Il sindaco e lo straniero

Il sindaco e lo straniero
Un piccolo ripasso di Storia  è utile per mettere nel giusto contesto l’iniziativa del sindaco del paese in cui abito (Carcare) a riguardo del problema degli extracomunitari che sarebbero stati ospitati nel nostro paese

Il sindaco e lo straniero
 Dall’Africa l’uomo ha colonizzato il mondo. È arrivato ovunque, adattandosi e specializzandosi. Convive con il deserto africano e con i ghiacci artici. Pesca in apnea, caccia nella foresta, alleva e coltiva, scava nella pancia delle montagne.

A un certo punto della storia, qualcuno più scaltro ha detto di parlare con le divinità. Altri hanno affilato le lance e dichiarato di essere lì per difendere la comunità. Altri ancora hanno detto di possedere esperienza e conoscenza per amministrare giustizia e proteggere la comunità. A un certo punto si è cominciato a tracciare confini: solchi con l’aratro che dovevano testimoniare il luogo della comunità. Ci si poteva mettere il sacerdote a trarre auspici e il guerriero a difenderli.


La comunità divenne florida, produsse menti elette, arte, opere civili, leggi, monete. Presto anche le banche. E comprese, l’uomo, che anziché usare i soldi per far le cose, si potevano usare i soldi per fare altri soldi. Il solco, il confine, identificava la terra di un signore, non di un gruppo. Venne la carta, e con essa la diffusione del sapere. Venne la polvere da sparo, facendo grosse le spalle anche dei macilenti. I confini vennero istituiti insieme ad un’anagrafe particolareggiata, la proprietà privata codificata e diffusa, E venne l’aereo, il sommergibile, i medicinali, il computer e i satelliti artificiali. Le guerre, le coltivazioni intensive, gli sfruttamenti minerari e petroliferi.

Nonostante tutti questi stravolgimenti, l’umanità non ha perso una sua caratteristica precipua: spostarsi. E con lo spostamento contaminare con usi, costumi, credenze, lingue, pietanze, codici, semi, pure malattie, danni o delitti. È la storia dell’uomo, i confini e le nazioni sono venuti dopo.

Chi avesse dubbi sul lungo cammino dell’umanità può recarsi nella parrocchia del suo paese, e chiedersi di dove vengano i santi che là sono rappresentati, giusto per fare un esempio.

Un piccolo ripasso di Storia serve sempre, anche se rabberciato e discutibile, ma secondo me è utile per mettere nel giusto contesto l’iniziativa del sindaco del paese in cui abito (Carcare) a riguardo del problema degli extracomunitari che sarebbero stati ospitati nel nostro paese.

Franco Bologna ha emesso una ordinanza per motivi di pubblico igiene, poiché gli appartamenti gestiti da una cooperativa in cui si ospiterebbero questi stranieri, si trovano nei pressi di uffici pubblici, negozi e addirittura un asilo.

Come è noto, alcuni di queste persone provengono da aree in cui sono diffuse malattie o parassitosi pericolose, e quindi nell’interesse della popolazione far si che chi arriva sia munito di un documento ufficiale utile a garantire il buono stato di salute.

Il pregiudizio verso lo straniero è un grande classico della nostra Storia. Chi viene da fuori è da guardare quantomeno con sospetto. In dialetto si chiama fruschté (sarebbe ‘forestiero’) ma a me fa pensare di più a un termine derivante da frusto, come consumato, stanco per il viaggio. O anche frusta, come arma di coercizione, dolore, lavoro servile.


Dall’Africa, dall’Asia e dal Sud America si stanno spostando. Ci sono mille motivi, alcuni gravissimi e urgenti, come le guerre e il terrorismo. Altri sono legati alla persecuzione per motivi di opinione o di fede religiosa. Altri storicamente legati ad una povertà antica, conseguenza di uno sfruttamento sregolato (da parte di aziende europee e statunitensi) di un territorio ricco, ma non soggetto a vincoli (a meno che non siano quelli posti dalle stesse aziende).

Il problema che ci si prospetta è epocale, per dimensioni. Coadiuvato da un sistema informativo bislacco, che soffia volentieri sul fuoco delle polemiche e delle paure; ribadito e urlato da una serie di politici (di ogni orientamento) che molto spesso strumentalizzano a fini elettorali soluzioni inutili e sproporzionate, tanto nella visione “di destra” (confini, muri, armi, blocchi navali, campi di detenzione, espulsione ad ogni costo), quanto in quella “di sinistra” (accoglienza, integrazione, controllo dei flussi, identificazione immediata, espulsione ove possibile). Ma il problema rimane, e non è di destra o di sinistra, ma dell’uomo: degli italiani e dei senza-terra che qui arrivano.

