Il mistero di Agenoir ….

 Il mistero di Agenoir ….

in un mondo assetato di notorietà

Il mistero di Agenoir ….

in un mondo assetato di notorietà

A dedurre dal nome Agenoir deve essere di nazionalità Francese. O perlomeno di origine. Ma non solo il suo nome porta a questa deduzione: Anche il fatto che, a detta di esperti, Agenoir passi una parte del suo tempo nel Ponente Ligure, è un altro indicatore piuttosto importante della sua provenienza o almeno appartenenza etnica. Ma di sicuro non c’è ancora niente. Più che sapere CHI è, sarebbe importante sapere CHE COSA è. Un essere vivente? Un modo di essere? O forse addirittura un desiderio? Io quando penso ad Agenoir ho subito davanti ai miei occhi Gato Barbieri, il Sassofonista argentino che di notte si aggirava per le stradine di Buenos Aires, correndo da un Jazz Club all’altro. Insomma: un piccolo fantasma nero che si aggira nelle notti dei Caruggi liguri, alla ricerca di attenzione e in fondo in fondo di riconoscimento e di successo. Poi penso che sarebbero tempo e fatica sprecati, perché non c’è nessuno di notte nei Caruggi liguri che aspetta di applaudire un sassofonista francese. Comunque, il fatto che qualcuno di tanto in tanto ne parli, è la chiara prova che il mistero esiste. Addirittura: Un mio amico di Milano mi ha raccontato di averlo sentito nominare una sera ad una mostra di fotografia in una galleria alla moda. Qualcuno, molto probabilmente una donna, che ne parlava in toni più che lodevoli ed assicurava l’interlocutore che senz’altro, anche quest’anno lo si potrà rivivere. Rivivere, questa espressione mi ha dato a lungo da pensare.


Come faccio spesso in queste circostanze ho finito per chiedere delucidazioni ad un mio amico bagnino. Si un bagnino, perché dopo un paio d’anni di residenza in Riviera ho scoperto che certe cose si possono chiedere solo a loro. Lui è un tipo di poche parole, che passa ore ed ore a guardare l’orizzonte, scuotendo il capo di tanto in tanto. “Ma sì, certo, Agenoir! È una cosa nuova che circola da un paio d’anni. A dir la verità non sappiamo neanche noi (bagnini) che cosa sia veramente, ma importante deve essere, perché ne parlano anche pezzi grossi locali, ed all’improvviso in stagione uomini sudati cominciano a portare avanti e indietro sedie e tavolini. Comunque gradisce molto il Gin Tonic, l’Agenoir”. Ecco, mi lascia così il mio amico bagnino, orgoglioso di avermi affibbiato un enigma in più, oltre al desiderio struggente di capire perché i bagnini amano Brexit e Union Jack, anche se magari non sanno neanche che cosa voglia dire UK. Ma torniamo al nostro mistero; Agenoir è un fenomeno quasi solo stagionale, che fa parlare di sé a partire dalla primavera, quando in un paese rivierasco avvengono incontri a dir poco segreti fra personaggi locali e non. Incontri brevi che sanno di cospirativo. Una pizza, una birra, alcuni appunti scarabocchiati su un taccuino e via; il gruppetto si dissolve. Preparativi per un grande evento? Mah, non si sa. Comunque Agenoir è qualcosa che stuzzica la vanità di persone con traguardi comuni: Tutti volti al raggiungimento di notorietà, visibilità mediatica e riconoscimento, anche se in un ambiente molto modesto e provinciale. La promessa di attivisti mediatici che tramite Agenoir si possano raggiungere vantaggi economici, spinge operatori del settore a scendere anche dal Basso Piemonte e soggiornare in Riviera in piena stagione, per un paio di giorni, semplicemente per presentarsi ad un esiguo numero di possibili clienti. Ed anche quelli teoricamente importati, quelli che, per dichiarata volontà del maestro di cerimonie dovrebbero rappresentare la quintessenza del ‘carrozzone’ beh, quelli si fanno sempre più rari. Si schermiscono, temporeggiano. Insomma non partecipano. E così, con l’angoscia negli occhi ed il sorriso sulle labbra, i portaborse di Agenoir continuano ad annunciarne l’imminente visita. O forse solo il fatto che qualcosa succederà in suo nome. Un’apparizione? Una ‘Pentecoste’ mondana?

