Gruppi giovanili spontanei savonesi

SEGNALI DI VITA A SAVONA
UN’INDAGINE SUI GRUPPI GIOVANILI SPONTANEI DEL SAVONESE
A cura di  MARCO FANNI
Questa settimana le interviste a  
TRE DI NOTTE – SPACEPROMO – RAGGADDICTED – NUOVOFILMSTUDIO – TIMOTEOTEATRO

SEGNALI DI VITA A SAVONA
UN’INDAGINE SUI GRUPPI GIOVANILI SPONTANEI DEL SAVONESE
A cura di  MARCO FANNI
Questa settimana le interviste a  
TRE DI NOTTE – SPACEPROMO – RAGGADDICTED – NUOVOFILMSTUDIO – TIMOTEOTEATRO
 
 

TRE DI NOTTE

 CONTATTI:

MAIL: florentino@hotmail.it

FACEBOOK: tredinotte

Intervista collettiva con TRE DI NOTTE

 

Chi siete (nome e cognome), quanti siete, età media, occupazione.

Siamo in 8: Sergio Freccero, Lorenzo Manconi, Lorenzo Perona, Marco Sottano, Francesco Cerisola, Ilaria Bassoli, Filippo Borreani, Simone Cattedra, Manuel Rosso, Michele Fanni. Siamo prevalentemente studenti, uno di noi è però uno studente-traslocatore (Sergio). Abbiamo tutti intorno ai 20 anni.

Ci siamo conosciuti tutti al Liceo Classico G. Chiabrera e vari di noi sono ex Coribanti.

“Pera” è l’unico che non era in classe con noi ma comunque è entrato nel gruppo ai tempi del liceo.

 

Quando e perché è nato Tre Di Notte?

Siamo nati dalle ceneri de “La Verde Atomica”, una rivista “lirica”: spocchiosa, un po’ sul naturalismo andante, romantica: potremo dire tranquillamente che la facevamo abbastanza fuori dal vaso. Era il 2008-2009 ed è stata un’esperienza durata 3 numeri, che non ha avuto grandi riscontri: abbiamo fatto giusto qualche reading al Raindogs.

La tiratura era da collezionismo (30 copie) in formato “coperta” ingestibile, (inizialmente A2, poi siamo passati all’A3). Grazie alla rivista ci conobbero solo quei tre gatti che venivano al Raindogs.

Lorenzo Perona: “Io non ero nel gruppo de “La Verde Atomica”, ma posso dire che il top era il “manifesto”. Precisissimo, programmatico, inquadrante.”

Sergio: “Quello che c’era da dire ai tempi de “La Verde Atomica” l’abbiamo detto in poco.”

Per un po’ abbiamo pubblicizzato la rivista come LVA, da cui lo scambio dell’abbreviazione per una sigla di partito da parte delle bidelle.

Rimangono comunque nel cuore la nostra prima esperienza cartacea ed i primi maneggi con le fotocopiatrici.

Dopo circa un anno è nata l’idea della rifondazione. “Tre di notte” nasce quindi oggi: è freschissimo di stampa, 1 agosto 2010. La pagina Facebook la abbiamo fatta un paio di settimane prima.

Stavolta abbiamo deciso che… niente manifesto.

 

Di cosa vi occupate?

“Tre Di Notte” è una rivista underground: volevamo fare qualcosa che fosse un po’ contro. Scriviamo i nostri racconti e li mettiamo lì. La rivista è gratuita.

 

Qual è la vostra filosofia?

L’idea di base è quella di un impegno puramente letterario: non escludiamo altro in futuro ma per ora abbiamo scelto di non impegnarci politicamente. Facciamo una satira culturale più che politica, facciamo dell’ironia.

Una novità è che se prima usavamo pseudonimi ora ci mettiamo la faccia.

 

A chi vi rivolgete?

Alle fighette, ai giovani interessati, alla città e ad altri interessati a vario titolo.

Diamo un punto di vista di ventenni e, in particolare, vorremmo che fossero i nostri coetanei a leggere “Tre Di Notte”. Preferiamo di sicuro un utente ventenne che cinquantenne.

Marco: “Personalmente vorrei ricevere anche dei consigli letterari per migliorare quello che facciamo… siamo aperti alla critica e al confronto costruttivo.”

 

Parlateci di alcune delle vostre scorribande passate.

Correva l’anno 2008. Eravamo andati a casa di uno di noi, a Calizzano, con dei libri e degli strumenti musicali: chitarra e violino elettrico. Alla sera ci siamo messi su una piazzola rotonda e abbiamo iniziato a leggere Rimbaud, Neruda, Kerouac e qualcun altro. Successe che qualcuno passò ad allungarci due spicci o due consumazioni. E, cosa fondamentale, quella sera conoscemmo C., un uomo di 48 anni, sposato, con due figlie e con una barba lunga.

Si è avvicinato e ci ha detto: “Venite da me, chiacchieriamo e prendiamo il caffè”.

C. si autodefinisce un personaggio triste. La sua casa era assai insolita: pareva un rudere… Due stanze per piano, il primo sembrava un garage, vestiti e tanga della moglie sparsi. Lui è un erpetologo (esperto nonché detentore di serpenti) ed ha un pappagallo, cattivissimo, pericoloso, un fischiatore micidiale. Le due figlie, pur vivendo in questo ambiente un po’ strambo, erano ragazze integerrime. Quella sera C. ha messo della musica, ci ha fatto conoscere Claudio Lolli. A un certo punto è arrivata la moglie, verso le 3 di notte, si è fatta anche lei un caffè e con una faccia congestionata da un raffreddore da fieno ha messo su “Astronomy Domine” dei Pink Floyd.

Al di là di tutte le bizzarrie, c’era davvero una famiglia, lo si sentiva.

In sostanza abbiamo passato una serata per noi inspiegabile ed incredibile, in giro a leggere e suonare, una notte straordinaria. Esperienza geniale, formativa; quell’uomo ci ha insegnato qualcosa.

Ma non è stato sempre tutto rose e fiori.

A Pareto, per esempio, abbiamo avuto un’altra esperienza di vagabondaggio “artistico”. Il gestore di un bar nei paraggi è uscito e ci ha “gentilmente” invitato ad andarcene.

 

Come definireste il vostro gruppo dal punto di vista organizzativo?

Il formato è quello della manica di leggeroni. Siamo persone che si riuniscono liberamente in una casa e scribacchiano.

 

Come promuovete la rivista?

Usiamo Facebook, ed abbiamo intenzione di fare un MySpace. La rivista rimane cartacea, comunque. Ci stiamo organizzando per la distribuzione di un volantino.

 

Come fate coi costi?

Il nostro punto di forza è di stampare 200 copie soltanto. Usciamo ogni due mesi e spendiamo 15 euro a testa… in otto le spese diventano minuscole.

 

Che rapporti avete con altri gruppi, associazioni, circoli?

Il Raindogs ci ha appoggiato e ancora ci punteremo. E’ il locale che abbiamo frequentato di più, c’è un bel giro di gente che scrive, ed ormai l’occasionale appuntamento con i Reading è una tradizione. E’ piacevole come posto.

Poi ci appoggiamo a Dreamingorilla Rec. Un nostro testo sarà nel prossimo cd dei Venus.

