Il Governo delle tasse

IL GOVERNO DELLE TASSE

IL GOVERNO DELLE TASSE

  Ho assistito con l’amaro in bocca ai risultati delle elezioni regionali in Toscana e Puglia, sulle quali i sondaggi avevano lasciato sperare in una capitolazione delle giunte di sinistra. con riflessi sulla tenuta del governo. Un governo messo in piedi in maniera approssimata e raccogliticcia, con il solo intento del plotone dei pentastellati di non perdere i privilegi parlamentari, in ossequio al vecchio adagio “con Franza o Spagna, purché se magna”. 

 

 


Dopo le regionali del 20-21 settembre l’Italia è lo strano Paese dove, a fronte di un rapporto 14/5 regioni a favore del centrodestra, comanda un governo di sinistra

 

Il M5S, quello della “fuga in avanti”, innestò la marcia indietro già dopo il suo connubio con la Lega, confermando sin da subito il suo opportunismo. Non destò quindi stupore il suo disinvolto passaggio all’abbraccio con il contrario della Lega: il PD, con cui hanno finalmente trovato il giusto feeling, i giusti compagni –in tutti i sensi- di viaggio. 

Ho incessantemente sperato, dopo l’ammucchiata, che qualche incidente di percorso ponesse la parola fine a un governo erratico, che naviga alla giornata, privo di un programma degno di chiamarsi tale. Anzi no, un punto ben chiaro c’è: l’amore per le tasse, in piena sintonia con il PD, che delle tasse ha un concetto punitivo, a braccetto con l’Agenzia delle Entrate.

Eppure, le tasse, che dovrebbero piacere soltanto ai tassi, hanno fior di ammiratori nelle fila delle sinistre; e in questa rabberciata compagine di governo hanno un ruolo da primedonne. 

La prova del nove l’hanno data durante e dopo il Covid. L’aiuto indiscriminato che hanno dato alla parte produttiva della nazione è stato quello di non chiedere il pagamento delle tasse alle scadenze consuete, bensì “un po’ più in là”, quasi che, dopo il miracolo di riuscire a superare mesi di mancati redditi, imprenditori e professionisti, svenati dalle spese comunque correnti, fossero in grado di far fronte anche alle tasse sui redditi pregressi, dopo la fine del lockdown.

 

Sì, loro sono filo-UE, lo sappiamo. Un amore non ricambiato. La prova del 9? La modifica fasulla del Trattato di Dublino, che lascerà sulle nostre spalle l’esodo di africani, sotto l’etichetta di “naufraghi”: un trucco talmente infantile che offende il comune buonsenso

 

Il governo si faceva comunque bello con estemporanei DPCM nei quali, in maniera casuale, se ne usciva con varie forme assistenziali che, oltre alla loro risibile entità, richiedevano di percorrere fantasiosi e complicati iter burocratici per riuscire ad accedervi, onde sfoltire i beneficiari. Come in una lotteria, ha previsto vari premi di consolazione, tra i quali spiccano i bonus monopattino, onde snellire il traffico. Traffico peraltro già ridotto dal forzato smart working, che sta falcidiando bar e ristoranti per la mancata clientela, mentre vanno alla grande i colossi degli acquisti online, già straricchi ed esentasse, in una nuova ed iniqua redistribuzione dei redditi tra la popolazione italiana e le acefale società transnazionali.

 


Tra sinistre e fisco corre una simbiosi di lunga data

 

Oltre a vistose carenze di interventi efficaci e mirati, il governo si è distinto anche per altrettanto vistose omissioni nella raffica di DPCM. Mi riferisco soprattutto ad una delle voci più pesanti nella gestione delle attività produttive e commerciali: gli affitti dei muri. Sotto questo profilo, un governo che si atteggia a “sinistrorso”, s’è ben guardato dal toccare, o anche solo sfiorare, gli interessi dei tanto vituperati rentier: qui ha sfoggiato la sua anima nera, eleggendoli tra i pochi in grado di traghettare oltre l’emergenza, indenni da mancati redditi. Poteva prevedere un’equa ripartizione del danno, tipo un taglio a metà dei canoni. Invece, tutto il danno è rimasto sulle spalle degli affittuari. Per mostrare che veniva incontro alle loro esigenze -senza intaccare le rendite immobiliari- il governo ha loro concesso di avvalersi di un credito d’imposta del 60% degli affitti regolarmente pagati. In sostanza, lo Stato si accolla il 60%, scalabile dalle future tasse, pur di lasciare indenni i locatari.

I commercialisti hanno fatto le barricate per costringere il governo a spostare le tasse da scadenze immediate a “un po’ più in là”. Un po’ come le terapie di fine vita, per spostare il decesso del paziente di qualche mese o anno, inchiodato a un letto.

