Il carnevale di Loano

Senza porte, né finestre, né servizi igienici, intirizziti dal freddo, da ottobre a febbraio
Loano, come era bello il mio carnevale! E l’edizione 2011?
I 50 benemeriti al lavoro nel capannone ‘mai raccontato’
Una storia collettiva che deve fare i conti tra il disinteresse di molti e la disinformazione

Senza porte, né finestre, né servizi igienici, intirizziti dal freddo, da ottobre a febbraio
Loano, come era bello il mio carnevale! E l’edizione 201?
I 50 benemeriti al lavoro nel capannone ‘mai raccontato’
Una storia collettiva che deve fare i conti tra il disinteresse di molti e la disinformazione
  

Loano – Chissà se è proprio vero che quest’anno Carnevaloa ha fatto il giro di boa?

Sono 15 anni che l’amministrazione promette un capannone nuovo per la realizzazione dei carri di carnevale. Festa storica loanese con la sua piccola rilevanza turistica.

L’unico evento che rompe un po’ la monotonia dei lunghi inverni rivieraschi non sempre caratterizzati dal mitico clima mite destinato ad un turismo over ’70.

A Loano d’inverno c’è il teatrino per i ragazzi (finché non trasformeranno in centro commerciale il cinema Loanese). E una domenica al mese c’è il mercatino dell’antiquariato, e beh, ci sta bene…potrebbero affiancarci una “sagra dei semifreddi”…

Niente Capodanno, niente musica, qualche fiera dove vendono “Castelmagno” farlocco e il mercato del venerdì, ormai con predominanza di bancarelle di extracomunitari.

L’unica manifestazione che portava una ventata d’aria fresca era il carnevale. Ed è stato soppresso, o per lo meno ci hanno provato!

I carri allegorici dello scorso anno sono abbandonati in un campo, marciti dalle intemperie, depredati e a pezzi. E’ una desolazione della vista passare di là e vedere Winnie the pooh con le braccia amputate.

Il carnevaloa non era satira politica, era una festa per i piccini accompagnati dai grandi.

Pochi possono immaginare il lavoro che per tutti questi anni è stato svolto in un capannone senza porte, né finestre. Col tetto che faceva acqua da tutte le parti , senza servizi igienici, carente delle norme di sicurezza vigenti.

Ma c’era una cucina a gas dove si facevano megacaffettiere di brodaglia corretta grappa che radunava tutti i volontari intorno a un tavolo per un momento di calore, perché là dentro faceva davvero freddo.

Una cinquantina di persone da ottobre a febbraio si recava ogni sera in quel posto fatiscente a fare carta pesta con le mani intirizzite dal gelo, a pitturare, saldare, incollare, inchiodare. Qualcuno si è beccato la polmonite, altri hanno litigato con le mogli lasciate a casa anche il sabato sera, i più temerari hanno coinvolto le proprie famiglie.

Tutto ciò per il solo e unico piacere di farlo, completamente gratis!

E inorridisco alle lamentele spese da qualcuno per i 2 euro di balzello da versare per vedere i carri sfilare.

I manifesti pubblicitari mostravano solo la facciata buona del carnevale omettendo, fra i colori vivaci, il dispendìo d’energia che serviva per fare ciò.

I “giornalari” locali stampavano la foto del carro più bello, sfornavano cifre di visitatori (sempre diverse o sempre uguali, a seconda degli informatori) e scommettevano su ipotetici record d’incassi, ma nessuno di loro “professionisti della carta stampata” si è mai preso il disturbo di saltar giù dal cadreghino caldo e uscire una sera per andare a documentare il lavoro svolto al “capannone”.

Non è mai successo nulla di spiacevole al vecchio capannone senza norme di sicurezza, forse perché questa piccola organizzazione era dotata di buon senso oltre che di esperienza.

Poi lo scorso anno i “signori della carta pesta” sono stati sfrattati. Al posto del capannone deve sorgere al più presto una grande moschea, ops, palazzina.