 

Quali sono i vostri rapporti con le amministrazioni locali e che opinione avete della collaborazione con esse?

Non abbiamo mai avuto rapporti. Cosa ne pensiamo in generale? Non sapremmo come avere un rapporto. In realtà non sapremmo esattamente a chi rivolgerci.

Marco: “Secondo me potrebbe venire fuori qualcosa di buono.”

Ricapitolando, diciamo che non abbiamo comunque ancora preso in considerazione l’argomento!

 

Diteci la vostra opinione su cosa offre la città in termini di spazi per i giovani sia dal punto di vista culturale che dell’intrattenimento.

Lorenzo: “Intrattenimento ce n’è: ci sono le discoteche, e c’è qualche locale dove possono suonare gruppi dal vivo (seppure siano molto meno rispetto alle discoteche). Sporadicamente, qua e là, capitano eventi per i giovani.

Ci sarebbe da fare molto per migliorare… ma sarebbe senz’altro un nonsenso avere un megalocale in una città minuscola come Savona.

Bisognerebbe creare eventi con artisti interessanti di fuori, ma che contengano anche elementi che attirano il pubblico locale.”

Michele: “Secondo me ci sono tanti giovani in giro che vogliono dire la loro, organizzarsi e fare le cose in maniera ancora “grezza”, semplicemente perché non ci sono gli spazi per fare le cose in modo più organizzato. Io ad esempio non saprei come fare, dove andare, e quali spazi chiedere. Se ci fosse un centro sociale le cose sarebbero diverse.”

Ilaria: “Per me c’è poca varietà di offerta, al Raindogs suonano sempre solo blues e jazz. Salvo quando ci sono i reading alla fine non è che ci andiamo granché. La discoteca proprio non mi interessa per niente. Non saprei come risolvere il problema. Ci vorrebbe forse l’iniziativa dei singoli privati. Al di là di ciò, sono sfiduciata rispetto al fatto che il Comune possa fare qualcosa di positivo.”

Sergio: “Io dico che l’amministrazione dovrebbe fornire uomini e mezzi. Sennò che non lo mettano nemmeno l’assessore alle politiche giovanili. I soldi li danno solo per iniziative che riguardano i vecchi. Secondo me non si può andare avanti solo con l’iniziativa privata, non è possibile.”

Alessandro: “Concordo con Sergio, aggiungendo che una maggiore collaborazione dei giovani con il comune può migliorare le cose.”

Marco: “Noi giovani dobbiamo svegliarci, se noi stessi avessimo avuto più palle saremmo già al decimo numero di Tre Di Notte, altro che al primo.

La mia è una critica che è anche autocritica: altri ragazzi magari mettono più verve… All’estero mi sembra di capire che molte cose vanno diversamente perché ci sono persone che si organizzano e si sbattono di più.

Secondo me spesso, più che i soldi, a mancare sono proprio i giovani.”

Come avrete capito le nostre opinioni divergono, comunque su una cosa siamo tutti d’accordo: ci vuole una maggiore varietà dell’offerta per quanto riguarda l’intrattenimento.

Al Savona Rock Festival di questa estate ci saranno state in media 200 persone ma erano tutti cinquantenni… c’è anche stato un picco di 600 persone quando ha suonato il gruppo di cover dei Beatles.

Quella del Savona Rock Festival poteva essere una buona occasione per il Comune di dare in mano ad associazioni e promoter la situazione: non doveva gestire tutto da solo! Il festival perchè non farlo organizzare per esempio a DreaminGorilla o a Spacepromo?

Due anni fa al DreaminGorilla Day avevano suonato Easy Skankers e Fetish Calaveras, e c’era stata la risposta della gente, perché quando a organizzare è chi è nel settore ed ha la passione per quello che fa, le cose funzionano; anche l’amministrazione però deve fare il suo e mettere dei soldi.

  

Savona, giovani, cultura, intrattenimento. Cosa funziona e cosa bisognerebbe cambiare?

Sergio: “Una cosa che funziona è che per fortuna esistono privati che vogliono sbattersi, che non c’entrano niente con lo Stato e che “fanno”.”

Lorenzo Perona: “Sul piano culturale e dell’intrattenimento Savona fa poco. Io ho notato che in Inghilterra ci sono realtà molto diverse: si può andare in uno studio di registrazione, fare un cd, uscire e venderlo, perché non c’è SIAE, e tutti possono anche suonare all’aperto o fare un reading, conosciuti o sconosciuti che siano. Ci vorrebbe una maggiore cultura del suonare e del produrre.”

Lorenzo Manconi: “Gli spazi fisici ci sono. Io sono stato tanto negli Scout e ho visto che il Comune dà la disponibilità ad offrire spazi.

Anche in piazza Sisto IV capita di vedere qualche concerto con gruppi che suonano.

Secondo me bisognerebbe convincere il Comune ad utilizzare spazi come l’ospedale vecchio o Palazzo Santa Chiara.”

Lorenzo Perona: “All’Artisi c’e una sala prove e funziona bene. San Giacomo e l’Artisi sono una risorsa enorme… perché non sistemarlo e farci un polo per i giovani e per l’intrattenimento?”

 

Diteci i vostri progetti ed ambizioni per il futuro.

Per il momento ci interessa uscire bimestralmente con “Tre Di Notte”. Cazzo! 

 

SPACEPROMO 

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MAIL: info@spacepromo.net

SITO: www.spacepromo.net

FACEBOOK: spacepromo savona

Intervista con FABIO BRUZZESE e FRANCESCO BARONI

 

Chi siete (nome e cognome), quanti siete, età media, occupazione.

Lo staff oggi è composto da me (Fabio Bruzzese), Francesco Baroni, più altri collaboratori; tutte persone con un’età compresa tra i 20 e i 35 anni.

 

Quando e perché è nato Spacepromo? Di cosa si occupa?

Siamo partiti in due, io ed il mio ex socio Dario Bonelli (che poi ha abbandonato il progetto). Cercavamo un posto dove poter fare musica dal vivo e l’abbiamo trovato al Centro del Biliardo di Legino che, da ottobre 2009, è diventata la sede fissa di Spacepromo.

 

Qual è la vostra filosofia?

Quel che ci interessa promuovere è la musica indipendente. Tutti i gruppi che hanno suonato allo Spacepromo provengono dal panorama indie e underground: poche tribute-band attirapubblico. Ogni settimana suonano alcune band in parte provenienti dall’interland savonese e altre provenienti dal resto d’Italia. Un appuntamento al mese é dedicato a band headliner, come ad esempio : Tre allegri ragazzi morti, Dufresne, Sick Tamburo, Zen Circus, Vanilla Sky, etc…

 

A chi vi rivolgete?

I frequentatori di Spacepromo hanno un’età che varia dai 14 agli oltre 40 anni: abbiamo un pubblico abbastanza trasversale.

Robin Manzin: “La fortuna di Spacepromo sta nel non avere preconcetti musicali: si è riportato in vita il vecchio concetto di musica savonese della prima ora, facendo suonare i gruppi che vengono dalle cantine o che comunque non trovano collocazione in altri locali che hanno target più ristretti o più colti (come ad esempio il Raindogs).”

 

Parlateci di alcune delle vostre iniziative passate.

