Infortuni mortali sul lavoro

Infortuni mortali sul lavoro

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO
(Trentaquattresima parte)

  Carissimi amici,

riporto, alla vostra cortese attenzione, i dati ufficiali dell’INAIL, relativi alle denunce di infortuni mortali sul lavoro avvenuti negli anni trascorsi (2016 e  2017) e nell’anno in corso (2018).

 – 2016: 1018

 – 2017: 1029

 – 2018: (primo trimestre) 212 (ossia 22 in più, rispetto alle 190 del primo trimestre 2017)

 

Nei primi tre mesi di quest’anno anche le denunce di malattie professionali sono tornate ad aumentare:

– 2017 (primi 3 mesi): 15247

– 2018 (primi 3 mesi) 16124 (877 casi in più)

 

Occorre ricordare, a tal proposito, che esistono, in Italia:

1016 stabilimenti a rischio

e tra questi

524 a rischio superiore (perché gestiscono sostanze pericolose in elevata quantità)

492 a rischio inferiore

 

Ora, è pur vero che, dai dati ministeriali, emerge che:

2600: sono le visite ispettive, effettuate (in media) ogni anno
5840: sono, annualmente, le attività di campionamento
1350: sono le non conformità (irregolarità) riscontrate


Ma, pur tuttavia, è sempre stato fatale che emergano in me, molto spontaneamente, questi drammatici quesiti:

Quale significato può e deve avere l’articolo 1 (primo comma) della nostra Costituzione che, testualmente, continua ad affermare quanto segue: L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro?

 

Quando, invece, il lavoro è, quasi quotidianamente, causa di malattie di morte?

 

Siamo, davvero, in condizione di rispettare e di tutelare l’esistenza e la dignità fisica e spirituale di ogni essere umano, che, quotidianamente lavora ed opera?

 

La risposta a questo terzo quesito può e deve essere positiva e mi permetto di dire che essa è racchiusa nell’articolo 32 della nostra Costituzione che testualmente recita:

 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.

 

Per essere coerenti con quest’articolo costituzionale, deve essere, tuttavia, prioritaria la corretta informazione di ogni cittadino – lavoratore sui seguenti presupposti:

  • Le sostanze – base impiegate in ogni tipo di lavorazione e loro potenziale pericolosità;

  • Le sostanze – intermedie e finali prodotte e la loro eventuale dannosità;

  • I supporti energetici, utilizzati nella produzione;

  • Le sostanze intermedie e finali (estranee alla produzione principale) prodotte nel frattempo;

  • I tempi necessari per un corretto impiego lavorativo;

  • Eventuale collaborazione con altri colleghi di lavoro.


 

 Per fondamentale correttezza, debbo aggiungere, carissimi amici, che i presupposti sopra citati, non sono frutto della mia immaginazione o, se volete dei miei studi, ma discendono dai lavori del Congresso Mondiale di Medicina del Lavoro (svoltosi a Milano, nel giugno 2006); non a caso, partendo da queste considerazioni, i congressisti di allora raggiunsero ad affermare:

“Le attuali modalità di lavoro influiscono, in modo generale, su tutto lo stato di salute del lavoratore, incidendo sulla percentuale di rischio delle comuni patologie riguardanti gli apparati cardio-vascolare, digerente, motorio, psicologico ed immunitario.

 

Infatti, in Italia, il 70% della forza occupazionale lavora ormai nei Servizi, il che sposta l’attenzione dalle intossicazioni nelle fabbriche alla qualità dell’aria negli uffici, ai disturbi muscolo-scheletrici, dovuti a posizioni scorrette, allo stress psicologico, derivante dalle violenze esterne o interne all’ufficio.

 

In altri termini, stanno nascendo e vieppiù aumentano i cosiddetti LAVORI USURANTI, collegati ad una oggettiva e negativa situazione ambientale; stiamo evidenziando, con grande frequenza, tutta una serie di patologie o di disturbi, che condizionano la vita fisica e mentale dell’individuo, alterano i suoi rapporti sociali e familiari, incidono sul modo di intendere i valori culturali ed etici della società.

