“If” (se)

“If”  (se)

“If”  (se)

S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo;

s’ i’ fosse vento, lo tempesterei;

s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;

s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo;

 

s’i’ fosse papa, sare’ allor giocondo,

ché tutti cristïani imbrigherei;

s’i’ fosse ’mperator, sa’ che farei?

A tutti mozzarei lo capo a tondo.

 

S’i fosse morte, andarei da mio padre;

s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:

similemente farìa da mi’ madre.

 

S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,

torrei le donne giovani e leggiadre:

e vecchie e laide lasserei altrui

Ve la ricordate?

Io me la ricordo in seconda Liceo, mi era piaciuta d’istinto e mi piace a tutt’oggi. Un randagio arrabbiato per il fatto d’essere al mondo: mi ci ritrovavo.  Trattata alquanto sbrigativamente dalla “prof” d’allora, una signora perbene che, insegnando in un Liceo di religiosi, la fece passare sbrigativamente assieme ad altre liriche del periodo. Che contenuto sconveniente e dissacrante … il tutto minimizzato da un finale in stile giullaresco. Ma qui dovremmo chiedere a Dario Fo di approfondirci l’argomento.

In tutte le lingue questo “se”,  appartiene al piano delle ipotesi, a cui si abbandonano, a volte,  i nostri pensieri.  Anche nei linguaggi di programmazione compare come condizione per la verifica o meno di una condizione, sempre seguito da un “then” che ci fa lasciare il piano delle ipotesi per convergere ad una implicazione logica operativa. Può diventare il titolo di componimenti sicuramente più “perbenisti” di quello di Cecco Angiolieri.  Per esempio una mia conoscente (ben più “letterata” di me) mi faceva notare che una delle sue liriche preferite (scritta da Rudyard Kipling) ha proprio per titolo “If”.

In effetti, questo “if” esprime netta contrapposizione al piano delle ipotesi di Cecco, snocciolando una serie di precetti che ho trovato davvero noiosi, anche se ricevettero l’attenzione di un Antonio Gramsci.

 Ma sempre su questo “se”, ritornato nel piano delle ipotesi, ritroviamo un bel “If I were a boy” con un testo neppure male per una canzone non “impegnata”. Potremmo proseguire la nostra ricerca del “se” certi di trovare molti altri casi, per cui, essendo anche ben fuori dalla mia area di expertise, mi fermo.
Però c’è un “se” che scende dal piano delle ipotesi per calarsi nel mondo reale, nonostante il tempo condizionale dei verbi. Qualcuno ricorda ancora il lato B (quando gli LP erano in vinile) dell’album “Atom Earth Mother”?

If I were a swan, I’d be gone.

If I were a train, I’d be late.

And if I were a good man,

I’d talk to you

More often than I do.

 

If I were to sleep, I could dream.

If I were afraid, I could hide.

If I go insane, please don’t put

Your wires in my brain.

 

If I were the moon, I’d be cool.

If I were to rule, I would bend.

If I were a good man, I’d understand

The spaces between friends.

 

If I were alone, I would cry.

And if I were with you, I’d be home and dry.

And if I go insane,

Will you still let me join in the game?

 

If I were a swan, I’d be gone.

If I were a train, I’d be late again.

If I were a good man,

I’d talk with you

More often than I do.

Ogni tanto penso al verso “… e se io fossi con te, io sarei a casa e all’asciutto” e concludo con la fine del primo gruppo di versi: “ … e se io fossi un uomo buono, parlerei con te più spesso di quanto io faccia”.

Il “randagio” Cecco ha trovato casa.

SALVATORE GANCI

 

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museodellascienza.s.ganci@gmail.com

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