Tra gli eventi organizzati ricordiamo la serata di apertura il 19 dicembre 2009 con Mad Magdalen, Gli Altri, Washing Machine, Moonlight Shadows, Propaganda Esplicita; il concerto con Vic du Monte’s Persona Non Grata (ex Kyuss, ex Queens of the Stone Age), il concerto di Conceive e Lowlight del 13 gennaio 2010.

Siamo arrivati ad avere anche 400 persone in queste serate, e per essere un locale appena nato è un buon risultato.

Un grosso sforzo lo abbiamo messo per il live dei Tre Allegri Ragazzi Morti dell’8 maggio, che è stata una data importante perché finalmente si è tornati a sentire a Savona gruppi di rilievo nazionale.

 

Che formato giuridico avete? Siete “non profit” o a scopo di lucro?

Dalla nostra attività cerchiamo di farci uscire le spese e di restare in pari. Quel che guadagniamo serve per rimborsarci parzialmente del lavoro fatto e per investire in nuovi progetti.

 

Ci sono possibilità effettive di fare della vostra attività una occupazione a tempo pieno?

Io ti dico di sì. Soprattutto se la gente cambia mentalità.

 

Come promuovete le vostre attività?

Usiamo Facebook, MySpace e locandine. I nostri primi eventi sono stati pubblicizzati anche su Radio Savona Sound.

 

 Che rapporti avete con altri gruppi, associazioni, circoli?

Rapporti con altre realtà locali ne abbiamo molti e spesso collaboriamo con associazioni di fuori! Non ho avuto grossi riscontri da chi ho cercato: spesso non c’è dialogo gli uni con gli altri e si finisce per pestarsi i piedi a vicenda. Uniche eccezioni: circolo Arci Brixton di Alassio, con il quale ci sono ottimi rapporti e collaborazione, e Vynil Magic, attraverso Davide Pansolin, che ci ha permesso di fare suonare allo Spacepromo i Persona Non Grata. Grazie all’intervento dell’associazione Duevventi, fortunatamente, i rapporti con le altre realtà locali sono migliorati notevolmente.

 

Quali sono i vostri rapporti con le Amministrazioni locali e che opinione avete della collaborazione con esse?

Attualmente non abbiamo rapporti di alcun tipo.

 

Diteci la vostra opinione su cosa offre la città in termini di spazi per i giovani sia dal punto di vista culturale che dell’intrattenimento.

Robin Manzini: “Sul territorio savonese non c’è nulla che possa dare una mano alla musica. Buone notizie al massimo vengono da privati che prendono iniziative per conto proprio: Fens e Steven hanno allestito una sala prove, che funge anche da sala d’incisione, all’interno di un box auto… (coi JollyRogers abbiamo suonato per dieci anni in un box auto). In Italia non si suona più, manca lo spirito che c’era negli anni ’80, e la cultura dell’autofinanziamento.

Oggi è difficile suonare fuori dalla propria città, bisogna avere contatti con band locali che organizzino la serata. Questo non è un problema solo di Savona, è un riflesso più generale di questo periodo storico.”

Fabio: “La musica a Savona è nata all’Artisi, alla Casbah, al Mokambo.

Servirebbero più spazi all’aperto, soprattutto d’estate, ed un servizio di mezzi pubblici che permetta alla gente di poter rientrare a casa dopo aver sentito un concerto.”

 

Savona, giovani, cultura, intrattenimento. Cosa funziona e cosa bisognerebbe cambiare?

Robin: “Secondo me bisognerebbe recuperare una cultura dell’ascolto. Non solo delle grandi band, ma anche dei gruppi locali. Un tempo c’era, adesso manca.”

Fabio: “Si scoprirebbe che a Savona esistono tantissime realtà musicali: non c’è un genere che non sia rappresentato. Eppure, se non vengono allo Spacepromo, tutte queste band non suonano. Le persone le abbiamo, dobbiamo valorizzare quello che fanno.”

 

Diteci i vostri progetti ed ambizioni per il futuro.

Continuare sulla nostra linea di indipendenza, continuare a portare musica a Savona, non cercare coinvolgimenti politici.

Unire tutti quelli che propongono alternative alla staticità di questa città in modo da creare un qualcosa che non è mai successo ma che in realtà si può fare.

 

RAGGADDICTED

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Intervista con GIORDANO PINETTO e MARCO CARBONE

 

Chi siete (nome e cognome), quanti siete, età, occupazione.

Siamo in due: io(Count jo-jo) anni 47; e Marco Carbone (Benny), anni 26. Io sono educatore e Benny lavora come manovale.

 

Quando nasce Raggaddicted? Da quali esperienze provenite?

Raggaddicted è nata a maggio del 2010.

Count Jo-Jo: “Io ho iniziato a mettere dischi nel 1984, e per me è iniziata una passione. Ai tempi suonavo con Briggy Bronson e qualche volta con Mr.Puma.

Per un breve periodo ho suonato in zona, poi sono andato a Genova all’Heros a mettere i dischi con Dub Master Spillux. L’esperienza è durata un anno e mezzo circa (1984-1985).

Dopo una lunga pausa, durata fino ai primi anni ’90, rincominciai a suonare con Tiziano Ansaldi (El Woodoo). La prima serata che ho usato il nome Count jo-jo è stata all’Italo Calvino a Loano. Da lì è ripartito tutto, mi è tornata la voglia ed ho ripreso a fare serate in zona.

Nel 1994 ho aperto insieme a Carlo Sguerso, Mauro Giovannini, Angelo Robatto, lo STUDIO ONE in via Chiodo a Savona(dove oggi c’è il Raindogs).  

Lo StudiOne era un locale dove dal giovedì al sabato c’era solo reggae, chiamavamo esclusivamente dj italiani (niente musica dal vivo, per problemi con il vicinato). In breve tempo la cosa ha portato a far crescere il giro, e si è creata rapidamente molta più scena.

Il locale è durato fino al 1996, quando l’avventura si è conclusa, perché nonostante la passione di tutti, la gestione era diventata una fonte certa di spese e non di guadagno: erano di più i soldi che ci rimettevamo.

Io ho proseguito a mettere dischi anche dopo, con una parentesi di circa un anno di collaborazione di Totò Migiani di Genova, titolare di Psycho (Genova Sampierdarena). In quel periodo “aprivo” e “chiudevo” i concerti reggae (Giuliano Palma, i Toasters, gli Africa Unite, e molti altri).

Dopo ho fatto ancora molte serate, a Savona quando mi chiamavano, ed occasionalmente ho suonato anche in giro, a Milano, a Lugano. Poi ho iniziato a lavorare come resident dj a Finale Ligure, al “Gasolina”.

Nel frattempo ho iniziato a collaborare con Topo Revolution (Maurizio Oliveri) che contribuiva come video maker alle serate in cui facevo da dj, soprattutto in quelle estive a Bergeggi (siamo all’incirca nel 2003).

Ho aperto ancora un po’ di concerti al Ju-Bamboo (Giuliano Palma e altri).

Dopo il periodo dell’esperienza con Topo ho continuato a mettere dischi da solo alle serate raggae di Genova.

Il movimento raggae è nato in un certo senso proprio a Savona, con gente più anziana di noi che è stata in grado di trasmetterci la passione.

