Il verde e il degrado: dei piccoli esempi

In questa piccola puntata, diciamo, interlocutoria, mi soffermo solo su due o tre foto scattate a caso in città, attuali o meno.
Eccone una emblematica. Da via Tissoni. Un ramo di un grosso e bellissimo albero, credo fosse un cedro del Libano o comunque una pregiata conifera, si abbatté su una pensilina di attesa autobus. Eravamo nel 2019. L’amministrazione fu assolutamente tempestiva nel tagliare, ahimè, l’intero albero. O far tagliare: probabilmente si trattava di un giardino privato. Molto meno nel ripristinare la pensilina.
Qui vediamo racchiusi in un’unica immagine tutti i simboli, diciamo, di Savona: si azzera il verde, si consuma abbondanza di nastro bianco e rosso per delimitare ciò che è rotto (vedi molti giochi per bambini), e manlevarsi di responsabilità, e si ripara, se si ripara, con moooolta calma.
La squisita composizione di rumenta in primo piano è l’imperdibile elemento di contorno, un po’ un marchio imprescindibile.

Per piangersi un po’ addosso, ecco un esempio di pensilina in altre straniere realtà: addirittura con fioritura pro-api sul tetto.

Andiamo ora al mitico park Doria. Una leggenda che corre. Dapprincipio l’ex sede ferroviaria divenne un parcheggio ad abbonamento mensile, pensato soprattutto per i residenti, con posto contrassegnato. Un introito per Ata e un polmone utile in un quartiere congestionato come le Fornaci.
Pazienza se capitava ogni tanto, specie d’estate o nelle feste natalizie, di trovare il proprio posto occupato da qualche abusivo, e di non poter neppure far rimuovere l’auto. La soluzione ovvia, la sbarra, fu messa in atto solo all’ultimo.
Poco prima, cioè, che quel park divenisse parte del piano per risanare i debiti di Ata sull’orlo del fallimento. La bella idea fu mettere in vendita all’asta gli stalli singoli, stretti e comunque parte di una struttura da mantenere, a prezzo base assolutamente ingiustificato.
Non importa che le opposizioni sollevassero perplessità, per l’assessore Montaldo, bravissimo nel suo campo finanziario ma un po’, come dire, distratto su altre considerazioni, era un ottimo investimento e non c’era nulla da eccepire.
Nel frattempo il park fu lasciato vuoto, addio abbonamento per i residenti e addio introito fisso per Ata. Infatti la possibilità di affittare sarebbe stato disincentivo per la vendita.
Le aste furono tutte un insuccesso, con davvero pochi posti venduti. Ma che strano. Il park fu riaperto a pagamento per gli stalli invenduti, ma con tariffe piuttosto care, tanto che è quasi sempre semideserto. Ora vedremo come proseguirà la vicenda, nell’iter del concordato.
Cosa c’entra il verde, direte? Ecco qua. Gli aceri voluti dall’allora sindaco Gervasio sono stati di recente, neanche a dirlo, brutalmente potati con la solita spietatezza radicale.

E il muro pericolante alle spalle? Be’, rimediamo con transenne nel solito gaio colore bianco e rosso.

Naturalmente qualche albero comincia a risentirne.

Restando in park Doria, o almeno nelle vicinanze, il prosieguo dell’ex sede ferroviaria doveva essere oggetto di piani per realizzare box, parcheggi, spazi di rimessaggio per i bagni, ipotetico verde, ancora durante il secondo mandato Berruti. La cosa fu stoppata, si dice da carotaggi che indicavano terreno contaminato.
La prima a rimetterci fu però una stupenda, veramente stupenda ginestra. Guardatela nel 2012

Ed ecco l’area nel 2013 dopo la “pulizia” propiziatoria alle indagini geologiche.

E cosa restava della povera ginestra

In ogni caso, desolazione a parte, l’area fu ripulita, il vegetale messo in sacchi e portato via.

La ginestra ebbe il coraggio di ricrescere, rifiorire, sia pure con meno splendore. E la vegetazione si riprese. Purtroppo anche la rumenta, tanta, gettata da incivili oltre la rete o portata dal vento.
Cosa si inventò la precedente amministrazione, nel 2021? Una rete di rinforzo e una “bella” pulizia.
Ma questa volta, lasciando la rumenta verde e non, tutta ammonticchiata sul posto. Un magnifico spettacolo.

Non ho una foto recente, ma credetemi sulla parola: la rumenta è ancora tutta lì, ed è ricresciuta ogni sorta di erbaccia.

Dato che sinora ho parlato male quasi solo delle precedenti amministrazioni di opposto (a parole) colore, permettetemi una chiusa sull’attuale, finora non distintasi per nefandezze solo perché assolutamente inattiva.
Non servono patti, non servono tavoli, non servono convegni, non serve autocelebrazione della propria supposta bravura. Non servono progetti roboanti e propositi di rivoluzionare Savona. Basterebbe iniziare dalle piccole cose, dare qualche segnale a basso costo e basso impegno, ma elevata creatività, come la pensilina fiorita di cui sopra, seguendo esempi virtuosi italiani e non. E naturalmente, ricominciare a fare una manutenzione degna di tale nome, che non alterni schizofrenicamente Attila sterminatore di alberi e rami, con il signor Menefrego lascio tutto com’è.
Basta volerlo. E saperlo. Sono piccoli impegni, piccoli cambiamenti, quello di cui Savona ormai a terra ha bisogno, tanto per cominciare. Non di essere mirabolante, forse, domani, ma di essere appena accettabile oggi.

Milena Debenedetti

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