 


La Chiesa: forse neppure i vertici conoscono l’entità del suo patrimonio immobiliare, accumulato coi lasciti dei fedeli. Papa Francesco predica la solidarietà, ma non ha fatto un euro di sconto ai suoi affittuari dopo l’emergenza Covid. Solidarietà: parola che vale solo quando sono altri a doverla praticare

 

Adesso si dice che il sovranismo è stato finalmente messo in un angolo, specie con lo strombazzato arrivo di 209 miliardi targati UE. Grazie a quel gruzzolo, Conte promette di tagliare le tasse con la riforma fiscale prossima ventura. Il primo passo da fare, prima di perdersi in rimodulazioni delle aliquote Irpef e Iva, dovrebbe essere quello di un condono tombale, che spazzi via tutto il fardello di tasse e contributi che, già prima del Covid, aveva tolto il sonno a milioni di piccoli e medi imprenditori (se vogliamo chiamare così anche le piccole, forzate partite Iva). Sarebbe la sana messa in atto dell’antico anno giubilare, di cui parla anche il Pater Noster. Una tale remissione dei debiti era considerata cruciale per evitare il collasso dell’economia, con l’accumulo dei debiti e la loro lievitazione dovuta agli interessi, considerati comunque usura, in primo luogo dalle religioni.

Non c’è da aspettarsi un simile provvedimento dalle sinistre, odierne custodi del capitalismo a oltranza; e meno ancora dall’affabulatore della migrazione selvaggia, papa Francesco, che dispone del più vasto patrimonio edilizio italiano: gli affitti degli immobili della Chiesa sono tra quelli, come sopra accennato, che hanno attraversato indenni l’emergenza Covid, premurandosi di ricuperare dagli stremati inquilini il rientro degli affitti non pagati a lockdown finito, sulla groppa di quelli correnti, indifferenti alla crisi. Un papa grande con gli africani abusivi, tirchio con gli italiani che lavorano e mantengono anche la Chiesa con l’8 per mille.

 


Il Giubileo, qui in una illustrazione del primo Anno Santo cristiano, nel 1300, ha origini ebraiche e raccomandazioni molto pratiche, come: riposo del terreno, remissione dei debiti, affrancamento degli schiavi, restituzione di case e terreni ai vecchi proprietari. La Chiesa preferì ripiegare sul lato spirituale: remissione dei peccati, risveglio interiore, ricerca di se stessi, ecc. [VEDI

 

Ogni giorno imprenditori piccoli e medi guardano con ansia il giornale, sperando di trovare qualche nuovo editto che gli venga incontro: chi gestisce un bar o ristorante, ad esempio, freme per sapere quando potrà fruire di un bonus, “non eccedente € 2500”, come contributo a fondo perduto, per l’acquisto di merce di fabbricazione o produzione agricola italiana. Un decreto fortemente voluto dal Ministero dell’Agricoltura, per risollevare un comparto gravemente danneggiato dal virus e insieme aiutare il made in Italy, in particolare i coltivatori diretti, cui era stato vietato entrare nei propri campi durante l’emergenza, perdendo i raccolti. Del decreto però nessuno più parla; forse perché è contrario all’amore sviscerato del PD per la globalizzazione, all’odio per gli italiani che lavorano e alle braccia tese ai migranti che adesso, con la conferma dell’attuale governo, troveranno porti ancora più spalancati e il tanto sospirato ius soli. Una conferma in più che è grazie alle famiglie (quando ci sono e non hanno ancora finite le vettovaglie) che si riesce a ripartire: se si dovessero aspettare gli aiuti del governo, le serrande chiuse sine die sarebbero molte di più.

Ormai, dovremo leggere ogni giorno delle nobili gesta del premier Conte, vedere seduto al vertice del Mef il piddino Roberto Gualtieri, avere come capo della diplomazia e della politica estera l’improvvisato grillino Luigi Di Maio. Mi ci dovrò abituare, farmene una ragione. Per oltre due anni dovrò ancora assistere sgomento alle navi ONG scorrazzanti nel Mediterraneo alla ricerca della loro preda, volutamente imbarcata su natanti da naufragio anche con la bonaccia, ma fregiantisi del titolo di “naufraghi”. A volte mi chiedo: se ci fosse un istmo congiungente la sponda africana con Lampedusa o la Sicilia, non sarebbero più naufraghi coloro che lo percorrono. E allora, a quale altro inghippo ricorrerebbe il nostro esterofilo governo per giustificare il loro ingresso arbitrario e in violazione dei nostri confini?

 

 Marco Giacinto Pellifroni                     27 settembre 2020 

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.