Briggy è stato riconosciuto come primo vero “originator” (a parlare sono i suoi dischi).

Probabilmente se ci fossimo impegnati di più, senza vivere tutto alla giornata e solo per divertimento e passione, avremmo potuto farne una fonte di guadagno. Ma poi sono nate anche realtà più forti.”

Marco: “Io provengo da un’esperienza durata 3 anni con i Positive Vibration. Raggaddicted è una conseguenza del rimescolamento di dj che recentemente ha coinvolto Positive Vibration, Stonedbass Conspiracy, Junglist Pirates.

Per me che sono più giovane è stato un onore poter fare parte di un dj set dove milita un personaggio con la storia e la statura di Count Jo Jo.”

 

 Di cosa vi occupate?

Siamo un dj set, mettiamo dischi e promuoviamo ascolto e conoscenza della musica raggae, anche al fine di allargare e migliorare la scena.

Marco: “Senza fanatismo vogliamo anche portare avanti un discorso di impegno sociale, trasmettendo un messaggio antirazzista e di rispetto reciproco, in sintonia con l’intensa spiritualità ed umanità che caratterizza tutto il percorso storico della cultura raggae.

Se ancora oggi a distanza di vari decenni, questa cultura continua a sopravvivere nei suoi contenuti e ad essere condivisa da tante persone è perché i suoi valori continuano ad avere una forte sostanza.”

Count Jo Jo: “Ci tengo a sottolineare che alle nostre serate non è mai successo il minimo casino.”

 

Qual è la vostra filosofia?

Count Jo Jo: “La mia filosofia è legata alla fortuna di aver incontrato Tiziano, che è stato per me un guru: mi diceva sempre che il dj non è una puttana, ma deve informare.

La mia filosofia è sempre stata quella di informare, far conoscere la musica e mandare un messaggio alle persone, cercando di coinvolgerle.”

 

A chi vi rivolgete?

Count Jo Jo: “Ci rivolgiamo a tutti, non c’è un target preferenziale.

Mi è capitato di fare serate diverse da quelle esclusivamente a base di reggae, per guadagnare un po’ di soldi; mi è però capitato anche di farne varie a gratis. Un piacere di quando metto i dischi è soprattutto quando qualcuno viene in consolle a chiedere che pezzo era quello che ho messo.”

 

Parlateci di alcune delle vostre iniziative.

Count Jo Jo: “Le migliori serate sono quelle in cui l’impianto funziona bene, quello è sempre stato un piacere. E poi quelle dove c’è più gente, magari in concomitanza con un concerto importante. Ricordo in particolare la serata con Mad Professor al Ju Bamboo.

Era carina anche quella con i Toasters perché a fine serata si sono messi a ballare e mi facevano le richieste (al DLF).”

Marco: “Come Raggaddicted in questo periodo abbiamo suonato un po’ di volte ma non è stata un’estate eccezionale.

Abbiamo suonato in Valbormida in una serata in collaborazione con l’Associazione Amici del Mediterraneo, dove c’erano anche numerose altre esibizioni, ed abbiamo suonato da Duevventi e Truelove.”

 

Che formato giuridico avete?

Non abbiamo formato un’associazione, perché ci ha sempre bloccato il concetto di “legalità”, di dover fare le cose a norma: lo patiamo un po’ come un’ingabbiamento. Il mio sogno sarebbe di dovermi solo svegliare alla mattina e andare a montare l’impianto a Bergeggi.

 

Come promuovete le attività?

Usiamo il passaparola, gli sms, Facebook, locandine, e postiamo i nostri eventi sui siti Reggae.it e Liguria Reggae Yard. Promuoviamo le serate anche su Radiotrafiko.

 

Che spese vi trovate a dover sostenere?

Count Jo Jo: “I dischi costano, e non sono mai rientrato nelle spese. Io spendo 150-200 euro al mese per acquistare i 45 giri.”

 

Ci sono possibilità effettive di fare della vostra attività una occupazione a tempo pieno?

Non abbiamo purtroppo mai pensato di farne un lavoro.

Count Jo Jo: “Io perché sono legato a una cultura punk… E poi in un posto come questo riconoscono più il fatto che ti stai divertendo anziché che il fatto che stai lavorando.

Io ho un lavoro, se la passione mi porta via troppe energie, allora devo restare su un livello modesto. Senza avere le spalle coperte, dedicarmi in toto alla mia passione sarebbe come fare una salto nel vuoto.

Per adesso rimane uno sfogo, un bel diversivo alla mia routine, e desidero mantenerla perché è sempre stata la mia passione.”

  

Che rapporti avete con altri gruppi, associazioni, circoli?

Count Jo Jo: “Credo che avere relazioni con altri gruppi che fanno cose simili stia alla base. Come ho già detto, non capisco le rivalità, perché mi sembrano stupide in questo contesto.

E’ determinante lottare per ottenere un posto e mantenerlo, è l’unica possibilità che abbiamo per mantenere il nostro status, ma collettivamente, come movimento culturale. Il fine è questo, e non ha senso quando ci sono rivalità interne perché qualcuno vuole diventare il maestro.

Non ha senso perché nessuno di noi è più importante, nessuno primeggia sugli altri di fatto.

La sana competizione non è nemmeno un male; ma quando la vedi sgomitante, senza un motivo reale, tra appassionati che hanno coltivato un interesse e dovrebbero farlo per divertimento, senza nulla in palio se non poterne sempre fare di più e in situazioni nuove, non la condivido.

E non è giustificata da un merito, che è inesistente; comprare i dischi dipende dal merito? Al massimo sei bravo a metterli, ma tutto lì.

Noi “vecchi” non siamo mostri sacri, noi tramandiamo, ma non mi sento di dire “che fico che sono”.”

Al di fuori dei sound system, le associazioni con cui collaboriamo più spesso sono Duevventi e Truelove.

 

Quali sono i vostri rapporti con le amministrazioni locali e che opinione avete della collaborazione con esse?

L’unico rapporto indiretto avuto è stato negativo.

Ad Albissola, per la notte bianca, ci hanno contattato per suonare in un locale, ma alle 10:20 ci hanno fatto smettere per il troppo rumore. È stato davvero assurdo. Come facciamo a fare così se vogliamo essere una regione basata sul turismo.

 

Diteci la vostra opinione su cosa offre la città in termini di spazi per i giovani sia dal punto di vista culturale che dell’intrattenimento.

Count Jo Jo: “Spazi? Non ci sono spazi.” (ride sarcastico)

Marco: “Oltre a mancare fisicamente gli spazi, è lo spazio “temporale” che manca. Per suonare non basta trovare un posto, bisogna anche ottenere il permesso per suonare in un certo orario. A Savona questo è a dir poco difficile.”

 

Savona, giovani, cultura, intrattenimento. Cosa funziona e cosa bisognerebbe cambiare?

Count Jo Jo: “Il fatto centrale è capire cosa sia Savona. Fino agli anni ’70 era una città operaia, c’erano le industrie e la maggior parte delle famiglie era legata alle industrie. C’era il porto… Poi c’è stato un grande “buco” nel quale l’amministrazione non ha ancora capito cosa fare di Savona.