Non so proporre una soluzione. So che le cose che sento dire in televisione hanno la forza, la proporzione morale e tecnica di una fascina di rami costruita di fronte alla diga del Vajont un attimo prima della catastrofe.

Di fronte a problemi (e a risposte) di questo tipo un sindaco può fare molto poco, lo ammetto. Anzi: mi par di notare che ai sindaci, spesso, è demandato l’onere di sbrogliare delle matasse senza sostegno o senza indicazioni di legge indispensabili. Poche le risorse, poco il margine di manovra in cui agire, evitando di farsi colpire da ricorsi e proteste. Non sarebbe male un coordinamento nazionale, un piano diffuso, univoco.

Infine so che chi ha prodotto questo sviluppo ineguale tra nord e sud del mondo, e che ci marcia sopra da anni e anni, ha prodotto utili e s’è arricchito fuori controllo, senza che nessuno abbia mai potuto mettere un freno, delle condizioni, o un degno risarcimento.

Per altri versi la Cina, ad esempio, accetta volentieri nelle sue università giovani africani che hanno voglia di studiare. E nello stesso tempo compra terra in Africa. E tra pochi anni i cinesi avranno grandi estensioni di terra, gestiti da tecnici, agronomi, giuristi, ingegneri africani, formati secondo lo standard cinese, con esperienza cinese, con rigore cinese.

Dunque, prima lezione: si pensi al futuro. Non a domani mattina. A quello siam capaci tutti. I politici pensino alla loro eredità.

Altro caso: Josè Mujica, ex presidente dell’ Uruguay, in visita in Liguria, dice (riporto a memoria): quanta terra abbandonata avete! Quante case vuote fra queste colline!! Quanti boschi abbandonati! E la montagna frana? Ma perché è abbandonata!  E avete problemi con gli immigrati? Ma c’è posto! Quante pecore ci starebbero su queste montagne!

Seconda lezione: le persone non sono necessariamente un problema. Certo che non può essere un sindaco a legiferare e consentire certe soluzioni. Occorrono leggi e strumenti adatti. Ma potrebbe essere un’altra evenienza da studiare.


Il Sindaco di Carcare Bologna

Bologna, preoccupato per l’arrivo di stranieri, percorre l’unica via legale per frenare, possibilmente per respingere l’arrivo di extracontinentali: quella dell’igiene pubblica.

A onor del vero, che lo straniero porti le malattie è un pregiudizio vecchio come il mondo. Ed è sbagliato. Per l’Istituto Superiore di Sanità esiste invece l’effetto: “Migrante sano”, perché tende a mettersi in viaggio il più robusto della famiglia (viaggio che dura mesi, e che consente l’incubazione di qualunque malattia infettiva di insorgere platealmente). Per le malattie infettive sono più pericolosi coloro i quali arrivano da brevi viaggi aerei (0 incubazione), che hanno condiviso la stessa aria con gli altri viaggiatori, in aeroporto e in aeromobile.

Sono invece un problema sanitario la povertà, la miseria, l’affollamento, la mancanza di vaccini, di cure di primo intervento. Giusto per dire che l’emergenza sanitaria verrebbe fuori maggiormente richiudendo i migranti in un campo di concentramento, che non a ospitarli in luoghi idonei al vivere civile, in mezzo a un paese.

Ma la percezione dei problemi non è data dall’esperienza diretta. Abbiamo (tutti) paura dello straniero, delle malattie, della perturbazione sociale, ma non percepiamo come contingente il rischio di morire per incidenti stradali (ad esempio), e nel 2014 sono stati 3300 i morti. Alcuni dicono pure 40.000 morti all’anno a causa dell’inquinamento stradale, ma su questi dati ci andrei cauto.

Fatto sta che le auto ci assediano, ci rubano l’aria e talvolta ci schiacciano. Vivono in mezzo a noi, talvolta dentro le nostre case, e le lasciamo circolare nei pressi di asili e di centri commerciali. Bisognerebbe cominciare a pensare a tutte le emergenze di igiene pubblica.

 Alessandro Marenco

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