Gruppi giovanili spontanei savonesi

SEGNALI DI VITA A SAVONA  a cura di  MARCO FANNI
UN’INDAGINE SUI GRUPPI GIOVANILI SPONTANEI DEL SAVONESE
Questa settimana le interviste a: 
CATTIVI MAESTRI – NATI DA UN SOGNO  – IN YOUR EYES ZINE –
 IL BAOBAB – RADIOTRAFIKO – TRUELOVE

SEGNALI DI VITA A SAVONA  a cura di  MARCO FANNI
UN’INDAGINE SUI GRUPPI GIOVANILI SPONTANEI DEL SAVONESE
Questa settimana le interviste a: 
CATTIVI MAESTRI – NATI DA UN SOGNO  – IN YOUR EYES ZINE –
 IL BAOBAB – RADIOTRAFIKO – TRUELOVE
 

CATTIVI MAESTRI

  CONTATTI:

MAIL: cattivimaestri@libero.it

FACEBOOK: cantina teatrale

SITO: www. Cattivimaestri.it

Intervista con JACOPO MARCHISIO

 

Chi siete, quanti siete, età media, occupazione.

I fondatori dell’associazione sono Gianluca Nasuti, Gabriele Catalano, Francesca Giacardi, Maria Teresa Giacchetta.

10 sono gli elementi fondamentali dell’associazione, attorno ai quali ruotano però altre persone: alcuni di quelli che hanno fatto i corsi di teatro si sono organizzati e fanno ora parte del “nucleo operante”: con questi si arriva a 20.

Facciamo tutti un altro lavoro oltre a quello legato all’associazione.

 

Quando e perché è nata l’associazione Cattivi Maestri?

La “preistoria” dei Cattivi Maestri affonda le radici nel tempo: l’antecedente più lontano è infatti quello del “Piccolo Teatro” di Savona.

Dal Piccolo Teatro nasce per scissione nel 1990 l’associazione culturale “Antigone”, sotto la guida della regista Luciana Costantino, nella quale hanno fatto i corsi di teatro alcuni dei nostri fondatori.

Cattivi Maestri nasce come cooperativa nel 2000, divenendo associazione nel 2001. Ci ha spinto ad unirci semplicemente la passione per il teatro.

Inizialmente la nostra sede era a Monturbano, finché la parte di edificio che ci ospitava è stata chiusa per inagibilità. Siamo rimasti per un certo tempo senza sede, facendo solo spettacoli in giro, e senza la possibilità di fare stagioni stabili.

 

Di cosa vi occupate e con quale filosofia lavorate?

Le attività che svolgiamo sono:

1. PRODUZIONE DI SPETTACOLI. Creiamo spettacoli in Cantina, ricercando testi classici, ma poco conosciuti, con tematiche sociali: il nostro è un teatro da camera “sociale”.

Tra gli spettacoli prodotti in passato ricordiamo per esempio “Questa tua pelle ardente”, “I maghi della truffa” “I Monologhi della vagina”, “Un nemico del popolo” (quest’ultimo prodotto quest’anno).

Ci piacciono anche gli spettacoli con aspetti innovativi, ma non siamo amanti della sperimentazione vera e propria.

2. ORGANIZZAZIONE DI MANIFESTAZIONI TEATRALI. Nell’organizzare questo tipo di eventi durante la stagione, cerchiamo di presentare al pubblico spettacoli spesso diversi da quelli che sono nei nostri gusti. Si cerca di tenere conto dei parametri commerciali, ma anche di mantenere un’ottica di offerta variegata e non autoreferenziale quanto al gusto.

3. CORSI DI TEATRO. Teniamo un corso di recitazione a due livelli: livello base e avanzato. Si svolgono di sera, durano 3 ore e si ripetono con cadenza settimanale.

Le materie affrontate nel corso base sono: espressione corporea, mimo, uso della voce e della respirazione, improvvisazione, approccio al testo. Il corso si chiude con una “lezione aperta”, in cui i frequentanti si esibiscono per la prima volta davanti ad un pubblico, dimostrando quanto appreso durante l’anno.
Nel corso del secondo anno le materie si fanno più tecniche, e lo spettacolo finale è più corposo.

Una caratteristica che abbiamo voluto dare ai nostri corsi è quella di includere anche lo studio della storia del teatro con un approfondimento che consenta di accostarsi davvero alla cultura teatrale, senza fermarsi alla sola pratica.

Oltre a ciò, facciamo anche corsi con altri enti ed associazioni (per esempio l’Auser); corsi nelle scuole, nei licei, e anche corsi per bambini.

 

A chi vi rivolgete?

A chiunque, anche se tendenzialmente il nostro pubblico non è giovane: si tratta di persone che vanno normalmente a teatro. Storicamente negli anni si è consolidato un pubblico dalla trentina in su.

Anche nei nostri corsi di recitazione, negli ultimi anni c’è stata diminuzione dei giovani. Il motivo? Non saprei, è difficile da capire.

Probabilmente è dovuto, da un lato, alla diminuzione della percentuale di tempo libero che i giovani dedicano ad attività “culturali”, alle quali magari preferiscono altro tipo di svaghi, dall’altro ad un cambiamento dei loro gusti.

Quello che è sicuro è che i giovani fanno fatica ad entrare in un contesto come quello del teatro. Facciamo corsi di teatro nelle scuole, e non ci capita frequentemente che i nostri alunni vengano ad assistere ai nostri spettacoli. Anni fa invece c’era sicuramente più desiderio di proseguire l’esperienza teatrale dopo la scuola, come testimoniano molti ex-Coribanti.

 

Parlateci di alcune delle vostre passate iniziative o di alcuni dei momenti più significativi del vostro percorso associativo.

Dovendo segnalare poche cose ma significative, ricorderei:

1. LE CENE CON DELITTO: si tratta di una proposta frivola, ma di grande successo, che ha raggiunto ormai una bella notorietà; se ne fanno parecchie, dal 2003, e con ottimi riscontri di pubblico.

2. L’APERTURA DELLA CANTINA TEATRALE (2005): ci ha permesso e ci permette di fare una stagione di teatro professionale facendo venire gente da tutta Italia, con spettacoli importanti.

3. IL FESTIVAL DEL GIALLO: si svolge ogni anno al Priamar, ed è diventato ormai un appuntamento classico.

 

Che formato giuridico avete? Siete non profit o a scopo di lucro?

Siamo un’associazione culturale senza scopo di lucro e aderiamo ad ARCI.

 

Come promuovete le vostre attività?

Utilizziamo internet, i comunicati stampa ed i manifesti. Internet è importante, soprattutto per le Cene con Delitto. Abbiamo inoltre il gruppo Facebook della “cantina teatrale”.

In radio abbiamo avuto solo passaggi occasionali.

 

Come sopravvivono i Cattivi Maestri?

Traiamo risorse dagli spettacoli, che fanno generalmente buoni incassi.

Quando organizziamo serate con ospiti teatrali esterni siamo più a rischio di rimetterci, perché magari sono meno conosciuti e dovendo sostenere i costi per viaggi e accoglienza non sempre si riesce ad andare in attivo.

I nostri spettacoli sono fondamentali per mantenere l’equilibrio della stagione.

Oltre ai biglietti, quando lavoriamo con le amministrazioni riesce in vari casi di ottenere dei finanziamenti. Tuttavia non c’è un contributo stabile su cui possiamo fare affidamento e con cui coprire la stagione, quindi è sempre impegnativo far quadrare i conti.

 

Ci sono possibilità effettive di fare della vostra attività una occupazione a tempo pieno?

Di certo noi cerchiamo di trasformare le nostre attività in attività a tempo pieno… è difficile, ma non impossibile.

Stiamo dando vita ad un consorzio con altri tre circoli ARCI (Nuovofilmstudio, Raindogs, TrueLove) per prendere in gestione le ex Officine Solimano.

Se il progetto andrà in porto, non avremo più il problema del costo (ingente) dell’affitto dei locali ed avremo spazi adeguati per svolgere al meglio le nostre attività.

 

Che rapporti avete con altri gruppi, associazioni, circoli?