Perse oramai quasi tutte le speranze di far luce su questo mistero, decisi un giorno di fare una pausa al Bar Clemente. Così, per un drink ed una mezzoretta a guardare il mare. “Salve, permette? Posso farle compagnia? Sono Giangiacomo Perlet, ma la maggioranza mi chiama Gigì, con l’accento” “Prego, non faccia complimenti” risposi, e subito un pensiero mi tambureggiò le tempie insistentemente, e mi portò a chiedere: “Gigì con l’accento alla francese?” “Si proprio così, anche se io sono brianzolo ed in verità mi chiamo Perlettari”. L’uomo non era più giovane ed ostentava un aspetto fra il desiderio e la naftalina: Camicia a fiori, paglietta e bermuda sdruciti di colore ‘acidulo’. “Il solito Gin Tonic Professore?” chiese la voce di Titina, la cameriera. “Certo che altro” rispose lui in modo scortese. ‘Allora anche il carattere come i bermuda’ pensai, e cominciai a chiedermi se dovevo occuparmi io di trovare un tema di conversazione, o rimanere semplicemente in silenzio. Preoccupazione completamente inutile, perché Gigì iniziò subito il suo lungo monologo. “Sono qui per lavoro, solo un paio di giorni, come da un paio d’anni ormai. In fondo un compito non molto impegnativo, anche se questo ripetersi di incontri sempre con gli stessi quattro gatti…. e poi tutti questi selfies.

Sempre sorridente, e magari con la fascia tricolore accanto, anche agli incontri in spiaggia! Insomma alla fine uno si rompe”. Raccontò pure che è riuscito a ricevere questo incarico tramite una conoscente lombarda, che a sua volta è in ottimi rapporti con alcune persone importanti della Riviera e che, per essere sinceri la rimunerazione non è male per un paio di giorni in al mare a brindare a destra e a manca. Si, OK deve anche leggere o commentare banalità scritte da gente che non conosce e mai conoscerà, ma anche lui ogni tanto scrive scemate che qualcuno pure legge. Poi è anche l’occasione per incontrare un paio di colleghi, che come lui vengono invitati per fare le stesse cose. E ce ne sono pure un paio che invece di saper leggere scemate devono commentare scarabocchi su tele. L’importante è che il tutto si possa titolare come ‘Arte’ oppure anche ‘Cultura’. Beh è chiaro che non tutti sono simpatici, ma in questa atmosfera un po’ ‘paesana’ non c’è necessità di attaccare briga con nessuno o di mostrarsi troppo permalosi. Intanto ‘quelli che contano’ non ci sono. Non ci sono neanche coloro per i quali ‘ufficialmente’ viene fatta questa messa in scena. Figuriamoci: Devono venir premiati e non ci sono, e chi li vuole premiare se ne frega che non ci sono. L’importante è lo show. Per quattro gatti annoiati ed un paio di foto sui media locali ad appagare l’ossessionante brama di ‘social appearance’. E poi quei tristi bagarini con il loro gazebo a bordo campo, nell’inutile attesa di una clemente visita. Io sto perdendo il filo, ma ormai sono convinto che tutto ciò che ruota intorno a GiGì ha definitivamente a che fare con il mio amico Francese. “Si è fatto tardi, devo andare. Venga stasera, c’è posto per tutti ed anche qualche pizzetta ed una birra” Gigì si alza e se ne va, senza pagare il suo drink. Prima o poi mi rifarò, senz’altro non stasera, con birra e pizzette alla fiera della vanità.

Paolo Bianco

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