Il fondamento del dialogo interreligioso e …

Il fondamento del dialogo interreligioso

e gli sbandamenti della Chiesa secolarizzata

Dalle dispute teologiche alla fratellanza universale di Wall Street, col Vaticano che spalanca le porte della cristianità ai musulmani

Il fondamento del dialogo interreligioso
e gli sbandamenti della Chiesa secolarizzata
Dalle dispute teologiche alla fratellanza universale di Wall Street, col Vaticano che spalanca le porte della cristianità ai musulmani

 Nikolaus Krebs di Cues, più noto come Niccolò Cusano, sosteneva che la verità fosse inaccessibile all’uomo, la cui possibilità di conoscere sarebbe limitata alle congetture, necessarie per orientarsi nel mondo ma in buona sostanza illusorie perché prive di autentico valore conoscitivo. La conoscenza umana è racchiusa entro il recinto dell’esperienza, vale a dire della precarietà, del relativo, della dimensione spaziotemporale, ma l’uomo aspira ad andare oltre, a superare quel recinto, a cogliere la Verità, il mondo delle idee, la mente di Dio.  Ma la Verità rimane sempre oltre come, con una metafora geometrica, per quanto si moltiplichino i lati di un poligono questo non coinciderà mai col cerchio nel quale è inscritto. Questa circostanza il matematico può intenderla positivamente definendo la circonferenza il limite a cui tende il poligono di nlati all’aumentare del valore di n, Cusano invece la intende negativamente come l’impossibilità di un reale, come tale finito, di attingere l’infinito. L’infinito, insomma resta infinitamente lontano e irraggiungibile da parte di una grandezza finita. Partendo da questa premessa Nikolaus perviene ad una teologia negativa, che è poi la negazione della teologia, lo smantellamento dell’impianto tomistico della dottrina cristiana, per non dire della sua versione popolare, icasticamente rappresentata dalla narrazione tradizionale. Se i dogmi del cristianesimo vengono degradati a doxai, a congetture se non addirittura a favole, e se ne riconosce la distanza infinita rispetto ad una Verità preclusa alla conoscenza umana, il cristianesimo non può vantare una posizione speciale rispetto alle altre fedi religiose, che sono, al pari suo, manifestazioni storiche della ricerca e aspirazione verso l’Assoluto destinate a rimanere sospese sull’orlo dell’abisso.


Niccolò Cusano

Di conseguenza, nel riconoscimento della comune miseria, cristiani, ebrei, musulmani e quanti in qualunque modo avvertono i limiti della condizione umana e sentono il bisogno di superarli, una volta che abbiano deposta l’albagia di una presunta rivelazione e la pretesa di esserne depositari, mediatori e interpreti, sono affratellati dalla stessa “dotta ignoranza”. In questa prospettiva il fanatismo cede il posto ad una fede stemperata nell’alternarsi di fiducia e rassegnazione, che può anche perdersi nello smarrimento senza mai generare odio né intolleranza, figli delle certezze, del geloso possesso della Verità. L’intolleranza scaturisce proprio da certezze apodittiche che non reggono al confronto interno e alla propria insicurezza negata, sorrette da una professione di fede esteriore che rimuove il dubbio e si fortifica con l’aggressione verso l’altro.

Questa la strada tracciata da Cusano e da, per la verità pochi, altri spiriti illuminati: una strada difficile da percorrere senza scivolare nel deismo, vale a dire nella rinuncia ai principi cardine di qualunque fede religiosa: il senso della trascendenza e la convinzione della centralità dell’uomo, sostituiti dal riconoscimento di un ordine nell’universo, di una razionalità o logosimmanente alle cose e dalla riconduzione dell’uomo alla natura. E proprio il timore di degradare il teismo a deismo e di perdere il senso del soprannaturale respinge le confessioni religiose verso la dottrina e il rito e, di conseguenza, verso l’accentuazione delle specificità di ciascuna di esse. L’idea di una religione universale – che è poi, tanto per intenderci, quella predicata dai massoni – è una irrealizzabile utopia.

 

 

Le religioni, insomma, possono convergere e tollerarsi reciprocamente solo rinunciando ad essere quello che sono, rompendo con la loro tradizione, rinnegando le loro costruzioni teologiche, rinunciando all’esteriorità dei loro riti e, ovviamente a qualunque forma di proselitismo. Vi sono, nella loro storia recente, segni che indicano l’avvio di un simile processo, che poi sarebbe la totale risoluzione della fede nel privato? Neanche per sogno.

L’islam ha oggi bisogno di continui autos de fe, è alla ricerca di un’ortodossia condotta su fattori extrareligiosi che ne accentuano l’aspetto più rozzo e irrazionale, è sprofondato in un impasto di rivendicazioni nazionali, moralismo antioccidentale, interessi materiali e pressione demografica. Il suo cammino è esattamente opposto rispetto alla direzione tracciata dai grandi interpreti della tradizione filosofica classica, aristotelica e platonica, ai quali Cusano si ispirava: alla rarefazione speculativa si è sostituito un greve materialismo poggiante sulla interpretazione letterale di qualche sura, che lo riporta al livello dei beduini primi seguaci del Profeta.

