IL PERSONAGGIO LIGURE DEL MESE DI GIUGNO

IL PERSONAGGIO LIGURE DEL MESE
MASSIMO IVALDO
AUTORE ED ATTORE TEATRALE
TROUBADOUR DELL’AMORE

 

IL PERSONAGGIO LIGURE DEL MESE
MASSIMO IVALDO
AUTORE ED ATTORE TEATRALE
TROUBADOUR DELL’AMORE

Ti viene in mente, così a scorrere il suo curriculum vitae, un Molière giovane. Poi lo vedi sul palcoscenico e l’immagine si conferma ma, modernizzandolo, c’è il risvolto comico ed ecco affacciarsi – anche per quel suo naso prominente – un Pippo Franco del migliore Bagaglino di Roma. Per questo autore ed attore teatrale ligure che merita sicuramente gli onori delle cronache ricorrenti su “Il Secolo XIX “ e su “La Stampa”, per i suoi spettacoli di successo, siamo forse all’apice della carriera che prosegue con l’adesione alla prestigiosa Riviera dei Teatri, con shows a Pietra Ligure, Savona, Albenga, Genova.

A prima vista, ti impressiona quella laurea in letteratura italiana, poi quando ti metti a leggere i testi stampati lo avvicini alle immagini dei troubadours da Prèvert a Georges Brassens.Da François Villon a Leo Ferré.

L’amour courtois provenzale della Langue d’Oc, un menestrello delle corti rinascimentali e del feudalesimo; ma c’è anche – questo per la sua formazione culturale – del successivo Goldoni e delle allegre comari veneziane. Le stesse, forse, che avevano ispirato quelle shakeasperiane di Windsor.

Il teatro , si sente, è proprio la strada e la vita del troubadour del finalese. Massimo Ivaldo. La fantasia lo conduce in un mondo fiabesco da “Alice nel paese delle meraviglie”. La stella polare ispiratrice resta l’amore, ma tradotto idealmente in tutte le lingue e cantato con tutti gli accenti , toccando tutte le corde dell’ispirazione, nei testi adatti ad un pubblico di adolescenti, di giovani, come di adulti. Ad un pubblico maschile, come femminile. Ivaldo è stato con la sua “verve” tra i medici-clown, della Fondazione Theodora Onlus, nelle corsie degli ospedali a strappare dapprima mesti sorrisi sui pallidi volti dei piccoli uditori malati. Lui  con il naso rosso del pagliaccio da circo a darsi da fare e loro, poco a poco, trascinati dal suo entusiasmo, passati dal sorriso indeciso alla franca ed aperta, finalmente spensierata,  risata.  Nel teatro dei ragazzi, cinquecento repliche  in Italia, finalista 2002 del premio Eti “Stregagatto” con spettacolo “A pancia in su”.

Poi, è venuto un grosso successo di pubblico e di critica, come si suol dire ma che sarebbe bene non scrivere.

Era “Se l’amore è un sì (si l’amore è un sé), scritto e cantato con Federico Foce, spettacolo poeto-comico-canoro.

Da Georges Brassens a Fabrizio Dé André, con uscite di humour brillante ed un dinamismo scenico che ha tenuto ben sveglia l’attenzione del pubblico per tutta la durata della rappresentazione.

Le famiglie di tutta la Liguria si sono raccolte attorno alla “Strega nella zuppa” che, se i ricordi non mi ingannano, ho visto ed apprezzato una estate a Savona, alle fornaci nell’arena, a semicerchio greco, all’aperto poco lontano dalla spiaggia.

Risate ed applausi. Ricordi di estati felici, di mare da bandiera blu (o quasi).

Insomma, al chiuso o all’aperto, questo Ivaldo si nota e tiene svegli, anche se l’ora è tarda sia per un pubblico di giovani, giovanissimi e…tardoni.

Ed  ancora sempre con la firma di questo autore che diventa ogni stagione più prestigiosa, “Parlami d’amore Maria” monologo a più voci, “Cuore Ballerino”, una performance comico amorevole. Fino al più recente apparizione dei testi di “I giochi di ancora una volta”.

Il menestrello, questa volta medievale, volge sguardi interessati alla umana commedia e – come Fabrizio De André – si ricorda che in Italia, ormai da secoli se si vuole “sfondare” non si può fare a meno di padre Dante. In qualche modo e sia pure con vaghi riferimenti.

Ma questo, nel caso dei due troubadours liguri – sia sul palcoscenico di un teatro che su quello di un festival canoro, sia per un protagonista vivente che per uno che, purtroppo, non è più tra noi, si tratta in queste associazioni forzate  della accurata ricerca dei critici. Sono loro che scorgono i percorsi culturali più che gli stessi autori.

Guardate nel caso di Roberto Benigni. Siamo arrivati, nella cinematografia, addirittura ad un  Premio Oscar, meritatissimo con La vita è bella.

Ma dov’è che Benigni spopola ? Quando ti prende i cantici della Divina Commedia e te li declama tutti, Inferno, Purgatorio e Paradiso, in piazza della Signoria, nella sua Firenze, davanti ad un pubblico già convinto in anticipo.

Dario Fò, premio Nobel per la Letteratura deve altrettanto al Boccaccesco “Decamerone” (così come Pasolini). Ma i debutti di Dario Fo’ e di Franca Rame furono in filmetti leggeri, addirittura comici come “Lo svitato” quando Dario faceva il giornalista free-lance e scriveva, quasi gratis, articoli che poi gli altri colleghi, durante questo film umoristico, gli facevano uscire con la loro firma

sulle colonne del suo giornale. Dario Fo’ , prima di vincere il Nobel per la letteratura con i suoi testi, aveva fatto anche un film, nel quale interpretava la parte di “Pupo Biondo” un gangster ossigenato complice di una piccola banda. Adesso, si nota per i suoi dentoni della dentiera sporgente, in quel film aveva un unico dente all’infuori che lo rendeva irresistibilmente comico. Non esistevano ancora gli apparecchi livellatori dei dentisti.  Nel caso dell’autore-attore di cui abbiamo parlato, potete stare certi che i troubadour franco-provenzali dell’amour courtois sono stati la principale fonte di ispirazione. Perché di questo Massimo Ivaldo parla per tutto il tempo, con tutte le strofe e tutte le rime ed in tutte le note. Dell’ amour, l’ éternel amour. Lo fa con garbo, con verve comica esilarante, con la poesia di chi parla ai gatti ed alle stelle. E con un nasone evocatore di Cyrano de Bergerac o più prosaicamente di un giovane Pippo Franco. Ma, in entrambi i casi, con innegabile successo.

 

 

Christine Delport du Terroir per “Trucioli Savonesi”.

Giugno 2012.

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