I rapporti con altri gruppi sono buoni: abbiamo molte collaborazioni, anche non teatrali, con altre associazioni; ottimi rapporti li abbiamo con l’Auser (abbiamo creato con loro un corso di teatro), con la Bottega della Solidarietà, con il Circolo Rossini di Quiliano e con il Circolo Pirandello. Abbiamo un buon feeling anche con il Nuovofilmstudio.

Con l’associazione Salamander non ci sono ottimi rapporti: si sono staccati anni fa da noi.

 

Quali sono i vostri rapporti con le amministrazioni locali e che opinione avete della collaborazione con esse?

I nostri rapporti con le amministrazioni locali sono molto dialettici, anche se con qualche momento di frizione; si verificano comunque anche periodi di collaborazione felice.

In complesso, direi che non abbiamo un rapporto diverso da quello che potrebbe avere qualsiasi altra associazione.

Sul progetto per le Officine Solimano pensiamo che l’operazione proceda con troppa lentezza e l’iter sia stato finora molto farraginoso. Probabilmente l’amministrazione avrebbe dovuto gestirlo meglio: resta fermo comunque che l’idea è buona, e le intenzioni sembrano buone.

 

Diteci la vostra opinione su cosa offre la città in termini di spazi per i giovani sia dal punto di vista culturale che dell’intrattenimento.

Gli spazi per i giovani sono sicuramente un problema. Sinceramente non so con precisione quali spazi vengano offerti, ma va pur detto che se si sente un bisogno, gli spazi bisogna anche saperseli inventare.

 

Savona, giovani, cultura, intrattenimento. Cosa funziona e cosa bisognerebbe cambiare?

La città offre più di quello che si vede; ma appunto il problema è che a volte non si vede.

Manca una sistematicità ed organicità delle offerte, come manca frequentemente un loro riconoscimento istituzionale.

Facendo un bilancio direi che c’è fermento culturale a Savona, anche se disordinato e quindi a volte un po’ sterile.

 

Diteci i vostri progetti ed ambizioni per il futuro.

Ci piacerebbe poter ripensare in maniera più organica e sistematica il nostro lavoro, sempre che riusciamo a spostarci. Lo spazio piccolo è limitante, e vorremmo fare le cose più in grande.

 

NATI DA UN SOGNO 

CONTATTI:

MAIL: info@natidaunsogno.it

SITO: www.natidaunsogno.it

FACEBOOK: nds – nati da un sogno fan club

Intervista con ROBERTA BONINO ed ANDREA CHIOVELLI

 

Chi siete (nome e cognome), quanti siete, età, occupazione.

Fanno parte del direttivo di Nati da un Sogno: Roberta Bonino (presidente), Andrea Chiovelli, Massimo Botta, Furio Cellerino, Mauro Ferrari. Siamo una decina di soci a lavorare più intensamente per l’associazione. Oltre a questi, ci sono altri 15-20 soci che si occupano esclusivamente di musical.

Siamo prevalentemente lavoratori, ma tra i soci ci sono anche vari universitari e studenti delle superiori.

Intorno a noi c’è poi tutto un giro di collaboratori per gli spettacoli.

Escludendo gli allievi, l’età va dai 14 ai 55 anni. La media “ponderata” è sui 35 anni.

 

Quando e perché siete NATI DA UN SOGNO?

Come gruppo siamo nati nel 2004, nell’ambito della parrocchia di S. Giuseppe a Savona: facevamo animazione per i ragazzi del post-cresima, tirando dentro qualche adulto, qualche amico… e ci venne il desiderio di realizzare un musical.

Non essendo riusciti alla prima occasione a farlo, gli “adulti” decisero di far nascere il gruppo, così da non lasciar morire l’idea, che venne in seguito portata a termine.

Il passaggio formale della trasformazione in associazione culturale non profit è avvenuto nel 2010.

 

Di cosa vi occupate?

Di musical, teatro ed animazione.

 

Qual è la vostra filosofia?

L’impegno nel dare spazio alle persone è la prima nostra caratteristica: il musical è concepito come un’attività aperta a chiunque, bravo o non bravo che sia. È infatti nel musical che è più forte la funzione “sociale”. Le attività sono rivolte anche alla tendenziale partecipazione di soggetti svantaggiati.

Il secondo aspetto del nostro modo di ragionare è nel cercare una contaminazione: non nel senso di sperimentazione, perché non intendiamo dare vita ad inusuali forme di teatro, ma nel senso di esportare il teatro in altre situazioni e contesti, come quello dell’animazione.

Facciamo animazione nel borgo, ma “teatrale”: portiamo per esempio i personaggi del “Mago di Oz” che recitano e fanno giochi, sempre rimanendo in tema con la fiaba.

Un altro esempio del “mix” che ci caratterizza è dato dalle cene a tema per bambini. Durante la cena i bambini mangiano con personaggi della fiaba, che recitano ma cercano anche di coinvolgere i bambini; nella seconda parte si da poi spazio ai bambini che trovano stand con giochi, sempre collegati al tema della fiaba.

Gli attori seppur abbiano un copione, improvvisano e si adattano alle situazioni, osservando e rispondendo alle reazioni dei bambini.

Siamo appassionati di musical e teatro e quando ne abbiamo la possibilità guardiamo gli spettacoli altrui, specie in inverno, quando siamo meno occupati dai nostri lavori.

Oltre a creare spettacoli, curiamo anche una serie di “eventi” collegati: c’è tutto un indotto intorno ad una idea di base, ed il servizio che si può offrire varia a seconda delle esigenze.

Solitamente per i musical non scriviamo canzoni da zero: scegliamo quelle poco note di musical già esistenti, e ne riscriviamo i testi.

  

A chi vi rivolgete?

Nel fare musical (“Nati da un sogno”) ci rivolgiamo a tutti ed anche alle famiglie.

Nel fare prosa (compagnia “NDS”) invece ci rivolgiamo a un pubblico adulto, e cerchiamo di tenere alto il livello qualitativo. La difficoltà e complessità è superiore.

Nel fare attività di animazione (“Niente di Serio”) ci rivolgiamo in particolare ai bambini. Inizialmente pensavamo che ci fosse un’offerta molto più ampia per i bambini ma ci siamo accorti che in realtà nessuno faceva davvero attività mirate ai più piccoli.

Nel tempo, varie persone che non facevano parte della nostra cerchia di amici si sono accostate al nostro gruppo, spinti dall’interesse per i nostri spettacoli e dall’apprezzamento per il lavoro fin qui svolto.

 

Parlateci di alcune delle vostre iniziative.

Nessun evento è stato costruito in un attimo e quindi è difficile sceglierne qualcuno che abbia avuto più significato in particolare. In ogni caso ricordiamo:

PINOCCHIO (2007): da questo spettacolo ci si aspettava un risultato di livello amatoriale, e invece è venuta fuori una cosa più complessa e con un grande lavoro alle spalle. Di amatoriale vi fu solo la partecipazione di alcuni membri del cast e soprattutto l’aspetto economico: il budget era zero, con la necessità di acquistare attrezzature e materiali.

L’impostazione era in sostanza già assai poco amatoriale.

L’anteprima la fecimo a San Giuseppe. Poi il botto fu ad Albissola, dove vincemmo con Pinocchio la rassegna regionale “Premio Albissola per il teatro”. Ricevemmo 50 punti dai 5 giurati..

MAGO DI OZ: è il primo spettacolo di cui abbiamo mandato in giro il promo, ed inaspettatamente fu scelto dal Teatro Nuovo di Milano. Siamo stati felicissimi di questa opportunità, arrivata così presto.

Il testo è stato scritto dal nostro fonico Dario Tarditi che adesso scriverà il nostro prossimo musical.

QUASIMODO: ha debuttato nel 2009, e quest’estate è stato in scena sul Priamar (2010). Lo spettacolo cavalca l’onda di “Notre Dame de Paris”.

Ma se il famoso spettacolo di Cocciante si basa molto sulla bravura, la nostra idea è, invece, di fare una proposta adatta a bambini e famiglie; si è scelto quindi di ispirarsi al noto cartone animato “Il Gobbo di Notre Dame”. In Quasimodo ci sono 3 canzoni di “Notre Dame de Paris”, riscritte ed incastrate nella trama del cartone Disney.

IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO: ricordiamo questo spettacolo perché è stato significativo come prima apertura al “casting”. Normalmente, se si è in pochi, in una compagnia amatoriale come la nostra, ci si organizza distribuendo i vari ruoli tra le persone disponibili. Qui invece, se c’era al nostro interno una persona adeguata al ruolo, la si è impiegata, mentre se servivano qualità diverse da quelle degli attori della compagnia, ci si è rivolti verso l’esterno. In questo spettacolo sono stati tre i contributi di persone non facenti parti del bacino originario di Nati da un Sogno.

Lo spettacolo è stato importante anche perché ci ha aperto al contatto con altre realtà.

 

Che formato giuridico avete? Non profit o a scopo di lucro?

Siamo un’associazione culturale senza scopo di lucro e siamo in attesa di avere i requisiti per essere riconosciuti come ONLUS.

 

Come promuovete le attività?

Ci pubblicizziamo con locandine, affissioni comunali, comunicati stampa sui giornali (ma mai spazi a pagamento), e Facebook (che è strumento per noi molto efficace).

 

Come sopravvive l’associazione?

Gli spettacoli sono più frequenti nella stagione turistica. Ricevendo contributi e finanziamenti dai comuni possiamo sostenere le spese e gli spettacoli stessi vengono proposti gratuitamente al pubblico. In inverno è molto più dura

 

IN YOUR EYES ZINE

  CONTATTI:

MAIL: info@iyezine.com

SITO: www.iyezine.com

FACEBOOK: simone benerecetti 

 

intervista a SIMONE BENERECETTI

In Your Eyes zine è una fanzine curata da me, Simone Benerecetti, di Varazze, con l’aiuto ed il contributo di numerose persone sparse per l’Italia.

Chi mi aiuta molto, soprattutto dal punto di vista tecnico, è Mauro Ferrando, che si occupa della grafica. Di lavoro faccio il webmaster.

 

Quando e perché è nata la fanzine?

il sito di In Your Eyes nasce attorno al 1996/1997, con un dominio non suo.

La maggior parte di chi ci scriveva proveniva ancora da esperienze legate alle fanzine cartacee.

Io e Luca Calcagno (di “Distorsioni”, storico negozio di dischi di Varazze) avevamo in precedenza creato “Uniduila”… lo strambo nome era per via di un’allenatore di calcio di Varazze che diceva “passila” e “uni duila” invece di “uno due”. La fanzine (10 numeri) girava nei primi anni ’90.

Altri collaboratori venivano da esperienze in progetti simili.

Nel 1996/1997 ho iniziato a “smanettare” su un sito, scrivendo recensioni di altri siti che mi piacevano. Poi nel 1999 ho comprato un dominio, e da qui la cosa si è fatta ufficiale. A collaborare c’era varia gente di Varazze e

a spingerci era la passione per la musica ed i dischi.

L’idea che ha fatto nascere il sito è quella tipica della fanzine anni ’90, ma con il supporto di internet.

Forse c’è un po’ di nostalgia per il sapore della fanzine cartacea, per le nottate di lavoro “analogico”, le fotocopie, e tutti gli sbattimenti collegati, anche distributivi.

Tuttavia, con il web, la capacità di arrivare alle persone non ha paragoni: in media abbiamo 11.000 visitatori all’anno, numero che ovviamente va letto con le pinze, includendo sia chi assiduamente passa tempo sul sito come chi ci passa una volta, ma che è comunque anni luce lontano da quello delle persone che potevano anni fa entrare in contatto con una fanzine cartacea come quella che facevamo.

 

Di cosa si occupa In Your Eyes?

L’idea alla base della fanzine è di scambiarsi informazioni ed opinioni: cosa si pensa di dischi, concerti, musicisti…

Inizialmente c’era una parte del sito libera dove ognuno scriveva cosa voleva (spazio per le “opinioni”); col tempo quest’area è diventata la sezione “articoli”. Oltre a quello, nel sito ci sono molte altre sezioni dedicate a video, recensioni, libri e cinema, ed è possibile ascoltare i podcast con gli mp3. Recentemente abbiamo creato la sezione “IYE LAB” dove si trovano i progetti, come quello di “Toxic Stamps”.

Su In Your Eyes zine si possono trovare i report di un concerto come dell’ultima sparata di un politico xenofobo. Un tema che ci sta a cuore è proprio quello dell’anniversario della Liberazione (25aprile), ed ogni anno scriviamo un articolo con nostre riflessioni al riguardo.

La fanzine tocca numerosi generi musicali: abbiamo iniziato con punk e hardcore, indie, e tutto quello che esce su etichette indipendenti.

Adesso seguiamo anche l’heavy metal, l’hard rock, che ad esempio personalmente non amo, ma pubblichiamo articoli e recensioni perchè abbiamo trovato un collaboratore di Roma che segue il genere assiduamente ed è molto bravo a scrivere; tra gli altri che scrivono abbiamo anche una ragazza appassionata di horror music (il genere degli Evanescence)che scrive in inglese e ci manda sempre articoli qualitativamente molto validi.

Sarebbe stupido tagliare recensioni solo perchè riguardanti generi più “mainstream”, che magari non sono nelle nostre corde, specie quando le proposte sono lanciate in maniera interessante.

Luca ogni tanto mette recensioni di gruppi inglesi abbastanza commerciali, quando si imbatte in musica che trova piacevole; io sono più legato forse alla musica con cui sono cresciuto e mi occupo più di quello.

Ogni pagina del sito è commentabile, e spesso noi stessi invitiamo a farlo.

Recentemente siamo passati da un sito statico a uno dinamico.

  

Qual è la vostra filosofia?

Non mi sento di avere una “filosofia”, mi sembra un parolone. Diciamo che leggo prima quello che viene messo sul sito, e non voglio sessismi e razzismi; solo una volta mi è capitato di non caricare la recensione di un libro, fatta da una persona che conoscevo, che parlava di un movimento di destra, perchè non mi piaceva com’era fatta. Gli scrissi il mio punto di vista, ma non ho avuto risposta, e l’autore sparì.

Mi dispiacque, ma io non voglio certe cose, ho delle idee chiare e precise di quello che è il rispetto. Do sempre carta bianca a chi scrive, e l’ultima cosa che voglio fare è il censore, ma ci sono anche dei limiti di sensibilità civile.

 

A chi vi rivolgete?

Ci rivolgiamo a chiunque, come quando la fanzine era ancora cartacea; tuttavia prima del passaggio a internet era più limitato il target, perchè necessariamente le persone che poi fruivano della fanzine dovevano girare in certi ambienti per reperirla. Oggi con internet i confini sono meno fissi, perchè chiunque può imbattersi in un contenuto della nostra fanzine, apprezzarlo e decidere di ritornare a visitare il sito altre volte liberamente.

 

Parlaci di alcune delle vostre iniziative.

Il primo passo importante è stato comprare il dominio.

Tra le cose che più ci hanno fatto piacere c’è senz’altro la collaborazione con Truelove, che ci ha fatto esistere anche sul territorio e non solo in internet, grazie al progetto “POSTER PARADE”. Mi piacerebbe molto fare altri progetti, anche per portare di nuovo la fanzine sul territorio.

Una delle cose più positive è che siamo diventati in tanti a scrivere su IYE, anche se si era partiti solo in due o tre. E’ una bella soddisfazione quando qualcuno mi chiede di scrivere. L’ultimo arrivo è Francesco Cerisola (il ragazzo che ha inventato DreaminGorilla Rec) che scrive recensioni su dischi indie.

Un altro passo avanti è stato quello di inserire la possibilità di scaricare i podcast con brani in mp3.

Quest’estate abbiamo seguito a Varazze un festival in cinque “puntate”, il Riviera Summer Fest 2010, cui abbiamo anche dato un contributo di sponsorizzazione.

 

Che formato giuridico avete? Siete “non profit” o a scopo di lucro?

Siamo persone che coltivano una passione in maniera rigorosamente “non profit”.

