I veri presupposti per le 5 stagioni del turismo in liguria…

I VERI PRESUPPOSTI PER LE 5 STAGIONI
DEL TURISMO IN LIGURIA:
RICONVERTIRE L’OFFERTA!

I VERI PRESUPPOSTI PER LE 5 STAGIONI
DEL TURISMO IN LIGURIA:
RICONVERTIRE L’OFFERTA!

 L’Ufficio Economico Cgil Liguria ha presentato anche quest’anno i dati sulla situazione congiunturale, adottando un interessante taglio monotematico rispetto agli anni scorsi. Quest’anno si è parlato di Turismo, su cui Marco De Silva ha già compiuto ricerche per approfondire il modello della Costa Azzurra, esempio di successo per la capacità complessiva di promozione del territorio.

La realtà della Riviera di Ponente è stata inquadrata nelle quattro province liguri, anche se il nostro turismo può essere meglio proiettato in un ambito omogeneo che ci leghi al cuneese e all’alessandrino, più che al resto della Liguria.

Dunque un Ponente che parta da Varazze o da Celle per arrivare al confine francese.

In quest’ambito Savona città può trovare una posizione specifica, data dai notevoli transiti per gli imbarchi crocieristici, come lo fu Genova (e ancora lo è per le crociere) ai tempi delle traversate verso gli Stati Uniti e le Americhe,  fino alla fine degli anni  ’60.

I dati presentati confermano le preoccupazioni dovute alla recessione/stagnazione degli ultimi 8 anni. Quadro che non ha tuttavia impedito alla CGIL di attestarsi su posizioni finalmente nuove per guardare al turismo ponentino che, se non mortificato, era per lo meno stato posto in secondo piano rispetto alle attività industriali e all’industria edilizia.

Quest’ultima particolarmente celebrata per l’occupazione dei tempi migliori, almeno doppia rispetto a quella odierna. 

Sappiamo come tutto il sindacato – non solo la CGIL – sia stato di fatto guidato dall’interesse per l’occupazione più che dallo sviluppo vero e proprio.  Prova ne sia che i settori forti in termini occupazionali si sono rivelati deboli nel lungo termine, con il guaio che non si sono investite energie sui presupposti di lungo termine capaci di costituire le basi di settori con forte prospettiva nel terzo millennio, come il turismo.    Questo per tutto il territorio nazionale.

E, stando nel settore turismo, neppure gli stessi operatori si erano domandati fino in fondo come sarebbe stata l’evoluzione del mercato.

Molto interessante, in proposito, azzeccato intervento del giovane segretario confederale Fulvio Fellegara che ha presentato l’esempio di Blockbuster approdato in Europa nel ’98 e finito con la chiusura nel 2011 per non aver compreso quanto le nuove tecnologie avrebbero inciso sul mercato del video noleggio.

Il direttore Confcommercio Claudio Roggero ha dimostrato di essere ben consapevole delle sfide rappresentate storicamente dalle seconde case di proprietà cui – oggi – si sono affiancate le case in affitto tramite le varie reti, prima tra tutte AirB&B, costituendo così una minaccia.

Ma Roggero ha anche evidenziato opportunamente che a questa minaccia si affianca un aspetto nodale, dato dal mercato prevalentemente nero in cui si è sviluppato questo business, divenuto un doppio handicap per gli alberghi e le pensioni tradizionali.

Quindi anche col rischio che il turismo decolli sotto nuove forme ma senza effetti trainanti sull’occupazione, se non  quella indipendente.  Gli operatori del turismo tradizionale sono così approdati a prendere posizione a favore della legalità, per combattere il mercato nero dei posti letto acquistati su internet tramite AirB&B e altre organizzazioni simili.

 Il fatto nuovo e positivo di questi anni è dunque, la piena e definitiva conversione dell’interesse strategico della CGIL al settore del turismo, con i suoi risvolti in termini di potenzialità occupazionali.

Si tratta di capire in quale misura il PD sia pronto ad assecondare tale orientamento, abbandonando l’atteggiamento compromissorio nei confronti dello sviluppo edilizio praticato nel nome della salvaguardia occupazionale che tuttavia ha penalizzato lo sviluppo turistico e relativa occupazione nel lungo termine.

