Mi rivolgo a voi,
camerati vivi che volete
onorare noi, camerati morti,
con cerimonie e riti funebri
d’altri tempi,
forse per farvi perdonare
di essere ancora in vita
(sia pure di una vita
volta tutta a un passato
atroce e irredimibile
che non volete seppellire,
o volete far passare
per ancora presente,
senza rendervi conto che,
mentre onorate a braccio teso
noi che siamo caduti invano
per una causa sbagliata,
il presente è già precipitato
nell’abisso da dove nessuno
può tornare)
per pregarvi di lasciarci
una buona volta in pace.
Abbiamo combattuto
da volontari per gli oppressori
della libertà, abbiamo
torturato chi combatteva
anche per il nostro riscatto,
siamo morti prima
di aprire gli occhi
(come ha detto un poeta)
alla luce. Ora che cosa volete
ancora da noi,
anime cieche e sorde,
con i vostri riti funebri?
Se ancora non siete riusciti
a capire dov’è il giusto
e dove l’ingiusto,
per che cosa vale la pena
vivere e per che cosa morire,
vi prego, camerati solo
in apparenza vivi,
lasciateci una buona volta in pace.
FULVIO SGUERSO

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