 

Come sopravvive In Your Eyes?

I costi annuali, che non sono comunque granchè ingenti, consistendo principalmente nel costo del dominio e dello spazio web, me li sobbarco io, che nella vita ufficiale lavoro come webmaster.

 

Ci sono possibilità effettive di fare della vostra attività una occupazione a tempo pieno?

Non è all’ordine del giorno, perchè questa fanzine rappresenta una passione che occupa più che altro il nostro tempo libero.

 

Che rapporti avete con altri gruppi, associazioni, circoli?

Abbiamo ottimi rapporti con Truelove, per il resto le amicizie e collaborazioni sono in particolare con persone e gruppi lontani, che interagiscono od aiutano la fanzine.

 

 Quali sono i vostri rapporti con le amministrazioni locali e che opinione avete della collaborazione con esse?

Con le amministrazioni non abbiamo mai avuto rapporti, considerando anche di come la creazione ed il mantenimento di una fanzine su internet non abbia sulla propria strada situazioni nelle quali dover interagire con enti pubblici.

 

Diteci la vostra opinione su cosa offre la città in termini di spazi per i giovani sia dal punto di vista culturale che dell’intrattenimento.

Gli spazi a Varazze sono sempre stati pari a zero da vent’anni a questa parte. Gli unici segnali di vita culturale li si son visti negli ultimi due anni, con il concerto dei FallOut, i recenti eventi Vans ed il Riviera Summer Fest 2010, che hanno guadagnato spazi per la musica.

 

Savona, giovani, cultura, intrattenimento. Cosa funziona e cosa bisognerebbe cambiare?

Il problema di Savona è sempre stato quello della divisione tra i gruppi attivi, che è come se viaggino su binari separati invece di agire in sinergia. Con la poca gente che c’è a Savona, le divisioni sono poco sensate e assurde. Gente diversa organizza nella stessa sera più cose, in luoghi diversi, che magari meriterebbero tutte attenzione.

Io forse sono un po’ fuori dai giri, non sono aggiornato; non conosco molti, ma ad esempio la nascita di Spacepromo mi sembra una buona notizia, come tutto il resto che si sta muovendo di recente.

Questa indagine che state portando avanti mi sembra una buona idea per iniziare a cambiare la realtà locale e superare le distanze, entrando in contatto gli uni con gli altri.

 

Diteci i vostri progetti ed ambizioni per il futuro.

Non abbiamo nulla di “programmato”; ci piacerebbe poter fare qualcosa di più sul territorio per farci vedere, anche se non è facile.

Avremo spunti e idee che meriterebbero di essere realizzate… Fabio ha un progetto, che si chiama “Toxic Stamps” per una mostra; ed idee ci vengono anche da varie persone che frequentano IYE, che per esempio ci spediscono libri, chiedendo di farne la presentazione.

Ci piacerebbe avere l’opportunità di dare spazio a queste cose, organizzandole in collaborazione con altri. 

 

IL BAOBAB

  

CONTATTI

MAIL: circoloilbaobab@gmail.com

FACEBOOK: il baobab savona

intervista con LIUBA CARDACI, CLARA LUPANO e LUIGI SICCARDI

 

Chi siete (nome e cognome), quanti siete, età media, occupazione.

Nel direttivo siamo in 5 (3 italiani e 2 senegalesi): Clara Lupano (presidente), Liuba Cardaci, Luigi Siccardi, Moussa Ndiaye, El Hadji Abdou Sow.

 

Quando e perché è nato Il Baobab?

Tutti noi abbiamo fatto in passato pezzi di cammino insieme, per ritrovarci uniti intorno a questo progetto circa un anno e mezzo fa. L’associazione è stata fondata ufficialmente nel Maggio 2010, ma nel periodo precedente abbiamo fatto già molte cose insieme soprattutto a livello culturale e letterario.

 

Di cosa si occupa?

Ci occupiamo di cultura a 360 gradi, di diritti e di libero pensiero.

con interessi che vanno dalla musica all’intercultura, alla letteratura.

 

Qual è la vostra filosofia?

La nostra filosofia è quella della difesa della libertà e della cultura. Crediamo nell’incontro, nel dialogo e nell’ascolto dell’altro. Vogliamo fare il possibile per favorire lo scambio tra culture e modi di essere differenti.

 

A chi vi rivolgete?

Dipende dall’iniziativa che stiamo proponendo. Ci piacerebbe comunque riuscire nella missione di mischiare davvero persone diverse.

 

Parlateci di alcune delle vostre iniziative.

La nostra prima iniziativa è stata una partecipazione al SUQ DI GENOVA.

Abbiamo allestito uno stand con cucina senegalese ed artigianato africano, e presentato delle Shopping Bag fatte in Senegal, allo scopo di autofinanziare Il Baobab.

Il progetto “CONTAMINAZIONI” invece nasce dall’esigenza di dare una risposta ferma al clima di paura del diverso di cui gli episodi di intolleranza che abbiamo visto negli ultimi tempi nella nostra provincia sono figli.

Il progetto parte dalla realizzazione di una serata in cui alla discussione sui temi della convivenza e della contaminazione tra culture si affianchi la possibilità concreta di gustare un esito possibile dell’incontro.

Abbiamo chiesto a quattro musicisti di nazionalità, lingue, generazioni, esperienze e tradizioni diverse di incontrarsi e suonare per la prima volta insieme provando a portare sul palco una musica nuova, parte dell’emozione di tutti, ma che andasse oltre alle esperienze di ciascuno.

Durante la serata, sfruttando ingredienti di qui e di altrove, vogliamo proporre piatti e bevande all’insegna della contaminazione.

Per quanto riguarda le iniziative future, stiamo lavorando all’embrione di un progetto di COMMERCIO EQUO: abbiamo individuato un gruppo di sarti nella periferia nord di Dakar, ai quali vorremmo proporre di acquistare prodotti ad un prezzo superiore a quello normale.

In Senegal c’è una grande disoccupazione: il 60% della popolazione vive anche grazie a soldi mandati da connazionali immigrati e con la crisi economica e la crisi della famiglia arrivano sempre meno soldi.

Partiremo per il Senegal in due per vedere di portare avanti questa idea.

Un’altra idea in cantiere è quella di sviluppare un progetto di cooperazione.

Per il momento non abbiamo ancora una sede, ma la stiamo cercando. Il giorno che la troveremo vogliamo fare una proposta di cucina con filiera corta, e portare avanti una filosofia basata sull’equo e sostenibile.

 

Che formato giuridico avete? Siete “non profit” o a scopo di lucro?

Siamo un’associazione culturale senza scopo di lucro ed abbiamo aderito come circolo all’ARCI.

 

Come promuovete le vostre attività?

I canali che stiamo utilizzando sono internet e il cartaceo. Faremo il sito in autunno. Per il momento abbiamo una pagina su Facebook e vediamo che come strumento comunicativo funziona molto bene. Poi abbiamo tre mailing list diverse con cui arrivare ai vari possibili destinatari.

 

Come sopravvive l’associazione?

Per reperire denaro in favore della neonata associazione abbiamo pensato ad un autofinanziamento attraverso la proposta delle Shopping Bag: dichiariamo il costo di produzione delle borse e chiediamo un’offerta libera. Tuttavia le persone a volte fanno fatica a capire: se non gli si spiega che produrre le borse ha un costo molti sono capaci di darti 10 cent.

Speriamo in futuro di riuscire ad andare in pari, bilanciando le nostre attività

e trovando il giusto equilibrio tra le iniziative che consentono maggiori margini e quelle dove invece è preponderante la carica ideale, in modo che le prime possano anche sostenere indirettamente le seconde.

Noi utilizziamo persone competenti sul campo e sicuramente pensiamo che quando si coinvolge un professionista, il suo lavoro vada retribuito.

 

Ci sono possibilità effettive di fare della vostra attività una occupazione a tempo pieno?

Ce lo auguriamo ma ci vogliono di sicuro anni.

 

Che rapporti avete con altri gruppi, associazioni, circoli?

Cerchiamo sempre le collaborazioni quando vi sia una minima comunanza di vedute o direzioni. In questo senso abbiamo per esempio cercato un contatto con il circolo Brixton di Alassio.