Una volta c’erano più locali per suonare: negli anni 80-81 almeno era così, e c’erano più luoghi, il circolo Artisi innanzitutto.

L’amministrazione oggi deve ancora capire che tipo di turismo creare; se si vuole un turismo di lusso la via da seguire è quella attuale, ma Savona secondo me non è il tipo giusto di città.

Sarebbe invece più bello che si dessero opportunità a tutti, non solo a quelli con il grano.

C’è una leggenda su Savona, legata agli anni ’80: si pensava che Savona fosse una città “campione”, addirittura si narra che ci fosse stato un momento in cui avevano aperto i cancelli e svenduto grosse quantità di stupefacenti per studiarne gli effetti: Savona, un esperimento per manipolare le menti e vedere come tutto si addormenti.

Negli anni 50 Savona aveva cinema e teatri in abbondanza, c’era un carnevale pari a quello di Viareggio. Piano piano questo è sparito, non so se in maniera subdola, ma mi sento di dire che adesso più che mai ci sia un annientamento cerebrale; molti hanno voglia di fare, ma in sostanza non si ottiene nulla e si sente solo dire che ”non c’è un cazzo da fare”. Quando proponi non viene nessuno.

Mi ricordo bene dell’esperienza dello StudioOne e di quella dell’occupazione della Fortezza di Vado, assieme con dei ragazzi di Torino. L’occupazione era durata una settimana, ma vedevi che la partecipazione attiva era minima: 5-6 persone soltanto. Per il resto, c’era molta gente, ma veniva solo per spaccarsi rovinarsi, abbruttirsi.

Mi piacerebbe che ci fosse una passione dietro alle cose che si fanno o a cui si partecipa; mi piacerebbe che si vivesse la situazione pensando a un posto in cui ritrovarsi e scambiarsi idee.

Per quanto concerne la mia musica, sono molto più contento rispetto al passato: c’è più gente, e gente che conosce la musica.

Quello che manca oggi però è lo spirito di voler cambiare, e di far capire che per noi è importante combattere per ottenere i nostri spazi.”

Marco: “Io penso che i generi musicali che soffrono una scarsa visibilità debbano trovare più appoggio. Fortunatamente, a sinistra c’è forse un po’ più di apertura.

Una cosa particolarmente spiacevole è vedere che c’è sempre meno rispetto per la musica e per chi suona. E’ addirittura capitato che la polizia confiscasse abusivamente gli impianti… Viviamo in un clima di intolleranza, con limiti davvero eccessivi e troppo fiato sul collo da parte delle forze dell’ordine. I giovani non possono che vivere male questa sensazione di pressione.

 

Diteci i vostri progetti ed ambizioni per il futuro.

Count Jo Jo: “Voglio continuare a divertirmi facendo serate, senza troppi problemi per organizzarle. Mi basta questo, non chiedo altro. Se poi le cose si ingrandiscono meglio, ma non ho assolutamente ambizioni. Potendo comprerei più dischi forse.

Con Marco si parlava di associarsi, in modo da poter anche iniziare a chiamare artisti di fuori a fare una serata. Ma avendo visto che sono più le volte che si prendono facciate, siamo ancora titubanti.”

Marco: “Ci piacerebbe portare anche personaggi di un certo calibro, come Vito War, provenienti anche dalla scena giamaicana o inglese.” 

 

NUOVO FILMSTUDIO

 

CONTATTI:

MAIL: info@nuovofilmstudio.it

SITO: www.nuovofilmstudio.it

FACEBOOK: nuovofilmstudio

Intervista con ANDREA TESSITORE e DAMIANO MERAVIGLIA

 

Chi siete (nome e cognome), quanti siete, età, occupazione.

Andrea Tessitore (Presidente), Damiano Meraviglia(Segretario).

Il consiglio direttivo di Nuovofilmstudio è composto di 15 consiglieri, in parte(4 persone) under 30, una grossa parte tra i 30 e i 45 anni, più un gruppetto più anziano.

I soci sostenitori sono 885, quelli ordinari 3021.

Se sono due/tre le persone ad occuparsi stabilmente di Nuovofilmstudio ricevendo un compenso, per il resto il lavoro è frutto del volontariato non retribuito dei soci.

 

Quando e perché è nato il Nuovofilmstudio?

Il “Filmstudio” nasce come circolo ARCI nel 1975 sotto la guida di Mirko Bottero, per chiudere nel 2001 per sfratto esecutivo. Nuovofilmstudio è nato alla fine del 2002 e sono stati riaperti i locali nel 2003.

Nel periodo di chiusura si assistette alla “scomparsa” di molti film da Savona, che non venivano proiettati nelle sale commerciali.

Prima della chiusura del primo Filmstudio, girarono voci circa un interessamento da parte della Fondazione De Mari a comprare i muri… ma la fase “calda” in cui la città si indignava e discuteva su come non perdere la sala durò solo qualche mese, prima e dopo lo sfratto.

 

Di cosa vi occupate?

Nuovofilmstudio si occupa della promozione della cultura cinematografica, da quella indipendente all’intrattenimento, senza pregiudizi e con un occhio di riguardo per il cinema d’autore.

Ci sono degli obiettivi irrealizzati ma che era e rimane nostra intenzione portare avanti: quello di un progetto dedicato alla formazione, e quello della creazione di un laboratorio di produzione e di elaborazione, in modo da non dare alle persone la sola possibilità di fruire “passivamente” del cinema.

Seppur contenti di fare quello che facciamo, viviamo come una frustrazione il fatto di non poter soddisfare questa esigenza di cinema in termini di “produzione”.

Il cinema è aperto 350 giorni all’anno e passiamo principalmente prime visioni con una rotazione abbastanza sostenuta: in un mese di qui passano almeno 7-8 pellicole diverse.

Proiettare tante pellicole è importante perché a Savona c’è una sola sala e non ci sono spazi per tutto quello che non è mainstream. Noi cerchiamo di offrire di più e meglio possibile, sentiamo una responsabilità verso la città, dobbiamo offrire una pluralità di proposte.

Potremo dire che Nuovofilmstudio è una “riserva”, dove passa quel cinema che altrimenti non passerebbe a Savona.

Attualmente passiamo prime visioni ma anche anteprime, in modo da garantire una proposta culturale fresca: un film va proiettato il più possibile vicino alla data di uscita, altrimenti la riflessione, il dibattito sulla pellicola e tutto quello che può derivarne rimangono temporalmente differiti.

Ci teniamo ad avere un occhio di riguardo per il DOCUMENTARIO, per le PRODUZIONI INDIPENDENTI, e per il CINEMA D’AUTORE (che salvo casi particolari come ad esempio i film di Woody Allen o Almodóvar è poco commerciale e difficilmente arriva nelle sale).

Le pellicole distribuite sono davvero tante; la scelta è delicata e va fatta con cura: possibilmente i film vanno visti prima di essere proposti.

Gli equilibri di distribuzione non sempre consentono di avere sempre le pellicole che si vuole. Su 250-300 pellicole che escono all’anno se ne passano 100 ed è normale operare una scrematura.

Quando non si riesce a proiettare il film voluto è perché a volte viene è il multisala a strapparlo nel periodo utile, oppure può capitare che la concomitante uscita di molti film costringa a sacrificarne alcuni.

