Il consenso non è una cambiale in bianco

 

IL CONSENSO NON È
UNA CAMBIALE IN BIANCO

 IL CONSENSO NON È UNA CAMBIALE IN BIANCO

TROPPI PASSI FALSI NEL MOVIMENTO CINQUE STELLE

La grande popolarità che Grillo aveva conquistato presentandosi come difensore appassionato delle persone comuni oppresse dallo Stato, minacciate dall’inquinamento, esposte ad ogni sorta di angherie e costrette a pagare il conto di una classe politica famelica ha convogliato verso il movimento Cinque stelle milioni di elettori facendone la prima formazione politica e verosimilmente quella destinata a scalzare il super potere della sinistra. A nulla sono valsi gli attacchi scomposti contro la Raggi, serviti solo a mascherarne l’inadeguatezza, a nulla è servita la palese incapacità degli amministratori grillini, per altro frenati da un ben radicato sistema di potere, a nulla è servita la mobilitazione di tutti i media, non solo nazionali, contro il populismo. Il consenso nei confronti del movimento continua a crescere. Ad alimentarlo, infatti, è ancora l’onda lunga del malcontento, del rancore nei confronti dei partiti, di cui ha fatto le spese prima Forza Italia e subito dopo il Pd con la sinistra tutta. Non che la gente non si sia accorta del pasticcio di Parma, o che i livornesi non percepiscano la nullità dei nuovi amministratori, o che non desti qualche sospetto la quiete torinese dove viene vellicato in tutti i modi il vecchio potere, o che sfugga il penoso immobilismo nella capitale, dove sembra che ci sia un funambolo che per non precipitare come quello nicciano ha deciso di stare fermo. Ma dall’altra parte ci sono gli artefici diretti o indiretti del disastro: come si fa a dare credito a un partito, il Pd, i cui esponenti sono nemici dichiarati dell’uomo della strada, asserviti ad un’idea di Europa micidiale per la sopravvivenza del nostro Paese, complici della grande finanza internazionale, difensori intransigenti della casta che hanno creato, impegnati non a servire il popolo ma a cercare di ingannarlo. E come si fa a dare credito a un Berlusconi che prima ci ha regalato il suo delfino, un figlio, diceva, che è il più convinto puntello dei governi abusivi che si sono succeduti dopo i giorni bui della nostra democrazia, commissariata dall’asse franco tedesco con la partecipazione diretta degli Stati Uniti, con l’ultimo “governo di scopo” che lo scopo – la legge elettorale – ha spudoratamente messo da parte, poi ci ha regalato il suo braccio destro, che però di braccia ne aveva due e col sinistro era avvinto al giglio tragico fiorentino? Siccome ero e rimango convinto che l’uomo di Arcore non sia uno sprovveduto che si fa facilmente mettere nel sacco, capisco i sentimenti di quelli che l’avevano votato e si sono sentiti raggirati.


Ci sono voluti decenni prima che l’elettore di sinistra si rendesse conto dello sfacelo al quale il Pci poi Pd stava condannando il Paese. Ma quando l’ha fatto si è trattato di un processo irreversibile. Il Pci fra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso si era guadagnato il consenso di una parte consistente dei lavoratori dipendenti, dei cosiddetti ceti medi, e di molti giovani laureati reduci dalle contestazioni studentesche. Un consenso a ben vedere non giustificato dai fatti perché se i comunisti col loro braccio sindacale hanno inciso sulle politiche sociali e del lavoro lo hanno fatto in modo rovinoso, creando sacche di privilegio, disparità, ingiustizie, favorendo dissennate scelte previdenziali, ma facilmente spiegabile per la funzione che il partito doveva svolgere di opposizione ad una Democrazia cristiana asservita al Vaticano e agli Stati Uniti, con i “laici” e il Msi che non facevano nulla per impedire che sul Paese calasse la cappa di piombo del clericalismo. Non dimentichiamo, a questo proposito, che la presenza del Msi è stata rovinosa perché ha soffocato la voce di un’Italia virtualmente orientata a destra, una destra libertaria e sociale che Berlusconi cercherà furbescamente di intercettare. Quando Almirante, sia pure di malavoglia, si schierò dalla parte di chi voleva abrogare la legge su divorzio fece alla sinistra un regalo impagabile. Ma il tempo è galantuomo e quando è venuta meno questa funzione anticlericale e antisistema il partito si è trovato nudo, in tutta la sua oscenità. E del consenso che aveva gli è rimasto quello di chi si sfama alla greppia del sistema di potere che ha creato.