Pensiamo in futuro di collaborare con Timoteatro, con cui Liuba ha già collaborato in precedenza.

 

Quali sono i vostri rapporti con le amministrazioni locali e che opinione avete della collaborazione con esse?

Per ora non possiamo ancora dire molto sul rapporto con le amministrazioni, perché l’associazione è nuova, ed abbiamo all’attivo solo qualche appuntamento per fare delle proposte.

In generale, pensiamo che avere rapporti con l’amministrazione sia una cosa imprescindibile; è la qualità di questo rapporto che varia, anche a seconda di chi rappresenta l’istituzione.

Noi siamo molto gelosi della nostra indipendenza, e se collaborare significa accettare una qualche forma di omologazione, ci interessa fino a un certo punto. Se invece l’amministrazione intende valorizzare le iniziative che facciamo, allora il dialogo è possibile.

In alcune esperienze diverse e precedenti (Il baobab è nato da poco) abbiamo visto che capita spesso che un’amministrazione conceda il patrocinio per un’iniziativa o che non la intralci, ma molto più raro è che offra una vera collaborazione.

 

Diteci la vostra opinione su cosa offre la città in termini di spazi per i giovani sia dal punto di vista culturale che dell’intrattenimento.

Se parli con i giovani ti dicono che di spazi non ce ne sono affatto, mentre se parli con i musicisti od i teatranti ti dicono che gli spazi ci sono.

Secondo noi non è vero che l’amministrazione non offre spazi, di esempi di opportunità offerte ce ne sono molti anche recenti, come ad esempio la “Notte bianca prima degli esami”.

La critica da fare se mai riguarda il problema della comunicazione: bisogna saper informare su quello che c’è ed al contempo saper dedicare attenzione nel rispondere alle esigenze dei giovani.

Si fanno numerose iniziative che finiscono per non cogliere nel segno, perché l’amministrazione conosce poco i giovani ed i giovani hanno un preconcetto rispetto all’amministrazione.

Fino a 5-6 anni fa c’era un grande vuoto e se oggi si sta provando a dare delle risposte l’obiettivo di colmare questo vuoto non è ancora raggiunto.

L’amministrazione alle volte impone degli standard nei quali stare che stridono con il buon senso, e nel programmare eventi non si tiene conto della concomitanza di altre iniziative.

Poi c’è il problema delle proposte: qui i giovani dovrebbero cercare di superare il loro “limite burocratico”. Se vuoi avere un rapporto con l’amministrazione la burocrazia è un fattore ineludibile: bisogna scrivere un progetto, seguire alcune formalità e offrire tantissime informazioni.

In un gruppo che vuole proporre qualcosa è indispensabile un elemento che abbia tecnica e che sia razionale.

Liuba: “Per esempio tra di noi quell’elemento non è rappresentato dalla sottoscritta! Ho un approccio troppo artistico e non razionale…”

Uno sportello per i giovani non credo sia una soluzione che garantisca risultati in termini di miglioramento della comunicazione: a seconda di come è gestito o da chi se ne occupa può essere un flop.

Il ventenne lo sportello lo “patisce” e poi l’addetto che lavora allo sportello non ha lo stimolo a dare il massimo perché è pagato semplicemente per stare lì.

Quello che ci vorrebbe è un ente, che si occupi proprio di curare il dialogo, come lo è ad esempio l’ANOLF per i rapporti tra immigrati e burocrazia.

 

Savona, giovani, cultura, intrattenimento. Cosa funziona e cosa bisognerebbe cambiare?

Una cosa positiva da dire su Savona è che culturalmente è in crescita, e che in giro c’è una grande “fame” di cultura.

Quello che andrebbe migliorato è la propensione al dialogo: si finisce sempre per ragionare in ambiti ristretti e molto impermeabili tra loro. Bisognerebbe dare vita ad una nuova stagione del dialogo e della comunicazione tra ambiti differenti. Ad esempio tra cattolici e non, tra giovani ed anziani e tra i giovani di diversi ambienti.

E’ quindi la chiusura, secondo noi, l’aspetto più negativo di Savona, sono troppi i “sordi”: dialogare significa che mi fermo, ti ascolto, ci penso e poi rispondo. Spesso invece quello che viene detto entra ed esce dalla testa di chi ascolta con nonchalance.

Il problema dell’autoreferenzialità e dell’egocentrismo vale purtroppo anche per le associazioni ed i gruppi di persone. Va tutto troppo veloce, e così si penalizza la parte fondamentale del dialogo rappresentata dall’ascolto.

 

Diteci i vostri progetti ed ambizioni per il futuro.

In futuro ci piacerebbe riuscire col tempo a creare un luogo d’incontro non solo virtuale ma anche fisico, uno spazio al servizio della città, che abbia la “presunzione di saper ascoltare”.

Per il resto, non possiamo dire cosa saremo tra qualche anno, perché saremo il frutto dell’ascolto e degli incontri che faremo da qui in poi, avere dei binari lungo cui andare sarebbe il contrario dell’ascolto.

 

RADIOTRAFIKO  

CONTATTI:

MAIL: radiotrafiko.dirittodiparola@fastwebnet.it

SITO: www.radiotrafiko-dirittodiparola.org

FACEBOOK: radiotrafiko migrante

Intervista con LEONARDO ROMBOLA’

 

Chi siete (nome e cognome), quanti siete, età media, occupazione.

Radiotrafiko è un progetto ideato dalla COOPERATIVA SOCIALE “IL LEPRECAUNO”.

Siamo in molti a Radiotrafiko, prevalentemente adulti, ma non sono pochi i ragazzi o i giovani coinvolti, molti dei quali migranti.

Io sono nella redazione della radio in qualità di mediatore interculturale e sono entrato nel progetto assieme a due mediatrici, una di origine marocchina ed una di origine albanese.

A completare la formazione della redazione ci sono Fabrizio Poggi e Sabrina Coggio, che coordinano l’intero progetto.

Il Leprecauno da anni lavora principalmente sul tema dell’immigrazione e ha realizzato anche un monitoraggio sulla presenza di alunni stranieri nelle scuole. Attorno al Leprecauno è nato il primo network di mediatori culturali operanti nelle scuole e si è lavorato molto sulla loro formazione;

io stesso in precedenza avevo già lavorato con la cooperativa.

Ci sono sul territorio altre realtà come ad esempio Arci o Cooperarci o Progetto Città, ma il loro impegno in questo settore si aggiunge a quello dell’offerta di numerosi altri servizi di rilevanza sociale. Invece il Leprecauno si è voluto concentrare in particolare sull’immigrazione.

Io ho una storia di migrazioni alle spalle: mia madre è argentina e a sua volta è figlia di italiani immigrati in Argentina.

Mio padre, pur essendo cittadino italiano, emigrò dalla Calabria per venire a lavorare in fabbrica a Genova.

Queste origini mi hanno spinto a cercare un percorso personale di recupero e ricostruzione della mia storia e della mia famiglia.

Nella mia professione rappresento un po’ un caso anomalo, perché i mediatori in genere hanno compiuto un percorso di migrazione in prima persona, ma è pur vero che le seconde generazioni rappresentano il soggetto sociale che vive maggiormente il trauma della migrazione.

 

Quando e perché è nata Radiotrafiko?

Il progetto ha partecipato ad un bando del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ed è arrivato al terzo posto della graduatoria, ottenendo così il finanziamento da parte del Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati.

Il progetto Radiotrafiko è iniziato nel 2009, ma tecnicamente la prima andata in onda è datata giugno 2009.

 

Di cosa si occupa?

Radiotrafiko è una radio rivolta 24h su 24 ai migranti, con trasmissioni in varie lingue.

Seppure il rapporto con il ministero sia per natura burocratico, abbiamo una grande libertà di contenuti: è una radio SOCIALE e non commerciale, su Radiotrafiko non c’è alcun tipo di pubblicità.

Dover fare i conti con il mercato comporta una relazione decisamente più rigida ed i contenuti necessariamente non possono essere gli stessi di una radio come la nostra che non deve far cassa.