Le pellicole a metà tra mainstream e film d’autore sono le più proficue perché pescano spettatori ovunque. Sarà difficile vedere in prima visione al Nuovofilmstudio l’ultimo di Almodóvar, ma senz’altro lo si riesce a far passare in un secondo momento non molto tempo dopo, e ormai è vasto il numero di soci che, fidelizzati a Nuovofilmstudio, decidono di aspettare per vedere il film da noi.

Il target di Nuovofilmstudio in ogni caso rimane assai diverso da quello del multisala Diana, e non si creano grossi conflitti di concorrenza.

Noi prendiamo film a noleggio da distributori liguri che ricevono le pellicole da una casa di distribuzione nazionale. Colossi come Sony e Warner generalmente gestiscono da Milano o Roma il noleggio per tutto il territorio, mentre altre case si avvalgono di una rete di agenzie locali sul territorio.

In Liguria le principali agenzie di cinema d’essai sono due: disponendo di una unica sala si crea una dinamica per la quale è necessario instaurare un rapporto di fiducia con una. Essendo interesse delle agenzie noleggiare tutto il proprio catalogo, mette male farsi passare solo alcune pellicole. L’ideale sarebbe avere la possibilità di gestire almeno due sale: ciò permette di essere più flessibili, perché si possono prendere pellicole da entrambe le agenzie continuativamente e garantendosi di avere il meglio del catalogo di entrambe.

Con due sale puoi tra l’altro affiancare alla singola proiezione anche altro tipo di eventi (dai festival alle presentazioni con il regista per esempio)

Non a caso i monosala piano piano scompaiono. Poter invitare un regista ti fa fare un salto di qualità perché si discute e c’è un livello davvero superiore di confronto. Non sempre ciò è fattibile (vanno rimborsate le spese di viaggio, vitto e alloggio).

 

Qual è la vostra filosofia?

Tessitore: “Le idee da cui siamo partiti sono:

1. dare la possibilità a Savona di avere un cinema che passi cose altrimenti non più visibili.

2. farlo con la qualità migliore possibile dal punto di vista tecnico: la struttura a disposizione è quella che è, ma cerchiamo di avere rispetto per il cinema.

3. funzione socializzante: le persone qui chiacchierano e discutono del film, arrivano prima e stanno fuori dopo: l’aspetto sociale è importante, non c’è altrove, e si tratta di una cosa voluta.

Fa molto il consolidarsi di un’abitudine consolidata… la “familiarità” tra posto e persone che lo frequentano. Cerchiamo poi di presentare delle proposte senza spocchia: non ci sentiamo degli eletti portatori di chissà quale cultura … evitiamo di assumere atteggiamenti di presunzione o saccenza.

4. attenzione per il prezzo del biglietto: l’obiettivo nostro è abbassarlo. Dove si vuole fare aggregazione, come qui al Nuovofilmstudio, bisogna cercare di contenere i costi e rendere accessibili a tutti i contenuti. Non ci interessa speculare, preferiamo garantire il prezzo “giusto”.”

 

A chi vi rivolgete?

Trasversalmente a tutti. Abbiamo fatto cose con giovani, giovanissimi, adulti.

Con le scuole facciamo spesso delle matinée con proiezioni.

Un tentativo rivolto esclusivamente ai bambini è stato quello della collaborazione con la biblioteca “IL Cappellaio Matto”, con cui si è fatta una rassegna su Miyazaki.

 

Che formato giuridico avete? Siete non profit o a scopo di lucro?

Siamo un’ associazione culturale senza scopo di lucro e siamo associati ARCI (Sezione UCCA). Facciamo inoltre parte della Federazione Italiana Cinema d’Essai (FICE) e della Confédération Internationale des Cinémas d’Art et d’Essai (CICAE).

 

Come promuovete le attività?

Utilizziamo la newsletter settimanale ed abbiamo un sito internet frequentemente aggiornato. Oltre a ciò facciamo una distribuzione capillare dei cartacei nei punti sensibili, sia in città che in riviera ed entroterra.

Si è per lungo tempo anche spedito a casa il programma cartaceo delle proiezioni. Purtroppo l’abolizione della tariffa agevolata per le associazioni culturali ha moltiplicato il costo per cinque, ed il risultato è che non possiamo più farlo.

 

Come sopravvive Nuovofilmstudio?

Abbiamo i proventi del tesseramento (i sostenitori pagano 20 euro, gli ordinari 10 euro) e quelli dei biglietti: i sostenitori pagano 5 euro (4 al pomeriggio non festivo), e gli ordinari 6 euro (5 al pomeriggio non festivo).

Ogni anno, grazie alla qualità della programmazione, vinciamo alcuni premi a sostegno dell’attività, ad esempio: “Schermi di qualità”, iniziativa di AGIS e ANEC in cui si premia la capacità delle sale di promuovere il cinema d’essai durante tutto l’anno. Noi abbiamo vinto questo riconoscimento fin dall’inizio (2005).

Recentemente il premio consiste in un contributo minore che in passato, ma rimane comunque una soddisfazione perché è il riconoscimento per la qualità del lavoro svolto.

Fondamentale per la sopravvivenza è l’impegno non retribuito e la passione del gruppo di volontari che compongono il Consiglio Direttivo dell’associazione.

L’affitto di 30.000 euro all’anno è un peso non facile da sostenere.

 

Ci sono possibilità effettive di fare della vostra attività una occupazione a tempo pieno?

Allo stato solo 2/3 persone sono retribuite al Nuovofilmstudio. Vedremo in futuro.

 

Che rapporti avete con altri gruppi, associazioni, circoli?

A Savona e dintorni abbiamo rapporti con molte associazioni, in particolare Raindogs, Truelove, Cattivi Maestri e Melisandra.

Anche con l’Ordine degli Architetti si collabora per proporre rassegne cinematografiche e documentari; lavoriamo spesso anche con la Bottega della Solidarietà.

 

Quali sono i vostri rapporti con le amministrazioni locali e che opinione avete della collaborazione con esse?

Con la Provincia si lavora regolarmente: ad esempio, siamo arrivati alla 5° edizione della rassegna di cinema africano (“Uno sguardo all’Africa”, in collaborazione con l’ufficio di cooperazione internazionale della provincia) che inizia a essere riconosciuta anche fuori dall’Italia.

Abbiamo proposto anche varie cose in Comune e ci piacerebbe fare di più. Speriamo che l’occasione dello spostamento verso le ex Officine Solimano sia un punto di partenza positivo.

 

Diteci la vostra opinione su cosa offre la città in termini di spazi per i giovani sia dal punto di vista culturale che dell’intrattenimento.

Sono pochi per quello che ne sappiamo, auspichiamo di poter fare la nostra parte per darne di nuovi. Le ex Officine Solimano potranno essere un’occasione per offrire di più, grazie anche all’apporto delle altre realtà coinvolte oltre a Nuovofilmstudio. Si tratterà sostanzialmente di un “contenitore” gestito dalle realtà Arci ma con l’apertura a proposte ed attività provenienti anche dall’esterno.

 

Savona, giovani, cultura, intrattenimento. Cosa funziona e cosa bisognerebbe cambiare?

