Il nuovo uomo qualunque

IL NUOVO
Uomo Qualunque
Rubrica Settimanale  di FRANCO IVALDO

IL NUOVO
Uomo Qualunque
Rubrica Settimanale 
di FRANCO IVALDO

Abbiamo bisogno, non di uomini politici, ma di un ragioniere che entri in carica il 1 gennaio, amministri, e se ne vada il 31 dicembre. Il ragioniere non deve essere rieleggibile. Deve soltanto amministrare (possibilmente bene) per un anno intero e poi  dimettersi con tutto il suo governo, senza che nessuno dei diecimila pettegolipolitici di professione che hanno rovinato l’Italia possa pretendere di andare al suo posto.

Il suo posto potrà essere ripreso solamente da un altro amministratore con incarico annuale. Insomma, un ragioniere dopo l’altro. Ma nessun politico in carriera.

Punto e basta. 

Sarete convinti che un moderno commentatore sia l’autore della frase sopra menzionata in modo sintetico ed essenziale,  e che si riferisca all’attuale governo presieduto dal professor  Mario Monti.

Invece, è – grosso modo – il programma, tracciato dal fondatore del movimento dell’Uomo Qualunque, Guglielmo Giannini, nell’immediato dopoguerra. Mentre erano ancora fumanti le macerie della guerra. Si trattava di ricostruire l’Italia, in un clima di emergenza e di disastro totale. Le odierne condizioni, beninteso, sono di gran lunghe mutate. Ma il linguaggio dell’emergenza rimane, pur se trasferito al settore economico-finanziario. La partitocrazia viene,nuovamente, messa sotto accusa. Perché ? Viene individuata, forse non a torto, come una degenerazione della vera democrazia. Vi è il timore che la partitocrazia possa trasformarsi in oligarchia e, successivamente, addirittura in dittatura. In questo modo, dovremmo cantare non più l’Inno di Forza Italia o l’Internazionale o Bella Ciao o Faccetta nera, bensì il de profundis del regime democratico.  

Con chi ce l’aveva Giannini ? Con gli uomini politici che hanno fatto della politica il loro mestiere, che – grazie alla politica – si sono arricchiti a più non posso. A destra, a sinistra, al centro, al centro sinistra, al centro destra, al centravanti ed alla mezz’ ala. Politici che hanno abbandonato le loro pur nobili professioni (avvocati, architetti, ingegneri, medici, farmacisti, giornalisti, operai, bancari, banchieri , idraulici, elettricisti, dentisti, pedicure, professori universitari, maestre d’asilo, veline) per abbracciarne una sola: quella di far rispettare e difendere e far prevalere l’interesse di tutti ( che, badate bene, come ricordava Jean Jacques Rousseau nel suo Contratto Sociale) è diverso dall’interesse generale.

E diventa, col passare del tempo, l’interesse di pochi individui, l’interesse di una corporazione (quella dei politici) e l’interesse individuale (il leader politico, il super leader politico, il miliardario o il banchiere con ambizioni politiche, volendo il dittatore dal volto umano). Insomma, di questi tempi una bella oligarchia finanziaria-industriale appoggiata ad uno Stato guida europeo. Tanto per non fare nomi la Germania di Angela Merkel, egemone in Europa perché padrona della zona euro, subentrata alla zona marco. Gli analisti economici, osservatori dell’Unione Europea vi diranno, in modo quasi unanime, che aver introdotto l’euro senza prima poggiare le sue fondamenta su una vera unione politica europea, sugli Stati Uniti d’Europa è equivalso a mettere il carro davanti ai buoi. Prima si costruiscono gli Stati Uniti e poi si batte moneta, il dollaro che resta pur sempre una bella valuta, per dircela tutta. Ma torniamo al vituperato e dileggiato e calunniato qualunquismo di Guglielmo Giannini. Era l’immediato dopoguerra e i salvatori dell’Italia erano alle prime armi. Come l’Italia sia stata salvata possiamo vederlo benissimo al giorno d’oggi. Naturalmente, allora il disastro era davvero enorme. Un piano Marshall per tenerci a galla, qualche progetto. Moltissima fame, lutti e macerie. Giannini individuò le cause della sciagura nazionale nelle manovre, interne ed esterne, dei politici, facendo troppo di ogni erba un fascio. Ma sull’essenziale forse non aveva poi tutti i torti. Le guerre fratricide andavano superate in qualche modo e non certo consegnando tutto il potere agli arruffapopoli professionisti, agli artefici delle lotte civili. 

 
Guglielmo Giannini 

I politici di professione, naturalmente, si scagliarono subito contro il fondatore dell’Uomo Qualunque e  Giannini, dopo l’iniziale successo, commise l’errore fondamentale che un vero qualunquista non dovrebbe mai commettere.

Fondò il suo bravo partito e si presentò alle elezioni oppure ebbe l’intenzione di presentarsi, adesso non ricordo. Fu naturalmente un flop.

Cadde nella trappola del mugnaio. Non puoi recarti al mulino senza sporcarti di farina. Questo Guglielmo Giannini avrebbe dovuto saperlo senza mischiarsi ai diecimila pettegoli professionisti, tra i quali De Gasperi ed il pio Palmiro Togliatti che se la stavano giocando verso il diciotto aprile, elezioni dall’esito scontato perché nell’area di influenza americana e non in quella sovietica.