I programmi dei migranti sono fatti nella loro lingua natia, oppure alternando tra lingua natia e italiano, che è una modalità che abbiamo visto che funziona bene.

Parlando di comunità di migranti nella nostra provincia, le realtà più significative numericamente sono quelle degli albanesi e quelle dei latinoamericani.

L’altro gruppo di migranti forte, specie a Genova ma ormai in tutta la Liguria, è quello dei latini, specie ecuadoriani. Qua ci sono ben 3 associazioni ecuadoriane di migranti, e ci sono tanti ragazzi che partecipano attivamente, seppure non si tratti di associazioni fatte da giovani.

Noi, all’interno del nostro gruppo di lavoro, abbiamo una mediatrice albanese molto preparata, Ferdez Gaxha, che ha lavorato molto nelle scuole ed è presente anche allo sportello ACLI. Ferdez lavora poi ad un altro progetto del Leprecauno, “Scelte mediate”, presso il reparto di ostetricia e ginecologia, dedicato all’aiuto ed assistenza ai cittadini stranieri in occasione del parto.

 

 

Qual è la vostra filosofia?

Il progetto di radio nasce per dare voce ai migranti, persone che seppur non invisibili sono socialmente privi di spazio.

Quando si parla di migranti è spesso solo in occasione di notizie di cronaca nera, oppure capita di considerarli, ma sempre in termini del tutto generalistici, non interessandosi mai alla “persona”.

La volontà “politica” di Radiotrafiko è in contrapposizione rispetto a determinate manipolazioni dei mass media, e muove dall’idea di guardare ai migranti non come “fenomeno” ma appunto come “persone”.

Questa radio ha poi la particolarità di voler essere uno strumento di comunicazione gestito in prima persona dagli stessi migranti.

 

A chi vi rivolgete?

Radiotrafiko si rivolge in particolare ai cittadini migranti, ma non certo in maniera esclusiva: molti sono i programmi che vedono protagonisti giovani italiani.

I migranti a cui si rivolge la radio sono principalmente quelli della seconda generazione: giovani, ma anche ragazzi in età scolare; queste persone rappresentano una nuova fetta di cittadinanza. Sono nati qua ed hanno indirettamente subito la scelta migratoria dei genitori.

 

Parlaci di alcuni dei vostri programmi ed iniziative.

Tra i numerosi programmi radiofonici creati in quest’anno ricordo:

DEGGN TAAN – LA VERITA’, programma a cura di Demba, nel quale si ospitano spesso musicisti; MACADAN, condotto da Roberto e Pelle, BELLA BOOMTIME programma di musica in diretta con Count Jo Jo e Robertino.

Ma il programma di cui per me è più naturale parlare è ALL’IMPROVVISO, perché è quello che conduco io assieme a Budy: è stato il programma pilota per la “diretta”. Come programma lo definirei strampalato: non ha un copione o una struttura, si improvvisa spesso e volentieri.

Capita di parlare di quello che ci ha colpito durante la settimana, nei giornali o vita reale.

La parte vissuta in prima persona come conduttore mi ha dato grande gratificazione ed arricchimento: sono sempre stato una persona emotiva e devo riconoscere che a distanza di un anno dall’inizio del programma, non ho più quella iniziale “strizza” per il microfono o la paura della diretta.

E’ strano ma l’allenamento funziona e tolte le barriere o resistenze impari, assumendo la capacità di rivolgerti ad una platea o pubblico invisibile.

Improvvisare e dover imparare ad occupare lo spazio temporale e “mentale” senza un gobbo o uno spartito da seguire è una buona “terapia”, che trova numerose applicazioni in altre situazioni della vita.

Un evento significativo per Radiotrafiko è stato quello del 18 dicembre 2009: in occasione della giornata dei migranti abbiamo aderito all’iniziativa “RADIO 18/12”: l’idea era di invitare tutte le radio interessate a trasmettere uno speciale su “Lavoro e migranti”. Abbiamo fatto varie interviste, alcune “random”, in città, ed altre mirate, in particolare a sindacalisti e ad altri soggetti od istituzioni, come per esempio l’Osservatorio Provinciale sul Lavoro, analizzando gli aspetti legati a mondo del lavoro ed alle condizioni di vita dei lavoratori migranti.

Con la radio abbiamo poi seguito vari momenti di intrattenimento: ad esempio il Balla Coi Cinghiali 2009, dove abbiamo seguito i gruppi del mainstage, fatto fotografie, ed i fonici ci hanno passato le registrazioni dei concerti.

Il filone degli speciali sui live è buona forma di promozione per musicisti interessanti.

Un’intervista che ricordo come stimolante fu quella al gruppo “IL PARTO DELLE NUVOLE PESANTI” in occasione dell’uscita del loro cd “Magna Grecia”.

 

Che formato giuridico avete? Siete “non profit” o a scopo di lucro?

Il Leprecauno, titolare del progetto Radiotrafiko, è una piccola cooperativa sociale.

 

Come promuovete la radio?

Questo aspetto è stato abbastanza complicato. La promozione migliore è probabilmente quella che si ottiene col creare degli eventi pubblici, ma non sempre è possibile. Attualmente c’è un MySpace di Radiotrafiko ed anche un Facebook.

Facebook in particolare si è rivelato un mezzo potentissimo per la promozione, anche se c’erano delle remore inizialmente (perché va seguito ed aggiornato molto, pena l’inefficacia).

Per lungo tempo comunque abbiamo promosso la radio solo con la distribuzione gratuita del giornale di Radiotrafiko, contenente approfondimenti di varie tematiche (in bilingue) e la distribuzione di varie cartoline “simpatiche” con i riferimenti al sito internet. Abbiamo dei punti di distribuzione che servono a far reperire giornale e cartoline.

 

Come sopravvive Radiotrafiko?

Il mantenimento del progetto per i primi 15 mesi è stato possibile grazie al finanziamento ministeriale, che però è scaduto a giugno.

Siamo momentaneamente senza il finanziamento, che sosteneva tutti i costi, dai materiali al personale. Non sappiamo ancora come sopravvivere, si vedrà.

 

Ci sono possibilità effettive di fare della vostra attività una occupazione a tempo pieno?

Io lavoro a tempo pieno come educatore in una comunità alloggio per adolescenti.

Questa della radio è una passione ma non credo possa diventare per me un lavoro.

Magari se mi fosse capitato prima, quando avevo anche più tempo libero, meno lavoro e non avevo ancora una famiglia, avrei potuto rispondere diversamente, perché lavorare in radio è un’esperienza unica e molto stimolante.

 

Che rapporti avete con altri gruppi, associazioni, circoli?

Per noi è fondamentale la connessione con altri gruppi. Tra le collaborazioni più intense abbiamo quelle con le associazioni ecuadoriane.

Con Fuoricontrollo collaboriamo e sono degli amici, li saluto e faccio loro i complimenti per tutte le cose che fanno.

A Savona ci sono poi altri gruppi che vanno ricordati per quello che fanno. Truelove per esempio è un’altra realtà degna di lode, e per quanto riguarda le novità, guardo sempre con piacere alla nascita di situazioni come quella di Duevventi, cioè un gruppo di persone con interessi ed una volontà di fare, con delle idee ed una filosofia volta a proporre cose diverse.

In ogni caso lo scetticismo che aleggia è giustificato dal fatto che storicamente molte cose positive si rivelano poi effimere.

La morte del Raindogs (che sembra non potrà riaprire in autunno) è un grande problema perché non rimane più niente di culturale in città.

E’ nato in compenso da poco Spacepromo: vedremo quali saranno gli sviluppi.

Quello che è sicuro è che non è facile creare un luogo accogliente ed inclusivo.

Un episodio che ricordo infine come positivo è stato il Torneo Antirazzista dove c’è stato bel mix tra calcio e antirazzismo, e che abbiamo anche seguito con la Radio.

 

Quali sono i vostri rapporti con le amministrazioni locali e che opinione avete della collaborazione con esse?

La Provincia è il nostro ente di riferimento: con essa siamo in stretto rapporto e collaboriamo normalmente.

