Il nuovo ospedale unico: occhio agli aggettivi!

Il nuovo ospedale unico:

occhio agli aggettivi!

Il nuovo ospedale unico: occhio agli aggettivi!

Quando il vicesindaco savonese Di Tullio ha parlato genericamente di revisione del PUC in Commissione, per poi esternare alla stampa a proposito di un nuovo megaprogetto ospedaliero, ha lasciato tutti di stucco, increduli per una tale sparata estemporanea, apparentemente  un autogol. Era proprio il caso di lanciare un sasso del genere, a rischio elevato di impopolarità generale, turbando delicati equilibri preelettorali regionali e scontentando un po’ tutti?

Era forse in nome del “molti nemici molto onore”, come diceva quel tale che fisicamente gli somiglia pure?

Una nuova struttura ospedaliera potenziata in quel di Legino, e conversione di Valloria in lussoso residenziale vista mare. Ecco il fulcro del progetto.

 
L’ospedale San Paolo e il terreno dove dovrebbe nascere il nuovo

Le reazioni scandalizzate non si sono fatte attendere. A partire da un imbarazzato cader dalle nuvole di Sindaco e Giunta, come se Di Tullio avesse parlato a sorpresa e a titolo personale. Ma siamo sicuri di questo, oppure è stato deliberatamente mandato avanti, essendo personaggio abituato a parlar chiaro e con spalle adeguate a gestirne le conseguenze?

In realtà questa megaspeculazione, assurda e improponibile, giace assopita da anni, come un dragone che pazientemente attende nella sua grotta dorata.

La politica dovrebbe averci insegnato una legge: tutto ciò che appare più incredibile, assurdo, strampalato, inviso ai più, è in realtà in pole position nelle menti che contano.

Già ad un dibattito fra candidati Sindaco del 2011, organizzato da la Stampa, ne sentii parlare per la prima volta. Se si parla di qualcosa, vuol dire che il progetto, almeno in nuce, esiste. E le manovre per accaparrarsi terreni da parte di qualcuno, sono pure in pieno fervore.

Oltre a  proporre, come dovrebbe essere ovvio e di buon senso, di potenziare l’esistente, e dirottare semmai risorse a medici,  personale, apparecchiature, insomma, a far funzionare meglio le cose nell’interesse di pazienti, lavoratori e cittadini, quella volta me la cavai con una battuta: visto che il Crescent è semivuoto, vista mare, e a detta dei turisti pare un monoblocco ospedaliero, perché non destinarlo a quella funzione?

Sembra però che dappertutto potenziare ospedali e ristrutturare sia tabù. Sembra che dopo qualche tempo, magari quando non sono neppure terminati e a pieno regime, scadano, come le mozzarelle, e occorra già pensarne un altro per gli appetiti insaziabili degli speculatori edilizi. Aree che si liberano, aree che si riempiono. Degrado, ambiente che si consuma, ma denaro che circola. Denaro pubblico per costruire, trasferito proficuamente in tasche private.

Inizia  dunque una serie di bordate al vicesindaco.

Prima si lasciano sfogare gli “ambientalisti”: fotomontaggi della libreria Ubik, giusto due battute concesse a me e Pongiglione sul Secolo XIX,  un bell’articolo di Marco Preve su Repubblica, che punta il dito sui terreni e su chi ci guadagnerebbe.


Poi, sbrigato in fretta il filone dell’ovvio e clamoroso, iniziano attacchi e commenti incrociati di amministratori, politici, locali e nazionali, tutti contro, per motivi strategici o di campanile, focalizzati su difesa di interessi, di equilibri o di altre strutture.

Arriva anche la proposta estemporanea del Sindaco vadese di convertire in ospedale la Vada Sabatia. Entusiasmante soluzione per i pazienti, completa di fumigagioni Infineum e vista ciminiere.

Da quella parti hanno questa rogna ricorrente, di una struttura imponente, nuova, difficile da gestire e con costi mica da ridere, che dopo il fallimento Ferrero è rimasta sulle spalle, o per meglio dire in pancia, a un fondo immobiliare mica tanto benefico, che pretende per rifarsi affitti stratosferici, impossibili da sostenere per qualsiasi cooperativa o imprenditore dei servizi, neppure tagliando all’osso sui costi (con che risultati, lo abbiamo visto). Una grana senza soluzioni.

E poi  le ragioni di Albenga, di Cairo… un dibattito squisitamente interno al PD, anzi al partito unico, perché mi mette decisamente male considerare il centro destra come oppositori.

A sorpresa, a polverone diradato, arrivano le prime timide voci favorevoli. Quando il Secolo XIX ipotizzava che l’uscita di Di Tullio ammiccasse alle sinistre in maggioranza, ero rimasta perplessa.

Era davvero una proposta a loro gradita? Possibile si fossero convertiti al cemento sino a questo punto, magari in nome di un presunto rilancio occupazionale che un megaospedale garantirebbe?

