Il lavoro e le prospettive future per i giovani

L’avvenire che ci attende 10ª parte

Il lavoro e le prospettive future per i giovani

 Consentitemi, carissimi amici lettori, di ripetere e di ribadire quanto già avevo detto e scritto, sull’argomento odierno in data 17 febbraio 2011,durante un convegno svoltosi nei locali della Società Mutuo e soccorso “LA GENERALE” ubicata in Savona Via San Lorenzo 25 r:

A) Ci troviamo di fronte ad un vecchio e superato modello di sviluppo; dobbiamo innovare, nel più rigoroso rispetto delle leggi della natura, pensando, soprattutto all’avvenire delle giovani generazioni;

 

B) occorre, in particolare, cambiare il modo di produrre e di consumare, perché l’attuale concezione andrà, sempre di più, a cozzare contro il limite fisico delle disponibilità naturali del nostro pianeta;

 

C)  dobbiamo giungere ad una nuova etica politica, perché gli stili di vita e relativi modelli culturali, posti alla base dell’attuale sistema, non sono più sostenibili, in quanto fondati su enormi ed inaccettabili diseguaglianze tra paesi ricchi e paesi poveri ed, addirittura, discriminanti all’interno di ogni singolo stato.

 

Ma non posso fermarmi a questo punto carissimi amici!

Mi permetto di sottoporre all’cortese attenzione alcune mie proposte operative, inserite in un secondo articolo scritto in data 8 dicembre 2011.

 

Ho voluto iniziare con la citazione integrale dell’Articolo 1 della Costituzione della Repubblica Italiana:

 “L’italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”

 

Mi sono permesso di aggiungere quanto segue:

“è un articolo che, per la sua lineare semplicità e per la sua esemplare chiarezza, non necessita di alcun commento. Ma, a mio modo di vedere, va sottolineato il principio, in virtù del quale, il lavoro rappresenta il presupposto fondante del nostro stato; in altri termini: senza il lavoro, non può esistere la nostra Repubblica”

Ciò premesso. Sono andato ad esaminare i dati ufficiali ISTAT dell’anno 2010 su disoccupati, inattivi e sottoccupati:

Il primo dato di rilievo, che, in allora, emergeva, era il seguente:  

 

in Italia gli individui che non cercano un impiego occupazionale, ma sono disponibili a lavorare sono ben 2 milioni e 764.000, vale a dire l’11,1 per cento della forza – lavoro, un livello che supera di tre volte la media europea (3,5 per cento).

Ricordo che, in quel periodo di tempo,Laura Sabbadini (Direttrice Centrale dell’ISTAT) giunse a fare questo commento: 

  “ Questo triste primato italiano ci deve far riflettere attentamente. Se è vero che abbiamo un tasso di disoccupazione mediamente più basso di quello europeo, è vero anche che abbiamo un problema enorme su questa categoria, che riguarda, soprattutto i giovani e le donne e le persone nel Mezzogiorno.”

Ma, sempre nel proseguo del mio articolo (datato: 8 dicembre 2011) facevo notare che, oltre a questi cittadini inattivi (talmente scoraggiati da aver rinunciato a cercare un posto di lavoro), esistevano i disoccupati reali per cui, sempre in ambito giovanile, sommando i due dati, si veniva a raggiungere la percentuale del 29,2 per cento, vale a dire una quota assai preoccupante, al limite dell’insostenibilità sociale e civile.

Per di più, già in allora, evidenziai i fenomeni del precariato e del lavoro temporaneo e, soprattutto, il crimine del lavoro nero; utilizzai, a tal proposito, il termine “crimine”, perché, in Italia, la ricchezza prodotta da questa tipologia di lavoro viene ad evadere il fisco e, come tale, viene a rappresentare circa il 17 per cento del totale del “Fenomeno Evasione”.