Non sono io ad occuparmi direttamente di questi rapporti per cui non sono riuscito a farmi un’idea precisa.

 

Diteci la vostra opinione su cosa offre la città in termini di spazi per i giovani sia dal punto di vista culturale che dell’intrattenimento.

L’aggregazione ormai avviene sempre di più nelle case, veicolata da interessi di vario tipo come il calcio, i videogiochi, le droghe leggere od altro.

La vita di chi invece cerca di creare o proporre positivamente qualcosa si sviluppa nei garage, nell’underground, in un territorio ombra.

Ai giovani si propone la movida (sempre più scollegata dalla vita culturale) oppure l’alternativa di vivere in spazi nascosti.

Gli “spazi” di un tempo sono ormai belli che andati.

Il Brandale a mio modo di vedere era uno spazio culturale vero (alludo al periodo della mia adesione, cioè 1997-1998). C’era un laboratorio e c’erano vari ragazzi con interessi diversi (scrittura, musica, ecc).

Il “botto” fu nel 1998 ma fu anche l’inizio della fine: un gruppo naturalmente vive le dinamiche solite di andirivieni, e incontra prima o poi lo scoglio dei

“vizi” di alcuni che in molti casi finiscono per compromettere seriamente il lavoro di tutti.

Fu una bella esperienza comunque, ed io vedrei di buon occhio la nascita di situazioni come quella a Savona.

Con il gruppo di ragazzi del Brandale ci siamo in seguito appoggiati su altre realtà, come ad esempio il Bardamù (2003-2005).

 

Savona, giovani, cultura, intrattenimento. Cosa funziona e cosa bisognerebbe cambiare?

Una cosa positiva è l’attenzione per gli anziani: e questo è anche un plauso ai cittadini migranti, che lavorano per poco e garantiscono una rete di tutela per questa fetta di popolazione.

Gli anziani sono quei soggetti che più hanno pagato per il “vuoto” di solidarietà lasciato dallo Stato e dall’incapacità della famiglia di svolgere come in passato una funzione di protezione.

Di negativo c’è la mancanza di spazio per i giovani: si ritiene che qualsiasi cosa che crea movimento vada rimosso con l’intervento delle forze dell’ordine

(la “sicurezza” sì, è una cosa che funziona!).

 

I Vostri progetti e ambizioni per il futuro?

La sopravvivenza della radio direi, prima di tutto…

TRUELOVE

 CONTATTI:

MAIL info@true-love.it

SITO www.true-love.it

Intervista con GRAZIA FERRO

 

Chi siete (nome e cognome), quanti siete, età, occupazione.

L’associazione è formata da circa 50 soci. Nel direttivo siamo: Grazia Ferro, Germana Oliva, Anna Redi, Alessandro Lugani, Maurizio Olivieri.

L’età media è 43 anni e siamo tutti lavoratori.

 

Quando e perché è nato TRUELOVE?

L’associazione è stata fondata nel 2003 con il nome “Le Signore” da persone legate al gruppo musicale MGZ e Le Signore. Nel 2005 abbiamo cambiato il nome in “TrueLove”. Quello che ci ha spinto a creare un’associazione è stato il desiderio di trovare nuove applicazioni delle esperienze accumulate durante il lavoro con MGZ al di fuori dell’ambito musicale.

Al di là dei concerti e del palcoscenico, ci eravamo fatte una grande esperienza nella costruzione delle scenografie, nell’ideazione e realizzazione dei costumi, nelle coreografie degli spettacoli.

Il primo approdo è stato nel teatro, un ambito che già conoscevamo e volevamo approfondire.

Ognuno dei fondatori manteneva comunque una propria autonomia: c’era chi lavorava in una compagnia, chi con le scuole, chi invece ancora continuava a fare spettacoli con Mgz.

Nei primi due anni l’associazione seppure formalmente registrata e costituita è rimasta più un’idea in divenire che una realtà fatta di attività concrete sul territorio.

Abbiamo aderito ad ARCI solo nel 2005, con il cambio di denominazione.

Giangi (anche lui “signora” di MGZ)in quel periodo stava cercando uno spazio per il suo studio di tattoo, così mi ha proposto di condividerlo con lui, offrendo a Truelove l’opportunità di avere una sede stabile e visibile.

 

Di cosa si occupa?

Truelove è stata finora un esperienza rivolta alla ricezione e percezione degli stimoli artistici e creativi circostanti.

I contenuti espressivi dalle persone che sono orbitate intorno all’associazione non sono mai stati monetizzati o esasperati nel loro valore aggiunto, anche se poi molti “artisti” hanno iniziato ad essere tali in seguito o dopo (se non a causa) del passaggio da Truelove.

In tutte le attività di Truelove quello che è stato trascinante e determinante è stato il vedere l’entusiasmo e la passione nel “fare” delle persone coinvolte.

Dalle esperienze passate si capisce che Truelove si occupa di tante cose e la diversificazione degli ambiti in cui si muove dipende proprio dalle diverse esperienze che ognuno porta e dalle molteplici collaborazioni che nascono.

Indirettamente, non per una scelta politica, è stato naturale muoversi nella direzione di creare l’ambiente vitale e guadagnare lo spazio necessario affinché la libertà di espressione trovasse un luogo sufficiente per crescere.

 

Qual è la vostra filosofia?

Tutte le attività di Truelove hanno una caratteristica di interattività rispetto agli spettatori, collegando le persone anche al di là dell’aspetto ludico, e cercando un’interazione vera e sincera.

Mi sono resa conto della mancanza di spazi diversi da quelli che ruotano attorno ad abitudini preconfezionate come quella del frequentare un bar per esempio.

Dopo diverse mostre fatte da Truelove, in cui si viveva la piazzetta antistante come un punto d’incontro senza necessità di consumare nulla, ho provato a pensare ad una mappatura immaginaria di altri luoghi capaci di svolgere una simile funzione aggregante senza obblighi, nell’ambizione di trovare davvero TUTTO E TUTTI GLI SPAZI che permettano di esprimersi e siano stimolo a creare.

Una delle prime mostre che ha utilizzato anche spazi esterni ai locali di Truelove è stata quella di Francesco Arena, che ha trovato come contenitore anche il Nuovofilmstudio ed uno studio dentistico. L’apparente assurda scelta è dovuta alla natura del lavoro artistico presentato: un lavoro sui DENTI.

Utilizzare il Priamar a febbraio per un evento è stata di nuovo una sfida: usare uno spazio che in una stagione diversa dall’estate non esiste, significa farlo esistere come spazio stesso.

 

A chi vi rivolgete?

Bella domanda… lo si può dedurre dagli eventi che Truelove propone.

 

Parlateci di alcune delle vostre iniziative.

Le attività passate di Truelove possono raggrupparsi in vari filoni:

1. TEATRO: Il progetto PETRAMALA, durato dal 2007 al 2009, è stato un laboratorio teatrale che ogni volta ha catalizzato una cinquantina di persone di diverse età e diversi livelli di professionalità intorno al teatro, con lo scopo di “invadere” gli spazi del Priamar. In ogni edizione abbiamo vissuto giorno e notte di Petramala, e da questo stare insieme nasceva lo spettacolo stesso.

La messa in scena consisteva in un percorso itinerante all’interno del Priamar,

partendo da un progetto di Anna Redi denominato archeologia interiore, una connessione tra l’esplorazione degli spazi della fortezza e l’esplorazione del proprio io.

Abbiamo anche fatto uno studio su chi in passato ha abitato quegli spazi per condividerne il vissuto, e da questo nacque una parte di drammaturgia.

I laboratori su danza, teatro e canto hanno coinvolto anche una ventina di bambini che ben si sono integrati con il gruppo.

Nella prima edizione (2007) lo spettacolo terminava nel Piazzale del Maschio con il coinvolgimento anche di tutto il pubblico, finendo in una festa con musica.

La seconda edizione (2008) ha visto l’esplorazione delle parti più nascoste della fortezza, con lo spettacolo che si sviluppava nei sotterranei sottostanti il Bastione di Santa Caterina per concludersi nei giardini soprastanti, come in un parallelo con la nascita.

