Il collante della paura

IL COLLANTE DELLA PAURA

IL COLLANTE DELLA PAURA

[Avevo scritto questo articolo martedì scorso; ma, viste le continue giravolte giallo-verdi, ho voluto tenerlo in stand-by fino alla vigilia della pubblicazione, domenica. Avevo visto giusto; e infatti il governo, pur zoppicante, è ancora in piedi e lo resterà fino almeno il 2020].

Tra le tante accuse che si attira Matteo Salvini nella sua crescente solitudine c’è quella di “governare con la paura”. Lo si considera come un agitatore di spettri inesistenti, in primis quello dell’immigrazione coatta, quasi assistessimo ad un collettivo gioco sado-maso, che vede i sovranisti con la frusta in mano a seviziare tanti disgraziati, fiancheggiati invece dai nuovi eroi, che sfidano intrepidi le rie leggi italiche. Eroi idolatrati, manco a dirlo, dalla variegata congerie dei buonisti, dichiarati o in pectore: dagli arditi del PD, LeU, +Europa & C., passando per la corrente M5S di Roberto Fico, con toni via via più sfumati, fino al premier Conte e al Capo dello Stato. 


Nord & Sud, Salvini e Fico: agli antipodi. Incarnano le vere anime dei 2 partiti di un governo tenuto insieme dalla paura

 Il quadro sado-maso è quello che della situazione offrono i mass media, che in verità non sono ormai più mass, ma solo élite media, in quanto non più rappresentativi degli umori del popolo, che, sondaggi alla mano, appoggia con convinzione crescente la politica di contenimento dell’invasione, incurante dei proclami e delle gesta dei buonisti. E incurante anche delle mine che vengono poste sulla strada della Lega, sotto forma di presunti scandali finanziari (Russia-gate), da chi non sopporta il suo gradimento pubblico.  

La paura, questo ancestrale sentimento, spesso usato per coalizzare i cittadini contro veri o presunti pericoli esterni, è nel nostro caso il collante che tiene legati cani e gatti in questo innaturale governo. 

Infatti, Salvini non rovescia il tavolo per il timore che il consorzio dei buonisti si compatti dando vita, con la benedizione del Quirinale, ad un governo PD-M5S, che darebbe il colpo di grazia ad ogni baluardo anti-invasione e girerebbe l’orologio della storia indietro ai tempi degli sbarchi a go-go di Matteo Renzi, spostando paradossalmente all’opposizione il primo partito d’Italia. 

D’altro canto, i parlamentari grillini, visto il dietro-front dei loro elettori a solo un anno dal voto, di fronte alla prospettiva di un drastico ridimensionamento dei loro numeri, non hanno la minima intenzione di mollare i comodi seggi, con tutta la pioggia di benefit che hanno d’incanto cambiato la loro esistenza. E figurarsi lo scranno della 3° carica dello Stato, improvvidamente assegnato al buonista sommo: Roberto Fico,  miracolato dalla dea bendata. Di persone della sua mediocre levatura Camera e Senato ne hanno già ospitate, ma costui è riuscito a scendere uno scalino più in basso perfino di Laura Boldrini. 

Insomma, la paura regna sovrana in Parlamento, con una strana maggioranza che sa di non esserlo più, e con una minoranza, promossa a maggioranza da un voto esterno, che non osa passare all’incasso per paura di perdere il patrimonio, sinora virtuale, del gradimento popolare e veder riemergere gli anni di fuoco dei confini aperti e degli inchini reverenziali alla UE, col definitivo declassamento dell’Italia a supina periferia d’Europa.

 


Teano, 1860: Garibaldi consegna ai Savoia il Regno delle Due Sicilie. Inizia la “nordizzazione” forzata del Sud

 Italia che vede sempre più accentuarsi il secolare divario tra Nord e Sud. Un divario di cui la forzata unità d’Italia voluta dai Savoia fu la causa prima, con buona pace della romanzesca epopea risorgimentale. Si volle fare qualcosa che somigliava, con oltre un secolo di anticipo, a ciò che gli USA, col pretesto dell’11 settembre, si accinsero a fare, esportando la democrazia in Paesi che ne sono allergici; con i ben noti risultati. Il Sud non sarebbe nelle condizioni in cui è stato portato se lo si fosse lasciato alla sua indole tradizionale, anziché pretendere di “nordizzarlo” a furia di trasfusioni e di impianti chimici al posto degli agrumeti. L’esempio della Repubblica Ceca, a vocazione industriale, di contro alla Slovacchia, a indirizzo rurale, sorte dalla precedente Cecoslovacchia, sono forse un calzante precedente di quale avrebbe potuto essere il destino naturale del nostro Paese.

Chiudo citando un articolo di Vittorio Feltri [VEDI] proprio sulle attuali differenze Nord-Sud, prendendo come esempi Roma e Milano. Differenze che, avendo abitato da neo-laureato un anno a Roma negli anni ’60, mi hanno dato modo di assistere, in successive visite, alla progressiva decadenza capitolina, di contro alla promozione in capitale europea di Milano, assurta a esempio concreto dell’Europa che vorremmo; e che invece sta sempre più seguendo il percorso romano, con la sua elefantiasi burocratica e la distanza dai bisogni dei cittadini; per non dire della sua incapacità di gestire il cancro della finanza speculativa e dell’immigrazione, lasciate gestire, la prima dalla “mano invisibile” dei mercati, e la seconda da negrieri e scafisti, con l’attiva collaborazione di ONG e sinistre, spinte da un irrefrenabile impulso a trascinare l’Italia in un masochistico cupio dissolvi.

 

Marco Giacinto Pellifroni      21 luglio 2019

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