Se l’armata rossa fosse giunta a Roma non vi sarebbe stato il 18 aprile, perché non vi sarebbero mai state le elezioni. I paesi dell’est andati a infilarsi nel vicolo cieco del Patto di Varsavia ne sono una eloquente testimonianza storica. Troppo spesso dimenticata da quegli stessi uomini politici che – nel dopoguerra – tuonavano contro l’Alleanza Atlantica (Nato) e contro la Cee.         

Non puoi entrare in questo sistema politico senza sporcarti le mani ? Sarà poi vero ?

Beppe Grillo, che al qualunquismo si ispira, le mani che io sappia non se le è sporcate. Ma è anche vero che molti non l’hanno più seguito ed hanno abbandonato il suo movimento a cinque stelle. Se Grillo si fosse attenuto al sano principio di star fuori dalla partitocrazia, dalle elezioni e compagnia bella avrebbe ancora una qualche chance di successo.

Invece, non ce l’ha più ed è solo destinato ai rischi di strumentalizzazione di chi governa, dei poteri forti che lo scagliano nella competizione politica per rubare voti agli avversari. Niente di più niente di meno. Con tutta la sua buona fede e trasparenza, con tutte le sue buone intenzioni ai rischi di strumentalizzazione neppure il qualunquista può sfuggire. Così come alle trappole mediatiche

televisive non può sfuggire il buon aspirante parroco qualunquista Adriano Celentano. Ammesso che il buon parroco di Sanremo alla fin fine non abbia fatto un bellissimo regalo propagandistico e pubblicitario ai suoi cardinali, rilanciando da una tribuna di tutto rispetto, due media cattolici Famiglia Cristiana ed Avvenire in crisi di vendite come tutti i giornali e le pubblicazioni di questo mondo, minacciate dal temibile nemico Internet.

I partitocratici, dunque, vedono il Movimento Qualunquista come il fumo negli occhi, attribuiscono alla parola qualunquista tutto quello che di spregiativo esiste nel termine di chi si fa gli affari suoi. Egoismo, personalismo, individualismo, qualunquismo.

E, invece, i politici sono virtuosi, altruisti, pronti a sacrificarsi per il prossimo, bene intenzionati, pensano solo ai vostri interessi e non ai loro. Insomma, in una visione manichea dell’esistenza loro sono il Bene e i qualunquisti sono il Male.

Vogliono rappresentarci a tutti i costi. E guai a chi non si lascia rappresentare, come gli anarchici (Ni Dieu, ni Maitre).

Anarchici e Qualunquisti, naturalmente, sono molto vicini. A voler fare a tutti i costi una distinzione si potrebbe dire che i primi percorrono la strada sulla corsia di sinistra ed i secondi su quella di destra. Ma vanno nella stessa direzione , non sono su corsie opposte.

 
Giovanni Guareschi 

 Un perfetto Qualunquista (anche se lui si professava monarchico) fu Giovannino Guareschi, fondatore della rivista Candido che andò in galera perché querelato da De Gasperi. Ma Guareschi rifiutò sempre di scendere in politica e di farsi eleggere in una delle due Camere. Mi basta- diceva- la mia camera da letto! 

L’autore del libro più letto al mondo, quello di Don Camillo e l’onorevole Peppone scorse con largo anticipo il compromesso storico, cioè il patto di ferro tra Democrazia Cristiana e Pci.

Sempre Guareschi avrebbe, forse, sottoscritto l’idea di Giannini di un governo con scadenza annuale diretto da un ragioniere per far quadrare i conti dell’Italia in difficoltà.

Ma come istituzionalizzare un governo tecnico ? Semplice: con una riforma istituzionale che lo sottragga alla tutela della partitocrazia.

Insomma, un governo tecnico per un anno di emergenza per salvare l’Italia.

Ma questo governo tecnico di gente capace ed esperta senza l’appoggio dei partiti non va da nessuna parte. E’ sicuro. Dunque, il problema si mangia la coda.

Non è logico, non è di buon senso andare a chiedere agli stessi partiti di votare la loro condanna facendo una legge elettorale che renda permanente l’esistenza di un governo di tecnici per salvare l’Italia.

Resta inteso che il governo d’emergenza per salvare il paese di Mario Monti, dopo aver compiuto per tutto il 2012 il suo lavoro bello o brutto che sia, nel 2013 dovrà restituire il paese salvato alla partitocrazia che, così, potrà rovinarlo di nuovo. Anche questa è una bella logica. Ma i politici la vedono così. Il professor Monti non può farci proprio nulla.

Un’ultima annotazione: il qualunquista , in genere, è uno di noi, una persona di buon senso. Anzi, è proprio un uomo della strada. Ha buon senso, ma non è un benpensante di professione. Altrimenti avrebbe fondato un partito ! E si sarebbe presentato alle elezioni. Il guaio è che siamo già super rappresentati. Ma il problema della iper-rappresentazione del povero cittadino verrà affrontato in un prossimo numero. Per ora accontentiamoci di questa rubrica qualunquista che ha l’unico scopo di essere una modesta fabbrica. Una fabbrica di idee.

 Franco Ivaldo per Trucioli Savonesi          

 

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