Arriva l’appoggio dell’assessore Lugaro, che incoraggia il vicesindaco ad andare avanti, a risolvere finalmente i problemi sanitari, a costo di scelte coraggiose anche se impopolari. Un bizzarro concetto, l’impopolare, visto che stiamo parlando di sociale.

Arrivano appoggi e aperture da alcuni primari. Ripartono le critiche e i battibecchi coi politici. Intanto il vicesindaco si schiera (giustamente, per carità) contro la chiusura di angiografia. Si lamentano complotti e boicottaggi a danno di Savona.

   

Ecco fatto, il miracolo è compiuto, tutto è chiaro e no, non si tratta di una uscita incauta, ingenuo chi lo pensa, ma perfettamente strategica. D’ora innanzi la pulce nell’orecchio dell’opinione pubblica è inserita, il fervente dibattito è avviato, e completamente strabico.

Questione di aggettivi: tutti a discutere su “unico”, dimenticando il piccolo particolare che unico si porterebbe in dote, nel pacchetto completo, il “nuovo”.  L’aspetto è ignorato come secondario.

Nessuno, a parte l’ingegner Forzano, mi risulta aver chiamato in causa, per esempio, che fine faranno in tutto questo i progettati caselli a servizio ospedaliero e per ambulanze, se non serviranno più.

Il percorso avviato, a seconda di quel che prevarrà, si trascinerà dietro tutto quanto. Se vinceranno i fautori della “razionalizzazione”,  lo spostamento conseguente si imporrà come quasi automatico. Naturalmente chi a quel punto si opporrà in nome di ragioni concrete, del consumo di suolo, dello spreco di faraoniche risorse, della speculazione, sarò bollato come nemico di Savona, nemico della salute pubblica, autolesionista, fautore del declino eccetera eccetera.  Un po’ come nel caso accorpamento Autorità Portuali.


Intanto il vicesindaco miete allori di popolarità cittadina, da difensore della comunità e dei suoi interessi, utili da spendersi nelle future elezioni comunali.

Intanto il sasso è lanciato, ma non sarà certo un boomerang, non tornerà certo indietro,  sarà piuttosto un satellite che esplora pazientemente nuovi mondi.

Qualcuno, sulla base di tutto questo, crede ancora a una dichiarazione incauta?

Allora, io esorto caldamente a non cadere in questa trappola, in questa strada già tracciata da politica e informazione. Per amore di verità, futuro sostenibile e buon senso, separiamo i due dibattiti.

Unico non vuol dire nuovo. Non DEVE necessariamente voler dire nuovo. Teniamo fisso il punto.

Si può benissimo discutere, mediare, trattare ed esaminare questioni, ciascuno dal suo punto di vista, se siano meglio accorpamenti, ospedali diffusi sul territorio, specializzazioni o quant’altro.

Si può cercare di tracciare un piano, possibilmente razionale e socialmente equo, su cosa vogliamo per il futuro della sanità e per garantire il miglior servizio possibile. Possibilmente, privilegiando il pubblico che non ha scopo di lucro.

Ma il cemento inutile, per favore, lasciamolo perdere, o almeno non mettiamocelo di mezzo a tutti i costi. Si può benissimo razionalizzare e ampliare  l’esistente, e dovrebbe essere la scelta più saggia e di buon senso, in tempi di crisi economica come questo.

Poi ci sono altri aspetti. Mi ha colpito un concetto dell’articolo di Preve, un concetto molto umano.

La posizione di quell’ospedale, non a caso ambita dal residenziale, è un meraviglioso punto a favore, quasi un unicum. Vogliamo privare dei malati, alcuni anche gravi, del conforto di una stupenda vista sul mare, forse anche l’ultima vista, per ghettizzarli in zona stadio? Toglierli da dove la luce e l’aria di uno spazio aperto danno qualche se pur piccolo vantaggio e sollievo? E’ umanità, questa?

Tutti noi savonesi abbiamo ricordi, belli o più spesso brutti, ma comunque custoditi nel cuore, legati a quell’ospedale. Io rammento mia madre che con gli occhi brillanti, guardando le Costa entrare in porto, i rimorchiatori e i moli, citava i trascorsi e tutta una vita di apprensione con mio padre, navigante. E anni prima, mio padre stesso, appena ricoverato, sul punto di cadere in coma per non riprendersi mai più, cantare felice osservando il sole sull’acqua, che lo riportava al suo passato, alla giovinezza, ai trascorsi sul mare.

Ecco, scusate la nota personale, ma non posso non provare amarezza, frustrazione, rabbia, non posso non avercela con chi vuole strapparci tutto, proprio tutto, per uno straccio di maledetto arido guadagno. Persino strappare i ricordi dal cuore, uno per uno. Il legame fra passato, presente e futuro. Il rispetto.

Qualcosa che non si dovrebbe né comprare né vendere.

Milena Debenedetti  consigliera Movimento 5 stelle

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