Guardando alla vicina Costa Azzurra, i dati presentati hanno fatto vedere che la sola città di Nizza ha un volume di attività turistiche pari al doppio di tutta la Liguria! Forse è meglio confrontare la Costa Azzurra –  senza la città di Nizza –  per cercare di capire cosa si possa fare per costruire i presupposti di un rilancio turistico nel Ponente  ligure, caratterizzato da cittadine medio – piccole.

Prima di guardare al mercato, cioè ai turisti italiani e stranieri (i turisti liguri sono solo l’8% del totale) bisogna che ci domandiamo se abbiamo i requisiti per puntare al rilancio del turismo e quindi per acquisire quote di mercato. Quote che le destinazioni più lontane hanno rosicchiato ormai da un paio di  decenni, grazie allo sviluppo di turismo di massa, dato dalle crociere e dai voli + soggiorno  tutto compreso, ma anche dalla riviera adriatica per il turismo giovanile.

L’analisi della CGIL e la discussione che si sviluppata, hanno fornito importanti indicazioni: 

a) Migliore utilizzo della rete nei portali delle singole località (progettazione e gestione);

b)   Più trasparenza on line su tariffe e pacchetti di singoli alberghi e pensioni;

c)   Tempestivo calendario manifestazioni stagionali, per una promozione più efficace;

d)   Tempestivo calendario attività sportive, fiere e mercati  per tutto l’anno;

e)   Puntare su tutto quanto genera la destagionalizzazione (la 5a stagione!) per assorbire i costi fissi;

f)     Utilizzo di lingue straniere nelle indicazioni precedenti;

g)   Eventuale tassa soggiorno solo dopo aver contrastato il mercato nero, per finanziare quanto sopra.

Queste indicazioni sono essenziali ma non evidenziano ancora i necessari presupposti, basati su una vera e propria “capacità” richiesta ai diversi soggetti coinvolti sotto parecchi profili:

  1. Capacità di conservazione del paesaggio: il nostro territorio è fatto da standard edilizi, muri in pietra, flora locale spontanea e assimilata, cura delle proprietà private. La trascuratezza con cui i muri (almeno sui fronti strada) sono stati lasciati deteriorare e/o sostituiti con manufatti indecenti; il danno procurato dalle manutenzioni del verde appaltate da Anas e dai Comuni (scarso addestramento e poco controllo) ha portato al depauperamento della vegetazione mediterranea lungo le strade, oggi aggravata dalla decimazione delle palme canariensis colpite dal punteruolo; l’incuria di proprietà private (diversamente dalla Riviera di Levante) ha portato ad un allineamento al ribasso negli standard degli ultimi 40 anni con l’avvento deludente della Regione e il declino delle Province, rivelatesi incapaci di prendere misure anche impopolari a protezione del paesaggio.  

  2.   Capacità di orientamento all’accoglienza: la storia del nostro turismo, originato da inglesi e da famiglie italiane alto borghesi scopritori del territorio, ha fatto mancare la cultura dell’investimento nella promozione turistica, sostituita dalla cultura dello sfruttamento della felice situazione climatica e  geografica (la sbornia delle 3000 ore di sole….), da decenni ormai insufficienti.  Questo ha portato al susseguirsi di generazioni di operatori orientate all’efficienza privata, ma insensibili alla responsabilità collettiva/cooperante nella promozione, su cui non possono bastare gli sforzi di singoli operatori o di singole località. Basti pensare alla tolleranza di fatto accordata (a parte i perenni mugugni) alla scarsa manutenzione e cura della pulizia di strade,  di spiagge libere e la poca cura/controllo nei dehors.  Non basta solo offrire risposte gastronomiche e meravigliosi scorci di paesaggio, ma occorre curare “come” sono offerti, ad esempio con strade di accesso meno “svaccate” per raggiungere borghi e frazioni.