Ma, il rapporto del Giovani con il Mondo del Lavoro presentava, in Italia, e presenta tuttora, un’altra macroscopica contraddizione; mi riferisco al fenomeno della fuga all’estero dei nostri migliori talenti giovanili.

Ricordo, a tal proposito, che, qualche giorno prima (30 Novembre 2011), era stato presentato al Senato della repubblica, da parte della fondazione Lilly, un accurato studio, il quale evidenziava che, nell’ultimo anno allora in corso erano state brevettate 8 scoperte presentate da giovani ricercatori italiani (intesi come Autori Principali), operanti  fuori dal suolo na­zionale, per un valore di 49 milioni di euro. 

Ma, già in allora, venne evidenziato che, se fosse stata presa in considerazione la totalità dei brevetti a cui i nostri «cervelli fuggiti» avevano con­tribuito come membri del team di la­voro, il loro numero, solo nell’ultimo anno, sale a 66 (sessantasei), per un valore pari a 334 milioni di euro. 

Alcuni nostri Quotidiani, invitarono a riflettere su questi numeri, comparandoli, soprattutto, alla ristret­tezza dei finanziamenti legati alla ricerca. Nel 2000 la percentuale desti­nata alla ricerca Tecnico-scientifica, nella nostra amata Italia, mi permetto semplicemente di evidenziare, a tal proposito, che nell’anno 2000, la percentuale nazionale, destinata alla ricerca, era pari all’1,1% e nel 2011(ovvero dieci anni dopo) si sono regi­strati pochissimi progressi, consi­derato che il valore attuale oscilla tra 1,1% e 1,3%, suddiviso nello 0,6% da fondi pubblici e nello 0,5% da fondi privati.

Eppure, nonostante tutto, mi permetto, oggi, di aggiungere che  i nostri ricercatori rimangono tra i migliori, presenti nel top primo delle ricerche più citate nel mondo. 

E a farsi strada sono sopratutto le donne, anche se (come ho riferito nel 2011) la presenza femminile, nel ruolo di team leader o detentrice di brevetto, è ancora scarsa, non già per deficit professionale ma, soprattutto, per preconcetti di genere che dovrebbero essere nell’epoca attuale, ampiamente superati e dimenticati).

Tuttavia, carissimi amici, se vogliamo veramente garantire prospettive di lavoro e di vita per i nostri giovani, coerenti con il Dettato Costituzionale, dobbiamo procedere, in ambito nazionale, ad un diverso modo di produrre e di consumare

In concreto: è assolutamente necessario attuare, in Italia, i tre presupposti fondamentali, citati all’inizio di questo articolo, a cominciare dall’applicazione concreta di nuove fonti energetiche, per, poi, giungere a dibattere sulle merci da produrre,sulle modalità della loro produzionee del loro smaltimento ed, infine, sulleproposte per giungere ad una più elevata concezione del lavoro umano, in ogni settore delle attività produttive

In caso contrario e, soprattutto, se, sul piano politico, continueremo a non procedere o ad andare avanti, in ritardo rispetto alle altre Nazioni saremo costretti a leggere, quotidianamente, sui quotidiani nazionali le seguenti notizie:

– La nuova immigrazione

– Italiani in fuga all’estero anche gli over 60

– Italiani in fuga all’estero sono 5,5 milioni

– Adesso partono anche famiglie e over 60

(Quotidiano La Stampa 7 febbraio 2019)

Ma voglio concludere questo mio articolo, citando questa mirabile riflessione di Mario Rigoni Stern a conforto del nostro operato quotidiano:

 Come vivere? Allora questa domanda ce la dobbiamo porre non soltanto alla fine di un millennio, di un secolo, di un anno, ma tutti i giorni svegliandoci, si dovrebbe dire: oggi cosa ci aspetta? 

Allora io considero che si dovrebbero fare le cose bene, perché non c’è maggiore soddisfazione di un lavoro ben fatto“

Aldo Pastore   17 febbraio 2019

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