L’ ANGELUS NOVUS

Per l’ndignazione sempre più necessaria, e per il conseguente impegno

L’ ANGELUS NOVUS NON HA PIU’ LE ALI?

Per l’ndignazione sempre più necessaria, e per il conseguente impegno

L’ ANGELUS NOVUS NON HA PIU’ LE ALI?

L’epoca in cui viviamo non ha ancora un nome, né potrebbe averlo, dal momento che nessuno ha idea di quali  avvenimenti   la caratterizzeranno rispetto alle epoche precedenti, e neppure rispetto al tragico Ventesimo Secolo, che era iniziato a ritmo di walzer ed è poi finito, dopo le due guerre più terribili di tutta la storia passata, con nuove guerre e nuovi massacri nei Balcani e altrove nel mondo, malgrado la fine della guerra fredda e la caduta del Muro di Berlino.
Il nuovo secolo, anzi, addirittura il nuovo millennio si è inaugurato con l’attacco terroristico suicida alle Torri Gemelle di New York, con le nefaste conseguenze che sappiamo per la pace nel mondo e per la “coesistenza pacifica” tra popoli e culture diverse. Mentre scrivo queste righe è in corso un’altra guerra “umanitaria” in Libia – corsi e ricorsi della storia patria – di cui non si intravedono ancora né la fine né gli esiti, ma che sicuramente ha seminato altra morte e altro terrore tra una popolazione civile già oppressa dal regime terroristico di Gheddafi, ex riverito alleato del nostro e di altri Paesi che ora vogliono farlo fuori (peraltro senza riuscirci). Inoltre, come se tutto questo già non bastasse: “Il pensiero produttivistico promosso dall’Occidente ha trascinato il mondo in una crisi per uscire dalla quale è necessario rompere radicalmente  con la vertigine del ‘sempre di più’, sia in ambito finanziario sia in quello delle scienze e della tecnica. E’ ormai tempo che etica, giustizia ed equilibrio duraturo divengano preoccupazioni prioritarie. Perché i rischi cui siamo esposti sono gravissimi, e potrebbero mettere fine all’avventura umana su un pianeta che diventerebbe inabitabile.” E’ un altro autorevole, nobile  richiamo al nostro senso di responsabilità e di umanità che ci viene da un anziano combattente per la libertà, l’ebreo tedesco Stéphane Hessel, naturalizzato francese a vent’anni, resistente nella Francia occupata, sopravvissuto alla prigionia e alle torture della Gestapo, che ha voluto lanciare un appello ai giovani (e ai meno giovani magari un po’ troppo intenti al loro “particulare”) con il suo Indignez-vous!, uscito l’anno scorso in Francia e ora tradotto in italiano: Indignatevi!, add editore, 2011. Quando leggo questi motivati, autorevoli e nobili appelli provenienti da personalità di indiscusso prestigio – penso a quelli di Bertrand Russell, di Einstein e, più recentemente, del grande direttore e pianista Daniel Barenboim –  la cui storia personale esclude anche il  sospetto di un tornaconto qualsiasi, subito dopo essermi fatto un doveroso esame di coscienza per riconoscere la mia parte di responsabilità, per minima che sia, riguardo alla piega presa dalla storia del mondo di cui anch’io sono una particella, non posso fare a meno di chiedermi: chi mai, e con quali motivazioni, potrebbe non sottoscriverli in toto? Chi può negare, ad esempio, che “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.” (Articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948)?
Eppure questo spirito di fratellanza umana universale  è rimasto un auspicio e una chimera. E chi può negare che “Ogni individuo ha diritto a una cittadinanza. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.” (Articolo 15). Siamo sicuri che questo diritto sia effettivamente riconosciuto a tutti gli “aventi diritto”? E ancora: “Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità….” (Articolo 29). Doveri verso la comunità? E quali sarebbero? La comunità ha forse dei doveri nei nostri confronti? Possiamo forse accusare la comunità di non adempiere ai “suoi” doveri?

 

 E si possono dare dei doveri della comunità che non coincidano con quelli dei suoi singoli componenti? O possiamo ipotizzare che, tra gli altri privilegi ci sia l’esenzione dei doveri verso la propria comunità, e, più in generale, verso l’intera umanità? O non sarà più logico dedurre che, così come ci sono i diritti, ci sono anche i doveri universali dell’uomo? Eppure vediamo che alcuni considerano prioritari e assoluti i doveri verso se stessi e secondari, opinabili o trascurabili – a dir poco – quelli verso il prossimo. Di qui l’appello all’indignazione e al conseguente impegno di un uomo che si è speso  tutta la vita per gli ideali della libertà, della giustizia, della dignità di ogni uomo e di ogni donna, senza distinzioni: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo. E la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti. “ (Articolo 18). Per questo il vecchio combattente Hessel, indicando ai giovani la strada della non-violenza, dice loro tra l’altro: “guardatevi attorno, e troverete gli argomenti che giustificano la vostra indignazione, il trattamento riservato agli immigrati, ai sans papiers, ai rom. Troverete situazioni concrete che vi indurranno a intraprendere un’azione civile risoluta. Cercate e troverete!” Parole che anche il Papa potrebbe, credo, sottoscrivere senza riserve.

E sono parole di speranza. La speranza che l’ Angelus Novus di Paul Klee, nell’interpretazione di  Walter Benjamin, sembra sul punto di perdere: “Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle.” Quella tempesta continua a spirare malgrado la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, e non si sa se spira ancora dal paradiso o è ormai solo una “bufera infernal che mai non resta”. Ai posteri l’ardua sentenza.

Fulvio Sguerso

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.