Una cosa che apprezziamo è che c’è sempre gente che si dà da fare senza emigrare. Spesso da un ambiente ostile si fugge, ma qui di giovani attivi, seppur non molti, ce ne sono e questo è buon segnale.

Da cambiare c’è che a questi giovani bisogna offrire strumenti, spazi, opportunità e occasioni per esprimersi e realizzare qualcosa tra le tante idee in circolazione. L’ottimismo in questo senso deriva proprio dal vedere gente tenace e che porta avanti idee.

 

Diteci i vostri progetti ed ambizioni per il futuro.

Speriamo di riuscire finalmente, con il passaggio nella nuova sede, nel nostro intento di trasformarci in un soggetto promotore di PRODUZIONE e FORMAZIONE cinematografica.

 

TIMOTEOTEATRO

  

CONTATTI:

MAIL: timoteoteatro@libero.it

SITO: www.timoteoteatro.it

FACEBOOK: timoteoteatro

Intervista con ELIO BERTI

 

Chi siete (nome e cognome), quanti siete, età media, occupazione

Siamo Elio Berti, Annamaria Altomare, Donatella Francia, Simonetta Pastorino, Fabrizio Santoro, Simona Di Nicolao, Milena Lo Giudice. Ultimo arrivato dal Dams, Dario Li Calsi, che nonostante la giovane età è già su un buon livello di preparazione. L’età media è intorno ai 40 anni.

Oltre a questi, che sono le persone che lavorano molto per il gruppo (se non proprio a tempo pieno, come me) abbiamo altre 30 persone che orbitano intorno alla scuola ed ai suoi tre anni di corso teatrale.

 

Quando e perché è Timoteoteatro?

Timoteoteatro nasce da due persone (Elio Berti e Annamaria Altomare) che vanno in giro per l’Italia a fare spettacoli con una Renault 4. Io e Annamaria siamo i fondatori e quelli che lavorano a tempo pieno con Timoteoteatro.

Professionalmente Timoteoteatro nasce nel 2000, anche se è l’ultima tappa di un percorso fatto di numerose precedenti esperienze in compagnie teatrali.

Io iniziai nel 1976. Facevo parte del “Piccolo di Savona” dell’indimenticabile Luciana Costantino con Simona Guarino, Giorgio Scaramuzzino, ed altri.

Sono stato socio fondatore di varie compagnie: “Campanassa”, “La Goccia” “Laboratorio teatrale Chiabrera”, “I Mastrociliegia”, “I Commedianti”, ed ho collaborato in varie altre compagnie liguri.

 

Di cosa vi occupate?

Facciamo teatro, laboratorio, animazione e corsi di orientamento teatrale.

Nell’intento di portare avanti qualcosa che non fosse solo nostro, abbiamo iniziato dei corsi di teatro, grazie ai quali col tempo si sono fermati nella compagnia stabile numerosi e validi elementi.

Molti nel mondo del teatro detestano lavorare con gli allievi, noi invece lo amiamo tantissimo, è uno scambio importante.

 

Qual è la vostra filosofia?

Cerchiamo di portare le persone sul palco con una serenità ed una tranquillità che li accompagni in un percorso che sia prima che un’esperienza artistica una esperienza di vita.

Riguardo agli spettacoli, la nostra idea è che non esistono spettacoli brutti, perché ogni spettacolo ha una storia e delle persone dietro. Bisogna sapere accettare le critiche, in modo da poter migliorare il gradimento da parte del pubblico.

Non ci interessa di per sé il fatto di lavorare fuori o lontano: noi siamo qua, preferiamo lavorare qua. Non ci interessa andare in un altro continente per poi tornare a dare a tutti dei “provinciali”, e ci fa sorridere chi lo fa.

La “BOTTEGA” è attiva nel periodo invernale, da settembre a marzo, con l’intento di condividere uno spazio nel quale mettersi in gioco, con semplicità e senza fare tanta filosofia o psicologia.

A favore di chi mi dà del cane sciolto, mi son dato da fare e ho creato una intera stagione della Bottega, senza alcun finanziamento, con spettacoli autoprodotti.

Passiamo molto tempo insieme: se uno spettacolo viene provato per 20 giorni, e per esempio debuttiamo al sabato, il mattino stesso ci vediamo qui in Bottega ma con lo scopo preciso di non fare niente: parliamo tra di noi, mangiamo, scarichiamo la tensione. E’ un momento di confronto tra di noi molto importante, ed abbiamo notato che con questo metodo il lavoro funziona. Lo spettacolo e la conclusione della giornata diventano un momento fantastico di scambio.

A Savona nell’ambiente del teatro ci sono sensibilità molto diverse, come è normale che sia: tutti i registi realizzando uno spettacolo arrivano ad un “prodotto finale”, ma ognuno facendo un percorso unico e diverso dagli altri.

Noi abbiamo deciso di fare solo lavori autoprodotti.

I Cattivi Maestri hanno un’impostazione completamente diversa dalla nostra, e dall’esterno si potrà forse immaginare che ci odiamo: di questo invece ridiamo perché in realtà andiamo d’accordissimo.

 

A chi vi rivolgete?

A persone di età da zero a novanta anni, sia come pubblico che come fruitori dei corsi.

 

Parlaci di alcune delle vostre iniziative.

Con Timoteoteatro cerchiamo di fare un teatro che sia alla ricerca di se stessi e con una parte sociale.

La prima iniziativa che voglio ricordare è COLPI DI SCENA: una rassegna di teatro che portiamo avanti dal 2007. L’idea è nata quattro anni fa da me e Anna e subito condivisa da Fabio Musso, presidente della Quarta Circoscrizione con l’obiettivo di trovare, conoscere e creare a Savona un momento di aggregazione e svago per le famiglie, in un quartiere come quello di Villapiana.

Cerchiamo di far partecipare i piccoli, ma anche gli adulti, stimolando in loro il ricordo di essere anche loro stati bambini. Quest’anno il tema della rassegna è la “magia”.

L’assessorato alla Cultura è stato sensibile ed ha offerto un finanziamento (2000 euro), ma nessuno è venuto a vedere lo spettacolo. La circoscrizione seconda, invece, ha dato una collaborazione fantastica.

Gli spettacoli di cui oggi possiamo dire che hanno avuto un grande ritorno e riconoscimento popolare, per il senso di come abbiamo inteso lo spettacolo sono questi:

BUIO, uno spettacolo sulla paura e sul buio, scritto da Annamaria Altomare e rappresentato dalla nostra compagnia stabile, che ha 10 anni di vita e continua a girare;

ATTENTI AL TOPO, uno spettacolo nato nel 2008 che parla di diversità e integrazione in una forma divertente, in un contesto dove saper essere accoglienti e disponibili è più importante di qualsiasi altra forma e strategia. I protagonisti sono infatti quattro topi neri che non vogliono accettare un topo bianco.

BACIAMI PICCINA è lo spettacolo più recente, e si incentra sulla riflessione di due persone di cinquant’anni, un uomo e una donna, che fanno un viaggio nella loro vita, scoprendo un’alternativa alla rassegnazione rispetto all’indifferenza reciproca. Definirei lo spettacolo come una commedia “seriamente comica”.

Recentemente stiamo lavorando molto su quella parte di teatro completamente dimenticata che è il teatro comico, un teatro che porti alla risata ma che sappia far riflettere al di là della battuta.