 

Per queste ragioni, vi è, oggi, nella nostra Italia la necessità di rivedere l’attuale assetto legislativo, e, soprattutto, di giungere, in tempi rapidi, al serio rispetto attuativo delle leggi vigenti; in termini concreti, occorre fare prevenzione, assegnando, a questa parola, il suo vero ed autentico significato, che corrisponde, in sociologia e giurisprudenza, alla frase: mettere in azione tutto ciò che serve ad impedire mali sociali


 

Ma, per fare SERIA PREVENZIONE è necessario:

 

a) Aumentare quantitativamente i CONTROLLI sugli ambienti di lavoro e sulle condizioni fisiche psicologiche dei lavoratori.

 

b) Migliorare la qualità dei CONTROLLI, avvalendosi di ispettori, con diverse e particolari specializzazioni professionali, per la semplice ragione che, nell’ espletamento dei controlli stessi, le materie ed i problemi da esaminare sono complessi e presuppongono competenze pluridisciplinari;

 

c) Approfondire le modalità attuative dei CONTROLLI; riporto, in tal senso, un’esemplare riflessione del Procuratore Aggiunto di Torino, Raffaele Guariniello:

“Preferisco cento ispezioni minuziose che mille superficiali.
In questo modo, certi piani per la sicurezza e il coordinamento potrebbero essere esaminati a fondo e, allora, emergerebbero tutti i casi in cui si tratta semplicemente di fotocopie, cioè dello stesso piano utilizzato per cantieri o stabilimenti diversi tra loro.”

 

d) Ripristinare l’incompatibilità degli ispettori rispetto ad altri impegni professionali di parte; infatti, sono ancora troppo numerosi gli ispettori che continuano a svolgere Servizi di Consulenza per Aziende, che, al contrario, dovrebbero soltanto controllare.

Penso sia chiaro a tutti che si tratta di un elemento gravemente contradditorio, perché i controllori debbono essere SOGGETTI “TERZI”e non rappresentanti di una parte.

 

Occorre, inoltre, percorrere la strada della certezza della pena per coloro che commettono reati, offensivi per la sicurezza lavorativa;

l’ impunità, infatti, è diventata, nella nostra società, una sorta di automatico privilegio per certi cittadini e non per altri; e chi sono questi altri se non i lavoratori, che subiscono il danno se non, addirittura, la morte, mentre invece gli esenti da malattie professionali continuano a rimanere i datori di lavoro.

 

Carissimi amici, 

Termino questo mio lungo articolo, con la citazione di una severa  riflessione di Carlo Smuraglia e con la speranza da parte mia di poter giungere alla concreta realizzazione di due sogni:

Riflessione di Carlo Smuraglia:

“Non è accettabile che di lavoro si possa morire (ed in misura rilevante), come non è accettabile che sul lavoro si possano contrarre tante malattie e tante invalidità a carattere permanente: è un patrimonio umano che, anziché tutelato, viene posto in pericolo e distrutto; e tutto questo, per un Paese, che si fonda su di una Costituzione basata sul lavoro, ha un sapore beffardo, che rasenta l’assurdo e sconfina, spesso, nella tragedia.”

 

Primo sogno: desidero che l’articolo 1 e l’articolo 32 della nostra Costituzione la smettano di litigare fra loro e possano giungere ad una serena convivenza, nel superiore rispetto degli ideali e delle aspirazioni dei nostri Costituzionalisti.

 

Secondo sogno: non vorrei più leggere articoli giornalistici (e relativi allegati) come quello sotto riprodotto, (con tutto il rispetto per autore) perché la loro lettura mi conduce ad una drammatica depressione e ad un’anomala sfiducia sul presente sul futuro della nostra comunità nazionale


27 Maggio 2018      Aldo Pastore

 

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