Il Comune nell’organizzazione amministrativa dell’UE

 

Relazione dell’assessore Christian De Vecchi, al convegno  di Carcare  “Il Comune nell’organizzazione amministrativa dell’Unione Europea”.

 
Relazione dell’assessore Christian De Vecchi, al convegno del 21 Maggio 2016, svoltosi a Carcare dal titolo “Il Comune nell’organizzazione amministrativa dell’Unione Europea”.

Buon giorno a tutti i presenti, grazie per aver scelto Carcare questa mattina e per aver scelto il tema del nostro seminario tematico. Il sottoscritto in questa sede interverrà in una duplice veste, da un lato come relatore del convegno e dall’altra come membro dell’associazione Intrabormida. Per quanto riguarda il ruolo del relatore è quello a cui sono meno abituato, quindi ci terrei a ringraziare chi mi ha preceduto, il Dott. Guido Araldo per l’analisi storica del ruolo delle autonomie locali a partire dall’anno mille in Italia, il Prof. Giorgio Grasso per il suo puntuale riferimento alla legislazione italiana in materia e i riferimenti costituzionali vigenti, il Dott. Mattia Costa per la relazione comparata con gli altri stati membri dell’Unione Europea, il vostro è stato un prezioso contributo tecnico e scientifico, la mia sarà una testimonianza, uguale a quella che potrebbe fare ogni consigliere, assessore o sindaco degli 8300 Comuni presenti sul territorio nazionale. Come socio dell’associazione Intrabormida mi preme ricordare come quello di oggi sarà il primo di una serie di seminari tematici dedicati agli approfondimenti dei ruoli degli enti locali periferici, Regioni, Provincie, Comunità Montane, Comuni, che avranno prossimamente luogo in altri Comuni delle Valli del fiume Bormida. Con il semplice obiettivo di seminare informazioni utili ad esaltare l’accezione positiva del ruolo degli attori che localmente si attivano nell’amministrazione della cosa pubblica. Oggi il tema del convegno è incentrato sull’ente locale maggiormente vicino ai bisogni e alle esigenze dei cittadini, il Comune, un ruolo importante di filtro relazionale con le comunità, troppo spesso sottovalutato, troppo spesso colpevolizzato per scelte fatte in sedi di enti centrali che sono per tutti fisicamente non raggiungibili.


La mia testimonianza parte da un dato affettivo e simbolico personale, quello di normale cittadino che a cavallo degli anni 2008/2009 è diventato cittadino rappresentante di altri cittadini, partecipando democraticamente alle elezioni amministrative del suo Paese, da allora ho iniziato a frequentare i luoghi del mio Comune da un punto di vista differente, se prima mi ci recavo per usufruire di servizi, carta d’identità o pratiche varie, ora attuo le scelte per offrire tali servizi, con un aggravato senso di responsabilità civica e collettiva che prima mi apparteneva in minor misura.  Il luogo simbolo da cui vorrei partire è la sala del Consiglio Comunale, dove vengono prese alcune delle scelte più importanti per la vita del Comune, in essa troviamo altri simboli rappresentativi di identità specifiche: la bandiera dell’Italia; quella della Regione Liguria; quella dell’Unione Europea, tra queste ve ne è un’altra che differisce per forma, è la bandiera del Comune ovvero il “Gonfalone”. Simbolo dell’identità millenaria delle autonomie locali, delle autodeterminazioni di persone e territori, simbolo di regolamenti e statuti che rappresentano lo Ius Proprium di cui ci ha parlato prima il dott. Araldo.

Ogni amministratore locale è testimone della propria epoca. Quella che mi riguarda è un epoca di transizione tra un epoca precedente che possiamo in modo dialettale definire “delle vacche grasse” e quella successiva o contemporanea che definiamo “della dieta”. Per usare un’espressione anglosassone, abusata, si potrebbe parlare di “spending review” o all’italiana, meno diffusa, “stringere la cinghia”. L’epoca delle vacche grasse è stata caratterizzata da una congiuntura economica favorevole che ha investito tutto il continente europeo, determinando nel settore pubblico, anche eccessi, sprechi e clientele. L’epoca della dieta è invece caratterizzata da una congiuntura economica sfavorevole, dunque dall’applicazione di accorgimenti legislativi per contenere gli eccessi dell’epoca precedente, ciò in tutti i segmenti delle competenze statali con l’obiettivo di ridurre la spesa delle pubbliche amministrazioni, determinando ovviamente una riduzione dei servizi ai cittadini.