 

Che formato giuridico avete? Siete “non profit” o a scopo di lucro?

Siamo un’associazione culturale senza scopo di lucro (Associazione Culturale Timoteo).

 

Come promuovete le vostre attività?

Mailing list, locandine, flyer, incontri di presentazione, Facebook.

 

Come sopravvive Timoteoteatro?

L’associazione si fonda sull’idea di produrre un lavoro che prima di tutto sia mirato a coinvolgere prima che guadagnare… nello stesso tempo però è necessario che la professionalità e le persone che lavorano vengano riconosciute e rimborsate.

Le entrate derivano dall’andamento di quel che produciamo consistendo nei biglietti degli spettacoli e nei contributi degli enti che li finanziano,

ed è sempre difficile rientrare nei costi e nelle spese: si vive alla giornata. Anche nella stagione estiva non esistono certezze: un anno può capitare di fare 40 date, un altro di farne soltanto 7.

Nel lavoro che facciamo, anche se potrebbe non essere evidente, è preponderante quello manuale su quello artistico: essere su un palco significa avere fatto un’infinità di cose prima.

 

Ci sono possibilità effettive di fare della vostra attività una occupazione a tempo pieno?

Quello che facciamo non è mai lavoro a tempo pieno al cento per cento. Mi piacerebbe che fosse così in futuro ma con le leggi esistenti è impossibile assumere dipendenti.

 

Che rapporti avete con altri gruppi, associazioni, circoli?

Abbiamo rapporti buoni con tutti: facciamo da sempre una politica dove cerchiamo di metterci a disposizione degli altri.

Non vendiamo mai pacchetti precisi con degli aut aut e siamo sempre disponibili: se uno chiama io vado.

Con Cattivi Maestri c’è un buon rapporto, idem con il Teatro del Piccione di Genova e con l’agenzia Macondo di Reggio Emilia.

Collaboriamo con Associazioni come Cresci e Fondazione Theodora. Anche con i gruppi giovanili abbiamo parecchie collaborazioni, fra tutti mi piace citare il gruppo di Don Germano.

Altre realtà amiche sono Pagine Ribelli di Carcare, che si occupano di editoria, poesie e concorsi letterari, l’associazione Il Baobab, la Libreria UBIK.

 

Quali sono i vostri rapporti con le amministrazioni locali e che opinione avete della collaborazione con esse?

Ci sono molti modi per collaborare con Comuni, Regioni e Province e penso che chi insiste nel fare proposte sicuramente ottiene ascolto. Sono contrario alla “marchetta” come quando ad esempio si viene chiamati a tappare un buco.

Localmente abbiamo collaborato con le Circoscrizioni I, IV, V ma in particolare con la II Circoscrizione.

Tra i Comuni abbiamo condiviso progetti con Bergeggi, Mallare, Albissola Marina e Albisola Superiore (più in passato che ora), Ortovero, Garlenda, Pieve di Teco.

Nell’interazione con il Comune di Savona ci siamo trovati bene con le persone che lavorano negli uffici: da quelle dell’Ufficio Stampa (Giannotti, Barberis, Scarcella) a quelle dell’ufficio Cultura (Giusto, Scognamiglio, Stacchini, Barile). Sugli amministratori invece dico che troppe volte si dimenticano della dignità delle associazioni che propongono cultura: io lavorerei anche gratis ma non come tappabuchi, e trovo poco rispettoso quando vengo chiamato all’ultimo in situazioni di emergenza.

In piccoli comuni comunque mi è capitato di trovare il miglior livello di collaborazione. Al Teatro Salvini di Pieve di Teco (che è una “bomboniera” da 99 posti) è la seconda volta (17-19 Settembre) che presentiamo un progetto per varie forme di spettacolo e viene approvato e incentivato. Teatro completo e dipendenti a nostra disposizione per la riuscita del progetto.

Non capisco perché qui non si possano crearsi situazioni simili.

Politicamente “butto” a sinistra e stimo particolarmente l’assessore Bracco della Provincia, perché mi sembra che faccia un lavoro capillare e non si presti alla consuetudine di favorire amici e clientele varie.

 

Diteci la vostra opinione su cosa offre la città in termini di spazi per i giovani sia dal punto di vista culturale che dell’intrattenimento.

Gli spazi per i giovani ci sono, la complessità sta nella gestione. Lo stesso Priamar potrebbe essere una struttura gestita, per esempio, come le Mura di Grosseto, ma la macchina è poco avviata e poco oliata.

Per i giovani potrei dirne molti, ma si tratta sempre di spazi sporadici, occasionali. Giardini a Savona ce ne sono: penso a quelli di via Trincee, piazza del Popolo, Santa Rita, Prolungamento. Il loro problema è tutto nella gestione: serve una progettazione seria e l’investimento di un po’ di soldi.

Le strutture pubbliche al chiuso penso che bisognerebbe darle in gestione, come un tempo si era proposto per l’Auditorium di Monturbano.

La mia opinione sul progetto delle ex Officine Solimano è che mai condividerei un utilizzo di quello spazio per attività diverse dalla cultura, come da qualcuno è stato proposto.

Immagino che una delle difficoltà che stiano incontrando i circoli Arci coinvolti nell’ipotesi di progetto è che le attività portate avanti sono molto diverse ed incompatibili proprio dal punto di vista logistico, fisico ed organizzativo.

 

Savona, giovani, cultura, intrattenimento. Cosa funziona e cosa bisognerebbe cambiare?

Una cosa che funziona, come luogo di aggregazione, è il porto.

Dire che nel campo della cultura non c’è niente a Savona è falso: quello che bisognerebbe fare, però, è calendarizzare gli eventi. E il calendario dovrebbe essere “popolare”, contenendo proposte culturali per tutte le fasce della popolazione.

Non mi piace l’idea che vengano considerati quasi solamente spettacoli di élite, o eventi, lasciando morire nel dimenticatoio tutto il resto. Andando nel definito credo che non possano esistere più uffici cultura di diversa entità e possibilità economica. La stagione musica, teatro, danza e altro ha bisogno di un unico direttore artistico serio, del mestiere e che ci creda. Il mio rammarico è vedere la difficoltà degli artisti locali di trovare uno spazio gratuito.

Bisogna saper valorizzare le risorse presenti in città, e soprattutto mettere a disposizione un palco gratis, dando la possibilità ad una compagnia locale di poter fare uno spettacolo gratis e di farlo vedere ai propri concittadini.

 

Vostri progetti e ambizioni per il futuro?

Migliorare in città la conoscenza della Bottega, diffondere di più gli spettacoli e fare più repliche. Produrre più spettacoli, vincere il Premio Stregatto e il Premio Eti.

 

 Marco Fanni

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One thought on “Gruppi giovanili spontanei savonesi”

  1. Che piacere sapere che lo STUDIO ONE venne fondato da soli maschi!
    È la prova che, nonostante facessi parte della cooperativa (perché quello era), le donne non esistevano.
    In effetti ricordo di aver fatto le pulizie, qualche tessera ARCI, ma non mi presentai più dopo l’avvento di alcuni Pankabestia (comesiscirvenonlosoenonmimporta)genovesi in compagnia dei loro cani storditi dal volume alto della musica.

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