IL COUNSELING

IL COUNSELING E’ UN ILLUSTRE SCONOSCIUTO.
ATTENTI AI CATTIVI MAESTRI E ALLE FACILI ILLUSIONI.

IL COUNSELING E’ UN ILLUSTRE SCONOSCIUTO.
ATTENTI AI CATTIVI MAESTRI E ALLE FACILI ILLUSIONI.
In questi ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di Counseling anche in Italia. Tutto ciò è dovuto principalmente ad un fiorire di corsi e scuole che formano questa nuova figura professionale che, in molti Paesi esteri, ha da tempo un percorso formativo riconosciuto ed una regolamentazione ben definita. In Italia invece la professione non è regolamentata ed è ben lungi dall’esserlo.

Questo scritto si propone l’oneroso compito di presentare questa disciplina, cercando di trasmettere a chi legge una visione il più possibile chiara. Oneroso compito perché già il nome di tale disciplina non aiuta affatto. Counseling, o Counselling, è un vocabolo della lingua inglese che, tradotto letteralmente significa “Consulenza, consiglio”, così come il professionista counselor si traduce con “consigliere”. Nulla di più mistificante e lontano dalla realtà. Altro punto caldo che non risulta affatto facile affrontare è la somiglianza che, di primo acchito, si può individuare tra il Counseling e le Scienze Psicologiche. Nel nostro Paese è da anni presente una sorta di guerra tra poveri, che vede da un lato la Psicologia arroccata sul presupposto che il Counseling sia disciplina parte integrante di essa (e pertanto esercitabile solo da laureati in Scienze Psicologiche), dall’altro le varie Associazioni che promuovono il Counseling rivendicando per i loro consociati il diritto di godere di una propria identità professionale. Il problema, in realtà, non sussiste in quanto le Scienze Psicologiche sono inquadrabili nel settore medico-scientifico, mentre il Counseling si inserisce nel contesto socio-culturale. Nessun conflitto dovrebbe esistere, a mio avviso, tra le due discipline, proprio perché rivolte a necessità diverse, agenti in contesti diversi e, soprattutto, perché profondamente diverse nelle metodiche applicate. Resta l’evidenza che la guerra tra poveri esiste, ingenerata anche dalla malafede: di alcuni Counselors che sconfinano in contesti per cui non sono abilitati ad agire; dalla presunzione di alcuni Psicologi che, paghi della fortuna di possedere un titolo di studio legalmente riconosciuto e di esercitare una professione ordinistica (solo dal 1989), avvertono evidentemente una minaccia dall’avvento del Counseling, in tempi di profonda crisi economica per tutti; dalle scuole di Counseling, che somministrano corsi a pagamento evitando di specificare che il “titolo” rilasciato non è un diploma MIUR e pertanto privo di ogni valore legale.

La professione può essere esercitata? Non essendo una figura professionale riconosciuta nessuna Legge lo vieta ma nemmeno uno su diecimila ce la fa a lavorare come Counselor, nonostante opportune promesse (rigorosamente verbali…) conclamate all’atto dell’iscrizione discretamente modellate sul profilo del candidato (più esplicitamente, dell’illuso che crede di essere prescelto, quando in realtà basta respirare per essere ammessi).

 Il paradosso evidente è dato dal fatto che molti docenti che insegnano nelle scuole di Counseling sono proprio gli psicologi, della serie: “prima ti insegno e poi ti butto a mare”. Uno dei tanti italici misteri che una legislazione chiara ed univoca eliminerebbe, ma che evidentemente crea una situazione che, di fatto, a molti fa comodo. Questo, in sintesi, il quadro in cui si pone il Counseling attualmente in Italia. Cos’è, in parole povere, questo Counseling? E’ semplicemente l’ascoltare il disagio dell’Altro.  Attenzione però: non un semplice ascolto, quello, per intenderci, che si può facilmente avere da un amico o da un parente, no, affatto. Il Counselor offre a chi si rivolge a lui il cosiddetto “Ascolto attivo” che fornisce un supporto concreto per il particolare momento vissuto, in cui tutta l’attenzione del professionista è rivolta al suo cliente, a quello che dice e soprattutto a quello che non dice, al modo in cui si esprime e, particolarmente, al linguaggio del corpo, il cosiddetto “Linguaggio non verbale”. Ci vogliono anni di studio e tirocinio per imparare anche solo parzialmente a cogliere questi messaggi, e non è affatto facile. Questo ascolto è basato su di una dote chiamata empatia. Molti Docenti di Counseling sostengono che l’empatia si può in qualche modo “imparare”, è opinione della scrivente che tale dote sia, appunto, una dote, per cui sia innata. Si può affinare, modulare e calibrare, certo, ma se manca non si inventa. Chiudo questo articolo sull’argomento con la speranza di aver posto con chiarezza un presupposto: il Counselor è un professionista con tutti i diritti di avere una propria identità professionale ma soprattutto non è uno Psicologo e non è un medico. Spesso è una persona che ha investito tempo, energie, denaro, soprattutto speranza, in una realtà che sovente si rivela illusione. Ai cari Lettori di TrucioliSavonesi non sarà sfuggito il tono amaro dell’elemento autobiografico. Ebbene, io sono una Counselor, che non ha una professione ma che ha acquisito una nuova professionalità nel proprio contesto lavorativo. Soprattutto sono una persona che ha imparato che esistono cattivi maestri capaci di insegnare, proprio con la loro esistenza, che è doveroso rispettare il tempo, le energie, il denaro, ma soprattutto le speranze di ciascuno.

Giovanna Rezzoagli Ganci

http://www.foglidicounseling.ssep.it

 

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