IL PAESE DELLA POLITICA SENZA POLITICA

IL PAESE DELLA POLITICA SENZA POLITICA

IL PAESE DELLA POLITICA SENZA POLITICA

Malgrado la litania quotidiana sull’allergia dell’italiano medio nei confronti della politica e dei suoi incomprensibili giochi o manovre di Palazzo, succede che nei discorsi tra due o tre persone mediamente istruite che si incontrano in una piazza cittadina o in un caffè, non trascorrano due o tre minuti dopo i convenevoli di rito che qualcuno, scuotendo la testa e allargando le braccia, non prenda a deprecare la situazione politica in cui versa da ormai troppi anni questo nostro strano e disamato Paese.

Infatti, chi può non sentirsi a disagio leggendo i titoli dei giornali – non solo di quelli politicamente schierati – o guardando un qualunque telegiornale all’ora di pranzo?

E’ vero anche che c’è chi sceglie di non leggere più i giornali e di guardare in Tv solo lo sport, o magari niente, preferendo una passeggiata o la lettura di un romanzo, ma sono eccezioni; i più, anche se con crescente disgusto, seguono le incredibili vicende della nostra classe politica, perennemente in mezzo a un guado che nessuno, a quanto pare, nonostante i proclami, intende veramente passare. Sintomatico, a questo riguardo, l’editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere di mercoledì 7 luglio, intitolato “Un paese senza politica”. Senza o con una politica deteriore e degradata, appunto, a giochi di potere, a farsa e a stanca ripetizione di slogan a cui non crede più nessuno e che appaiono al cittadino comune solo inganni tesi a perpetuare e a difendere interessi e privilegi di una casta ormai estranea ai bisogni e alle esigenze del Paese reale? Afferma Galli della Loggia che “sono finiti i tempi felici”- o meglio quelli che per lui così sono stati – e che sono venuti meno i tradizionali punti di riferimento che, bene o male, avevano consentito una civile e ordinata convivenza degli italiani dopo la tragedia del fascismo e della guerra; oggi “dopo decenni che non accadeva, soldati italiani muoiono combattendo in remote contrade, di nuovo senza speranza di vittoria”; oggi “ la Chiesa e la famiglia stesse – questi due pilastri all’apparenza indistruttibili della soggettività e insieme della collettività italiane – sono alle prese con forze corrosive che ne stanno alterando il profilo sociale….” Eh sì, sembra proprio che i bei tempi in cui i grandi partiti di massa svolgevano anche una funzione acculturante ed educativa siano definitivamente tramontati, oggi: “ è come se stesse cambiando sotto i nostri occhi la moralità di fondo del Paese e al medesimo tempo il valore del nostro stare insieme. Il moltiplicarsi senza freno dei casi di corruzione pubblica, di malversazione, di sperperi, non fa altro che rafforzare questo senso di un cambiamento che sa piuttosto di disgregazione….” E come se tutto questo non bastasse, non si intravvede all’orizzonte una personalità in grado di indicare una strada, un ideale comune, una speranza a questo “volgo disperso che nome non ha” , senza nemmeno più quel prestigio culturale di un tempo che noi siamo (diventati). Constata con amarezza Galli della Loggia che persino il Cavaliere che tante speranze al suo esordio aveva suscitato in lui, e in altri editorialisti del Corriere, come Panebianco, P. G. Battista e P. Ostellino, si è rivelato impari al compito di traghettare il Paese dalla prima alla seconda Repubblica, e non vi è riuscito perché non ha saputo, purtroppo, parlare a tutto il popolo, ma solo a una parte, e forse nemmeno alla migliore. Né dall’opposizione, dilacerata e confusa, è potuto venire un credibile progetto di alternativa. Questo il quadro a tinte fosche delineato dal prof. Galli della Loggia, che sembra non promettere niente di buono.

Ma siamo proprio così malridotti? Possibile che non ci sia via d’uscita da questa palude? Un altro professore, Massimo Cacciari, non vede così nero: “Siamo un Paese pieno di energie e di valore, altro che mancanza di libri e di prodotti culturali che facciano parlare di sé. Siamo pieni di architetti, scrittori importanti, protagonisti del made in Italy…..” Certo che se siamo i primi a non credere in noi stessi sarà difficile trovare l’energia necessaria per “fare” non solo per parlare del bene, anzi, è inutile perdere tempo a parlare male del male. Il bene non è astratto ma concreto: a parole siamo tutti buoni: la bontà non è una parola buona ma una buona azione. E la politica? Sarà buona quando non servirà al bene di pochi ma al bene di tutti (se non ancora al bene dell’umanità intera, almeno al bene della nostra città, a cominciare dall’aria che vi si respira).

FULVIO SGUERSO

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