Nella terza edizione invece si è ospitato uno spettacolo di Anna Redi, conclusivo del percorso di archeologia interiore (Scenata), con il coinvolgimento di alcuni istituti superiori della città.

La fase posteriore del laboratorio, con la partecipazione delle attrici dello spettacolo, è stata un modo per conoscere meglio il lavoro stesso.

2. MUSICA. La nostra formazione ed i nostri sogni sono nati in un epoca e da suggestioni ben precise: quelle dell’ultima avanguardia artistico/musicale che abbia lasciato un segno ancora oggi, il punk.

Con MAGLIETTE STRAPPATE (2007) organizzammo da Truelove una mostra di magliette originali del periodo 70-80 di gruppi punk, hardcore. Durante la mostra, era possibile scegliere il pezzo da far mettere sui piatti al dj direttamente dalle magliette esposte, come in una specie di jukebox “umano”. L’evento si concludeva con il concerto dei Klasse Kriminale al circolo “Bardamù”.

1976-2008: 32 ANNI, CINQUE MESI ED ANCORA TANTI GIORNI fu un evento realizzato in collaborazione con il comune di Savona, molto più articolato rispetto a Magliette Strappate: si è cercato infatti di esplorare molti aspetti del punk, inteso come cultura a 360°. L’iniziativa ha visto in programma concerti, dj set, presentazione di libri, incontri con autori, mostre fotografiche e artistiche, e live performance, come quella davvero unica del ensemble di archi Gnu Quartet, “arcotrafficanti” che hanno reinterpretato 15 brani fondamentali della storia del punk.

Nel 2009 abbiamo portato a Savona DON LETTS, dj e film maker londinese di origini giamaicane, il primo a mescolare i suoni ruvidi del punk con il battito profondo del reggae.

Al Nuovofilmstudio abbiamo proiettato il suo documentario sui Clash, seguito da un interessantissimo dibattito con l’autore. Al Raindogs l’incontro proseguiva poi con un dj set dove Don Letts è stato affiancato e supportato da una delle realtà di djing locale più fresche della scena savonese; i Positive Vibration.

3. FOTOROMANZI. Ne abbiamo realizzato tre, tra il 2005 e 2007, rielaborando il classico fotoromanzo cartaceo con le suggestioni dei film poliziotteschi italiani. Le storie erano incentrate sulla classica banda che tenta di fare rapine, senza mai riuscire a vedere realizzati i suoi scopi. Grafica ed estetica pescavano a piene mani dall’estetica anni ’70 oltre che dal gusto al travestimento del primo Almodóvar. Per la realizzazione dei fotoromanzi (“SPARA”, GAMBERONI AD OROLOGERIA” e PICASSO & PISTOLE)ci fu un grande coinvolgimento di persone con esperienze ed età diversissime (molti provenienti dall’Accademia delle Belle Arti di Genova), oltre che dei soci di TrueLove tutti, impegnati su vari fronti, dalla parte organizzativa a quella della creazione della storia e dei personaggi, al casting, secondo una procedura simile a quella di una produzione cinematografica.

4. SPAZI ESPOSITIVI. Una caratteristica della nostra associazione è quella di offrire spazio e mettere a disposizione l’esperienza maturata per chi vuole portare avanti progetti nei più diversi settori dell’arte.

Nello spazio espositivo di Truelove hanno esposto artisti giovani alla loro prima uscita, che attraverso quella esperienza si sono messi in contatto con altre realtà in Italia e all’estero. Lo spazio ha anche ospitato realtà collaudate nel mondo del fumetto (Alessio Spataro, a.k.a. Macchia) e case editrici specializzate nel settore, come ad esempio Grrzetic.

Ogni evento realizzato è sempre stato fortemente promosso, cercando di coinvolgere il più possibile il pubblico ed avendo particolare cura nella preparazione dell’inaugurazione degli eventi stessi.

Si è creata al contempo l’occasione per far esprimere le numerose realtà musicali presenti sul territorio, e per dilatare lo spazio di Truelove anche nella piazzetta circostante.

Il complimento che molti fanno a Truelove è quello di far sembrare di non essere a Savona, ma in una sorta di Berlino col mare.

Nel 2008 Truelove ha messo a disposizione il proprio spazio espositivo a favore dell’associazione Duevventi per la mostra fotografica “15 anni di graffiti a Savona”. L’occasione è stata l’inizio di una costante e proficua collaborazione tra le due associazioni.

Truelove in particolare ha offerto il proprio supporto per Bombolassa 2009, Balla Coi Cinghiali 2009, ed ha organizzato un dj set conclusivo dell’evento di graffiti Windows Down (2010). La collaborazione tra due associazioni è proseguita con la realizzazione del Plug Festival nel mese di luglio a Quiliano.

 

Che formato giuridico avete? Non profit o a scopo di lucro?

Siamo un’associazione culturale senza scopo di lucro e facciamo parte della rete ARCI.

 

Come promuovete le attività?

Usiamo la stampa, internet, Facebook (poco), flyers, sms.

 

Come sopravvive l’associazione?

Abbiamo una parte di attività che si autofinanziano come le mostre e le presentazioni di altre associazioni, mentre per i progetti più articolati chiediamo finanziamenti pubblici.

 

Che rapporti avete con altri gruppi, associazioni, circoli?

Dalla sua nascita Truelove ha voluto collaborare con tutte le realtà savonesi: Klasse Kriminale, The Queens of Tagli’n’Impasta, In Your Eyes webzine, Raindogs, Nuovofilmstudio, Vera Martini, Floriana Grasso, Count Jo Jo e Raggaddited, Luca Parodi, Davide Demerra, Mgz, Grrzetic edizioni, Mr.Puma, Sergio Isopo, Daniele Delnero, Stefania Camurati, Maida, Poster Parade, Duevventi…

 

Quali sono i vostri rapporti con le amministrazioni locali e che opinione avete della collaborazione con esse?

Fin dall’inizio della nostra attività abbiamo creato un buon rapporto con le istituzioni, che prosegue ancora oggi. Per noi è stato abbastanza semplice perché come realtà savonese tutti ci conoscevano o conoscevano i singoli membri per le loro attività e sopratutto gli eventi che avevamo organizzato in autonomia erano andati bene. Mi rendo conto che per un ragazzo che è alla sua prima prima esperienza con l’amministrazione non sia semplice sapere a chi rivolgersi, conoscere tutte le opportunità e le possibilità che le istituzioni possono dare.

 

Diteci la vostra opinione su cosa offre la città in termini di spazi per i giovani sia dal punto di vista culturale che dell’intrattenimento.

Esistono molte realtà che lavorano autonomamente ciascuna nel proprio campo, ma che non hanno a disposizione un contenitore appropriato per esprimersi e quindi devono dipendere sempre da privati che lavorano con scopo di lucro.

 

Savona, giovani, cultura, intrattenimento. Cosa funziona e cosa bisognerebbe cambiare?

La Savona degli ultimi vent’anni è vissuta in una fase di transizione che lasciava alle spalle un passato industriale per proiettarsi verso una dimensione non ancora definita. Si parla di cultura, turismo, accoglienza ma se tutti sappiamo cosa è rimasto del passato della città non vedo chiarezza di cosa avverrà in futuro. Nell’ambito culturale e dell’intrattenimento proliferano iniziative adatte ad un pubblico dai gusti medi mentre sono carenti le proposte che possano interessare e coinvolgere chi abbia voglia di “ricerca”. Tutto quello che arriva qui sembra essere sempre una seconda visione, non si riesce a creare a Savona un evento che la caratterizzi anche a livello nazionale, un qualche cosa che sia da stimolo a venire a Savona e per i locali a creare ed uscire dalla città.

 

Diteci i vostri progetti ed ambizioni per il futuro.

Come sogno ci piacerebbe creare un evento che possa diventare caratterizzante di Savona come ad esempio il Festival di Dro, di Sant’Arcangelo… altro sogno è quello di creare uno spazio-contenitore condiviso da tutte le realtà locali senza alcun vincolo se non quello di produrre qualcosa o tentare di farlo, nei più svariati campi e avere la possibilità di mostrarlo.

 

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