all’orrore.
Ora l’Ucraina, che dal 1991 è indipendente, ha trovato un grande e bravo presidente e per giunta ebreo, come il precedente. Del resto, in Ucraina un cittadino su cinque è ebreo. Questa falsa storia del nazismo in Ucraina non giustifica, nel modo più assoluto, l’invasione che dal 2014 ha sconvolto il paese e causato quattordici mila morti, da Illovansk a Debaltsevo, dalla Crimea al Donbass, che in particolar modo è Ucraina, come lo sarebbero le terre ora considerate russe del Kuban a sud, e a est fino quasi al Don.

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Così era in passato il territorio ucraino, di lingua ucraina, come anche quello non troppo lontano di cento anni fa al tempo della prima repubblica di Ucraina di Petliura e Skoropadskij. La giustificazione all’invasione non esiste, per quello che sta facendo la Russia, da nessun punto di vista. Testimonia soltanto la sua natura aggressiva e barbara.
Oggi tocca all’Ucraina, ieri alla Georgia, e prima alla Cecenia che è parte della Russia, quella Cecenia che ha osato combattere per la libertà ed oggi è esule sparsa per l’Europa. Dudayev ne fu l’eroe e comandante, prima che diventasse una fucina integralista e covo di ISIS.
Ma domani a chi capiterà? Forse alla Finlandia, che ha mille e trecento chilometri di confine in Karelia e che ancora non è entrata nella NATO, ma vuole entrarci come lo vuole la Svezia. Non è un caso che l’ex ministro della Finlandia abbia ricordato a Firenze, in Santa Croce, l’invasione sovietica in Karelia del 1939/45.
La “molle” Europa, con coloro che la stanno governando da anni, dorme un sogno che si rivelerà un incubo. I loro predecessori hanno fatto l’euro ma non l’Europa, non l’esercito per difenderla. Ci sono troppi nostalgici di chi pensa ad una rivincita crudele, negando all’Ucraina il suo giusto diritto alla libertà. L’Ucraina è il loro capro, ma si difende popolarmente e gli uomini stanno combattendo. Kyiv è il simbolo della libertà, che li vedeva emanciparsi dalle macerie del passato. Uomini che l’ Europa, ancora non nata, deve sostenere a spada tratta dando armi per difendere il proprio territorio e la propria gente.
Enrico Martelloni da PENSALIBERO

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