Il cantiere del carnevaloa è stato trasferito per gentilissima concessione in una piccola struttura di Borghetto S. Spirito con la illusoria promessa che presto sarebbe stato costruito un nuovo capannone.

Il vincolo per realizzare la manifestazione era sempre quello di far uscire minimo 15 carri, pena l’abrogazione!

Ma la struttura provvisoria era talmente piccola che i 15 carri erano alla distanza di un metro l’uno dall’altro e non c’è da stupirsi se dopo un mese dall’insediamento abbia preso fuoco!

E’ bastata una piccola, invisibile scintilla partita dalla saldatrice per ridurre tutto in fumo.

E sì, perché, per chi non lo sapesse i carri allegorici sono fatti prevalentemente da materiale altamente infiammabile (carta!).

Ciò nonostante la tenace organizzazione di volontari è tornata al vecchio, fatiscente capannone e in soli 15 giorni, lavorando anche di notte, è riuscita a mantenere la promessa di far uscire i 15 carri promessi. Dimostrando ancora una volta il vero spirito del carnevale.

E’ stata vinta una battaglia, ora si devono preparare per la vera e propria guerra.

Il carnevale di Loano è un’opportunità che l’’amministrazione, un po’ per invidia e un po’ per ripicche politiche, non ha voluto cogliere.

Poteva essere un’opportunità anche per creare nuovi posti di lavoro e farla entrare a far parte delle risorse turistiche del paese. Poco distante dalla “minidubay” poteva sorgere una “miniviareggio”?

Ma certo, non era in vendita e nemmeno in affitto, non c’era interesse senza speculazione.

Però un po’ bene ci sta….perché, seppur condividendo gli impedimenti e l’indifferenza destinati a chi, senza supporto, ha reso quella festa un “fatto sociale”, artigianalmente creativo, possibile perché realmente invita a partire dai cantieri collettivi del capannone, faccio fatica a chiamare la manifestazione “carnevale“: se non ci dev’essere niente di satirico, perché non chiamarla “Festa per i piccoli accompagnati dai grandi“?

Le scelte sono largamente tributarie del mondo televisivo fantasy, soprattutto anni ’80, facendo pensare più a una localizzazione (o, come speculano i postmodernisti: “globalizzazione”) di Disneyland. In ciò nulla di male, ma perché ostinarsi a chiamare “allegorici” carri dove, anziché Giustizia, Grazia, Fortezza o Temperanza, troneggia Winnie the Pooh? Personalmente Winnie mi piace e sono cresciuto anch’io circondato da cartoons, merendine e giochi a creatività zero, ma che ricordo comunque con un certo affetto.

C’era dell’altro, però… E il carnevale, se così vogliamo chiamarlo, dovrebbe essere un rito che coinvolge tutti, che li fa sognare, ma gli rovescia anche addosso un piatto condito di attualità. Questo il senso. Se no è davvero tutto uguale e – appunto – vendibile al miglior offerente! Finché non si attiva un briciolo di coscienza le cose non potranno portare un nome.

Perché non rendere davvero carnevale il Carnevaloa mettendo sui carri, anziché l’uomo ragno, un modellino di palazzina vuota con scritto, parafrasando Woody Allen: “Dio è morto, il carnevale è morto e anch’io non mi sento troppo bene”? Oppure una bella maquette del nuovo porto con stralci di reti da pesca e frammenti di gozzo bruciati? E poi ci starebbe bene qualche personaggio del passato, un pescatore-marinaio di origini locali (tipo Felicìn) o siciliano, di quelli che andavano a pesca di squali (magari di quelli che boccheggiano a Palazzo Doria)!

Se le persone non osano è che, in fondo, va tutto benissimo, come sempre a Loano.  La mia critica non è, rivolta alle mani che impastano cartapesta (cosa sublime), ma all’assenza diffusa di quel grano di disobbedienza civile capace di rendere dignità agli sforzi di una storia collettiva sepolta (dalla Loano povera al paese venduto e cementato, alla “factory” del capannone…).

 Giambello

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.