Ora i Cinque stelle, e in misura minore la Lega, vengono identificati con quella rivoluzione liberatoria che è il populismo e, a mano a mano che gli elettori si convincono di questa identificazione, il loro consenso cresce. Sulla Lega però pesa ancora l’eredità nordista di Bossi e ancor di più l’ambiguità del legame con Forza Italia, che, con l’eccezione di Toti, non gode più di alcun credito e rischia di diventare un abbraccio mortale. Gli elettori potenziali della Lega sono gli stessi dei Cinque stelle, non voterebbero più per Berlusconi; e non a caso si fanno sempre più insistenti le voci di quanti temono o auspicano un patto fra le due forze “populiste”. Ma i rappresentanti del movimento di Grillo sono un problema, soprattutto da quando hanno cominciato a farsi vedere e, ahimè, sentire su diverse emittenti televisive. Finora hanno involontariamente giocato a loro favore gli onorevoli del Pd, nei quali la pochezza si coniuga con una spericolata arroganza. Almeno nel medio termine questo confronto li potrebbe mettere al riparo, se non fosse che questo parlamento, tenuto in vita per partorire una legge elettorale, legifera su temi vitali per il Paese e i grillini, che hanno fatto fuoco e fiamme per una questione non solo poco chiara ma di nessun impatto politico e sociale quale quella di Minzolini, hanno mostrato un’indifferenza olimpica sui problemi della sicurezza, dell’aumento della criminalità, delle norme che regolano la legittima difesa. Ma hanno fatto di peggio: il 29 marzo hanno votato con la sinistra, con la maggioranza parlamentare, col Pd il disegno di legge n. 1658-B recante“Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati” presenti illegalmente nel nostro Paese, che aveva già ottenuto il via libera del Senato all’inizio del mese. Il provvedimento riguarda un numero di soggetti che può essere quantificato per difetto con i dati ufficiali relativi agli ingressi via mare negli ultimi due anni e ai primi mesi dell’anno in corso: nel 2016 sono sbarcati sulle coste italiane 25.800 minori non accompagnati, che si aggiungono ai 12.300 dell’anno precedente e ai quali vanno sommati gli oltre 3000 arrivati quest’anno. Il totale è di 41.100, la quasi totalità di età superiore ai 14-15 anni e col 53% di diciassettenni. Non mi soffermo sul concetto di minore, che è una semplice convenzione: non è la natura che stabilisce questo status ma sono leggi fatte dagli uomini, che variano nel tempo e nello spazio, leggi che stabiliscono anche la punibilità, la capacità giuridica, gli obblighi militari, dove esistono, e il diritto di voto. I compagni, per dirne una, ultimamente manifestano la voglia di estendere il voto ai sedicenni, sperando che finisca in tasca a loro: quindi a sedici anni si è cittadini con pienezza di diritti e doveri o si è “minori”? Detto questo, osservo ancora che il numero dei beneficiari della legge è, anche per effetto della legge stessa, destinato a crescere in modo esponenziale nei prossimi mesi.