 


 

Il cristianesimo, dal canto suo, da un lato ha mantenuto tutti gli aspetti della religiosità popolaresca, dal culto dei santi a quello mariano, dall’altro ha decisamente spostato il suo asse verso la secolarizzazione accentuando la sua dimensione caritatevole e sociale e il suo ruolo di grande potenza finanziaria, che è poi l’eredità del potere politico della Chiesa romana. Il punto è che la potenza finanziaria avrebbe dovuto essere al servizio di quella dimensione mentre è accaduto esattamente il contrario. L’operato della Caritas, l’apertura del clero verso i migranti, simmetrica alla sua latitanza nelle situazioni di autentico disagio sociale e individuale, la frequenza con la quale membri del clero a tutti i livelli della gerarchia entrano nella cronaca nera e nei tribunali, ne sono una chiara, evidente testimonianza.  Ma mentre nel passato le diverse anime della Chiesa erano facilmente distinguibili, ora si mescolano fra di loro e diventa impossibile distinguere il grano dal loglio, interessi terreni e aneliti spirituali, píetas e superstizione. 

Nel quindicesimo secolo l’incontro fra le due grandi fedi monoteistiche e, in una prospettiva più ampia, di tutte le religioni del Libro, poteva svolgersi sul piano della spiritualità depurata dalle scorie materiali, dalle incrostazioni storiche, dalle sovrastrutture dottrinarie. Oggi le condizioni sono molto diverse, quelle scorie, quelle incrostazioni, quelle sovrastrutture si sono cristallizzate. Il dialogo interreligioso fra cristiani che hanno enfatizzato la relazione diretta e personale fra l’uomo e il dio fatto uomo, ebrei irrigiditi nella loro peculiarità dall’olocausto e dalla nascita di un loro Stato, musulmani che risolvono nella fede i loro conflitti interni, il loro gap culturale e il risentimento post coloniale, è palesemente un’illusione velleitaria o una mistificazione calcolata.

 


 

In interiore homine habitatDeus. Non nel rito, non nella preghiera collettiva, non nelle processioni o nel culto di una statua di gesso ma nel ripiegamento su se stesso, nella solitudine, nella speranza, nello sgomento o nella lucida razionalità l’animo umano si apre all’infinito, che molti avvertono come Dio. Poche  cose mi infastidiscono quanto la professione di ateismo, come se l’ateismo fosse una fede, un partito o un’ideologia. Il fatto che personalmente non sia un credente non mi spinge a fare proselitismo. Al contrario, semmai avverto come un limite la mia condizione e provo un po’ di invidia per chi ha trovato dentro di sé una guida e un conforto. 

La religione è l’oppio dei popoli, i preti sono al servizio degli oppressori, servono a tenere buono il popolo, a renderlo docile e remissivo. I preti sono persuasori morte, nemici della vita, della gioia, dell’amore, alfieri del nihilismo. Marx e Nietzsche hanno dato voce al diffuso sentimento di insofferenza nei confronti del lungo asservimento culturale, morale e politico dei popoli europei nei confronti della Chiesa e della religione, un’insofferenza che aveva caratterizzato un’intera epoca della civiltà occidentale, l’illuminismo, l’illusione di rischiarare coi lumi della ragione il buio della superstizione, dell’ignoranza e dell’intolleranza.

Detto questo, non ho difficoltà a riconoscere che, come spesso accade nella storia, con l’acqua sporca si è buttato via anche il bambino. Con l’avvento del cristianesimo l’Europa aveva delegato alla religione l’educazione, l’istruzione, la cultura in tutte le sue manifestazioni, comprese la musica, la pittura, la scultura e perfino l’architettura; lentamente e faticosamente si è riappropriata dell’istruzione e delle arti ma l’educazione e la morale hanno stentato a laicizzarsi. Quando l’hanno fatto i risultati non sono stati esaltanti, dalla Russia comunista alla Germania nazionalsocialista. Si è così creato disorientamento e un vuoto di valori che la retorica borghese non riesce a colmare. Quando il neo ministro Fontana si preoccupa, com’è suo dovere, di varare provvedimenti per “la” famiglia e la natalità, le oche della sinistra cominciano a starnazzare perché non c’è “la” famiglia ma ci sono “le” famiglie, omo, trans, di coppia o multiple, i cui diritti non possono essere calpestati.  A tanto ci ha portato la fine del magistero della Chiesa, sostituita dal sistema di valori e di “diritti” della sinistra postmarxista. Non solo non ha attecchito un’etica della ragione, anche il buonsenso ha perso le sue radici. I preti, che per secoli hanno demonizzato e perseguitato l’omosessualità – salvo poi a praticarla tranquillamente all’interno dei loro seminari come alternativa alla pederastia – di fronte allo sconcio dei diversi tipi di famiglia non rifiatano, quando è banale riconoscere che la società difende e sostiene “la” famiglia perché è essa che ne garantisce la continuità. 