Per quanto riguarda la nostra fattispecie, l’ente locale comunale, la dieta è stata imposta dal legislatore nazionale e da quello europeo attraverso due forme di applicazione: la riforma contabile e fiscale, e la riforma amministrativa.  La prima si è manifestata attraverso tutta una serie di articolati e stratificati strumenti legislativi in perpetua e annuale evoluzione che ha prodotto in termini esemplificativi una riduzione progressiva dei trasferimenti economici statali e regionali verso le periferie comunali. La seconda, intervenendo sulle strutture organizzative del territorio, degli enti locali periferici, anche in questo caso con accorgimenti legislativi finalizzati alla compressione della spesa pubblica. Stiamo parlando, per i Comuni, della gestione associata di funzioni e servizi. Per servizi si intendono, la raccolta dei rifiuti urbani, il trasporto pubblico, la distribuzione domestica delle acque chiare e la raccolta di quelle scure, per i quali per intenderci se 5 o più comuni fanno gara d’appalto insieme anziché farne 5 diverse si potrebbe risparmiare, ottimizzare, la disciplina è quella che oggi legittima la creazione di ambiti ottimali su territori estesi che includono più Comuni che parteciperanno ad un’unica gara sotto la regia di un soggetto capofila. Per funzioni si intendono quelle esercitate dagli uffici comunali, polizia municipale, anagrafe, ufficio tecnico, servizi sociali e culturali … in questo caso gli strumenti per attuare una gestione associata tra Comuni, con la finalità di efficientare la spesa, spaziano dalle Convenzioni ai Consorzi alle Unioni e Fusioni sino alle Incorporazioni. Ognuno di questi strumenti ha una sua complessità di applicazione, quelli che recentemente sono entrati nel dibattito pubblico suscitando le reazioni degli amministratori dei piccoli comuni sono le Fusioni, in seguito alla inopportuna proposta di alcuni parlamentari di renderle obbligatorie. Per fusione si intende che 5 Comuni, con i loro reciproci territori, abitanti, nomi, gonfaloni, statuti, si uniscono creando un ente unico, con un nuovo nome e caratteristiche, 5 gonfaloni con la loro identità come detto in precedenza, spariscono per creare un gonfalone nuovo. Il legislatore nazionale negli ultimi 5 anni, nelle varie leggi finanziarie approvate, ha incentivato economicamente e fiscalmente la realizzazione di Unioni e Fusioni tra i Comuni.


Teatro Santa Rosa dve si è svolto il Convegno

Il primo Dicembre del 2015 la Corte dei Conti, ha presentato alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, un audizione rapporto, passata purtroppo inosservata, dei risultati in merito alle applicazioni delle gestioni associate delle funzioni e servizi sull’intero territorio nazionale negli ultimi 5 anni,  sottolineando le imperfezioni del sistema. Esemplificando, al netto delle spese di incentivo di cui si è accennato, il risparmio economico prodotto dalle fusioni a regime in Italia è stato di 10 milioni di euro, tanto quando il bilancio del Comune di Carcare, circa. Un risultato scoraggiante e previsto da tempo, che ha stimolato in alcuni l’idea di rendere le Fusioni tra comuni obbligatorie per produrre maggiori risparmi. Da qui le legittime rivendicazioni alla sopravvivenza degli amministratori dei piccoli Comuni. Se si aggiunge che nel Documento di Economia e Finanzia 2016 (DEF 2016) il legislatore nazionale ha espressamente riconosciuto il ruolo svolto dai Comuni nel contribuire al risanamento dei conti pubblici, anche definendo sproporzionata la stretta finanziaria imposta negli ultimi anni agli enti locali, compromettendo a quel livello il binomio autonomia-responsabilità. Tutto ciò per dire, o certificare, che gli amministratori dei Comuni hanno accettato, loro malgrado di essere imputati insieme ai loro enti come il centro di spesa sul quale intervenire per tagliare la spesa pubblica, hanno responsabilmente contribuito insieme ai Cittadini a sacrificarsi, sono diventati esattori per conto di terzi, e sono stati testimoni della radicale diminuzione dei servizi comunali, e non solo, a soddisfazione dei loro bisogni ed esigenze. Tutto ciò per sottolineare come sarebbe ora che la pressione contabile o fiscale, dell’epoca della dieta, si spostasse pubblicamente ad un altro livello, orientandosi verso altri centri di spesa non più periferici ma preferendo quelli regionali e nazionali.

Guardando alla realtà europea mi vengono in mente due stati membri che hanno in comune denominatore con il nostro il numero degli abitanti, Germania e Francia. In Germania i Comuni sono circa 13.000, in Francia oltre 36.000 e pare che in entrambi i casi non si parli di Fusioni all’italiana. Lasciando da parte la Germania a tutti gli effetti ordinamento federale. In Francia, nostri “cugini” per affinità culturali, le riforme amministrative (anche quelle fiscali) hanno determinato:  il mantenimento dei Comuni in quanto ente indispensabile e maggiormente vicino ai cittadini nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza; la creazione delle Intermunicipalità per la gestione associata di funzioni e servizi, con bacino di utenza di 20.000 abitanti; l’estinzione entro il 2020 dei distretti corrispondenti alle nostre provincie; la riduzione delle Regioni da 24 a 12. In un contesto di Unione Europea e di uniformità amministrativa, basterebbe adeguarsi conservando le nostre peculiarità.

Concludendo la testimonianza di un cittadino, rappresentante di altri cittadini in un’epoca di transizione tra una di vacche grasse e una di dieta, mi viene spontaneo ricordare il titolo di un best seller di qualche anno fa “anche le formiche nel loro piccolo si incazzano”, in riferimento a quanto detto prima, se non si sposteranno, verso altri centri di spesa regionali e nazionali, le attenzioni del legislatore con la forbice, potrebbe accadere che “anche i Comuni, quindi i cittadini, nel loro piccolo si incazzeranno”, nel rispetto della nostra Costituzione e di quella dell’Unione Europea che ancora non c’è.

CHRISTIAN DE VECCHI

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.