 Con questa legge, che integra la normativa precedente, l’Italia può vantare il primato mondiale nell’assistenza ai minori entrati abusivamente nel territorio nazionale. Si garantisce uniformità nella procedura di accertamento dell’età: in pratica si prende per buona la dichiarazione del minore riguardo alla sua età e alla sua condizione di non accompagnato, evitando qualsiasi intervento che possa turbare il minore. Si prevede l’istituzione di centri di accoglienza dedicati diffusi in tutto il territorio nazionale, nei quali il minore dovrà rimanere per non più di 30 giorni per essere poi inserito all’interno di strutture che ne garantiscano l’integrazione, in pratica famiglie affidatarie. Le pratiche che lo riguardano vengono sottratte all’autorità amministrativa e demandate al tribunale dei minori, tenuto ad agire nell’interesse esclusivo del minore: il rimpatrio è aprioristicamente escluso, a meno che non sia il minore stesso a richiederlo. I permessi di soggiorno scattano automaticamente in virtù della condizione di minore, che per altro viene prolungata fino al ventunesimo anno di età se l’integrazione non è stata perfezionata (Comma 2 dell’art.13: Quando un minore straniero non accompagnato, al compimento della maggiore età, pur avendo intrapreso un percorso di inserimento sociale, necessita di un supporto prolungato volto al buon esito di tale percorso finalizzato all’autonomia, il tribunale per i minorenni può disporre, anche su richiesta dei servizi sociali, con decreto motivato, l’affidamento ai servizi sociali, comunque non oltre il compimento del ventunesimo anno di età).La ratio della legge, evidentemente, prevede che il minore diventato maggiorenne, ormai integrato, abbia messo radici da noi più e meglio di qualunque nativo. Quanto ai costi della formazione essi vengono scaricati sulle amministrazioni locali, che vi dovranno far fronte nei limiti delle risorse finanziarie, strumentali e umane disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 4 dell’art. 14), privando di fatto i nativi di quel che resta dello Stato sociale.


Contestualmente presso i tribunali vengono costituiti albi di tutori volontari e si dovranno mettere in atto provvedimenti per facilitare l’affido, presumibilmente di carattere monetario. Viene immediatamente garantito l’accesso al Servizio sanitario nazionale e non solo il generico diritto all’istruzione ma un percorso di apprendistato e il conseguimento di un titolo con il conseguente inserimento nel mondo del lavoro. Alla faccia del 40% per cento di nostri giovani inoccupati o disoccupati, per non dire di quale stabilità godano quelli che lavorano. Il tutto con la ciliegina della tutela legale a spese dello Stato, non fosse mai che il minore, o il suo tutore, ritenesse leso qualcuno dei suoi “diritti”. In conclusione la legge tranquillamente approvata dalla stragrande maggioranza del parlamento va ben oltre lo ius soli o le garanzie riservate ai giovani italiani in difficoltà, ai quali nessuno garantisce indiscriminata assistenza sanitaria, titoli di studio, apprendistato e integrazione. In compenso identifica una quantità di beneficiari oltre i diretti interessati, dai tutori ai mediatori culturali oltre, ovviamente, al sottobosco di avvocati e cooperative e, dulcis in fundo, dell’affido, tutto sempre a carico del contribuente. A questo punto c’è da meravigliarsi se l’Italia diventa una meta sempre più appetibile? Sicuramente, a sentire il deputato riminese del Pd Tiziano Arlotti lo è per gli albanesi che hanno, sono parole sue dato luogo ad «una migrazione che sembra configurare, come rilevato anche dal Procuratore per i minorenni, “un improprio sfruttamento del welfare nazionale a tutela dei minori in assenza di condizioni legittimanti”, dietro cui si nasconderebbero attività illecite specificamente organizzate per il trasferimento dei giovani albanesi verso l’Italia, con particolare riferimento al territorio riminese». Ognuno guarda al proprio orticello e il problema non è certo limitato a Rimini e a qualche decina di albanesi. I numeri sono quelli che ho riportato all’inizio e fanno impressione. E se l’incauto legislatore è convinto che dall’attuazione della presente legge, a eccezione delle disposizioni di cui all’articolo 16 e all’articolo 17 (995.000 euro l’anno per tutela legale e sostegno a vittime di tratta), comma 3, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, è difficile credergli. Ma di fronte a questo scenario non ci stupiamo se Pd, Sel, questa maggioranza, questa sinistra, indifferenti di fronte al sentire popolare agiscano non come rappresentanti del popolo ma come, nella migliore ipotesi, interpreti ed esecutori di principi astratti e, nella peggiore, di interessi concreti; loro detestano il popolo e il populismo, al quale però i Cinque stelle debbono la loro ragion d’essere.