 

 

 

Insomma, la Chiesa dimostra di non possedere nemmeno il buon senso di chi non condanna l’omosessualità ma la sua istituzionalizzazione, la Chiesa condanna l’aborto ma non spende una parola (né un euro) per le ragazze madri, sulle quali consente che si allunghi ancora l’ombra del peccato, lascia la difesa della famiglia e della natalità all’iniziativa autonoma di privati cittadini esposti agli attacchi dei centri sociali e in compenso si mobilita con tutta la forza della sua organizzazione per favorire l’arrivo (dovrei dire l’invasione) di centinaia di migliaia di musulmani dall’Africa e impone la censura contro chi si azzarda a ricordare che oltre ai costi dell’accoglienza ci sono quelli legati al radicamento della mafia nigeriana, al traffico di stupefacenti, alla sistematica violazione delle nostre leggi, per non dire della diffusione di malattie che erano sconosciute o debellate da decenni.

L’atteggiamento della gerarchia ecclesiastica è incomprensibile dal punto di vista teologico: lo sarebbe, come ho affermato sopra, se la Chiesa si muovesse nel solco tracciato da Cusano, ma non è così; la direzione che ha preso è esattamente contraria e l’apertura verso i “migranti” non è affatto subordinata all’accertamento della loro compatibilità religiosa. La Chiesa non solo ha rinunciato alla evangelizzazione, non solo non difende con la necessaria energia le minoranze cristiane perseguitate ma consente tranquillamente il proselitismo islamico nel nostro Paese, condanna a parole il terrorista ma finge di ignorare che il terrorista è in realtà un martire. Siamo in una situazione paradossale: se dipendesse dalla Chiesa romana, che indietreggia davanti al Corano, favorisce l’esplosione della natalità in Africa, organizza i flussi migratori stipulando un’alleanza di fatto con Soros, contrappone alla fede solida del muslimun irenismo ipocrita e dolciastro, nel giro di qualche decennio tutta l’Europa sarebbe islamizzata. Siamo al punto che la difesa della cristianità tocca a Stati che hanno fatto della laicità la loro bandiera, investiti di questa responsabilità da cittadini impauriti e esasperati. È di questi giorni un sondaggio del Figaro che segnala l’avvicinamento dei francesi alle funzioni religiose e l’affermazione di una coscienza identitaria cristiana in contrapposizione col proliferare di moschee e con l’invadenza e l’arroganza degli africani trapiantati in Francia di prima seconda o terza generazione. 

 


Padre Zanotelli

 

Lo stesso padre Zanotelli che dà del razzista a Salvini perché vuol mettere un freno all’invasione dimentica quello che egli stesso ha pubblicamente sostenuto: a Nairobi, come a Napoli, ci sono due città, una ricca, vivace, aperta verso il futuro e una disperata, miserabile, ostaggio della delinquenza, con giovani senza ideali che aspirano solo a far soldi alla svelta e senza fatica. E indicava nella scuola il luogo e lo strumento per rieducarli e farne protagonisti di una rivoluzione capace di abbattere il muro che divide le due città, in Africa come in qualsiasi altra parte del mondo. Parole sante, che però fanno a pugni col sostegno ai flussi migratori, che segnano la sconfitta di Nairobi e dell’Africa tutta. Zanotelli, se fosse coerente e parlasse con la buonafede che l’età e l’abito richiedono, dovrebbe adoperarsi per impedire che un solo giovane africano abbandoni la sua terra in cerca di un benessere calato dall’alto, perché se non cambiano i giovani, se non vengono istruiti e non si forniscono loro gli strumenti per farli crescere e far crescere il loro Paese, l’Africa continuerà a sprofondare sotto il peso dell’ignoranza e della corruzione.

Il Vaticano è scopertamente schierato dalla parte della finanza globalizzata, persegue il medesimo disegno di omologazione. Dalla nostra meschina visuale le religioni del Libro sono incompatibili l’una con l’altra e i loro confini sono segnati col sangue, quello dell’intifada, del jihad, dei cristiani trucidati, dei martiri – shuhada– che si fanno esplodere. Ciascuna di esse è avviata lungo una strada che l’allontana dalle altre. L’ebraismo, diventato Stato, accerchiato e stretto nei suoi angusti confini, impegnato in un conflitto senza fine con i palestinesi che sono insieme vittime e carnefici, aggressori e aggrediti; l’Islam, che combatte per espandersi o forse per sopravvivere; il cristianesimo che dopo aver sommerso il pianeta sta lentamente rifluendo e ha ormai rinunciato a recuperare l’unità perduta. E non riusciamo a capire com’è che, invece di difendersi, la Chiesa di Roma apre le porte all’invasore musulmano.  Ma salendo di livello tutto appare in una luce diversa. Non dico sub specie aeternitatis, che è troppo in alto per gli umani, ma sub specie potestatissì. E il potere, ovviamente, è quello del denaro, nel quale le tre religioni, svelato il loro vero volto di potenze finanziarie, si incontrano, si intrecciano, si accordano all’ombra delle logge e A.G.D.G.A.D.U.  E quello che appariva utopia a questa altezza diventa realtà. 

Amen.

   Pier Franco Lisorini

  Pier Franco Lisorini è un docente di filosofia in pensione

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