Il caso ACTS: riflessioni

Il caso ACTS: riflessioni

di Luca Becce

Credo che il caso ACTS/Del Bene, in realtà, sia molto più significativo del semplice merito che rappresenta.
Credo che in questa storia, come in altre che non sono balzate all’onore delle cronache, ma che hanno contrassegnato la vita politica savonese di questi anni, non ci sia altro che l’epilogo in chiave politica e sociale di una vicenda che affonda le sue radici molti anni fa, all’inizio degli anni 80, quando a Savona è entrato definitivamente in crisi un modello di vita sociale ed economico che aveva incarnato la città dalla rivoluzione industriale in poi.
Da quegli anni, che iniziarono con l’ultima ipotesi di sviluppo economico avanzata per Savona, imperniato su una prospettiva industriale/portuale/energetica per il comprensorio e la Valle Bormida, turistica per il ponente, presentata dal partito di GOVERNO storico della città, il PCI, più nulla.


Luca Del Bene

Se non l’affacciarsi e lo spegnersi di progetti, idee, qualche rara volta iniziative, che non hanno però mai potuto invertire la tendenza ad AMMINISTRARE, ma non a GOVERNARE, che la classe dirigente della città ha espresso.
Sino a quando, come la fisica ci insegna, il vuoto è stato riempito; da quel momento a guidare e concretizzare una ipotesi di sviluppo non è stata la funzione unificante della Politica e del Governo, che per loro natura in un contesto civile e democratico dovrebbero essere sintesi della società che rappresentano, ma l’insopprimibile forza di interessi economici che, volendo per fortuna restare radicati alla città e al suo territorio, hanno cercato di indirizzare le scelte e lo sviluppo verso i propri interessi che, casualmente, in alcuni casi sono coincisi con gli interessi di una comunità che, ormai, stava sempre più piegandosi su se stessa (quante volte abbiamo ragionato sull’invecchiamento della popolazione, sulla tendenza al risparmio contrastante quella all’investimento…).
Questa è stata la “primavera savonese”. Una stagione che ha segnato la fine della politica e del governo, intese come traduzione pratica di visioni strategiche di sviluppo della comunità, per lasciare spazio alla amministrazione, intesa come composizione e coordinamento di interessi terzi. Lo stesso dibattito che sta attraversando la città in questa fase non riesce ad uscire sino ad ora da questo schema.
Tutto è ridotto ad una contrapposizione non reale e fuorviante tra “società civile” e “affari”, come se i secondi non fossero parte integrante della prima.


Questa è la temperie nella quale è germogliata la situazione che oggi si rappresenta in ACTS, ma potrebbe riguardare altri enti, elettivi, di secondo grado. Nel ribaltamento dei fattori che si è prodotto tra “governo” e “interessi” si è “formata” una classe dirigente, spesso totalmente digiuna di esperienza di lavoro reale, che ha interpretato la propria funzione strategica tutto nella chiave di mediazione prima descritta.

Chi non è totalmente all’interno del sistema autoreferenziale che si è prodotto, non ha alcuno spazio di agibilità per fare politica, in una situazione che, giocoforza, non può che essere totalizzante ed escludere chiunque non si dedichi integralmente ad essa. Questa situazione fa si che si perdano possibilità di confronto con che agisce nel mondo del lavoro, delle professioni, rifugiandosi sempre più in una visione della società tutta distorta dalle lenti deformanti indossate. Rompere questo guscio è la scommessa che la politica oggi può giocare, per garantirsi di tornare a non essere “affare separato”.

Ho sempre disprezzato chi si definiva “apolitico”, categoria che non ritenevo esistente. Oggi quasi sono tentato di iscrivermi alla categoria.

Novembre 2006

Luca Becce

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