Sandra Zampa

Ma in parlamento, senza fare una piega, i Cinque stelle si sono allineati a quella maggioranza che un po’ li corteggia e un po’ li vorrebbe annientare. E questo è solo l’ultimo atto di una politica ambigua e sfuggente sul tema cruciale dell’invasione, sul quale proprio loro che denunciano lo scollamento dei partiti dai loro elettori si guardano bene dall’ascoltare la voce dell’uomo della strada o anche solo quella della rete, che quando fa loro comodo diventa il Verbo. Riguardo poi al provvedimento così frettolosamente varato nel silenzio della stampa di regime a chiarirne il significato politico ci ha pensato la prima firmataria del disegno di legge, la piddina Sandra Zampa che alla Camera dei deputati in sede di dichiarazione di voto ha dichiarato testualmente: «Queste norme hanno anche l’ambizione di essere all’altezza della generosità dei nostri concittadini italiani e di tanti volontari con l’ambizione di concorrere a costruire un sistema che guarda lontano, al futuro, e che Papa Francesco ha con un’estrema efficacia richiamato e descritto semplicemente con quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere, integrare. Ma è soprattutto un investimento per un Paese intelligente, capace di guardare ai dati che lo caratterizzano: un saldo demografico negativo che ci accompagna da due anni. Investire sul loro senso di appartenenza, sul senso di appartenenza di questi ragazzi al Paese che li accoglie, su una loro doppia consapevole cittadinanza, significa investire su un progetto di pace». I tempi, evidentemente, sono maturi per uscire allo scoperto. Questo delirio, infatti, sarebbe stato inconcepibile solo qualche anno fa: se si fossero attribuite queste idee alla sinistra si sarebbe stati accusati di complottismo, di paure paranoiche, di avallare l’esistenza di progetti criminali di sostituzione di popoli. Ma «l’Italia può essere orgogliosa di essere il primo Paese in Europa a dotarsi di un sistema organico che considera i bambini migranti prima di tutto bambini», scrive openmigration.org, il sito immigrazionista dell’omonima associazione finanziata da Soros. Il cerchio si chiude, altro che complottismo paranoico. Si dovrà allora concluderne che i Cinque stelle condividono il progetto aberrante di sostituzione etnica in nome della globalizzazione? Mi auguro di no e so con certezza che né Grillo né Casaleggio lo condividono ma succedono cose troppo strane nel movimento che si saldano con l’avallo alla legge di tutela dei minori stranieri.


 Come le dichiarazioni di uno dei rappresentanti più in vista del movimento, Roberto Fico, che sul Fatto di lunedì scorso ha sostenuto che i Cinque stelle non hanno nulla in comune con la Lega in tema di immigrazione: noi, dice, «non vogliamo il blocco navale del Mediterraneo» e ha rincarato la dose attaccando Trump come un qualunque compagno: «se Donald Trump vuole alzare un muro sulla frontiera, noi non siamo d’accordo», e sai che senso ha l’accordo o il disaccordo di Fico su una questione squisitamente americana. E stendo un velo pietoso sulla Raggi che dopo aver sproloquiato su presunti movimenti di popolazioni fa eco a Librandi: gli immigrati non sono un problema ma una risorsa. Certo, a Roma più che altrove sappiamo bene che rom e immigrati sono per molti una bella risorsa, meglio della droga, diceva Buzzi. Ma come si concilia tutto ciò con la posizione di Grillo, col sostegno a Donald Trump, con la vicinanza a Putin e con le attese del popolo sovrano? Quel popolo che li ha eletti vogliono servirlo o, come la sinistra, pretendono di educarlo? Si decidano perché il consenso non è una cambiale in bianco. E un’astensione massiccia alle elezioni, quando finalmente ci saranno, consegnerebbe l’Italia al Pd, a Matteo Renzi: un incubo.

 Pier Franco Lisorini

Pier Franco Lisorini è un docente di filosofia in pensione

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