3.   Capacità di ricerca e omologazione verso nuovi standard: il deficit registrato nell’accoglienza ha penalizzato la presa di coscienza di nuovi modi di operare nel turismo (alberghi,  pensioni, ristoranti, bar, intrattenimento, dehors, stabilimenti balneari, spiagge libere attrezzate). La globalizzazione non ha riguardato solo complessi fenomeni mondiali, ma anche fenomeni più circoscritti con inevitabile competizione tra bacini turistici locali come la Costa Azzurra e la Riviera di Ponente – alla quale restiamo inadeguati. C’è da lavorare sul miglioramento delle capacità di acquisire nuovo know-how: mancano iniziative di sostegno in grado di portare gli operatori e gli amministratori locali a superare il generale rifiuto a omologarsi su nuovi standard normativi e operativi traguardati invece dai turisti di oggi.  Negli ultimi 40 anni avremmo altrimenti  ridotto le differenze tra Riviera francese e Riviera ligure, rimaste purtroppo assai marcate.

4. Capacità di identificare un profilo turistico prevalente: come nel settore automobilistico, anche nel turismo si deve scegliere in quale segmento collocarsi. Le nostre località possono differenziarsi per fasce di turisti (giovani, famiglie, anziani) e di prezzo (alto, medio, basso) tanto nelle seconde case quanto nelle infrastrutture alberghiere. All’interno delle nostre località le attività economiche devono però trovare la giusta sistemazione grazie a piani urbanistici razionali e a regolamenti edilizi conseguenti, per rendere compatibili il turismo e le attività industriali. Anche le attività di intrattenimento devono essere coerenti col  profilo turistico prevalente: se si punta al turismo giovanile la movida potrà spuntare limiti di orario e soglie di rumore conseguenti. Altrettanto occorrerebbe fare per il calendario manifestazioni, fiere e mercati lungo tutto l’anno, con impatto su parcheggi e modifiche di viabilità.

Sul piano oggettivo ci sono in conclusione importanti passi da fare per un miglioramento normativo e operativo; in parte bene indicati dall’Ufficio Economico CGIL.

Sul piano soggettivo c’è, però bisogno di una verifica non autoreferenziale sulle reali “capacità” intese come presupposti grazie ai quali operatori e amministrazioni locali siano in condizione di realizzare, nel turismo, i cambiamenti necessari da non assumere come effettivamente voluti da tutti.

Sul piano delle “capacità” bisogna verificare l’intenzione reale di riconvertire la cultura turistica fino ad oggi dominante nella Riviera Ligure, ddl vecchio binomio sole-mare o dal detto “tanto qui devono venire” o, peggio, dai comportamenti di “rapina” del Turista moderno attento alle condizioni dell’offerta “globale”.

E per questo occorre che gli amministratori locali sacrifichino i vecchi equilibri con gli operatori per fissare con loro nuovi traguardi. 

Non per fare cose impossibili, ma saper guardare ad altri ambiti con cui competere: individuando in quei modelli di riferimento i diversi elementi di forza.

Probabilmente troveremo presso i nostri competitori elementi essenziali quali:

Una visione d’insieme, articolata in un disegno programmatore e normativo coerente, cui hanno dedicato energie e risorse per un monitoraggio costante sul territorio,senza lasciare spazio né a deroghe clientelari né ad atteggiamenti di tolleranza diffusa della non legalità.

In una parola, un modello normativo e operativo di saggio rigore che, nel medio – lungo termine, ha dato altrove i suoi frutti, facendosi accettare da tutti, nell’interesse di tutti.

Se è vero che in democrazia la rappresentanza viene alla fine guidata dalle forze economiche e sociali, bisogna prendere atto che – quanto a sviluppo turistico – le stesse hanno male indirizzato le proprie energie collettive, sacrificate a singole richieste clientelari e a deroghe di vario genere che hanno allontanato il nostro territorio dagli standard necessari a un turismo di successo.

L’identificazione del percorso sbagliato è la prima condizione per aggiornare la direzione di marcia, oggi che il turismo non è più visto in una posizione secondaria rispetto alle altre attività, come avvenuto nel secolo scorso non solo in Liguria. 

Alla Confcommercio e alla CGIL di Imperia il merito di lavorare in questa nuova direzione, auspicando sforzi aggiuntivi nella via maestra della legalità, invocata anche dagli operatori economici del settore, finalmente consapevoli che la non legalità genera falsa competitività e quindi declino.

GIOVANNI FERRERO

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